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Regione Liguria   Centro Regionale di riferimento per la formazione specifica in Medicina Generale   Corso Triennale di Formazione Specifica in Medicina.

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Presentazione sul tema: "Regione Liguria   Centro Regionale di riferimento per la formazione specifica in Medicina Generale   Corso Triennale di Formazione Specifica in Medicina."— Transcript della presentazione:

1 Regione Liguria   Centro Regionale di riferimento per la formazione specifica in Medicina Generale   Corso Triennale di Formazione Specifica in Medicina Generale Anni 2012/2015     “Valutazione e gestione del rischio cardiovascolare in pazienti dai 45 ai 55 anni nell'ambulatorio del medico di medicina generale”     Dr.ssa Finollo Sara

2 INTRODUZIONE Le malattie cardiovascolari sono ad oggi la prima causa di morte prematura nel mondo e disabilità di massa: nei prossimi decenni si prevede un incremento degli anni di vita aggiustati per disabilità (DALY), passando da una perdita di 85 milioni di DALY del 1990, ad una perdita di 150 milioni di DALY nel 2020, confermandosi quindi la malattia cardiovascolare come la maggiore causa somatica (non psichica) di perdita di produttività. (Linee Guida Europee sulla Prevenzione delle Malattie Cardiovascolari nella Pratica Clinica 2012) L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che oltre tre quarti della mortalità cardiovascolare globale può essere prevenuta mediante l’attuazione di adeguate modifiche dello stile di vita. In ambito di prevenzione cardiovascolare il medico di medicina generale riveste un ruolo insostituibile nell’identificare i soggetti a rischio e nell’offrire misure di prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Ad oggi permane ancora una consistente percentuale di pazienti ad elevato rischio di sviluppo di malattia cardiovascolare sottovalutata e sotto trattata. Per evitare di andare incontro ad una sottostima del RCV%, è doveroso promuovere la consapevolezza dell’importanza della stima del rischio non solo fra i pazienti, ma soprattutto fra i sanitari di competenza. Tra loro purtroppo i più scettici tendono ancora a vedere i sistemi per la stima del rischio come una perdita di tempo, come una iper semplificazione di condizioni complesse e come un sistema che conduce ad un maggiore utilizzo del trattamento farmacologico.

3 I FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
Sono condizioni statisticamente correlate all’insorgenza di una malattia cardiovascolare e sono derivanti da abitudini e stili di vita non corretti, da fattori ambientali e biologici, che, se presenti in un soggetto esente da manifestazioni cliniche di malattia, predicono la probabilità di andare incontro a patologia in un certo periodo di tempo. (Istituto Superiore Sanità, Progetto Cuore). Sono indicatori di probabilità di sviluppare una malattia cardiovascolare e se in compresenza aumentano notevolmente il rischio di comparsa della patologia; la loro assenza come ovvio non esclude la malattia ma ne riduce drasticamente il rischio di sviluppo. Vennero identificati e valutati per la prima volta grazie allo studio osservazionale condotto nel 1948 dal cardiologo statunitense Thomas Royle Dawber che per le sue ricerche si basò sulla popolazione dell’intera cittadina di Framingham, nel Massachusetts. Dawber (ncbi.nlm.nih.gov) avviò dapprima lo studio tramite la “Division of Chronic Disease” della cittadina per poi far riferimento l’anno successivo al National Heart Institute degli Stati Uniti. Lo studio Framingham fu il primo di una serie di ampi studi osservazionali che negli anni successivi vennero condotti su scala globale per valutare il rischio cardiovascolare. Thomas Royle Dawber, National Institute of Health USA (ncbi.nlm.nih.gov)

4 I FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
Si suddividono in modificabili e non. I fattori di rischio cardiovascolare non modificabili (cioè non suscettibili di una possibile correzione tramite misure preventive o interventi farmacologici) sono: età: il rischio cardiovascolare aumenta progressivamente con l'avanzare dell'età sesso: i soggetti maschili hanno un rischio più elevato dei femminili in pre-menopausa. Dopo la menopausa però, il rischio nelle donne subisce un incremento venendo a mancare l’effetto di protezione esercitato dagli estrogeni che favorisco livelli maggiori di colesterolo-HDL familiarità: avere parenti che abbiano avuto eventi cardiovascolari in età giovanile, meno di 55 anni negli uomini e 65 nelle donne, aumenta il rischio in modo tanto maggiore quanto più è elevato il grado di parentela, quanto più alto è il numero di parenti colpiti e quanto più anticipatamente si è manifestata la malattia. Fasi del processo aterosclerotico nelle diverse decadi. (Pepine CJ.Am j Cardiol 1998;82)

5 I FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
I fattori di rischio modificabili (cioè suscettibili di una possibile correzione tramite misure preventive o interventi farmacologici) sono: fumo di sigaretta: uno dei principali fattori di rischio favorendo uno stato di ipercoagulabilità del sangue. La nicotina aumenta la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa per attivazione del sistema ortosimpatico, il monossido di carbonio diminuisce invece la quantità di ossigeno presente nel sangue favorendo lo sviluppo dell’aterosclerosi tramite il processo di ossidazione delle LDL nel sangue. Non trascurabile anche il danno indotto dal fumo passivo ipertensione arteriosa: accelera la formazione di aterosclerosi nelle pareti delle arterie determinando un danno cronico all’endotelio per incremento dello stress ossidativo di parete, agisce direttamente sul cuore aumentandone lo sforzo diabete mellito: se non correttamente controllato, con le sue principali complicanze, microangiopatia e aterosclerosi incrementa il rischio cardiovascolare Danno endoteliale (Diaz M, Frei B, Vita JA, and Keaney JF Jr. Antioxidants and atherosclerotic heart disease. N Engl J Med 337: 408–416, 1997, copyright Massachusetts Medical Society.)

6 I FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
dislipidemia: l’ipercolesterolemia totale ed in particolare l’incremento dei valori di colesterolo-LDL sono direttamente correlati a modificazioni ossidative dell’endotelio, che favoriscono la formazione delle placche ateromasiche. La HDL è invece una lipoproteina utile per la riduzione della colesterolemia in eccesso dal momento che favorisce una rimozione del colesterolo dalle placche ateromasiche trasportandolo al fegato obesità: è un noto fattore di rischio sia per la cardiopatia ischemica, sia per l’ictus, sia per lo scompenso cardiaco congestizio, frequentemente associata ad insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2 sedentarietà  Vi sono altri fattori di rischio che val la pena nominare, i cosiddetti fattori di rischio emergenti, il cui ruolo però necessita di ulteriori conferme: omocisteina: aminoacido che favorisce la formazione di radicali liberi dell’ossigeno ed implicato nella patogenesi del danno all’endotelio, elevati livelli di omocisteina si sono dimostrati un fattore di rischio indipendente per malattia cardiovascolare ma l’entità del suo effetto risulta limitata e le evidenze ad oggi disponibili non sono sempre concordanti, principalmente a causa di diversi fattori confondenti legati all’alimentazione e al metabolismo

7 I FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE
proteina C reattiva ad alta sensibilità e fibrinogeno: hanno un valore aggiuntivo ai molteplici fattori metabolici e di basso grado di infiammazione che denotano l’instabilità della placca aterosclerotica, ma includere questi fattori come nuovi marker di rischio presenta problemi di sensibilità e specificità, ci sono infatti anche in questo caso molti fattori confondenti e assenza di strategie terapeutiche o agenti specifici mirati al trattamento di concentrazioni elevate di hsPCR per dimostrare una riduzione dell’incidenza di malattia cardiovascolare fattori che influenzano la coagulazione: ad esempio la lipoproteina a con effetti aterogeni, il fibrinogeno, il PAI-1 inibitore della fibrinolisi, la fosfolipasi A2 uremia Fattori di rischio tradizionali e fattori di rischio emergenti (cjasn.asnjournals.org)

