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LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA COMUNITARIA

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Presentazione sul tema: "LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA COMUNITARIA"— Transcript della presentazione:

1 LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA COMUNITARIA

2 IL MODELLO TRADIZIONALE
DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI ANALISI DEL CONTESTO TERRITORIALE FORMULAZIONE DELLE POSSIBILI ALTERNATIVE VALUTAZIONE DELLE ALTERNATIVE E SCELTA VERIFICA DEGLI EFFETTI ATTUAZIONE DELLE AZIONI CONSEGUENTI DEFINIZIONE DEL PIANO

3 IL MODELLO COMUNITARIO
PREPARAZIONE AL PIANO DEFINIZIONE DEL TAVOLO DI INTERAZIONE DIAGNOSTICA ED ANALISI DEL CONTESTO DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE E DELLE AZIONI ATTUAZIONE DEL PIANO MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEI RISULTATI

4 LE FASI DELLA PIANIFICAZIONE COMUNITARIA
Preparazione al piano: è la fase preliminare nella quale una delle istituzioni comunitarie assume la leadership del piano ed avvia un processo di informazione allo scopo di coinvolgere la comunità ed individuare gli attori o portatori di interesse. Costituzione del tavolo di interazione: è caratterizzata dalla cosiddetta stakeholders analysis, ovvero dalla individuazione di tutti i soggetti interessati al piano e definisce le forme con cui si concretizzerà il processo decisionale ed operativo (forum, focus group, assemblee, etc..). Analisi del contesto e diagnostica: tende a definire lo stato in cui si trova la comunità nel momento di avvio del piano, ne individua i principali problemi da risolvere, le risorse disponibili, gli elementi interni ed esterni che ne possono favorire lo sviluppo (punti di forza ed opportunità) e quelli che lo possono ostacolare (debolezze e minacce); Definizione degli obiettivi, delle strategie e delle azioni: è il cuore del processo di piano, quello in cui la comunità definisce il percorso da compiere per valorizzare le positività ed eliminare le negatività, o in altri termini per promuovere lo sviluppo sostenibile della comunità stessa. Attuazione del piano, monitoraggio, valutazione e revisione: è la fase conclusiva del processo in cui si attuano le azioni previste dal piano e si valuta come ed in che misura gli obiettivi del piano siano stati raggiunti e nella quale si procede ad eventuali aggiustamenti e correzioni di tiro

5 LA PREPARAZIONE AL PIANO
La prima definizione della mission. Nella letteratura sul tema la mission o missione è definita come lo scopo principale, il fine ultimo, definito ed individuato nella maniera più ampia ed inclusiva possibile. E’ l’idea guida, l’idea forza che orienterà le strategie, gli obiettivi e le azioni del piano, il principio ispiratore del processo. Campagna di informazione presso la cittadinanza mediante la preparazione e diffusione di depliant illustrativi, trasmissioni in Tv, annunci ed articoli sui giornali, che informino su ciò che si intende fare, sulle motivazioni del piano, sulla mission, ecc.. La definizione delle strutture deputate alla redazione e gestione del piano. A tale proposito, sempre in fase preliminare, occorrerà procedere ad una prima individuazione delle strutture e dei soggetti (Ufficio del piano, responsabile del progetto, ecc.) che assumeranno la concreta gestione del processo, costruendo un primo assetto dei gruppi di lavoro e delle diverse responsabilità assegnate ad ognuno.

6 LA COSTITUZIONE DEL TAVOLO DI INTERAZIONE
Le forme della partecipazione L’analisi dei portatori di interesse

7 Le modalità della partecipazione
Forme di interazione leggere. Intendo processi di partecipazione di breve durata e scarsamente strutturati nella loro organizzazione interna; più che garantire un vero e proprio processo decisionale servono soprattutto a raccogliere bisogni, interessi ed umori da parte della comunità. Fra le forme leggere si possono annoverare: l’intervista e il questionario. l’assemblea pubblica della comunità.. Il sito Web.

