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Il bene comune e la giustizia nel mondo delle molteplici differenze Scuola di Politica Kosmopolis Prof. Pasquale Ferrara Ischia, 2 marzo 2013.

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1 Il bene comune e la giustizia nel mondo delle molteplici differenze Scuola di Politica Kosmopolis Prof. Pasquale Ferrara Ischia, 2 marzo 2013

2 I «nodi» della politica mondiale
Multipolarismo # Multilateralismo Le istituzioni integrative in un mondo frammentato Multilateralismo # Democrazia internazionale Un mondo di oligarchie istituzionalizzate Global Governance # Democrazia globale Un mondo di auto-nominati; il problema dell’agenda setting

3 Le Nazioni Unite Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Uno Stato, un voto. Meccanismo egualitario e pienamente rappresentativo/legittimo. Anche efficace? Esempio: Riconoscimento della Palestina come stato osservatore «non-membro». Importante politicamente, ma cosa è cambiato in pratica?

4 Cooperazione “regionale”

5 Organizzazioni sub-regionali

6 La «sicurezza collettiva»
Sicurezza collettiva: creazione di un’organizzazione ad hoc, dotata o no di istituzioni proprie Sicurezza cooperativa: meccanismi di consultazione politica sulla sicurezza di una regione, formalizzati o meno in documenti e accordi SCO (Shangai Cooperation Organization) is an intergovernmental mutual-security organisation which was founded in 2001 in Shanghai by the leaders of China, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Russia, Tajikistan, and Uzbekistan. Except for Uzbekistan, the other countries had been members of the Shanghai Five, founded in 1996; after the inclusion of Uzbekistan in 2001, the members renamed the organisation. L'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) è una alleanza militare difensiva tra Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Armenia. L'organizzazione pur se fondata da Stati dell'ex Unione delle Repubbliche Socialistiche Sovietiche è aperta alla adesione di altri Stati. L'organizzazione gode dello status di osservatore all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ha concluso un accordo di cooperazione nel mantenimento della pace con l'Organizzazione delle Nazioni Unite. SADC: South America Defense Council AU PSC: African Union Peace and Security Council

7 I P-5: gli «oligarchi» permanenti «veto-dotati»
I 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono anche le 5 potenze nucleari «legittime» secondo il Trattato di Non Proliferazione Nucleare. In cambio della non-proliferazione nucleare (militare), esse si sarebbero dovute impegnare parallelamente anche per il disarmo nucleare! Esempio di un assetto «efficace» e «legale», ma non «legittimo» dal punto di vista politico nel mondo post-guerra fredda.

8 I G-4: gli aspiranti oligarchi

9 «Uniting for consensus» o la sindrome dell’esclusione
Uniting for Consensus (UfC) is a movement, nicknamed the Coffee Club, that developed in the 1990s in opposition to the possible expansion of the United Nations Security Council. Under the leadership of Italy, it aims to counter the bids for permanent seats proposed by G4 nations (Brazil, Germany, India and Japan) and is calling for a consensus before any decision is reached on the form and size of the Security Council.

10 FORMATOLOGIA! Ci sono date che possono acquistare un significato «epocale», ben al di là degli eventi che in esse si registrano. E’ il caso, credo, del Vertice di Pittsburgh (24-25 settembre 2009), che rappresentò un punto di svolta per la riforma dell’«architettura globale», cioè delle formazioni ed istituzioni chiamate, nel turbolento passaggio alla seconda decade del XXI secolo, a rendere più inclusiva ed effettiva la «governance» mondiale. La «foto di famiglia» del vertice di Pittsburgh costituiva una rappresentazione plastica di un mondo in rapido mutamento. A Pittsburgh il G20 («Gruppo dei 20») fu designato, in pratica, come il nuovo «consiglio economico» globale in luogo del G8. Non solo: fu assunto da una parte l’impegno a favorire, nel Fondo Monetario Internazionale, il riequilibrio nella divisione delle quote ai «mercati dinamici emergenti» ed ai «paesi in via di sviluppo», spostando almeno il 5% di esse (con la connessa diversa ponderazione dei voti) dai paesi sovra-rappresentati a quelli sotto-rappresentati; dall’altra, a incrementare, nella Banca Mondiale, almeno del 3% il potere di voto per colmare un gap di sotto-rappresentazione dei paesi in via di sviluppo o in transizione. Tuttavia questo spostamento degli assetti nella Banca Mondiale sarebbe dovuto avvenire a spese dei Paesi sovra-rappresentati, preservando in tal modo intatta la rappresentanza dei paesi più piccoli e poveri. Tralasciando tali complesse questioni istituzionali, il dato politico fondamentale è che da Pittsburgh venne un chiaro impulso verso l’istituzionalizzazione del G20 come principale foro della governance informale economico-finanziaria. (Cfr. Leaders' Statement: The Pittsburgh Summit, September 24 – 25, 2009, n. 119: «We designated the G-20 to be the premier forum for our international economic cooperation)