8 CONDIZIONI DI RISCHIO E STILI DI VITA
Definizioni tratte direttamente da “Il Progetto Cuore” Istituto Superiore di Sanità: Ipertensione: pressione arteriosa sistolica ≥ 140 o diastolica ≥ 95 mmHg o trattamento specifico Ipercolesterolemia: colesterolemia ≥ 240 mg/dl o trattamento specifico Colesterolemia-HDL bassa: ≤ 40 mg/dl negli uomini e ≤ 50 mg/dl nelle donne Colesterolemia-LDL elevata: ≥ 115mg/dl Ipertrigliceridemia: trigliceridemia ≥ 150 mg/dl Iperglicemia: glicemia a digiuno compresa tra 110 e 125 mg/dl Diabete: glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl o trattamento specifico Sindrome metabolica: presenza di tre o più delle seguenti condizioni: Circonferenza della vita: ≥ 102 cm negli uomini e ≥ 88 cm nelle donne Fattori di rischio cardiovascolare oltre ad ipertensione arteriosa Linee Guida ESH/ESC 2013 Trigliceridemia: ≥ 150 mg/dl o terapia farmacologica per ipertrigliceridemia Colesterolo HDL: < 40 mg/dl negli uomini e < 50 mg/dl nelle donne o terapia farmacologica per bassi valori di colesterolo HDL Pressione arteriosa: sistolica ≥ 130 mmHg o diastolica ≥ 85 mmHg o terapia farmacologica Glicemia a digiuno: ≥ 100 mg/dl o terapia farmacologica per iperglicemia

9 CONDIZIONI DI RISCHIO E STILI DI VITA
Definizioni tratte direttamente da “Il Progetto Cuore” Istituto Superiore di Sanità: Abitudine al fumo: viene considerato fumatore chi fuma anche solo una sigaretta al giorno, a settimana o al mese; sono rispettivamente considerate “mai fumatori” ed “ex fumatori” quelle persone che non hanno mai fumato o che hanno smesso di fumare da almeno un anno Sovrappeso: indice di massa corporea (BMI) 25,0 - 29,9 Kg/m² Obesità: indice di massa corporea (BMI) ≥ 30 Kg/m² Adiposità addominale: circonferenza vita  ≥ 102 cm negli uomini e ≥ 88 cm nelle donne rapporto vita/fianchi ≥ 0,95 negli uomini e ≥ 0,85 nelle donne Sedentarietà: descrive la sedentarietà nel tempo libero e nell’attività lavorativa Tratta da “L’obesità come fattore di rischio cardiovascolare” di Enzo Manzato Cardiology Science 2011

10 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Fumo Responsabile in Italia di circa decessi l’anno, un quarto di questi in età compresa fra 30 e 65 anni, attribuibili a patologia respiratoria e vascolare. È considerato ad oggi il principale fattore di rischio cardiovascolare prevenibile. La percentuale di fumatori negli uomini, storicamente più elevata, si è in questi anni ridotta, crescendo tra le donne. Il rischio associato al fumo è proporzionalmente più elevato nelle donne che negli uomini probabilmente per differenze nella metabolizzazione della nicotina ed è principalmente legato alla quantità di tabacco fumato giornalmente, con una chiara relazione dose-risposta. Per ottenere una riduzione del rischio cardiovascolare è quindi indispensabile la cessazione dall’abitudine tabagica. Fumo e Malattia Cardiovascolare (JACC Vol. 43, No. 10, 2004 Ambrose and Barua 1733 May 19, 2004:1731–7 Smoking and Cardiovascular Disease Update)

11 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Attualmente la comunità scientifica è unanime nel considerare il tabagismo come una vera e propria dipendenza e non una semplice abitudine comportamentale come avveniva in passato. La nicotina è a tutti gli effetti una sostanza psicoattiva in grado di agire sul sistema nervoso sia centrale che periferico tramite i recettori colinergici nicotinici espressi ubiquitariamente, inducendo la liberazione di dopamina e innescando effetti neurofisiologici di benessere alla base del rinforzo comportamentale tipico delle dipendenze. Non ultimo, una caratteristica fondamentale dei recettori nicotinici è la cosiddetta desensibilizzazione recettoriale, che determina l’instaurarsi di una tolleranza alla base del fenomeno del craving e responsabile di crisi d’astinenza vere e proprie.  Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, Osservatorio Fumo, Alcol e Droga, la cessazione dell’abitudine tabagica determina: dopo 20 minuti dall’ultima sigaretta una normalizzazione della pressione arteriosa dopo 8 ore una riduzione della metà dei livelli di nicotina e di monossido di carbonio nel sangue e una normalizzazione del livello di ossigeno dopo 24 ore l’eliminazione del monossido di carbonio dal corpo dopo ore l’eliminazione della nicotina, normalizzazione del sapore e miglioramento del respiro da 2 a 12 settimane di astensione normalizzazione della temperatura cutanea di mani e piedi e miglioramento degli scambi gassosi respiratori da tre mesi ai 12 mesi di astensione miglioramento della tosse e dei problemi respiratori e riduzione del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari dai 10 ai 15 anni rischio di tumore polmonare paragonabile a quello di un non fumatore

12 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Occorre infine mettere il paziente a conoscenza del fatto che se ne sente il bisogno è possibile far riferimento ad un supporto di tipo specialistico psicologico con terapie di tipo cognitivo-comportamentale, terapie di gruppo ecc. ed eventuale ausilio farmacologico con sostitutivi della nicotina, bubropione e vareniclina. Algoritmo modificato OMS per la cessazione dell’abitudine al fumo, tratto da Linee guida europee sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nella pratica clinica versione 2012

13 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Obesità Sia il sovrappeso che l’obesità sono associati a rischio di morte nei pazienti con malattia cardiovascolare manifesta. Recenti evidente dimostrano una correlazione lineare positiva tra indice di massa corporea e mortalità per tutte le cause. La mortalità per tutte le cause è più bassa negli individui con indice di massa corporea tra 20 e 25 kg/m. Maggiori riduzioni di peso corporeo non hanno un effetto protettivo contro le malattia cardiovascolari. (Linee Guida Europee Prevenzione Malattia cardiovascolare). L’indicatore maggiormente utilizzato ad oggi per stabilire il livello di sovrappeso di un paziente è l’Indice di Massa Corporea (IMC, o Body Mass Index, BMI), che si ottiene dividendo il peso in chilogrammi per l’altezza espressa in metri ed elevata al quadrato. Si considera in sovrappeso un paziente con un BMI compreso tra 25 e 29.9 kg/m2, valori superiori rientrano nella vera e propria obesità. Il primum movens è ad oggi riconosciuto nel fenomeno della insulino resistenza, minore sensibilità con maggiore resistenza periferica all’insulina ed una ridotta azione dell’insulina stessa. Tabella valori BMI (Cardarelli)

14 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
L’insulina ha effetto antilipolitico a livello adipocitario, ma nei soggetti affetti da insulino resistenza tale meccanismo risulta alterato, con aumento dell’immissione in circolo di acidi grassi liberi tanto maggiore quanto maggiore è il sovrappeso del paziente, ed in particolare quanto maggiore è la distribuzione viscerale dell’adipe del paziente. Nei soggetti obesi e con insulino resistenza è presente quindi un costante stato pro infiammatorio determinato dal rilascio di IL6 e TNFα prodotti dall’adipe viscerale, dallo stress ossidativo a livello endoteliale e dalla permanente attività del sistema macrofagico monocitico che fagocita i depositi lipidici a livello vasale ed è a sua volta causa di un incremento sia dell’insulino-resistenza che della lipolisi adipocitaria. Mechanisms linking obesity with cardiovascular disease, Luc F. Van Gaal, Ilse L. Mertens and Christophe E. De Block Nature 444, (14 December 2006) doi: /nature05487 Nei soggetti obesi è stato riscontrato anche uno stato pro trombotico con alterazioni nell’aggregazione piastrinica, aumento del PAI-1 e del fibrinogeno. L’aumento della lipolisi con la maggiore disponibilità di acidi grassi liberi, determina un aumento della sintesi di VLDL che sono di dimensioni più grandi rispetto a quelle normali, da cui si formeranno poi LDL di ridotte dimensioni e a maggiore densità, considerate particolarmente aterogene perché a elevato rischio di modificazioni ossidative e di infiltrare con maggiore facilità la tonaca intima delle arterie.