8 Forme di interazione strutturate: workshop e forum urbani
Qui si intendono indicare quelle forme di partecipazione non estemporanee e di breve durata (come l’assemblea) ma che possono occupare più giornate di lavoro e che si presentano in una forma organizzata. Le forme di interazione strutturata sono forme di partecipazione non diretta, nel senso che esse prevedono la formazione di un gruppo di lavoro ristretto rappresentativo dell’intera comunità; i membri del gruppo sono in genere rappresentanti delegati dalle diverse istituzioni ed associazioni, pubbliche e private, che fanno parte della comunità. Se da un lato tali forme si presentano, dunque, con carattere selettivo, dall’altro lato esse consentono una reale e costruttiva partecipazione al processo di elaborazione del piano. I partecipanti, con l’ausilio dei tecnici “facilitatori” possono entrare nella filosofia della pianificazione, cogliendone anche alcuni aspetti tecnici e procedurali, e contribuire fattivamente alla concreta realizzazione del piano. Quest’ultimo viene costruito seguendo alcune metodologie che sono state messe a punto in questi anni, tendenti a conservare la struttura propria di un processo di pianificazione, semplificandola, ovvero adeguandola alle esigenze di chi partecipa alla sua costruzione non essendo un tecnico esperto. E’ su tali forme di interazione che ci soffermeremo più diffusamente, illustrando in questo e nei capitoli successivi alcuni dei metodi di pianificazione maggiormente in uso.

9 I laboratori di quartiere a Roma
Forme di interazione permanente: laboratori di quartiere ed urban center. I laboratori di quartiere a Roma

10 La stakeholder analysis
analisi delle finalità del piano o programma allo scopo di comprendere chi e come potrebbe avere interesse nel piano; preparazione di una lista ampia di tutti i possibili soggetti interessati; selezione dei soggetti individuati sulla base delle caratteristiche degli stessi e di una serie di criteri da individuare fra cui, ad esempio: numero massimo di partecipanti al tavolo, numero di soggetti da selezionare per tipologia (associazioni imprenditoriali, associazioni ambientaliste, gruppi di volontariato, ecc..), preminenza dell’associazione all’interno della tipologia (ad es. il sindacato con il maggior numero di iscritti, ecc..).

11 La stakeholder analysis
la posizione già espressa in via preliminare rispetto al piano, eventuali obiettivi dichiarati, ecc…; le altre organizzazioni che hanno espresso posizioni o atteggiamenti similari; il livello di conoscenza esperta che l’organizzazione è in grado di mettere in campo rispetto al tema affrontato dal piano; i possibili interessi diretti o indiretti rispetto ai problemi che andranno discussi; le possibili risorse che l’organizzazione potrebbe mettere in campo siano esse di carattere umano o finanziario; la capacità di incidere in proprio sul processo decisionale; il livello di impegno o di coinvolgimento che l’organizzazione ha manifestato ed il contributo che intende dare all’intero processo.

12 La diagnosi del contesto
L’albero dei problemi L’Analisi SWOT Il modello DPSIR Gli indicatori ambientali

13 l’Analisi dei problemi, mediante la costruzione di un quadro articolato e ragionato dei problemi esistenti (problem tree – albero dei problemi); l’Analisi SWOT, che all’analisi dei problemi esistenti (debolezze e minacce) aggiunge anche la considerazione delle risorse esistenti nel territorio (punti di forza) ed esterne ad esso (opportunità); tale metodologia si presta in maniera particolare per la costruzione di piani e programmi di sviluppo territoriale.