11 Il G-20

12 La governance globale Nuovi raggruppamenti: il G20 (in luogo del G8) rappresenta circa il 90% del PIL globale, l’80% del commercio mondiale, e circa i 2/3 della popolazione mondiale. A che serve? Dovrebbe essere non un “sovrano mondiale collettivo”, ma un “gruppo per il consenso globale”. Servizio, non comando. Problema della “formazione dell’agenda” Un esercizio di “democrazia deliberativa” mondiale

13 I “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica)

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16 Global trends

17 Global trends, 2030 US NATIONAL INTELLIGENCE COUNCIL
The main discussion refers to a global power index, based upon GDP , population size, military spending, and technology, which we have used in previous Global Trends works. Recently, we have contributed to the development of a new global power index, which incorporates a broader array of elements relevant to 21st-century power, including health, education, and governance. Using the new index, China’s and India’s shares of global power increase, but at a slower pace than projected by the other index. Using the earlier, four-pronged power index, China’s share of national power equals the US share in 2030; using the new index, China’s share is 4-5 percentage points below the US share. Using the new, broader power index, Europe (EU -27) ranks much closer to the US than in the previous index. Using either index, the aggregate power of developing states overtakes that of all developed states, including the US , by 2030. The share of global power held by the EU , Japan, and less so Russia decreases under both indices. By 2030, no matter the power index, developing states (OECD ) overtake developed states (non-OECD ).

18 Ripartizione del PNL mondiale (1-2001)

19 Ripartizione dell’ “hard power”* mondiale (in %)
* Barry Hugues calcola l’”hard power” in funzione della popolazione, del PIL, della tecnologia, e della spesa militare sia convenzionale che nucleare

20 Global trends 2030 Spese militari 2010-2030

21 Global trends, 2030 Paesi «sovra-stimati»
a) Relative diplomatic power is the percentage of global diplomatic power held by each country. It is calculated by weighted country memberships in inter-governmental organization, the number of embassies that a country has in other countries and the number of treaties held by the UN secretariat that a country has signed and ratified. b) Relative material power relates to the percentage of total global material held by each country. It is calculated from GDP, population size, military spending and technology.

22 Asimmetrie e incongruenze

23 Il “Sud globale”

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25 Aree di immigrazione

26 Mortalità infantile (1-4 anni)

27 Bambini malnutriti e sottopeso

28 Esportazione/importazione di giocattoli
More toys are exported (US$ net) from Eastern Asia than from any other region. The value of net exports depends on a combination of how much is exported, how much is imported, and the prices paid. In terms of earnings from toy exports, there is considerable variation between Eastern Asian territories. Net exports earnings per person from Hong Kong are more than 10 times greater than those from Taiwan, and almost 100 times greater than those from China. Toys, including sports equipment, make up 1% of worldwide exports when measured in US dollars. "At City Toys Ltd., ... Shenzhen, youngsters worked 16-hour days, seven days a week" Agence France-Presse, 2000 Territory size shows the proportion of worldwide net exports of toys (in US$) that come from there. Net exports are exports minus imports. When imports are larger than exports the territory is not shown. Most imports of toys (US$ net) are to the United States, followed by the United Kingdom. Toys are fun but not necessities. Thus toy imports give an indication of disposable incomes. The lowest imports of toys (US$ net) per person are to territories in Africa and also Tajikistan (in the Middle East). Central Africa, Southeastern Africa, Southern Asia and Northern Africa contain the poorest territories in the world. The highest imports of toys (US$ net) per person are to territories in Western Europe, North America, Asia Pacific and Eastern Europe. "Is there a present that a child or family member just has to have and you can't find it in any store?" Kidsource, 2000 Territory size shows the proportion of worldwide net imports of toys (in US$) that are received there. Net imports are imports minus exports. When exports are larger than imports the territory is not shown.