15 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Diversi studi hanno evidenziato la correlazione tra insulino resistenza e disfunzione endoteliale e tra disfunzione endoteliale e rischio cardiovascolare, evidenziando come le cellule progenitrici endoteliali siano diminuite in numero e in funzione in soggetti affetti da patologia cardiovascolare. Per ridurre significativamente il rischio cardiovascolare in un paziente obeso occorre proporre una riduzione di peso che agirà ovviamente migliorando anche altri fattori di rischio correlati con il sovrappeso quali diabete mellito tipo 2, ipertensione, dislipidemia. L’obbiettivo sarà quindi quello di ottenere una riduzione di peso stabile nel tempo per arrivare a reali benefici, che si rendono visibili già con riduzioni del 6 % del peso corporeo iniziale e progrediscono con l’aumento della perdita di peso. Esempio di piramide alimentare giornaliera infografica RCS

16 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Sedentarietà Numerose evidenze suggerisco una relazione tra inattività fisica e aumento del rischio di cardiopatia ischemica e tra attività fisica e riduzione del rischio medesimo. Soggetti che praticano regolarmente attività fisica hanno un rischio di morte significativamente minore rispetto a soggetti sedentari e anche soggetti che hanno modificato il loro stile di vita da sedentario ad attivo riducono sul lungo termine il rischio cardiovascolare rispetto a soggetti permanentemente sedentari. Come l’esercizio fisico agisca per ridurre il rischio cardiovascolare è attualmente oggetto di studio, fino ad ora è stato dimostrato che (Monaldi Arch Chest Dis 2003; 60: 1, 73-78): riduce significativamente le citochine pro-aterogene come TNFα a favore di un aumento della produzione di interleuchine protettive come TGFb e IL10 aumenta la vasodilatazione coronarica per incremento del rilascio di ossido nitrico da parte dell’endotelio coronarico determina una riduzione della pressione arteriosa sistolica e diastolica a riposo per l’incremento di rilascio dello stesso ossido nitrico agisce sulla dislipidemia per effetto su lipoprotein-lipasi e carnitil-palmitoil-transferasi muscolari che contribuiscono alla riduzione delle LDL e all’aumento delle HDL è un fattore protettivo per lo sviluppo di diabete mellito non insulino dipendente perché aumenta la sensibilità periferica all’insulina incrementa il metabolismo basale Progetto Cuore ISS

17 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Ipertensione arteriosa Numerosi studi osservazionali hanno ampiamente dimostrato una relazione continua ed indipendente con l’incidenza di alcuni eventi cardiovascolari come ictus, infarto miocardico, morte improvvisa, scompenso cardiaco ed arteriopatia periferica. (Linee Guida ESH/ESC 2013) Gli ultimi dati relativi alla prevalenza dell’ipertensione arteriosa nella popolazione generale la collocano tra il 30 e il 45% in aumento incrementale con l’incremento dell’età anagrafica. I meccanismi fisiopatologici alla base dell’incremento dei valori di pressione arteriosa con l’età, dipendono da: irrigidimento della parete vasale, riduzione della compliance arteriosa riduzione della componente elastica, fibrosi connettivale aterosclerosi Di rado agisce come singolo fattore di rischio cardiovascolare, generalmente il paziente iperteso presenta anche altri fattori di rischio che si potenziano a vicenda, risultando quindi un rischio cardiovascolare maggiore rispetto alla somma dei singoli fattori, ogni approccio terapeutico deve quindi considerare il rischio cardiovascolare globale del paziente. Classificazione raccomandata e risultata immutata rispetto alle linee guida ESH/ESC 2003 e 2007

18 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Stratificazione del rischio CV globale basso, moderato, alto e molto alto in relazione ai valori di SBP e DBP e alla prevalenza di RF, OD asintomatico, diabete, stadio di CKD o CVD sintomatica secondo le Linee Guida ESH/ESC 2013 I soggetti con BP clinica normale, ma elevati valori di BP al di fuori dell’ambiente medico (ipertensione mascherata) hanno un rischio CV simile a quello riscontrato nell’iperteso. I soggetti con valori di BP clinica elevati ma normale BP al di fuori dell’ambiente medico (ipertensione da camice bianco), anche se vi è associato diabete, OD, CVD o CKD, presentano un minor rischio rispetto all’iperteso stabile per gli stessi valori di BP. (BP, pressione arteriosa; CKD, nefropatia cronica; CV, cardiovascolare; CVD, malattia cardiovascolare; DBP, pressione arteriosa diastolica; HT, ipertensione; OD, danno d’organo; RF, fattore di rischio; SBP, pressione arteriosa sistolica) Linee Guida ESH/ESC 2013 Secondo le Linee guida europee sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nella pratica clinica (versione 2012) nei pazienti ipertesi, la presenza di danno d’organo subclinico costituisce un fattore predittivo indipendente di mortalità cardiovascolare che, in associazione alle carte del rischio può contribuire ad una più accurata predizione del rischio, specie nei soggetti a rischio basso o moderato.

19 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Le ultime linee guida (Linee Guida ESH/ES 2013) forniscono alcune indicazioni su quando iniziare la terapia in presenza di ipertensione, sia in base all’età del soggetto, sia in base ad eventuali comorbidità e fattori di rischio presenti nel soggetto. Un inizio rapido del trattamento farmacologico è raccomandato nei pazienti con ipertensione di grado 2 e 3 e con qualsiasi livello di rischio cardiovascolare, da attuare poche settimane dopo o contemporaneamente ai cambiamenti dello stile di vita.  La riduzione della pressione arteriosa tramite terapia farmacologica è consigliata anche quando il rischio cardiovascolare globale è elevato a causa della presenza di danno d’organo, diabete, malattia cardiovascolare o nefropatia cronica, anche se l’ipertensione è di grado 1.  L’inizio del trattamento farmacologico dovrebbe essere valutato in pazienti ipertesi di grado 1 a rischio da basso a moderato, se i livelli di pressione arteriosa rimangono costanti a diverse visite o se si riscontrano elevati valori di pressione arteriosa ambulatoriale, nonostante le modifiche dello stile di vita. Negli anziani ipertesi il trattamento farmacologico è consigliato quando la pressione arteriosa sistolica è ≥160 mmHg.  Il trattamento farmacologico può anche essere considerato negli anziani (almeno in quelli con età inferiore ad 80 anni) quando la pressione arteriosa sistolica è compresa tra 140 e 159 mmHg, a condizione che il trattamento antipertensivo sia ben tollerato. Non si raccomanda di iniziare una terapia di tipo farmacologico a pressione arteriosa normale-alta. La mancanza di evidenze non permette di raccomandare di iniziare la terapia farmacologica in soggetti giovani con un aumento “isolato” della pressione arteriosa sistolica brachiale, ma questi soggetti dovrebbero essere seguiti nel tempo con raccomandazioni sullo stile di vita.

20 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Per quanto concerne invece i target pressori da ottenere nei pazienti ipertesi, le ultime linee guida differiscono leggermente dalle precedenti e riportano i seguenti valori: Il target di pressione arteriosa sistolica 140 mmHg: è raccomandato in pazienti a rischio cardiovascolare basso-moderato è raccomandato in pazienti diabetici dovrebbe essere considerato in pazienti con precedente ictus o TIA dovrebbe essere considerato in pazienti con malattia coronarica  dovrebbe essere considerato in pazienti nefropatia cronica diabetica o non  In pazienti ipertesi anziani con età inferiore ad 80 anni e con pressione arteriosa sistolica ≥160 mmHg ci sono evidenze a favore di riduzioni della pressione arteriosa sistolica tra 150 e 140 mmHg. Nei pazienti anziani in buone condizioni con età inferiore ad 80 anni si può considerare un target di pressione arteriosa sistolica <140 mmHg. Negli ultraottantenni con valori di pressione arteriosa sistolica ≥160 mmHg è raccomandato di ridurre la pressione arteriosa tra 150 mmHg e 140 mmHg. L’obiettivo di pressione arteriosa diastolica <90 mmHg è sempre raccomandato, escluso nei pazienti diabetici in cui i valori raccomandati sono <85 mmHg. Si dovrebbe però valutare la tolleranza da parte dei pazienti dei valori di pressione arteriosa diastolica tra 80 e 85 mmHg. Prima di iniziare con un approccio terapeutico e nei casi di ipertensione moderata e grave invece contemporaneamente all’approccio terapeutico, ci sono modifiche dello stile di vita che possono agire con beneficio riducendo la pressione arteriosa, oltre che come misura esclusivamente preventiva.