14 L’ALBERO DEI PROBLEMI individuazione del quadro complessivo di riferimento e/o dei temi da sottoporre ad analisi. In altri termini si può generalmente procedere con una prima analisi dei problemi relativamente al quadro generale da cui far derivare una serie di temi o settori da sottoporre ad analisi (i trasporti, la condizione abitativa, ecc..); identificazione dei problemi per ogni settore e del diverso impatto che ogni problema può avere nei confronti dei differenti attori o settori sociali della comunità; in altri termini si tratta di individuare quali siano i problemi ma anche quali gruppi sociali possono essere maggiormente interessati; visualizzazione dei problemi nella forma di un diagramma chiamato “albero dei problemi” o “gerarchia dei problemi” che aiuta a chiarire i nessi di causa – effetto di ogni problema. L’albero si presenta sotto forma di un diagramma a blocchi dove in verticale è possibile leggere le relazioni di causa ed effetto, con le cause indicate in basso e gli effetti in alto; in orizzontale è possibile leggere le relazioni con altri problemi o aspetti negativi del contesto.

15 LONTANANZA NON SOLO FISICA DAL CENTRO URBANO PRINCIPALE
COMPLESSIVO DEGRADO FISICO, SOCIALE ED ECONOMICO DEL CENTRO STORICO LA POPOLAZIONE ABBANDONA IL CENTRO STORICO ASSENZA DI SVILUPPO ED ATTIVITA’ ECONOMICHE DISAGIO E MARGINALITA’ SOCIALE MARCATO DISAGIO ABITATIVO CARENZA RELAZIONI SOCIALI CATTIVE CONDIZIONI ABITATIVE E AMBIENTALI ELEVATI LIVELLI DI VULNERABILITA’ SISMICA ASSENZA DI TESSUTO E CAPACITA’ IMPRENDITORIALI MANCATO SVILUPPO TURISTICO DISAGIO SOCIALE FASCE DEBOLI VIABILITÀ E PARCHEGGI INADEGUATI ASSENZA AREE VERDI E SPORT PATRIM. EDILIZIO IN PESSIME CONDIZIONI ASSENZA COLLEGAMENTI PUBBLICI ELEVATA VULNERAB DEI FABBRICATI CARENZA LUOGHI PUBBLICI SICURI CARENZA DI INFORMAZIONI MERCATO LAVORO BASSO LIVELLO FORMAZIONE PROF. PATRIMONIO STORICO SOTTO UTILIZZ PERDITA TRADIZ ARTIGIANALI ASSENZA SPAZI SOCIALIZZAZIONE CARENZA ATTIVITA’ CULTURALI CARENZA SERVIZI SOCIALI FASCE DEBOLI LONTANANZA NON SOLO FISICA DAL CENTRO URBANO PRINCIPALE

16 L’ANALISI SWOT E’ una tecnica sviluppata più di 50 anni fa come supporto alla definizione di strategie aziendali in contesti caratterizzati da incertezza e forte competitività. A partire dagli anni ‘80 è stata utilizzata come supporto alle scelte di intervento pubblico per analizzare scenari alternativi di sviluppo. Oggi l’uso di questa tecnica è stato esteso alle diagnosi territoriali e alla valutazione dei programmi regionali. I regolamenti comunitari ne richiedono l’utilizzo per la valutazione di piani e programmi

17 ANALISI SWOT i punti di forza, ovvero tutte quelle condizioni interne al contesto considerato, che possono favorire il processo di sviluppo sostenibile, o comunque il raggiungimento degli obiettivi della comunità; potremmo in altri termini definire i punti dei forza come le risorse di cui dispone la comunità, dando al termine di risorsa un significato estremamente ampio; risorse sono quelle naturali ed ambientali, i beni storici e culturali, le conoscenze e competenze o i livelli di istruzione esistenti; le debolezze, ovvero tutte quelle condizioni, sempre interne al contesto considerato, che possono, invece, ostacolare, ritardare il processo di sviluppo sostenibile, o comunque il raggiungimento degli obiettivi della comunità: le opportunità, ovvero le occasioni, esterne al contesto considerato, che possono influenzarlo in maniera positiva: l’istituzione di un programma di finanziamenti, l’incremento di domanda di un bene presente o prodotto nel contesto considerato, un provvedimento legislativo, ecc. le minacce, ovvero, tutto ciò che, al pari delle opportunità, ma in maniera negativa, può influenzare, dall’esterno, il contesto desiderato: la cessazione di un particolare programma di finanziamenti, il declino della domanda per il bene nella cui produzione è specializzato il contesto oppure la concorrenza di un nuovo produttore, ecc.

