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INTERCULTURA ED EMPOWERMENT

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Presentazione sul tema: "INTERCULTURA ED EMPOWERMENT"— Transcript della presentazione:

1 INTERCULTURA ED EMPOWERMENT
PROGRAMMA OPERATIVO NAZIONALE “Competenze per lo sviluppo” finanziato con il FSE - Annualità a.s PON - AOODGAI – Obiettivo C1 INTERCULTURA ED EMPOWERMENT MODULO INTERCULTURA Esperto: dott.ssa Fausta Di Falco Tutor: prof.ssa Elisabetta Giarrizzo Alunni classi: II CL, II DX, III DX

2 Il modulo “Intercultura”, ha previsto la realizzazione di elaborati grafici e brevi racconti sul tema dell’integrazione, della tolleranza e del confronto fra culture. Tutti i corsisti hanno contribuito, singolarmente o in gruppo, alle attività e, guidati dal docente esperto, dott.ssa Fausta Di Falco, hanno selezionato alcuni degli elaborati ritenuti più aderenti al tema assegnato, realizzando questa semplice presentazione.

3 INTERCULTURA ED EMPOWERMENT
SIMONA BURGIO

4 GIOELE E IL SUO SOGNO Alessandra Venuti
Una volta, in una piccola casetta che sorgeva tra i boschi, viveva un bimbo molto povero, Gioele, in compagnia di un anziano saggio, il suo caro nonno. Gioele era un bambino di dieci anni e viveva con il nonno da quando aveva solo un anno. Il giovinetto aveva un grande sogno: riavere i suoi genitori. Era già passato tanto tempo dalla loro morte e le domande, le curiosità e tanti pensieri si facevano sempre più frequenti nella sua mente. Per la sua tenera età nessuno poteva dargli quelle spiegazioni che aspettava con ansia; solo il nonno sapeva la verità di quella strana morte, quella morte atroce, spaventosa e crudele che aveva cancellato il sorriso di quel povero bimbo indifeso. LUCIA GUERRERI

5 Ogni sera, prima di andare a dormire, Gioele si recava nel lago dove i suoi genitori erano soliti andare. Infatti la sua povera madre era una bellissima ninfa che trascorreva interamente le proprie giornate in quel luogo dove aveva conosciuto il marito, il grandissimo eroe del bosco. Il bimbo sporgeva il capo e cominciava a sognare ad occhi aperti i suoi genitori. Una notte, recatosi nel medesimo luogo, intravide in quel limpido specchio d’acqua, l’immagine riflessa di mamma e papà. Rimase sbalordito e i suoi occhi cominciarono a riempirsi di lacrime. Quell’immagine lontana sembrava non andarsene e in Gioele cresceva sempre più la voglia di rivedere il loro volto e risentire la loro voce. Si immerse nel lago e cominciò a nuotare, senza paura. Nuotava, nuotava e ancora nuotava ma la sua meta sembrava irraggiungibile. Quando stava per arrivare, una luce abbagliante lo fermò e si sentì in lontananza una tenera voce che gli diceva: “Mio dolce bambino, presto scoprirai la verità; non temere la vita e ricorda che tra i boschi vi sono creature mostruose e solo tu sarai in grado di sconfiggerle. Un bacio, la tua mamma”. Gioele credeva di sognare, chiuse gli occhi e li riaprì, ma era tutto vero. Quella luce si stava dileguando nell’ aria. Tornò subito a casa e raccontò ciò che era successo al nonno, ormai considerato un papà. Col passare degli anni il bimbo divenne un ragazzo maturo e autonomo, quindi la sua voglia di essere consapevole della scomparsa dei genitori era cresciuta notevolmente.