21 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Dislipidemie Le alterazioni del metabolismo lipidico, ed in particolare l’ipercolesterolemia, sono determinanti nell’eziopatogenesi del processo aterosclerotico. Il primo studio che si occupò di stabilire una relazione tra ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare fu il Framingham, dimostrando che un aumento dell'1% di colesterolo totale è associato ad un incremento di incidenza di malattia cardiovascolare del 2-3%. La caratteristica principale delle lesioni aterosclerotiche è: il deposito di colesterolo nella parete vasale la presenza delle LDL ossidate con conseguente danno endoteliale L’endotelio vasale ha normalmente funzione antitrombotica e fibrinolitica, ma se sottoposto a danno cronico permette il passaggio di monociti attraverso la barriera endoteliale, i monociti si trasformano in macrofagi e danno inizio al processo aterosclerotico. I macrofagi possiedono infatti la spiccata tendenza ad incamerare una elevata quantità di lipidi trasformandosi in cellule schiumose a causa dell’aspetto del loro citoplasma, con concomitante rilascio di fattori di crescita per sostanze ad azione procoagulante e citototossica. Il colesterolo che tende quindi ad accumularsi nella parte endoteliale è prevalentemente costituito da lipoproteine LDL la cui tendenza è quella di andare incontro rapidamente ad un processo di ossidazione, le LDL ossidate così formatesi svolgono azione protrombotioca, vasocostrittrice, citotossica ed inibente la normale motilità macrofagica. I lipidi ossidati aumentano la produzione di fattori di crescita che inducono la proliferazione e la chemiotassi di cellule muscolari lisce determinanti la formazione di una capsula fibrosa collagenosica dal core lipidico altamente trombogenico e proinfiammatorio, recenti evidenze suggeriscono infatti una elevata presenza di TNF-alfa nelle lesioni aterosclerotiche.

22 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Dalle “Linee Guida Europea sulla prevenzione delle Malattie Cardiovascolari nella pratica clinica” gli elementi principali che emergono sono:  elevati livelli plasmatici di colesterolo totale e colesterolo LDL rappresentano uno dei maggiori fattori di rischio cardiovascolare in ambedue i sessi sia in assenza che in presenza di malattia cardiovascolare manifesta. Ridurre i livelli di colesterolo LDL riduce il rischio cardiovascolare, metanalisi suggeriscono con un meccanismo dose dipendente. Ad ogni decremento infatti dei livelli di colesterolo LDL di 1.0 mmol/l (~40 mg/dl) corrisponde una riduzione della mortalità cardiovascolare e del rischio di infarto miocardico non fatale del 20-25% l’ipertrigliceridemia è un fattore di rischio cardiovascolare indipendente ma con correlazione meno forte rispetto all’ipercolesterolemia e maggiormente evidente con forme di ipertrigliceridemia moderata anziché grave (>10 mmol/l o ~900 mg/dl). Ad oggi sono considerati marker di aumentato rischio cardiovascolare valori di trigliceridi a digiuno >1.7 mmol/l (~150 mg/dl) l’apolipoproteina B è la principale componente della famiglia delle lipoproteine aterogene, alcuni studi suggeriscono possa essere considerata un indicatore del rischio cardiovascolare in sostituzione del colesterolo, in quanto, oltre ad essere un predittore di rischio coronarico al pari del colesterolo LDL, è anche un indice migliore di adeguatezza della terapia ipolipemizzante. Non meno importante, le determinazioni di apoB sono meno suscettibili di errori laboratoristici rispetto al colesterolo LDL, in particolar modo nei pazienti ipertrigliceridemici. La misurazione dell’apoB non viene però effettuata nella maggior parte dei laboratori e gli obiettivi terapeutici sono <80 e <100 mg/dl per i pazienti, rispettivamente, con un rischio cardiovascolare molto elevato o elevato

23 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
basse concentrazioni di colesterolo HDL sono un fattore di rischio indipendente e ciò ha condotto all’inserimento del colesterolo HDL nelle nuove carte del rischio. Ridotti valori di colesterolo HDL possono essere considerati in linea teorica un fattore di rischio per cardiopatia ischemica al pari dell’ipercolesterolemia da aumentate concentrazioni di colesterolo LDL, il problema è che ad oggi le evidenze a nostra disposizione non hanno ancora stabilito un target terapeutico specifico, anche se valori di colesterolo HDL <1.0 mmol/l (~40 mg/dl) negli uomini e <1.2 mmol/l (~45 mg/dl) nelle donne possono essere considerati marker di aumentato rischio cardiovascolare lipoproteina(a) o Lp(a) si differenzia dalla LDL per la presenza di una proteina denominata apolipoproteina(a). Alti livelli di Lp(a) sono associati ad un aumentato rischio sia per cardiopatia ischemica che per ictus ischemico, ma ad oggi le evidenze a disposizione non concordano in favore di un beneficio derivante dalla riduzione delle concentrazioni di Lp(a) in termini di diminuzione del rischio cardiovascolare e non è quindi giustificabile effettuare uno screening della popolazione generale con riferimento ai livelli plasmatici di Lp(a), così come non vi sono dati che definiscano specifici obiettivi di trattamento l’apolipoproteina A1 (apoA1) costituisce il maggior componente proteico delle HDL e il rapporto apoB/apoA1 rappresenta uno dei più forti marker di rischio cardiovascolare, resta però da capire quanto questa variabile possa essere utilizzata come obiettivo terapeutico, anche per questioni economiche dovute all’alto costo di rilevazione il colesterolo non legato alle lipoproteine ad alta densità e cioè il colesterolo non HDL, (che comprende il colesterolo contenuto nelle LDL, nelle lipoproteine a densità intermedia e nelle particelle VLDL), fornisce una stima del rischio cardiovascolare sovrapponibile se non migliore di quella del colesterolo LDL. I target per la colesterolemia non HDL devono essere di 0.8 mmol/l (30 mg/dl) più elevati rispetto a quelli previsti per il colesterolo LDL, ma a differenza del colesterolo LDL, il calcolo del colesterolo non HDL, può essere effettuato anche in presenza di livelli di trigliceridi >4.5 mmol/l (oltre ~400 mg/dl), il che lo rende superiore alla determinazione soprattutto nei pazienti con elevazione postprandiale della trigliceridemia

24 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Raccomandazioni: nei pazienti con un rischio cardiovascolare basso o moderato gli obiettivi raccomandati sono <5.0 mmol/l (al di sotto di ~190 mg/dl) per il colesterolo totale e <3.0 mmol/l (al di sotto di ~115 mg/dl) per l’LDL nei pazienti con un rischio cardiovascolare elevato è raccomandato un obiettivo di colesterolo LDL <2.5 mmol/l (al di sotto di ~100 mg/dl) nei pazienti con un rischio cardiovascolare molto elevato sono raccomandati un obiettivo di colesterolo LDL <1.8 mmol/l (al di sotto di ~70 mg/dl) o una riduzione del colesterolo LDL ≥ 50% qualora non sia possibile raggiungere questo obiettivo Linee Guida Europea sulla prevenzione delle Malattie Cardiovascolari nella pratica clinica

25 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
i pazienti con ipercolesterolemia familiare devono essere considerati ad alto rischio e trattati con farmaci ipolipemizzanti i pazienti con sindrome coronarica acuta devono essere trattati con statine ad alte dosi e iniziare la terapia durante l’ospedalizzazione prevenzione dell’ictus non emorragico: nei pazienti con malattia aterosclerotica accertata, o ad alto rischio di eventi cardiovascolari, o con storia di ictus ischemico di natura non cardioembolica deve essere istituita la terapia con statine l’arteriopatia ostruttiva degli arti inferiori e l’aterosclerosi carotidea costituiscono fattori di rischio equivalenti di cardiopatia ischemica e in questi casi è raccomandata la terapia con farmaci ipolipemizzanti le statine devono essere considerate la terapia di prima scelta per il trattamento della dislipidemia nei trapiantati l’insufficienza renale cronica, stadi 2-5 GFR <90 ml/min/1.73 m2 costituisce un fattore di rischio equivalente di cardiopatia ischemica e in questi casi gli obiettivi di colesterolo LDL devono essere adattati al grado di IRC Escludere forme secondarie di dislipedimia da ipotiroidismo, abuso di alcool, diabete mellito, sindrome di Cushing, malattie epatiche o renali o impiego di alcuni farmaci quali corticosteroidi, isotretinoina, etretinate, ciclosporina. I pazienti in cui si sospetta una dislipidemia su base genetica devono essere inviati ad una corretta diagnosi genetico-molecolare, in quanto gli attuali SCORE per il rischio cardiovascolare globale non sono adatti ai pazienti con ad es. una ipercolesterolemia familiare perché valori di colesterolo totale >8 mmol/l (~320 mg/dl) e di colesterolo LDL >6 mmol/l (~240 mg/dl) collocano per definizione il paziente nella categoria ad alto rischio cardiovascolare globale.