29 Decessi per malaria

30 Incidenza AIDS

31 “Global Burden of Disease”
18 milioni di persone muoiono ogni anno per malattie che si possono prevenire, curare o trattare. Ciò equivale a decessi evitabili al giorno, un terzo di tutti i decessi Conseguenze anche sociali, economiche e politiche: è il “peso globale della malattia” (Global Burden of Disease)

32 Povertà umana UNDP – Indici di Povertà IPU-1 Indice di Povertà Umana per i Paesi in via di sviluppo Indice composito che misura le privazioni in relazione con i tre aspetti basilari considerati nell’Indice di Sviluppo Umano: una vita lunga e sana, la conoscenza e condizioni di vita dignitose. Nello specifico: • speranza di vita inferiore a 40 anni; • percentuale di adulti analfabeti; • deprivazione economica complessiva in termini di percentuale di popolazione senza accesso ai servizi sanitari e all’acqua potabile e la percentuale di bambini con età inferiore ai 5 anni sotto peso. IPU-2 Indice di Povertà Umana per i Paesi OCSE ad alto reddito selezionati Indice composito (introdotto dall’UNDP nel 1998) che misura le privazioni in relazione con i tre aspetti basilari considerati nell’Indice di Sviluppo Umano – una vita lunga e sana, la conoscenza e condizioni di vita dignitose – e comprende anche l’esclusione sociale: • percentuale di persone con speranza di vita inferiore a 60 anni; • tasso di analfabetismo funzionale (inadeguata capacità di leggere e scrivere); • percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà (50% del reddito medio disponibile); • tasso di disoccupazione di lungo periodo (12 mesi o più). ISG Indice di Sviluppo di Genere Indice composito che misura i risultati medi relativi ai tre aspetti basilari considerati nell’Indice di Sviluppo Umano – una vita lunga e sana, la conoscenza e condizioni di vita dignitose – corretto in modo da tenere conto delle disparità tra donne e uomini. MEG Misura dell’Empowerment di Genere Considera le opportunità delle donne e degli uomini e riflette la disuguaglianza in tre aree fondamentali: • partecipazione politica e il potere decisionale; • partecipazione economica e il potere decisionale; • potere sulle risorse economiche. La povertà non è solo una situazione economica. Essere poveri condiziona la vita in molti modi. L’indice della “povertà umana” usa indicatori che includono elementi non-economici della povertà, come l’aspettativa di vita, l’alfabetizzazione degli adulti, la qualità dell’acqua e la percentuale di bambini malnutriti e sottopeso.