6 Un mattino si svegliò e non trovò il nonno nella sua camera
Un mattino si svegliò e non trovò il nonno nella sua camera. Uscì sconcertato e vide una scena che non si sarebbe mai immaginato di vedere: suo nonno stava combattendo con un enorme drago. Gioele portò immediatamente l’anziano sul letto. Era ormai in fin di vita e tutte le sue energie stavano svanendo nel nulla. Il giovane non sapeva spiegarsi il perché di questa lotta e si affrettò per chiederlo al nonno il quale, con una flebile voce, rispose: “Figlio mio, adesso che devo volare in cielo, ritengo giusto dirti cosa successe tanti anni fa… Tutto a quei tempi trascorreva nel migliore dei modi; la vita era tranquilla, serena e soprattutto pacifica. In famiglia regnava l’ amore che i tuoi genitori si scambiavano vicendevolmente. Tua madre se ne stava sempre lì, in quel lago incantato dove i pesci le giravano attorno, i coniglietti le saltavano addosso e i cerbiatti le portavano bellissime decorazioni floreali. Insomma, era venerata come una dea dei boschi. Tuo padre, invece, trascorreva tutte le mattine a controllare cosa succedeva tra i folletti, aiutava le streghe a preparare delle pozioni magiche e gironzolava tra i fiumi divertendosi a guardare i combattimenti fra i maghi. Ma la cosa più bella che tuo padre potesse fare era quella di riuscire a far sorridere tutti. Erano queste le specialità dei tuoi genitori! Ma un brutto giorno tutto questo finì. Era cominciata l’ era della scienza e della tecnologia; tutto nelle grandi città si era evoluto.

7 Tutto successe a causa di uno scienziato che viveva, insieme al suo dragone, nella buia caverna al di là del bosco. A lui l’orco-postino, tornato dalla città, diede un piccolo pacco, quel pacco che da allora sarebbe stato la rovina dell’ intera umanità. Lo scienziato lo aprì e trovò uno strano oggetto verde a forma di pappagallo. Quella notte il drago si svegliò e mangiò in un boccone quell’aggeggio che gli sembrava un gioco. Da allora divenne una vera e propria macchina da guerra. Ogni volta che sputava fuoco qualcosa si distruggeva e lo scienziato, non trovando più l’ oggetto, capì che le tante distruzioni erano dovute alla presenza di strane sostanze all’ interno del drago”. Il giovane era atterrito e fissava il nonno senza battere ciglio; continuò il nonno: “Un mattino i tuoi genitori erano sulla riva del lago e parlavano di te, già nato da un anno. Ad un tratto si avvicinò loro il drago che, dopo una lunga lotta con tuo padre, riuscì ad ucciderlo con un lampo di luce accompagnato da un rumore mai sentito prima. Stessa fine fece tua madre, ormai sola e indifesa”. Alla fine del racconto il nonno incoraggiò Gioele e subito dopo chiuse gli occhi e la sua anima salì in cielo. Per la seconda volta il ragazzo era rimasto solo, senza un punto di riferimento e senza qualcuno che potesse consolarlo.

8 Si recò al lago e cominciò a piangere; ma le sue lacrime non erano lacrime normali, erano fosforescenti. Non capiva cosa stesse succedendo e una voce gli disse che da allora in poi lui sarebbe stato il nuovo eroe dei boschi, proprio come suo padre. Sentì una strana forza dentro di sè, una forza che non aveva mai percepito. Con lo sguardo immerso nel vuoto pensava alla sua vita mentre tutte le creature del bosco svolgevano una danza particolare attorno a lui. Ad un tratto tutti scomparvero e comparve quell’enorme mostro che aveva ucciso i suoi genitori. Cominciò una lotta spietata. Gioele era in difficoltà ma l’ immagine dei genitori e del nonno gli diede la forza per reagire. Il drago sfinito cadde nel lago e così la maledizione si ruppe e migliaia di pappagalli verdi volarono via e non tornarono più perché per tutto il bosco loro rappresentavano il male del mondo. Gioele cadde per terra e si risvegliò con un bacio, aprì gli occhi ed era il bacio delle persone che desiderava da molti anni. Mamma e papà erano tornati e Gioele visse per sempre con i genitori che aveva aspettato con ansia da una vita. Il suo sogno si era finalmente realizzato.