26 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Diabete Mellito tipo II Una delle patologie croniche maggiormente diffuse al mondo, caratterizzata da un progressivo ed allarmante spostamento di insorgenza verso l’età giovanile a causa del proliferare di abitudini alimentari scorrette, crescita del numero di persone obese o in sovrappeso, affermarsi di stili di vita sempre più sedentari. L’International Diabetes Federation (IDF) sostiene che nel 2010 oltre 284 milioni di persone fossero affetti da diabete e che nel 2030 i diabetici adulti (fascia d’età 20/79) saranno 438 milioni. Le evidenze disponibili dimostrano che il diabete mellito di tipo 2 si associa ad un aumento di complicanze cardiovascolari su base aterosclerotica che si manifestano a carico di arterie periferiche, cerebrali e coronarie e che un trattamento tempestivo dell’iperglicemia è efficace nel ridurre il rischio sia di macro e micro angiopatia, sia, anche se in misura minore, il rischio cardiovascolare globale. I pazienti con diabete mellito di tipo 2 con livelli di HbA1c > 7,5% hanno un rischio relativo da 2,5 a 5 volte più alto di sviluppare complicanze micro vascolari. Per ogni aumento dell’1% di HbA1c, il rischio della progressione di L’iperglicemia cronica è associata ad un rischio 5 volte maggiore di sviluppare malattie delle arterie periferiche. (Il nuovo algoritmo terapeutico del diabete mellito tipo 2 step by step per una terapia sempre più semplice ed efficace. Gerardo Medea) L’iperglicemia di per sé, anche se inferiore al range diagnostico per diabete mellito franco, è un fattore di rischio progressivo e continuo per patologie cardiovascolari (Il nuovo algoritmo terapeutico del diabete mellito tipo 2 step by step per una terapia sempre più semplice ed efficace. Gerardo Medea)

27 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Ciò sta conducendo la comunità scientifica a considerare categorie come l’IFG alterata regolazione glicemia digiuno (impaired fast glucose) e l’IGT ridotta tolleranza al glucosio (impaired glucose tolerance), non solo fattori di rischio per un successivo sviluppo di diabete, ma veri e propri fattori di rischio cardiovascolare. (da Iperglicemia e Rischio Cardiovascolare di Cristina Bianchi, Stefano Del Prato, Roberto Miccoli)  I pazienti con livelli glicemici più elevati (pur nella normalità) hanno un rischio cardiovascolare superiore rispetto ai pazienti con minori livelli glicemici, indipendentemente dal tipo di indice glicemico valutato, sia esso glicemia a digiuno o post carico, e tale rischio appare aumentato nelle coorti che hanno considerato la popolazione femminile. Pare, infatti, che esista una differenza genere-specifica nel rischio cardiovascolare correlato al diabete. Meccanismi di danno vascolare associato ad iperglicemia (Tratto da Iperglicemia e Rischio Cardiovascolare di Bianchi, Del Prato, Miccoli) Nelle donne il diabete si associa ad un profilo di rischio peggiore, caratterizzato da livelli di glicemia più elevati rispetto agli uomini, da un peggiore controllo della pressione arteriosa e del profilo lipidico e da una maggiore prevalenza della sindrome metabolica. (da Iperglicemia e Rischio Cardiovascolare di Cristina Bianchi, Stefano Del Prato, Roberto Miccoli)  Nel caso di soggetti diabetici ad elevato rischio cardiovascolare globale, va adottato un approccio multifattoriale al trattamento, gli obbiettivi saranno quindi non solo mantenere un buon controllo glicemico, ma agire sui multipli fattori di rischio. Le evidenze a nostra disposizione dimostrano che l’iperglicemia tende a favorire anomalie tissutali che predispongono all’aterosclerosi.

28 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
L’insulina media la captazione del glucosio attraverso i trasportatori di membrana e determina l’espressione della NO sintasi endoteliale, ha quindi un effetto antilipolitico a livello adipocitario, inibisce l’aggregazione piastrinica, ha effetto antiossidante, antinfiammatorio e antiaterosclerotico ed aumenta il flusso ematico a livello sia arterioso che venoso che del microcircolo. Nei soggetti affetti però da insulino resistenza, come i diabetici di tipo 2, tale meccanismo risulta alterato, determinando un aumento dell’immissione in circolo di acidi grassi liberi tanto maggiore quanto maggiore è il sovrappeso del paziente, ed in particolare quanto maggiore è la distribuzione viscerale dell’adipe del paziente. Il tessuto adiposo viscerale addominale rispetto al tessuto adiposo sottocutaneo, ha una maggiore attività lipolitica ed una maggiore attività simpatico-adrenergica causando un maggiore rilascio di adipochine e di citochine. Nei soggetti obesi e con insulino resistenza è presente quindi un costante stato pro infiammatorio determinato dal rilascio di IL6 e TNFα prodotti dall’adipe viscerale, dallo stress ossidativo a livello endoteliale e dalla permanente attività del sistema macrofagico monocitico che fagocita i depositi lipidici a livello vasale ed è a sua volta causa di un incremento sia dell’insulino-resistenza che della lipolisi adipocitaria. Pare da studi recenti che il maggiore stimolo ossidativo che si riscontra nei soggetti con elevati livelli glicemici sia dovuto maggiormente alle variazioni acute della glicemia, tipiche della glicemia postprandiale.

29 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
Tratte dalle Linee guida europee sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari nella pratica clinica (versione 2012) le raccomandazioni: per la prevenzione delle malattie cardiovascolari nei pazienti diabetici è raccomandato un obiettivo di HbA1c <7.0% (<53 mmol/mol). Gli obiettivi terapeutici di HbA1c sono stati quindi portati da <6.5% a <7.0% ( studio ACCORD Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes / studio ADVANCE Action of Diabetes and Vascular Disease Trial / studio VADT Veterans Affairs Diabetes Trial)  l’uso delle statine è raccomandato per ridurre il rischio cardiovascolare nei pazienti diabetici devono essere evitate condizioni di ipoglicemia e sovrappeso e nei pazienti con malattia coronarica complessa può essere necessario un approccio individualizzato (in termini sia di obiettivi terapeutici da conseguire che di trattamento farmacologico) la metformina deve essere utilizzata come terapia di prima scelta, a meno che non esistano controindicazioni un’ulteriore riduzione dell’HbA1c ad un obiettivo <6.5% (<4.8 mmol/mol) (il valore minimo di HbA1c raggiungibile con sicurezza) può essere utile ai fini diagnostici. Nei pazienti con diabete di lunga durata questi obiettivi possono contribuire a ridurre il rischio di eventi micro vascolari nei diabetici è raccomandato un obiettivo pressorio <140/80 mmHg. Le metanalisi degli studi disponibili dimostrano che tutte le principali classi di farmaci antipertensivi esercitano un’azione protettiva nei confronti delle complicanze cardiovascolari ma nella maggior parte dei casi per conseguire un efficace controllo pressorio è necessaria una terapia di associazione, che deve sempre includere un ACE-inibitore o un antagonista recettoriale dell’angiotensina II per la loro efficacia nel prevenire sviluppo e progressione della nefropatia