18 FORZE: Risorse o positività che possono favorire il processo di sviluppo della comunità
DEBOLEZZE: negatività o limitazioni che possono ostacolare il processo di sviluppo della comunità OPPORTUNITA’: una situazione favorevole prodottasi nell’ambiente esterno alla comunità che può favorire lo sviluppo della comunità MINACCE: una situazione sfavorevole esterna alla comunità che può limitare lo sviluppo della comunità.

19 L’ANALISI SWOT Il successo dell’analisi Swot è stato determinato in questi anni dalla sua capacità di costruire uno scenario mirato, ben orientato e finalizzato a sostenere le scelte del piano. Una volta condotta l’analisi Swot del contesto, è possibile, infatti, articolare le strategie del piano, individuando le azioni da compiere per: valorizzare i punti di forza; sfruttare le opportunità; rimuovere ostacoli o debolezze; fronteggiare le minacce.

20 L’ANALISI SWOT All’interno del territorio vengono individuati delle attività o dei temi che saranno oggetto dell’analisi: Agricoltura Produzione industriale Turismo Servizi urbani Trasporti e viabilità ….. La condizione di ogni attività o settore viene analizzata attraverso: Specifiche indagini tecniche; Ricorso al contributo di esperti dei diversi temi; In forma partecipata con operatori economici, cittadini, associazioni

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22 FILTRO ANALISI SWOT OBIETTIVI DEL PIANO
DATI RELATIVI AL CONTESTO DA ESAMINARE FILTRO ANALISI SWOT PUNTI DI FORZA ED OPPORTUNITA’ DEBOLEZZE E MINACCE VALORIZZAZIONE RIMOZIONE / MITIGAZIONE OBIETTIVI DEL PIANO

23 La definizione del piano: obiettivi, strategie, azioni
SCENARI E VISIONING I METODI GOAL ORIENTED STRATEGIC CHOICE I GIOCHI DI SIMULAZIONE

24 I METODI ESAMINATI Costruzione di scenari o visioni; il cuore di tale metodo è quello di giungere alla definizione degli obiettivi del piano attraverso la costruzione, in forma partecipata, di uno scenario o visione futura, ovvero di come la comunità immagina un proprio futuro auspicabile e, successivamente, del percorso (strategie ed azioni) che ritiene necessari attivare per concretizzare o avvicinarsi allo scenario pre immaginato. Fanno parte di questo gruppo il processo di Visioning e il metodo EASW (European Awareness Scenario Workshop); I metodi Goal oriented consistono essenzialmente nell’uso di un processo logico che strutturi il percoso obiettivo – strategia – azione. In generale tali metodi si rifanno alla procedura del PCM (Project Cycle Management) e strutturano il processo decisionale attraverso la costruzione di una LFM (Logical Framework Matrix) o matrice del Quadro Logico. Uno dei più diffusi approcci di questa categoria è il GOPP (Goal Oriented Project Planning); Strategic choice; è un metodo basato fondamentalmente sulla individuazione di opzioni diverse e sulla valutazione delle stesse al fine di scegliere l’opzione più conveniente; Giochi di simulazione, nei quali gruppi di cittadini simulano un processo decisionale recitando il ruolo dei diversi attori.