9 CLELIA E IL GIOVANE PRINCIPE
Antonella Malespini Tanto tempo fa, in una casa vicino al bosco viveva una ragazza appartenente ad una povera famiglia di origine marocchina. In un freddo giorno invernale, la giovane ragazza uscì a fare una passeggiata nel bosco per raccogliere la legna che sarebbe servita ad alimentare il fuoco del camino di casa sua. Mentre faceva ritorno verso casa, incontrò un giovane principe, in sella al suo bellissimo unicorno bianco, che, non appena la vide, se ne innamorò. La ragazza intimidita fuggì verso casa. Il giorno seguente, sempre nel bosco, i due si incontrarono; questa volta il principe le chiese il suo nome e lei rispose dicendogli di chiamarsi Clelia. SARAH ARELLA & ILARIA LEOCATA

10 Il principe si presentò spiegando alla ragazza che apparteneva ad una nobile famiglia che viveva poco lontano da lì, in un bellissimo castello. Il nobile principe invitò Clelia a fare una passeggiata in sella al suo unicorno e la ragazza accettò. Passeggiando nei pressi del castello, i due incontrarono il re Ugobaldo, padre del principe, che appena vide Clelia insieme al figlio iniziò a dire frasi poco cortesi nei suoi confronti, soffermandosi soprattutto sul colore della sua pelle. Clelia, ferita dal comportamento del re, scese dall'unicorno e scappò via piangendo. Il principe, con tono arrabbiato, disse al padre che si era perdutamente innamorato della giovane fanciulla e che le avrebbe chiesto al più presto di sposarla. Il padre trasalì e, infuriato, cacciò il figlio minacciandolo di negargli il trono se quel matrimonio fosse avvenuto. Il giovane principe, dando un ultimo sguardo a suo padre, gli disse che non gli importava nulla del trono, salì in sella all'unicorno e si diresse verso casa di Clelia. Giunto sul posto bussò alla porta; ad aprire non fu Clelia, ma l'anziana madre che lo accolse contenta. Il principe salì nella stanza della ragazza e le disse che per lui non era importante il colore della pelle ma il sentimento che provava per lei, cosi le chiese di sposarlo e lei, felice, lo abbracciò rispondendo di sì alla sua proposta. Poco dopo si celebrò una semplice ma bellissima cerimonia che unì i due che vissero per sempre felici e contenti.

11 INSIEME Federica Malfa
C’erano una volta, non molto tempo fa, un re ed una regina che abitavano in un maestoso e lussuoso castello. Nonostante fossero ricchi e potenti, erano amati da tutti gli abitanti, perché governavano con generosità il loro piccolo regno, situato sulla cima di una collina. Il re e la regina avevano una figlia: Gemma, una bellissima principessa dagli occhi di ghiaccio, vanitosa e viziata. Una sera il re e la regina videro in sogno una dea, Esmeralda, che adirata dall’ingratitudine e dall’egoismo della figlia, li mise in guardia: disse loro che se Gemma non avesse imparato ad amare, sarebbe scesa sulla terra per punirla severamente. SIMONA BURGIO

12 Spaventati, il re e la regina cercarono invano di educare Gemma nel miglior modo possibile, ma lei era testarda e diffidente e talvolta anche prepotente nei confronti dei suoi servi; dava ormai per scontato tutto ciò che la vita le aveva offerto. I genitori, disperati, pensarono allora che per aiutarla la cosa migliore da fare fosse quella di iscriverla in una scuola pubblica, ma il contatto con i coetanei non la aiutò a socializzare. Al contrario Gemma continuò ad imporre le sue idee con decisione e si rivolgeva agli altri sempre in modo sgarbato e scortese, perché si sentiva superiore rispetto ai suoi compagni. Ma un giorno la sua vita cambiò: una mattina decise, infatti, di tornare a casa da scuola a piedi. Adorava camminare da sola ascoltando la musica dal suo mp3, perché la aiutava a pensare e a rilassarsi. Camminava lungo una piccola stradina, quando improvvisamente si accorse di non essere sola; infatti, poco più avanti, vide un gruppo di ragazzi scherzare tra di loro. Gemma li guardava da lontano quasi invidiosa, ma ben presto si accorse che fra di loro vi era un ragazzo che non aveva mai visto prima d’allora nel suo paesino. Così si avvicinò incuriosita e quando vide che gli altri ragazzi lo stavano deridendo, provò una sensazione che non sapeva spiegarsi:era triste e allo stesso tempo arrabbiata; improvvisamente sentì il bisogno di aiutare quello sconosciuto. Si avvicinò e cacciò gli altri ragazzi che scapparono a gambe levate.