33 L’ineguaglianza mondiale dei redditi (Christian Morrisson et Fabrice Murtin, VERS UN MONDE PLUS ÉGAL ?, Revue d'économie du développement, 2012/2 - Vol. 26) Pour comprendre l’évolution de l’inégalité mondiale depuis le début du XVIIIe siècle, un instrument essentiel est la décomposition d’un indicateur d’inégalité entre deux composantes : l’inégalité à l’intérieur des pays et l’inégalité entre pays. En 1700, la part de l’inégalité entre pays est négligeable (7 %), mais ensuite elle augmente d’une manière continue jusqu’en 1992 où elle atteint 66 % de l’inégalité totale. En termes absolus, ce Theil est multiplié par 15 (de à 0.540). À l’opposé, le Theil de l’inégalité interne varie dans des limites étroites, de 0.50 (1910) à 0.27 (1992). Par suite les changements de l’inégalité totale reflètent pour l’essentiel les variations de l’inégalité entre pays. En 1992, l’inégalité interne joue un rôle secondaire, tandis que l’inégalité entre pays joue le rôle clé. L’inégalité entre pays perd ce rôle entre 1992 et 2008 et c’est ce changement qui explique la baisse de l’inégalité totale (cf. figure). Pour la première fois, le Theil entre pays baisse de 27 %. En même temps le Theil de l’inégalité interne augmente, mais cet accroissement atténue seulement la baisse de l’inégalité totale. Même dans le cas d’une inégalité interne en hausse, l’inégalité mondiale reviendrait à son niveau en Tous en bénéficieraient y compris les plus pauvres, puisque la part du premier quintile passerait de 2.2 % à 2.8 %. Les gains les plus importants (+4 points) iraient au groupe intermédiaire (quintiles 3 et 4). Le fait que plus d’un siècle de hausse de l’inégalité soit ainsi annulé est intéressant parce la première mondialisation s’est faite environ de 1870 à Ainsi, la seconde mondialisation de même longueur (de 1990 à 2030) aurait l’effet opposé à celui de la première. Cet effet serait même de plus grande ampleur (en termes absolus) puisque l’inégalité en 1992 était nettement plus élevée qu’en 1910.

34 Tassi di povertà Christian Morrisson et Fabrice Murtin, VERS UN MONDE PLUS ÉGAL ?, Revue d'économie du développement, 2012/2 - Vol. 26 Mais le fait le plus important est l’accélération de ce mouvement depuis 1992 qui entraîne une chute de presque 20 points en peu de temps (seulement 16 ans) alors qu’une baisse de 31 points a exigé 82 ans (1910 à 1992). En ce qui concerne les très pauvres, ceux menacés par la famine, la baisse est encore plus spectaculaire, avec des pourcentages chutant de moitié (de 23 % à 11 %). Même si l’inégalité mondiale a diminué pendant cette période, ce phénomène n’a pas de commune mesure avec la réduction de la pauvreté. Les hausses des parts des déciles inférieurs ont joué un certain rôle, mais le facteur déterminant a été la croissance du revenu mondial moyen, étant donné que les seuils de pauvreté ou très grande pauvreté sont fixés en termes absolus. Les effectifs de pauvres et de très pauvres indiqués figure 4 montrent encore mieux cette victoire sur la pauvreté. En 16 ans le nombre de très pauvres a chuté de millions à 760 millions, de telle sorte que 520 millions d’individus sont sortis de la misère. Il n’existe pas dans l’histoire de l’humanité l’exemple d’un événement comparable. Le nombre de très pauvres augmente entre 1700 et 1960, tandis que leur pourcentage dans la population baisse, puis stagne jusqu’à La période 1992 à 2008 est marquée par la première baisse de ces chiffres, qui est importante, puisque presque la moitié ides très pauvres entre dans le groupe des pauvres. Par ailleurs le nombre de pauvres diminue de 650 millions. En réalité, si l’on avait recensé tous les pauvres en 1992, on aurait pu observer que plus d’un milliard sont sortis de la pauvreté, parce que dans le même laps de temps, plus de 400 millions de personnes très pauvres en 1992 sont devenues pauvres. D’après les prévisions sur la croissance dans les pays émergents et en développement d’ici 2030, on peut espérer que ce recul de la pauvreté va se poursuivre. Dans l’hypothèse optimiste de l’OCDE, la grande pauvreté devrait avoir presque disparu d’ici Le nombre de pauvres serait divisé par deux, de deux milliards à un milliard, tandis que le nombre de très pauvres serait réduit de 760 millions à 140 millions.