25 VISIONING Con il termine visioning si intende un processo mediante il quale una comunità prefigura il futuro che desidera e pianifica il processo per raggiungerlo. In altri termini, in un processo di visioning i membri di una comunità sono chiamati ad immaginare un futuro desiderabile per la loro comunità, in termini di assetto spaziale, economico e sociale, a partire dai valori culturali condivisi e dalle aspirazioni della comunità stessa.

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27 A CHE PUNTO SIAMO? Il profilo della comunità, ovvero “A che punto siamo?” (Where are we now?). In questo primo passaggio si tratta di delineare un profilo delle condizioni in cui si trova la comunità al momento di avvio del piano, evidenziandone gli aspetti positivi e negativi ed articolando la riflessione secondo alcune aree strategiche, ritenute rilevanti e/o prioritarie (ambiente, trasporti, disagio sociale, ecc.). Nella costruzione di tale profilo, in alcuni casi, è possibile fare ricorso anche ad una analisi Swot nella quale il gruppo di visioning è chiamato, in maniera succinta, ad indicare punti di forza, debolezze, opportunità e minacce che possono influenzare il contesto comunitario.

28 DOVE STIAMO ANDANDO? Le tendenze attuali, ovvero “Dove stiamo andando?” (Where are we going?). In questo secondo passo il gruppo di visioning è chiamato a delineare un probabile futuro della comunità nel caso in cui non venisse introdotto alcun elemento di modificazione delle tendenze in atto nella comunità. Con tale passaggio si intende, evidentemente, porre in risalto, soprattutto, gli elementi negativi cui condurrebbe l’assenza di un’azione volontaria e ragionata di modifica delle tendenza spontanee in atto.

29 LA VISION – DOVE VOGLIAMO ANDARE
La vision, ovvero il futuro come vorremmo che fosse (“Dove vorremmo andare?” Where do we want to go?) E’ il cuore del processo di visioning, la costruzione della “visione”, del “futuro” desiderato della comunità. Questa visione è generalmente sintetizzata in un vision statement, spesso sotto forma di dichiarazione articolata di intenti. Che cosa va conservato all’interno della comunità, Ciò che la rende unica I luoghi significativi Le risorse naturali e culturali Cosa deve essere cambiato all’interno della comunità? Che cosa va creato all’interno della comunità?

30 IL PIANO DI AZIONE Il piano di azione, ovvero la vision roadmap (“Come ci arriviamo?” How do we get there?). La fase finale del processo consiste nella strutturazione di un piano d’azione, ovvero nella definizione dei passi e delle azioni che la comunità dovrà intraprendere per raggiungere il traguardo della visione.

31 EUROPEAN AWARENESS SCENARIO WORKSHOP
Il metodo EASW è stato sviluppato dall’UE con lo scopo di rimuovere quelle barriere che impediscono l’affermarsi di politiche di sostenibilità ambientale: barriere economiche, generalmente associate con la ridotta remunerazione economica di alcune soluzioni sostenibili ai problemi ecologici; barriere tecnologiche legate alla carenza di conoscenze scientifiche e tecnologiche; barriere politiche, prevalentemente determinate dalla forza di alcuni gruppi di pressione industriali, politici e finanziari che possono essere danneggiati da modifiche sostenibili degli attuali modelli di sviluppo insostenibili, barriere culturali, legate ad una certa resistenza da parte della gente a cambiare le loro abitudini nel modo di guardare al loro rapporto con l’ambiente.

32 EUROPEAN AWARENESS SCENARIO WORKSHOP
Il EASW è un incontro strutturato di 2 giorni cui partecipano circa 30 persone appartenenti a 4 diverse categorie sociali; cittadini della comunità, fra cui rappresentanti delle associazioni locali di portatori di interessi speciali (anziani, portatori di handicap, ecc..); esperti (professionisti, docenti, ricercatori, manager) dei temi in discussione nel workshop; amministratori pubblici, politici, tecnici, rappresentanti di partiti, ecc..; imprese operanti nella comunità specialmente quelle interessate dai settori coinvolti nel piano.