13 A terra vi erano dei libri, probabilmente i suoi compagni li avevano fatti cadere di proposito, si abbassò per prenderli. Finalmente incrociò lo sguardo del giovane: il suo volto dolce, dai lineamenti delicati e gli occhi penetranti come stille di petrolio freddo e lucente, diamanti preziosi, incastonati su di un viso da angelo dark; ne rimase affascinata, quasi come fosse caduta in trance per un momento. Era come un manga, un manga giapponese. Ritornò alla realtà, porse i libri al ragazzo e pian piano si allontanò. Quando ad un tratto sentì una voce pronunciare una semplicissima parola grazie. Gemma si fermò senza girarsi, il ragazzo la raggiunse e percorsero la strada insieme: Bill era il nome del ragazzo tedesco, non sapeva parlare bene l’italiano e aveva un accento quasi buffo, questo era tutto quello che sapeva di lui. Poco tempo dopo la preside annunciò l’arrivo di un nuovo alunno e Gemma si accorse che si trattava proprio del ragazzo straniero. Stavolta, quando incrociò il suo viso, vide i suoi occhi intimiditi davanti all’espressione curiosa e invadente dei presenti, ma gli bastò vedere Gemma per illuminarsi; si sedette vicino a lei e trascorsero ore interminabili a parlare. Avevano più cose in comune di quante non ne avrebbero mai avute con nessun altro; ascoltavano la stessa musica, e la pensavano allo stesso modo su tantissime cose.

14 Bill era molto intelligente, imparò presto l’italiano e riuscì con facilità a raggiungere in tutte le materie grandi risultati. Gemma all’inizio stava sulla difensiva,quasi fosse impaurita all’idea di aprirsi con qualcuno, impaurita di mostrare le sue debolezze, ma Bill era sempre gentile e paziente e aveva un sorriso dolce per tutti, anche per chi lo trattava male. Con il passare del tempo i due si affezionarono sempre di più: Gemma lo aiutava a divertirsi e Bill le fece scoprire il piacere di studiare, di imparare, di vivere, di sorridere. L’ostilità da parte dei compagni, però, non era svanita del tutto, infatti un pomeriggio di primavera un gruppo di bulletti si scontrarono volontariamente contro il motorino di Bill, causando un grave incidente che fece finire Bill in coma. Bill aprì gli occhi e riconobbe, seppur in maniera confusa le luci di una fredda stanza di ospedale, la sua mano era calda, stretta con quella di Gemma, che sedeva accanto a lui. Gemma si svegliò, vide che Bill era cosciente e sorrise, non erano necessarie le parole per esprimere quello che sentivano: gli occhi di Gemma erano stanchi, perché durante quella settimana di coma aveva trascorso intere giornate in ospedale, solo per vederlo, per trasmettergli la sua forza.

15 Era diventata un’altra persona, tanto che anche i suoi genitori stentavano a riconoscerla: aveva accolto Bill e la sua famiglia al palazzo reale e venivano trattati come nobili. Ma il segreto dell’amicizia di Gemma e Bill era l’affetto reciproco e la consapevolezza di poter sempre contare l’uno sull’altra. Bill pian piano si riprese e grazie alla vicinanza di Gemma, riuscì a continuare gli studi. Quattro anni più tardi Bill e Gemma, ormai diciottenni dovevano diplomarsi; Bill era il rappresentante d’istituto, perciò sarebbe toccato a lui raccontare la propria esperienza davanti all’intera scuola. Gemma non riusciva a credere alle sue orecchie quando sentì che Bill stava raccontando proprio il loro primo incontro. Gli occhi di Bill divennero lucidi quando mise al corrente i suoi compagni di ciò che quel giorno lo turbava: aveva deciso di farla finita, ma incontrando Gemma capì di aver trovato un’amica ed era stata la sua vicinanza nel corso degli anni a fargli scoprire la gioia della vita, perché tutto diventa più semplice quando si ha un amico accanto.

16 I genitori di Gemma rimasero colpiti dalle parole del ragazzo, al punto di commuoversi e la sera stessa videro apparirgli in sogno, la stessa dea che, tempo prima li aveva avvertiti; ma questa volta disse loro che Bill era stato un segno inviato da lei, a dimostrazione che anche nel cuore apparentemente più freddo si nasconde tanto amore e lui era l’amico che Gemma aspettava, la chiave per liberare i sentimenti che entrambi nascondevano dentro… Molto spesso consideriamo gli stranieri inferiori a noi, ma questa storia racconta di come Gemma abbia salvato Bill e di come poi Bill abbia salvato Gemma, perché aiutandosi sono cresciuti INSIEME!"