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37 I privilegi del «moderno Principe»
Privilegio internazionale sulle risorse potere giuridico di conferire globalmente diritti di proprietà validi sulle risorse di un Paese. Questo privilegio, riservato agli esecutivi (indipendentemente da come hanno ottenuto ed esercitano il potere) include la facoltà di effettuare transazioni, legalmente valide, dei diritti di proprietà su tali risorse. Privilegio internazionale sul prestito ogni gruppo che detiene il potere di governo in un territorio nazionale (indipendentemente da come ha ottenuto ed esercita il potere) è autorizzato a prendere a prestito fondi in nome dell’intera società, imponendo in questo modo sull’intero Paese obblighi legali internazionalmente validi.

38 Obiettivi del Millennio (ONU) 2015
Sradicare la povertà estrema e la fame Garantire l'educazione primaria universale Promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne Ridurre la mortalità infantile Migliorare la salute materna Combattere l'HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie Garantire la sostenibilità ambientale Sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo

39 “La povertà nel mondo è molto più grande, ma anche molto più piccola di quanto pensiamo. Uccide un terzo di tutti gli esseri umani che vengono al mondo e la sua eliminazione non richiederebbe più dell’1% del prodotto globale” “La povertà grave non è una cosa nuova. Nuova è la vastità della disuguaglianza globale” (Thomas Pogge, Povertà mondiale e diritti umani)

40 Globalizzazione # Mondializzazione

41 La “fine della storia” Francis Fukuyama, The end of History and the last man, 1992
Con il “trionfo” del modello di democrazia liberale, la storia politica del mondo ha raggiunto un «compimento». La democrazia liberale costituisce la «forma finale del governo umano» ed il «punto di arrivo dell’evoluzione ideologica dell’umanità.» Il modello si fonda: da una parte, sulla superiorità del liberismo come sistema economico, con i corollari del libero mercato, del progresso tecnologico e della «terziarizzazione» dell’economia nel suo complesso; dall’altra, sulla sua rispondenza al «desiderio di riconoscimento», cioè all’esigenza degli uomini di essere considerati nella loro dignità e nella loro natura di «destinatari di diritti» e non come sudditi. E’ l’idea «aggiornata» del liberalismo politico. Francis Fukuyama, The end of History and the last man, 1992 Con la fine dell’autoritarismo ideologico e l’inarrestabile trionfo del modello di democrazia liberale, la storia politica del mondo ha raggiunto un «compimento». La democrazia liberale come sistema di governo si è definitivamente affermata nel mondo a partire dal XIX secolo, sconfiggendo tutte le ideologie rivali: la monarchia ereditaria, il fascismo ed i comunismo. Essa costituisce la «forma finale del governo umano» ed il «punto di arrivo dell’evoluzione ideologica dell’umanità.». Una valenza quasi «escatologica» della democrazia liberale che si fonda, da una parte, sulla superiorità del liberismo come sistema economico, con i corollari del libero mercato, del progresso tecnologico e della «terziarizzazione» dell’economia nel suo complesso; dall’altra, sulla sua rispondenza al «desiderio di riconoscimento», cioè all’esigenza degli uomini di essere considerati nella loro dignità e nella loro natura di «destinatari di diritti» e non come sudditi. Benessere economico e tutela dell’individuo sono così i due capisaldi della teoria di Fukuyama.

42 «Meta-geografia» dell’«Occidente»
Martin W. Lewis, Kären E. Wigen, The Myth of Continents: A Critique of Metageography, University of California Press, 1997 Seven Versions of the "West." The portion of the earth denoted by the term West varies tremendously from author to author and from context to context (the area enclosed by a heavy black line is what has been called the West): One extreme incarnation, where the West includes only England The standard minimal West, which is essentially Britain, France, the Low Countries, and Switzerland. 3) The historical West of medieval Christendom, circa 1250. 4) The West of the Cold War Atlantic alliance 5) The greater "cultural" West. By the criteria of language, religion, and "high culture" 6) The maximum West of the eco-radical and New Age spiritual imagination. In this formulation, all areas of Christian and Islamic heritage are included. 7) The global (future?) West of modernization. See, for instance, Arnold Toynbee's cartography showing the entire globe as under Western hegemony in one form or another.