33 LE FASI DI UN EASW Costruzione di una visione futura. I partecipanti sono chiamati a sviluppare una loro “visione” complessiva del possibile futuro della loro comunità, con particolare riferimento ai temi del workshop ed usando i 4 scenari indicati nel diagramma come punto di partenza. I partecipanti sono divisi nei quattro gruppi distinti secondo il ruolo sociale (amministratori, cittadini, imprese, esperti). Produrre idee. Nel secondo giorno i partecipanti, sulla base della visone comune, sono chiamati a discutere su “cosa deve essere fatto” e “chi lo deve fare”, per costruire lo scenario ipotizzato. Questo processo è chiamato “idea generation”, ovvero produzione di idee che possano contribuire alla realizzazione della visione per un futuro sostenibile della comunità. Durante questa fase i partecipanti sono inviatati ad immaginare progetti ed azioni in grado di implementare la visione comune. Una ulteriore sessione plenaria nella quale vengono discussi i risultati emersi dai diversi gruppi di lavoro e si votano, per ogni gruppo, le 5 idee ritenute più interessanti.

34 LE FASI DI UN EASW Selezionare le idee migliori. Le 5 idee per gruppo precedentemente selezionate vengono brevemente illustrate e discusse; quindi si procede alla selezione delle 5 idee più interessanti con il divieto per ogni gruppo di votare le proprie idee. Ogni partecipante dispone, infatti, di 5 punti voto che può assegnare interamente all’idea migliore o distribuire come meglio crede. Conclusione del seminario. Le 5 migliori idee selezionate vengono nuovamente illustrate e discusse, focalizzando l’attenzione sugli aspetti della loro fattibilità, individuando le opportunità o le minacce che potrebbero comprometterne la realizzazione. A conclusione del seminario viene steso un breve rapporto che illustra le 5 idee proposte e la loro realizzabilità. Tale rapporto potrà avere il valore di “raccomandazione” e “suggerimenti” per i futuri estensori del piano.

35 I METODI GOAL ORIENTED Il cuore dei metodi goal oriented (GOPP – Goal Oriemted Project Planning) è la costruzione di una “Analisi degli obiettivi” nella quale viene identificato un obiettivo generale del piano, derivante da un insieme di obiettivi specifici, derivante a loro volta da altri obiettivi più particolari; al livello più basso gli obiettivi individuati vengono definiti solitamente come i “risultati attesi” del piano o del progetto. L’analisi degli obiettivi muove dalla necessità di convertire in positività (recupero del patrimonio edilizio esistente in un determinato contesto) le negatività analizzate nell’albero dei problemi (degrado del patrimonio edilizio). La costruzione dell’albero degli obiettivi rappresenta la trasposizione “in positivo” dell’albero dei problemi precedentemente costruito. La valutazione degli obiettivi: la strategia del piano. Il passo successivo richiede che i gruppi di lavoro passino ad un esame degli obiettivi stessi allo scopo di individuare quelli che possono realmente essere fatti propri dal piano stesso e quelli che occorre invece abbandonare, perché non perseguibili o non rientrabili nei poteri della comunità, ecc…

36 GOPP – DEFINIZIONE DELLE STRATEGIE
L’analisi delle strategie comporta una decisione o scelta fra diverse possibili opzioni. Definire una strategia significa individuare quell’insieme di obiettivi ed azioni conseguenti che comportano i maggiori benefici per la comunità. Una volta completata una prima selezione degli obiettivi sulla base delle considerazioni sopra esposte si può passare ad esaminare le diverse opzioni possibili, laddove esistono, per il raggiungimento degli obiettivi individuati. A titolo esemplificativo si sceglieranno le opzioni che: producono i maggiori benefici per la comunità tutta; rappresentano delle priorità per alcuni gruppi di interesse; comportano minori conflitti interni alla comunità; comportano un minor impatto ambientale rispetto ad altre opzioni; garantiscono i maggiori benefici a parità di costi; comportano un più alto contributo complessivo alle politiche di livello superiore rappresentano un effetto moltiplicatore o aggiuntivo a politiche ed azioni già in atto presentano una migliore fattibilità tecnica ed amministrativa.