30 Fattori di rischio modificabili: misure preventive e terapeutiche
sono raccomandati obiettivi di colesterolo LDL <2.5 mmol/l (~100 mg/dl), nei pazienti senza evidenza di malattia aterosclerotica; possono essere contemplati valori di colesterolemia totale <4.5 mmol/l (~175 mg/dl), prevedendo un’ulteriore riduzione del colesterolo LDL ad un obiettivo <1.8 mmol/l (~70 mg/dl) (utilizzando dosaggi più alti di statine) nei pazienti diabetici che presentano un rischio cardiovascolare molto elevato. Nei pazienti con diabete di tipo 2 è necessario instaurare tempestivamente un trattamento intensivo con farmaci ipolipemizzanti a prescindere dai livelli basali di colesterolo LDL. Nei diabetici con malattia cardiovascolare conclamata o insufficienza renale cronica che presentano uno o più fattori di rischio cardiovascolare si raccomandano obiettivi di colesterolo LDL <1.8 mmol/l (~70 mg/dl). Tuttavia, occorre sottolineare che nei pazienti con diabete di tipo 2 i livelli di colesterolo LDL rimangono spesso nel range di normalità o sono solo lievemente elevati, mentre uno dei maggiori fattori di rischio cardiovascolare in questa popolazione è rappresentato dalla dislipidemia diabetica, caratterizzata da ipertrigliceridemia e basse concentrazioni di colesterolo HDL la terapia antiaggregante piastrinica con aspirina non è raccomandata nei pazienti diabetici senza evidenza clinica di malattia aterosclerotica. L’aspirina non è quindi più raccomandata in prevenzione primaria nei pazienti diabetici la microalbuminuria (definita da un’escrezione urinaria di albumina pari a mg/24h) si è dimostrata in grado di predire lo sviluppo di nefropatia conclamata sia nei diabetici di tipo 1 che di tipo 2, mentre la presenza di proteinuria (>300 mg/24h) indica generalmente la presenza di danno renale parenchimale conclamato. Sia nei pazienti ipertesi non diabetici che diabetici, il riscontro di microalbuminuria – anche quando inferiore ai valori soglia di riferimento – costituisce fattore predittivo di eventi cardiovascolari e in diversi studi è stata descritta una relazione continua tra rapporto proteine/creatinina nelle urine e mortalità cardiovascolare e non cardiovascolare. I pazienti con microalbuminuria e proteinuria devono essere trattati con ACE-inibitori o antagonisti recettoriali dell’angiotensina II, indipendentemente dai valori pressori basali

31 OBIETTIVI DELLO STUDIO
Maggiori evidenze suggeriscono la necessità da parte del medico di medicina generale di offrire ai propri pazienti un’attenta valutazione e gestione del rischio cardiovascolare per poter mettere in atto efficacemente tutte le misure preventive e terapeutiche ad oggi note atte a ridurre il rischio o limitarne una sua progressione. I dati riportati nella presente tesi, fanno quindi parte di un progetto di ricerca finalizzato alla valutazione e gestione del rischio cardiovascolare in pazienti dai 45 ai 55 anni di ambedue i sessi e che, in assenza di patologia cardiovascolare nota, difficilmente afferiscono spontaneamente all’ambulatorio del medico di medicina generale. Il progetto si propone quindi di: valutare il rischio cardiovascolare in n.181 pazienti dai 45 e i 55 anni di ambedue i sessi, in assenza di patologia cardiovascolare nota in atto o pregressa. identificare i soggetti a rischio più elevato al fine di mettere in pratica tutte le misure preventive e farmacologiche note atte a ridurre il rischio cardiovascolare o quantomeno evitarne una sua progressione.

32 CASISTICA E METODICHE Reclutamento dei pazienti e parametri indagati
Lo studio in oggetto è iniziato nel dicembre 2012 e terminato a novembre Sono stati individuati tutti i pazienti dai 45 ai 55 anni (nati quindi da gennaio 1957 / dicembre gennaio 1968) del medico di medicina generale che ha aderito al progetto. Il totale dei pazienti in questa fascia di età (eleggibili e non) è risultato di 289 unità.  Dal momento che l’obbiettivo dello studio era quello di valutare il rischio cardiovascolare in pazienti dai 45 e i 55 anni di ambedue i sessi, in assenza di patologia cardiovascolare nota, sono stati esclusi dallo studio in quanto non eleggibili un totale di 47 unità, pari al 16%. Riporto di seguito i criteri di non eleggibilità allo studio:  ipertensione arteriosa in terapia cardiopatia ischemica; infarto miocardico compresi eventuali esiti; intervento di by-pass/angioplastica; angina pectoris scompenso cardiaco fibrillazione atriale cronica in terapia ictus/TIA arteriopatia periferica (patologia aterosclerotica-stenotica, occlusiva, aneurismatica dell’aorta e delle arterie, con esclusione delle coronarie) patologie neoplastiche maligne in fase attiva patologia neurologica progressiva; malattie ereditarie e degenerative del sistema nervoso centrale e altri disturbi del sistema nervoso centrale; situazioni di deterioramento cognitivo o patologia psichiatrica, nonché quelle caratterizzate da una o più ADL compromesse (ADL: attività di base della vita quotidiana: lavarsi, vestirsi, fare il bagno, usare i servizi igienici, alimentarsi, essere continenti) insufficienza renale (GFR stimata < 60 ml/min e/o micro/macroalbuminuria adeguatamente accertate e riconf.) diabete mellito

33 CASISTICA E METODICHE I pazienti eleggibili in assenza di patologia cardiovascolare nota sono risultati quindi essere 242 unità, l’84% del totale. Questi, considerati idonei, sono stati tutti contattati tramite chiamata telefonica da parte del medico di medicina generale che proponeva loro l’adesione allo studio in oggetto. Su un totale di 242 pazienti contattati, 27 non hanno fornito la loro adesione allo studio, l’11% e 34, pari al 14%, non hanno risposto alla chiamata e sono quindi risultati non contattabili (sono pazienti che il medico non aveva mai conosciuto). Il numero di eleggibili che quindi hanno aderito allo studio si è così ridotto a 181 unità pari all’75%.

34 CASISTICA E METODICHE I 181 pazienti che hanno aderito allo studio, con previa compilazione di un consenso informato, sono stati tutti sottoposti ad una prima visita conoscitiva, in cui per ogni paziente sono stati valutati i seguenti dati: sesso data di nascita familiarità per malattia cardiovascolare (evento cardiovascolare prima dei 65 anni per F e prima dei 55 anni per M) stili di vita: abitudine al fumo (scheda valutazione su Millewin), attività fisica (scheda valutazione su Millewin), alimentazione, consumo di alcool (scheda di valutazione su Millewin) eventuale terapia estroprogestinica peso, altezza e BMI, circonferenza addominale pressione arteriosa (media di 3 misurazioni in 5 minuti): se aumentata, la presenza di ipertensione arteriosa dovrà essere confermata da misurazioni domiciliari secondo le Linee Guida Europee (2 misurazioni/die: tra le 6 e le 9 e tra le 18 e le 21, prima dei pasti, per 7-10 gg) ed eventualmente da Monitoraggio Pressorio delle 24 ore se non eseguiti negli ultimi 12 mesi, i seguenti accertamenti: emocromo colesterolo totale, colesterolo HDL, colesterolo LDL trigliceridi glicemia a digiuno creatinina plasmatica, clearance (con formula CKD-EPI disponibile su Millewin) potassio esame delle urine microalbuminuria (se pressione arteriosa aumentata)

35 CASISTICA E METODICHE Nel corso della visita successiva sono stati visionati gli esami e calcolato il rischio cardiovascolare (Progetto Cuore disponibile su Millewin). Sono stati quindi forniti consigli per modificare gli stili di vita e/o i parametri ematochimici alterati e, se necessario, instaurata idonea terapia farmacologica e/o dietetica, secondo quanto descritto nella prima parte della tesi. I pazienti, in base al rischio cardiovascolare ottenuto e alla necessità o meno di un intervento terapeutico sui fattori di rischio, sono stati osservati con cadenze differenti: coloro che avevano alla visita un rischio cardiovascolare lieve / moderato basso, in assenza di fattori di rischio o in presenza di fattori di rischio che però al momento della visita non necessitavano di un intervento terapeutico, dopo aver ricevuto raccomandazioni sullo stile di vita, sono stati rivalutati ad un anno per ricalcolare il rischio cardiovascolare. coloro invece che presentavano o un rischio cardiovascolare moderato alto/grave o significativi fattori di rischio che necessitavano sin da subito di un intervento terapeutico oltre che di mutamenti sullo stile di vita, sono stati sottoposti ad un follow up più stretto. Sono stati infatti rivalutati a cadenza trimestrale per 12 mesi, al termine dei quali è stato ricalcolato il rischio cardiovascolare per verificare l’efficacia degli interventi preventivi e terapeutici intrapresi sui vari parametri considerati.