43 This map is a an example of the construction of meta-geographical divides. Thomas Barnett, a strategist who works with the Pentagon, proposes here a new cleavage: that between the Core (the area of functioning globalization) and the Gap (the area that is “disconnected”). Barnett suggests that this should be the map of reference in the post 9/11 world.

44 Globalizzazione e universalità
La globalizzazione odierna è uno pseudo-concetto, al contempo descrittivo e prescrittivo La globalizzazione è l’universalizzazione ideologica di modelli parziali Ha rimpiazzato il termine “modernizzazione”: modo di imporre in modo acritico un modello evolutivo etnocentrico, usato per classificare le differenti società a seconda della loro distanza dalla società economicamente più avanzata, e cioè quella statunitense. (Pierre Bourdieu)

45 Lo “scontro di civiltà” Samuel Huntington, The clash of civilizations and the remaking of World Order, 1996: «Le grandi divisioni dell’umanità e la fonte primaria di conflitto saranno culturali. Gli stati-nazione rimarranno gli attori più potenti negli affari mondiali, ma i principali conflitti della politica globale avverranno tra nazioni e gruppi di diverse civiltà. Lo scontro delle civiltà dominerà la politica globale. Le linee di faglia tra le civiltà costituiranno le linee di battaglia del futuro. Il conflitto tra le civiltà sarà la fase finale nell’evoluzione del conflitto nel mondo moderno.»

46 Geo-politica delle emozioni
Paura Umiliazione Speranza ? Speranza In “Geopolitica delle emozioni” Dominique Moïsi espone una sua analisi sul futuro dell’umanità, che sarà chiamata a fare i conti non solo con le tradizionali frontiere geografiche e le differenti identità culturali, così come è stato in passato, ma dovrà comprendere più in profondità l’impatto che sentimenti come la paura, l’umiliazione e la speranza avranno sui conflitti politici, sociali e culturali che condizionano il mondo; in futuro saranno proprio le emozioni, e non la fredda ragione geopolitica, a governare il pianeta. Il volume rispecchia l’itinerario di un intellettuale «appassionatamente moderato che ha consacrato la vita allo studio delle relazioni internazionali, ed è ormai convinto che visioni semplificate del mondo siano semplicemente pericolose». Speranza

47 Né globale, né nazionale (Saskia Sassen)
Non c’è più il sistema binario del “nazionale” contro il “globale” Una “terza dimensione” dello spazio nel mondo contemporaneo Moltiplicazione di una vasta gamma di «assemblaggi» globali parziali, di frammenti di territorio, autorità e diritti un tempo saldamente in mano ai quadri istituzionali nazionali Storicizzare sia il nazionale sia il globale come condizioni complesse. Tre componenti trans-storiche presenti in quasi tutte le società: Territorio, Autorità, Diritti («Tad»). Ognuna può assumere contenuti, forme e interdipendenze specifiche attraverso differenti formazioni storiche. Saskia Sassen, Territory, Authority, Rights: From Medieval to Global Assemblages, 2006 Smontare il «cratautoma»

48 Il modello di inter-indipendenza (la dimensione “infra-mondiale”)
Identità comune Identità 1 Identità 2 Identità 3 IDENTITA’ CONDIVISA Un mondo stretto tra le incongruenze di: una globalizzazione senza universalità e una ricerca identitaria che prescinde dall’alterità o la considera in termini di estraneità oppositiva. Unità e pluralità Mettere in atto una strategia inclusiva nella distinzione, operare una «sintesi disgiuntiva» (Marramao) Non solo l’«universalismo della differenza», ma anche «rendere giustizia alla differenza», cioè fare spazio alle ragioni dell’altro. Rendere compatibile la pluralità con le ragioni compaginative ed unitarie Incessante impegno ad articolare l’uno e il molteplice, l’identità e la differenza (federalismo “cosmopolita”, soluzioni non solo “istituzionali” ma anche “interazionali”); Tutta la politica in tutte le sue dimensioni è ormai “politica interna mondiale” (Ulrick Beck); è politica “infra-mondiale”

49 Parliamone…


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