37 LONTANANZA NON SOLO FISICA DAL CENTRO URBANO PRINCIPALE
COMPLESSIVO DEGRADO FISICO, SOCIALE ED ECONOMICO DEL CENTRO STORICO L’ALBERO DEI PROBLEMI LA POPOLAZIONE ABBANDONA IL CENTRO STORICO ASSENZA DI SVILUPPO ED ATTIVITA’ ECONOMICHE DISAGIO E MARGINALITA’ SOCIALE MARCATO DISAGIO ABITATIVO CARENZA RELAZIONI SOCIALI CATTIVE CONDIZIONI ABITATIVE E AMBIENTALI ELEVATI LIVELLI DI VULNERABILITA’ SISMICA ASSENZA DI TESSUTO E CAPACITA’ IMPRENDITORIALI MANCATO SVILUPPO TURISTICO DISAGIO SOCIALE FASCE DEBOLI VIABILITÀ E PARCHEGGI INADEGUATI ASSENZA AREE VERDI E SPORT PATRIM. EDILIZIO IN PESSIME CONDIZIONI ASSENZA COLLEGAMENTI PUBBLICI ELEVATA VULNERAB DEI FABBRICATI CARENZA LUOGHI PUBBLICI SICURI CARENZA DI INFORMAZIONI MERCATO LAVORO BASSO LIVELLO FORMAZIONE PROF. PATRIMONIO STORICO SOTTO UTILIZZ PERDITA TRADIZ ARTIGIANALI ASSENZA SPAZI SOCIALIZZAZIONE CARENZA ATTIVITA’ CULTURALI CARENZA SERVIZI SOCIALI FASCE DEBOLI LONTANANZA NON SOLO FISICA DAL CENTRO URBANO PRINCIPALE

38 “VICINANZA” E MIGLIORI RELAZIONI CON IL CENTRO URBANO PRINCIPALE
MIGLIORATE CONDIZIONI FISICHE, SOCIALI ED ECONOMICO DEL CENTRO STORICO L’ALBERO DEGLI OBIETTIVI LA POPOLAZIONE SI RIAPPROPRIA DEL CENTRO STORICO SVILUPPO ED ATTIVITA’ ECONOMICHE DISAGIO E MARGINALITA’ SOCIALE RIDOTTI RIDOTTO DISAGIO ABITATIVO BUONE RELAZIONI SOCIALI BUONE CONDIZIONI ABITATIVE E AMBIENTALI RIDOTTI LIVELLI DI VULNERABILITA’ SISMICA PRESERNZA DI TESSUTO E CAPACITA’ IMPRENDITORIALI SVILUPPO TURISTICO RIDOTTO DISAGIO SOCIALE PER LE FASCE DEBOLI VIABILITÀ E PARCHEGGI ADEGUATI SUFFICIENTII AREE VERDI E SPORT PATRIM. EDILIZIO IN BUONE CONDIZIONI BUONI COLLEGAMENTI PUBBLICI RIDOTTA VULNERAB DEI FABBRICATI PRESENZA DI LUOGHI PUBBLICI SICURI BUONE INFORMAZIONI MERCATO LAVORO ELEVATO LIVELLO FORMAZIONE PROF. PATRIMONIO STORICO UTILIZZ RECUPERATE TRADIZ ARTIGIANALI PRESENZA SPAZI SOCIALIZZAZIONE ATTIVITA’ CULTURALI SUFFICIENTI SERVIZI SOCIALI FASCE DEBOLI “VICINANZA” E MIGLIORI RELAZIONI CON IL CENTRO URBANO PRINCIPALE