36 CASISTICA E METODICHE Occorre però precisare che su 181 pazienti che hanno aderito allo studio e si sono sottoposti alla prima visita, 29 non hanno proseguito l’iter previsto, non consegnando gli esami ematochimici prescritti. Sono stati quindi esclusi in un successivo momento, in quanto era impossibile in assenza degli esami poter effettuare il calcolo del rischio cardiovascolare ed impostare i successivi controlli. I pazienti che pertanto hanno portato a termine tutto l’iter previsto dallo studio sono stati 152, pari all’84%.

37 CALCOLO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE“IL PROGETTO CUORE”

38 CALCOLO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE: “IL PROGETTO CUORE”
Obiettivi “Progetto Cuore” Le informazioni riportate sono tratte interamente da Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, nasce nel 1998 grazie ad una collaborazione tra quattro gruppi di ricerca che si sono posti i seguenti obbiettivi nel tempo: impiantare un registro di popolazione per il monitoraggio degli eventi cardiovascolari realizzare un’indagine per valutare la distribuzione dei fattori di rischio, la prevalenza delle condizioni a rischio e delle malattie cardiovascolari nella popolazione adulta italiana valutare il rischio cardiovascolare nella popolazione italiana e realizzare strumenti di valutazione del rischio di facile applicazione in salute pubblica realizzare un piano di formazione per i medici di medicina generale per la valutazione del rischio cardiovascolare nella popolazione italiana spiegare il trend in discesa della mortalità per cardiopatia coronarica aggiornare le carte del rischio cardiovascolare e il software di valutazione del punteggio di rischio individuale Dal 2005 inoltre il progetto Cuore partecipa anche alle attività del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, Ministero della Salute: Il Progetto Cuore - Epidemiologia e prevenzione delle malattie Piano di formazione per gli operatori delle stroke unit, per la prevenzione e la gestione integrata dell'ictus con i medici di medicina generale Azioni relative alla riduzione del consumo di sale in Italia: verifica delle ricadute dell’accordo con i panificatori e programma “meno sale più salute” Coorti di popolazione adulta italiana seguite longitudinalmente per anni: lo svantaggio socio-economico e gli esiti di salute

39 CALCOLO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE: “IL PROGETTO CUORE”
Punteggio individuale “Progetto Cuore” Il punteggio individuale è uno strumento che permette di calcolare il rischio di primo evento cardiovascolare maggiore (infarto del miocardio o ictus) nei successivi 10 anni, impostando il valore di otto fattori di rischio: sesso, età, pressione arteriosa sistolica, trattamento anti-ipertensivo, colesterolemia totale, HDL-colesterolemia, diabete, abitudine al fumo. Il calcolo del rischio individuale: deve essere effettuato dal medico è valido se i fattori di rischio sono stati misurati seguendo la metodologia standard è utilizzabile su donne e uomini di età compresa fra 35 e 69 anni che non hanno avuto precedenti eventi cardiovascolari non può essere utilizzato nelle donne in gravidanza non può essere applicato per valori estremi dei fattori di rischio cioè per colesterolemia totale superiore a 320 mg/dl o inferiore a 130 mg/dl, HDL-colesterolemia inferiore a 20 mg/dl o superiore a 100 mg/dl e per pressione arteriosa sistolica superiore a 200 mmHg o inferiore a 90 mmHg

40 CALCOLO DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE: “IL PROGETTO CUORE”
Al fine della valutazione del rischio cardiovascolare, i valori degli esami clinici di glicemia e colesterolemia sono utilizzabili se eseguiti da non più di tre mesi. Si consiglia di eseguire la valutazione del rischio cardiovascolare attraverso il punteggio almeno: ogni sei mesi per persone a elevato rischio cardiovascolare (rischio superiore o uguale al 20%) ogni anno per persone a rischio da tenere sotto controllo attraverso l'adozione di uno stile di vita sano (rischio superiore o uguale al 3% e inferiore al 20%) ogni 5 anni per persone a basso rischio cardiovascolare (rischio inferiore al 3%) Il punteggio individuale rispetto alla carta del rischio: considera due fattori di rischio in più rispetto alla carta, HDL-colesterolemia e terapia anti-ipertensiva, che rappresenta un fattore aggiuntivo alla pressione arteriosa, in quanto il valore registrato non è naturale ma dovuto anche al trattamento specifico, ed è un indicatore per la valutazione di ipertensione arteriosa di vecchia data le carte sono classi di rischio globale assoluto calcolate per categorie di fattori di rischio e considerano intervalli di valori per colesterolemia e pressione arteriosa; il punteggio individuale tiene conto di valori continui per colesterolemia, HDL-colesterolemia, età e pressione arteriosa e offre una stima puntuale del rischio cardiovascolare il punteggio individuale può essere applicato a persone nella fascia di età anni la carta considera invece la fascia anni

41 RISULTATI Come già precedentemente annunciato su 181 pazienti che hanno aderito allo studio e si sono sottoposti alla prima visita, coloro che hanno portato a termine tutto l’iter previsto sono stati 152 (71M/81F), pari all’84%, e su questi pazienti abbiamo pertanto tratto i risultati. I pazienti arruolati sono di tutti età compresa fra i 45 e i 55 anni, e coloro che hanno mostrato una familiarità sicuramente positiva per malattia cardiovascolare (<65 anni F; <55 anni M) sono 19 (molti non ricordavano esattamente l’età d’esordio degli eventi cardiovascolari nei genitori). Su un totale di 152 pazienti abbiamo individuato 89 non fumatori, 30 ex fumatori / 33 fumatori. Per quanto concerne invece l’attività fisica, 45 pazienti svolgono lavori sedentari e nessuna attività fisica, 68 una attività fisica leggera, 35 una attività fisica media, 4 una attività fisica intensa.

42 RISULTATI Circa il sovrappeso, i pazienti con un BMI aumentato alla prima visita sono stati 61, di questi 41 avevano un BMI tra 25 e 29, un BMI fra 30 e 39,9 - 2 un BMI >= 40. Il grafico sotto riporta le percentuali. I pazienti con circonferenza addominale sopra la norma alla prima visita erano 21 M e 30 F, i pazienti in terapia dietetica già seguiti da uno specialista dietologo o che hanno ricevuto una dieta da parte del medico di medicina generale 35.

43 RISULTATI Tabella che mostra i dati di maggiore rilevanza alla prima visita tratti dallo studio in oggetto. Per una analisi più dettagliata dei risultati ottenuti in termini di nuove diagnosi e riduzione del RCV%, mi soffermo in particolare sui fattori di rischio ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2, dislipidemia e fumo. Per quanto concerne il fattore di rischio ipertensione arteriosa, alla prima visita 7 soggetti hanno presentato valori pressori sopra la norma in tre rilevazioni, preciso che erano soggetti in cui non era mai stata posta diagnosi di ipertensione e privi di trattamento. Questi sette soggetti sono stati monitorati nel tempo e 5 di essi hanno richiesto un intervento non solo di modifica dello stile di vita ma anche di tipo terapeutico. Grazie quindi allo studio in oggetto (ricordo che i pazienti sono stati tutti contattati in quanto erano soggetti apparentemente sani che difficilmente afferivano spontaneamente all’ambulatorio del medico di medicina generale) abbiamo posto diagnosi di ipertensione arteriosa in 5 soggetti. Questi hanno quindi ricevuto tutti un adeguato trattamento terapeutico e 4 di essi hanno ottenuto una riduzione del RCV% alla visita finale rispetto alla prima visita.