17 E’ SOLO UN’UTOPIA? Federica Malfa
C’era una volta, un bellissimo paese chiamato Peace. Era un paese grande e colorato dove vivevano serenamente uomini, donne e bambini in pace tra di loro. In questo paese non esistevano le stagioni, perché in base alla persona il luogo abitato si adattava alle esigenze: c’era la casa dei bambini neri, calda e solare; quella degli eschimesi, fredda e innevata; quella degli inglesi, ordinata e con un bel giardino verde; quella degli americani, caotica e un po’ rustica e quella degli italiani accogliente e con un clima mite. I bambini frequentavano tutti la stessa scuola e le giornate trascorrevano in armonia, perché queste persone non SIMONA BURGIO

18 conoscevano il male e stavano insieme senza mai preoccuparsi delle differenze che li distanziavano, perché in qualche modo per loro la diversità era qualcosa di speciale: un modo per conoscersi e mettere insieme i propri punti di vista, stili di vita e idee nei confronti della vita e del mondo. Nell’angolo più oscuro del paese viveva un uomo triste e solitario, esiliato da Peace perché egoista e crudele. Da tempo stava progettando una vendetta, finche, non trovò il modo di rompere l’equilibrio di Peace. Con una pozione magica si trasformò in un vecchietto per non farsi riconoscere e andò al mercato. Una volta giunto sul luogo vide una famiglia felice: un africano marito di una eschimese. Gli sembrò la coppia giusta da colpire così si avvicinò loro dicendo: “Se un delfino e un’aquila dovessero innamorarsi dove andrebbero a vivere? Ve lo dico perché vi sono amico, mia moglie era eschimese come lei ed è morta perché non è mai riuscita ad abituarsi alle calde temperature di casa mia”. La famiglia felice si allontanò stupefatta, ma una volta tornati a casa non era più la stessa cosa, qualcosa dentro di loro era stata colpito!

19 La sera stessa vi fu un terremoto che creò una spaccatura nella zona di Peace dove vivevano gli africani. Allo stesso modo il vecchietto disse ad un gruppo di amici: “Ho aiutato una amico cinese nel momento del bisogno, ma lui non ha mai fatto lo stesso per me, anzi mi ha voltato le spalle, solo perché era diverso da me”. Il vecchietto continuò ad importunare i passanti con questi discorsi e per ogni persona colpita, una nuova spaccatura si formava nel terreno. Un giorno il vecchio ritornò al mercato e fece cadere la sua maschera mostrando la sua vera identità, poi sogghignando disse: “Peace non esiste più. Con le mie parole vi ho convinto a credere che l’uguaglianza è qualcosa di negativo e grazie al mio intervento la Terra adesso è divisa in cinque continenti e gli abitanti di ognuno di questi classificherà una razza, con la priorità di farla apparire migliore e superiore rispetto alle altre. Non ci sarà più l’utopia di un mondo uguale, ma regneranno il pregiudizio e il razzismo”. Inizialmente gli abitanti della vecchia Peace non diedero peso alle sue parole, ma in breve tempo la profezia si avverò: gli uomini si separarono e non consideravano più fratelli coloro che si differenziavano per luogo d’origine, abitudini, lingua e religione. Si guardavano con disprezzo fra di loro e non mandarono più i loro figli nella stessa scuola. La situazione nel corso dei secoli andò sempre a peggiorare e dall’amore si passò all’indifferenza, al disprezzo e poi all’odio. Era così tanta la sete di potere da uccidersi a vicenda solo per ragioni politiche ed economiche, o semplicemente perché si trovavano in disaccordo su banali questioni.