39 1.1. Viabilità adeguata e presenza di parcheggi
Obiettivi Azioni Costi Risorse Attori 1. POLITICHE ABITATIVE 1.1. Viabilità adeguata e presenza di parcheggi Interventi di ristrutturazione della viabilità esistente. Realizzazione di una nuova strada di accesso al centro storico. Creazione di percorsi pedonali meccanizzati (scale mobili) Realizzazione di … parcheggi lungo il perimetro esterno del centro storico Comune, Regione 1.2. Presenza di aree verdi e per lo sport Realizzazione di piccoli spazi verdi e spazi di relazione nelle aree attualmente libere o occupate da ruderi Comune 1.3. Patrimonio abitativo recuperato e adeguato agli standard Piano di recupero integrato degli edifici degradati e loro adeguamento o miglioramento antisismico Comune, Privati propietari 1.4. Edifici sismicamente adeguati 1.5. Spazi liberi sicuri di prima accoglienza Riqualificazione e messa in sicurezza dei luoghi pubblici, previa analisi di vulnerabilità Individuazione e realizzazione di un percorso sicuro Comune, Ufficio regionale della Protezione civile 1.6. Presenza di collegamenti pubblici con il centro urbano Miglioramento della viabilità di collegamento fra il Centro storico ed il nucleo urbano costiero Creazione di una linea di servizio pubblico fra il Centro storico urbano costiero. Comune, Aziende trasporti private 2. FORMAZIONE E IMPRENDITORIA

40 STRATEGIC CHOICE STRUTTURARE PROGETTARE CONFRONTARE SCEGLIERE
organizzare il complesso dei problemi in aree di decisione o ambiti di scelta fra ipotesi alternative. PROGETTARE individuare le opzioni per ogni area di decisione e mettere insieme le opzioni fra loro compatibili. CONFRONTARE scegliere i criteri valutazione fra opzioni diverse. SCEGLIERE individuare le opzioni preferibili e costruire uno schema di azioni.

41 STRUTTURARE A C D B E F

42 STRUTTURARE: alternative e legami di incompatibilità
C1 C2 D1 D2 B1 B2

43 PROGETTARE A1 B1 C1 D2 Schema di decisione 1 C2 Schema di decisione 2

44 CONFRONTARE A1 B1 C1 D2 Schema di decisione 1 C2 Schema di decisione 2 B2 D1 Schema di decisione 3 Schema di decisione 4 Schema di decisione 5 A2 Schema di decisione 6 Schema di decisione 7 Nella modalità confrontare le diverse opzioni fra loro alternative vengono prese in considerazione e valutate, allo scopo di scegliere la più conveniente. Il confronto avviene a coppie; si può procedere confrontando singolarmente le diverse opzioni all’interno della stessa area decisionale o confrontando di volta in volta gli schemi di decisione. Ad esempio, nel nostro caso, il confronto fra gli schemi di decisione 1 e 2 si limita al confronto fra le opzioni C1 e C2, mentre il confronto fra lo schema 1 e lo schema 7 presenta una sola decisione comune e richiede di confrontare tre ipotesi alternative.

45 SCEGLIERE: flessibilità priorità
A1 B1 C1 D2 Schema di decisione 1 C2 Schema di decisione 2 B2 D1 Schema di decisione 3 Schema di decisione 4 Schema di decisione 5 A2 Schema di decisione 6 Schema di decisione 7 SCEGLIERE: flessibilità priorità A1 B1 C1 D2 Schema di decisione 1 C2 Schema di decisione 2 B2 Schema di decisione 4 Schema di decisione 5

46 Una sequenza decisionale
Area decisionale Fase I Fase II Fase III A Si attiva l’opzione A1 B Indagine esplorativa fra le opzioni B1 e B2 Si attiva l’opzione B1 C Le opzioni C1 e C2 vengono esaminate alla luce della scelta di B1 Si attiva l’opzione C1 D Si attiva l’opzione D2


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