20 Il mondo di un tempo venne completamente dimenticato, mentre il nuovo mondo era pieno di persone spietate, governate a bacchetta dall’egoismo e dall’idea di superiorità, che muovevano i fili come fossero burattini. I loro cuori erano stati avvolti da una nube di tenebre, colpa di cattivi sentimenti. In un primo momento Lucifero, colui che era riuscito a portare caos nel paese della pace si divertì per ciò che aveva creato, o meglio per ciò che aveva distrutto, ma con il passare del tempo capì che l’ordine, la disciplina e l’amore che aveva sempre sottovalutato erano in realtà un punto di riferimento nella vita di ogni uomo, così si pentì della sua azione e pianse. In quel momento gli apparve un angelo dicendogli che Dio lo aveva messo alla prova. Lucifero aveva sempre disprezzato un mondo dove tutti vivessero insieme, dove non ci fossero discriminazioni razziali, perché lo considerava monotono, ma adesso ne sentiva la mancanza e voleva ristabilire l’ordine per farne parte e smettere di essere un esiliato. Creare il caos era stato semplice, mentre riportare l’ordine non era altrettanto facile! Doveva dimostrare cosa voleva dire collaborare, così trascorse mesi andando continente per continente aiutando i più bisognosi e predicando che chi faceva del bene agli altri traeva del beneficio anche per se stesso…

21 Ma improvvisamente, una luce accecante colpì Samir che si risvegliò in un letto d’ospedale con mani e braccia fasciate o almeno quello che ne rimaneva. Era solo un sogno e l’ultima cosa che ricordava prima di esso, era una strana farfalla verde, un giocattolo, che aveva trovato in un marciapiede e aveva portato a casa per mostrarlo ai suoi amici. In realtà non sapeva si trattasse di un inganno: quella non era una comune farfalla verde, bensì un marchingegno ideato appositamente per colpire i bambini, una mina anti-uomo. Dio crea gli uomini e questi invece di ringraziarlo sprecano il loro tempo distruggendosi l’un l’altro. Avere un mondo dove regni la pace e la serenità non è solo un’utopia, con l’aiuto di tutti può diventare una realtà.

22 UNA BAMBINA SPECIALE Federica Lorefice Londra, 17 marzo 1988
Prima contrazione, primi dolori. “Subito in ospedale” disse il papà e fu così che mise piede in questo mondo di comuni mortali, Claire, una bambina speciale. La primogenita, una gioia per la famiglia Burgh. Un giorno, pochi mesi dopo il lieto evento, i genitori di Claire decisero di andare a trovare i nonni in una città all’altro capo dell’Inghilterra per far conoscere loro il motivo di tanta felicità. SIMONA BURGIO

23 Non appena giunsero in città i nonni rimasero stupiti da tanta grazia e tanto candore. Trascorsero due settimane ed era tempo di rientrare a Londra. Per questo la nonna, tanto gentile e premurosa, fece preparare per la bimba un ciondolo d’oro bianco con inciso: “Bentornata”. Purtroppo, però, durante il volo di ritorno, l’aereo precipitò per cause sconosciute schiantandosi non ebbe superstiti a parte Claire. Dopo alcuni giorni di controlli in ospedale i medici si accorsero, sorpresi, che la bimba era illesa. “Un miracolo”, esclamò uno di loro. Dimessa dall’ospedale venne accolta in un orfanotrofio dove veniva maltrattata e malnutrita e dove non aveva le cure necessarie ad una bambina così piccola. Raggiunto il secondo anno d’età fu affidata ad una coppia di coniugi sterili ma premurosi e gelosi tanto che tolsero il ciondolo che la bambina portava al collo e lo nascosero accuratamente. Gli anni passarono in fretta e Claire cresceva bella e aggraziata. Di tanto in tanto, però, le accadeva qualcosa di strano… Una notte la bambina si trovò sospesa a un metro dal letto, ma per paura non disse niente ai genitori. Confidò il suo segreto ad un’amica immaginaria, Lizzy. Tra notti passate a fluttuare per la camera e giochi con Lizzy, Claire arrivò alla maggiore età.

24 La ragazza si accorse che i genitori passavano tanto tempo a parlare tra loro non intromettendola nel discorso; inoltre, quando si accorgevano che Claire avrebbe potuto sentire, cambiavano argomento. Una sera, dopo cena, i genitori decisero di parlarle e le rivelarono che, il giorno in cui erano andati a prenderla in orfanotrofio, avevano notato appeso al suo collo un ciondolo. Attraverso vari contatti i genitori erano venuti a sapere che quel gioiello era un dono della nonna della ragazza ma, per paura di perderla, le dissero che era deceduta pochi anni prima. Claire, triste e amareggiata nei confronti dei genitori che le avevano nascosto tutto, sentiva in cuor suo che le avevano mentito. Allora, nascondendo tutto ai genitori, iniziò a fare delle ricerche partendo dall’orfanotrofio che l’aveva accolta da piccola. La nuova custode la indirizzò a Liverpool. Giunta l’estate decise di proporre ai genitori di mandarla in quella città per una vacanza ed essi acconsentirono pensando che fosse abbastanza matura e responsabile. Claire sapeva che non sarebbe stata sola durante il viaggio, ma che la sua amica Lizzy le avrebbe tenuto compagnia.

25 Giunta a Liverpool iniziò a girovagare per la città in cerca di informazioni; poi ricordò le parole dei genitori durante l’ultima riunione di famiglia: “Quel ciondolo è un regalo della tua vera nonna che è deceduta pochi anni fa”. “In fondo perché avrebbe dovuto mentirmi?” si disse Claire. Perciò, con l’aiuto di alcune cartine della città, arrivò fino ad un cimitero. Incontrò il custode che però, dopo aver controllato i registri, le disse che lì non c’era nessuna tomba con il nome Burgh. Lo stesso fu per il secondo cimitero, per il terzo, il quarto e anche il quinto; ma finalmente, al sesto, ebbe delle risposte concrete. Lì c’erano diverse tombe di famiglia con il nome Burgh. Così iniziò la sua ricerca girovagando per il cimitero. “Come faccio a sapere chi è, se non l’ho mai vista e non possiedo una sua foto?”, si chiese. Ma il suo istinto la guidò verso la tomba giusta. Dalle date risultavano solo decessi molto lontani; il più recente, del 1993, risultava essere di un uomo. I giorni passavano in fretta, il tempo le scorreva addosso inesorabile e la speranza di trovare la nonna si faceva sempre più debole. Durante la notte una donna le apparve in sogno, mostrandole una casa gialla, non molto grande, con le tendine verde scuro e la porta color salmone.

26 Al risveglio Claire capì subito che quello era un segno e doveva trovare a tutti i costi quella strana casa molto colorata. Le tre settimane previste per la vacanza, però, terminarono rapidamente, ma Claire, non avendo ancora trovato la nonna ed essendoci così vicina, decise di non tornare a Londra. I genitori si preoccuparono molto e compresero che la situazione era grave. Ma Claire doveva compiere il suo cammino totalmente libera e indipendente. “Rivedremo mai la nostra piccola?”, si domandarono i genitori, “un giorno forse quando il sole smetterà di splendere!”. Claire trovò undici case con quei colori in tutta Liverpool, ma in nessuna di esse abitava un’anziana signora. Ma finalmente si accorse di una dodicesima casa colorata che era proprio come quella che aveva visto in sogno. Bussò. Aprì una bellissima donna, vestita con un abito rosso elegante. “Prego entrate ed accomodatevi in salotto in fondo a sinistra, fate come se foste a casa vostra. Arriverò tra qualche minuto con quello che cercate”, disse.

27 Quei pochi minuti a Claire sembrarono interminabili ma finalmente arrivò la donna che si trasformò in una anziana signora. Quella stanza era piena di tensione ed imbarazzo ma finalmente la donna, dopo un lungo silenzio, disse: “Brava Lizzy, ottimo lavoro. Sapevo di poter contare su di te”. “Ma lei riesce a vedere la mia amica Lizzy?”. “Certo! Io sono tua nonna”. “Nonna! Ma allora sei viva e non morta come mi hanno fatto credere i miei genitori”, urlò Claire abbracciando la donna. “No, ma non avercela con loro; l’hanno fatto solo per proteggerti”. La nonna pensò che fosse tempo di rivelare tutta la verità alla nipote. “Sai da dove proveniamo?”. La nonna iniziò a raccontare che lei, Claire e Lizzy provenivano dal mondo delle streghe e che la maestosa Regina Regnante aveva assegnato loro la missione di abolire il razzismo e i pregiudizi. Spiegò che sua madre, a causa dell’aereo schiantatosi molti anni prima, era ritornata nel loro mondo e avrebbe potuto rivederla una volta tornata a casa. “Come faremo a compiere la nostra missione?”, domandò incuriosita Claire. “Semplice! Cadremo sulla terra sotto forma di stelle cadenti e tutti gli umani che guarderanno le stelle riusciranno a convivere con gente diversa da loro per razza, colore della pelle, religione, sesso, scelte di vita, cultura….senza pregiudizi”.

28 “Quando compiremo questo nobile gesto?”
“Quando avrai risolto tutti i tuoi problemi terreni”. Dopo di che la nonna scomparve. “Sei partita da Londra per una vacanza e non sei più tornata dai tuoi genitori” le spiegò Lizzy “Ah, hai ragione, partirò oggi stesso”, concluse Claire. Giunta a Londra Claire andò dai suoi genitori i quali erano quasi increduli di rivederla. Allora Claire chiese perdono loro e raccontò della nonna e delle sue rivelazioni. “L’importante è che ora tu sia qui con noi e che non vada più via”, disse la madre. Ma Claire cercò di spiegarle che in realtà era una strega e che aveva una missione da compiere e dopo sarebbe tornata dalla sua vera madre nel mondo delle streghe. Ma le disse anche che non si sarebbe mai dimenticata di loro, di quello che avevano fatto per lei, di tutto l’amore, dei loro insegnamenti… I genitori in lacrime dissero: “Ma almeno verrai a trovarci di tanto in tanto? “No”, rispose la ragazza, “una volta partita non potrò più tornare”. I genitori, disperati, la videro andar via. Non appena Claire rientrò a Liverpool trovò tutto pronto per la partenza. “Avviamo la missione piccola mia”, disse la nonna.

29 “Si nonna e speriamo di riuscire nel nostro intento
“Si nonna e speriamo di riuscire nel nostro intento! Vorrei tanto che gli uomini smettessero di giudicare i propri simili” e come per incanto milioni di stelle caddero sulla terra e gli uomini così diversi tra loro, ma in fondo uguali, iniziarono ad apprezzare le differenze altrui imparando a conoscere la tolleranza. Le tre donne tornarono nel mondo delle streghe dove poterono abbracciare anche i genitori di Claire. Tutti vissero insieme felici e contenti.

30 LE TRE LEPROTTE Giordana Dell’Albani
C’erano una volta, in un regno molto lontano, tre leprotte che abitavano in un bosco fatato pieno di animali. Il regno si chiamava “regno del no”. Esso era ormai caduto nello sconforto, nella tristezza e nel pessimismo. SIMONA BURGIO

31 Era governato da un leone, il re e da una tigre bianca, la regina, i quali non avevano più fiducia in niente perché erano stati ipnotizzati da un serpente malvagio che non voleva far tornare la felicità, l’ottimismo e la serenità nel popolo. L’animale più vecchio e saggio del regno era una volpe che ricordava il suo regno ancora splendido e felice e che soffriva di quella situazione. Un giorno chiamo a sé le tre leprotte, che reputava molto coraggiose e le mandò a cercare un enorme uovo di struzzo capace di rompere qualsiasi incantesimo. Le tre leprotte si misero subito in viaggio, affrontando vari pericoli fin quando finalmente giunsero in un luogo pieno di struzzi. Le leprotte non dovevano affrontare un compito facile perché gli struzzi femmina non avrebbero permesso a nessuno di rubare un loro uovo. Ma le leprotte, con molta astuzia e maestria, riuscirono a prenderne uno e scapparono via. Lungo il viaggio di ritorno si accorsero di essere seguite e rallentarono un po’ il passo per vedere chi ci fosse dietro di loro. Si accorsero che a seguirle era un picchio, che abitava nel loro stesso regno e che viveva nel bosco.

32 A quel punto le leprotte gli domandarono cosa volesse da loro ma lui, invece di rispondere, si avvento contro di loro per rubare l’uovo ma non ci riuscì e sbatté la testa a terra. Le leprotte, allora, gli domandarono nuovamente cosa volesse e il picchio, con molto alterigia, disse loro: “Come ha potuto la volpe, l’animale più saggio del regno, affidare a voi una missione così importante?”. Le lepri, non capendo, risposero: “Perché dici così? Cosa ti abbiamo fatto?”. Il picchio, con la solita arroganza, rispose: “Siete solo delle lepri, e per di più femmine, non siete all’altezza di un compito tanto importante”. Dopo svariati tentativi da parte del picchio di impadronirsi dell’uovo, le lepri corsero via a tutta velocità riuscendo a seminarlo. Finalmente giunsero alla tana della volpe e le consegnarono l’uovo. Grazie alle tre leprotte il regno ritrovo pace e allegria perdute.


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