44 RISULTATI Per quanto concerne il fattore di rischio diabete mellito, alla prima visita i pazienti con glicemia digiuno >= 126 mg/dl in due rilevazioni erano 3. Essi hanno quindi ricevuto una adeguata diagnosi di diabete mellito. Sono stati messi in atto tutti gli interventi dietetici correttivi atti a ridurre i livelli glicemici dei soggetti in esame e sono stati monitorati nel tempo. Grazie quindi allo studio in oggetto (ricordo che i pazienti sono stati tutti contattati in quanto erano soggetti apparentemente sani che difficilmente afferivano spontaneamente all’ambulatorio del medico di medicina generale) abbiamo posto diagnosi di diabete mellito in 3 soggetti. Questi hanno quindi ricevuto tutti un adeguato trattamento e ottenuto tutti e tre una riduzione del RCV% alla visita finale rispetto alla prima visita. Occorre precisare inoltre che su un totale di 152 pazienti, 28 hanno presentato una glicemia a digiuno >= 100 mg/dl e < 126 mg/dl. Dalle ultime linee guida emerge con chiarezza come l’iperglicemia di per sé, anche se inferiore al range diagnostico per diabete mellito franco, sia un fattore di rischio cardiovascolare. L’iperglicemia, rappresenta un fattore di rischio progressivo e continuo per patologie cardiovascolari, quindi le alterazioni glicemiche che precedono l’esordio del diabete mellito di tipo 2 possono associarsi ad un aumentato rischio di malattia cardiovascolare. Ciò sta conducendo la comunità scientifica a considerare categorie come l’IFG alterata regolazione glicemia digiuno (impaired fast glucose) e l’IGT ridotta tolleranza al glucosio (impaired glucose tolerance), non solo fattori di rischio per un successivo sviluppo di diabete, ma veri e propri fattori di rischio cardiovascolare. (da Iperglicemia e Rischio Cardiovascolare di Cristina Bianchi, Stefano Del Prato, Roberto Miccoli) Abbiamo quindi deciso di monitore nel tempo le glicemie di questi 28 soggetti anche in assenza di altri fattori di rischio.

45 RISULTATI Per quanto concerne il fattore di rischio dislipidemia, alla prima visita i pazienti con LDL >= 150 sono stati 55, di questi 10 hanno presentato LDL >= 190. Basandoci sull’algoritmo presente nelle “Linee Guida Europea sulla prevenzione delle Malattie Cardiovascolari nella pratica clinica”, oltre ad aver dato a tutti i pazienti indicazioni per ridurre l’introito alimentare di colesterolo, abbiamo considerato l’approccio terapeutico in quei soggetti che presentavano LDL > 190 e/o un aumentato rischio cardiovascolare. Di questi, 11 pazienti hanno quindi ricevuto anche un trattamento terapeutico oltre che una modifica sullo stile di vita. I pazienti con i livelli di LDL maggiori sono stati inoltre indirizzati ad una visita specialistica per inquadramento dell'ipercolesterolemia (possibile ipercolesterolemia su base genetica). Grazie quindi allo studio in oggetto (ricordo che i pazienti sono stati tutti contattati in quanto erano soggetti apparentemente sani che difficilmente afferivano spontaneamente all’ambulatorio del medico di medicina generale) abbiamo posto diagnosi di dislipidemia con necessità di trattamento farmacologico in 11 pazienti. Questi hanno ricevuto tutti un adeguato trattamento terapeutico e tutti hanno ottenuto una riduzione del colesterolo totale e quindi una riduzione del RCV% alla visita finale rispetto alla prima visita. Per quanto concerne il fattore di rischio fumo, alla prima visita 33 soggetti sono risultati fumatori. Tutti hanno ricevuto indicazioni e consigli sulla cessazione del fumo ma solo 1 di essi ha presentato una reale volontà e cessato di fumare durante il periodo di osservazione riducendo così il proprio RCV%. Occorre però precisare che il medico di medicina generale i cui pazienti sono stati oggetto di studio, ha da sempre esortato i propri pazienti a smettere di fumare e molti di essi avevano già cessato prima dell’inizio dello studio (ex fumatori 33).

46 RISULTATI Riporto di seguito la tabella riassuntiva di quanto precedentemente enunciato e i risultati ottenuti in termini di riduzione del rischio cardiovascolare percentuale, ottenuti grazie alle modifiche sullo stile di vita e al trattamento terapeutico. I dati della presente tabella fanno emergere come, sia nei pazienti generali (tutti i pazienti, a rischio maggiore e non) che in quelli a maggiore rischio cardiovascolare, grazie alle misure e preventive e terapeutiche adottate, sia stato possibile ottenere una riduzione del rischio cardiovascolare. In particolare, il rischio cardiovascolare medio in generale (tutti i pazienti, a rischio maggiore e non) alla prima visita era di 2.5, all’ultima visita era 2.41, abbiamo quindi registrato una riduzione dello 0.09. Il rischio cardiovascolare medio dei pazienti maggiormente a rischio alla prima visita era 6.22, all’ultima visita era 5.73, abbiamo quindi registrato una riduzione dello 0.49. Anche i pazienti con BMI > 30 alla prima visita, pur non essendo il BMI presente in modo diretto nel calcolatore del rischio cardiovascolare, diminuendo il peso grazie alle misure dietetiche adottate, hanno ridotto altri fattori di rischio come colesterolo e pressione arteriosa. Il rischio cardiovascolare medio dei pazienti con BMI > 30 alla prima visita era 3.86, all’ultima visita era 3.64, abbiamo quindi registrato anche in questo caso una riduzione dello

47 RISULTATI Il grafico mostra il confronto del RCV% alla prima visita e all’ultima visita per le tre categorie esaminate. Come ovvio, la più evidente riduzione del rischio cardiovascolare è stata registrata nei pazienti con un RCV% maggiore alla prima visita in quanto è proprio su di essi che abbiamo adottato una strategia di monitoraggio e misure preventive e terapeutiche più intense.

48 RISULTATI Il grafico sotto confronta appunto le riduzioni del rischio cardiovascolare ottenute nelle categorie esaminate. Di seguito, sono riportate alcune tabelle esemplificative con i dati di maggiore interesse per alcuni pazienti che alla prima visita hanno presentato molteplici fattori di rischio e quindi un RCV% aumentato rispetto alla media. (Nella tesi sono riportate invece integralmente anche le tabelle per i pazienti che alla prima visita hanno presentato un BMI > 30 ed erano o monitorati da uno specialista dietologo o in terapia dietetica fornita dal medico di medicina generale). Queste sono le categorie di maggiore interesse e quelle su cui abbiamo applicato una strategia preventiva e terapeutica più forte oltre che un monitoraggio più intenso nel tempo. (Le tabelle di raccolta dei dati sono state comunque costruite per ogni singolo paziente aderente allo studio.)

49 DISCUSSIONE Maggiori evidenze suggeriscono la necessità da parte del medico di medicina generale di offrire ai propri pazienti un’attenta valutazione e gestione del rischio cardiovascolare per poter mettere in atto efficacemente tutte le misure preventive e terapeutiche ad oggi note atte a ridurre il rischio o limitarne una sua progressione. I risultati ottenuti nello studio in termini di nuove diagnosi e di riduzione del RCV% sono senza dubbio il frutto di una medicina di iniziativa. I pazienti dai 45 ai 55 anni di ambedue i sessi e che, in assenza di patologie note, abbiamo valutato, sono soggetti che infatti difficilmente sarebbero afferiti spontaneamente all’ambulatorio del medico di medicina generale. La loro adesione al programma in oggetto ci ha permesso di valutarli e monitorarli nel tempo, abbiamo così ottenuto 5 nuove diagnosi di ipertensione, 3 diagnosi di diabete mellito di tipo 2, 11 diagnosi di dislipidemia che in base al RCV% hanno necessitato di trattamento non solo su modifica dello stile di vita ma anche terapeutico. Un soggetto ha inoltre risposto positivamente alle indicazioni fornite sulla cessazione del fumo, smettendo l’abitudine tabagica durante il periodo di osservazione, riducendo così il proprio RCV%.

50 DISCUSSIONE La terapia dietetica fornita dal medico di medicina generale ha inoltre permesso di ottenere, in chi ha aderito positivamente, una riduzione di peso corporeo che ha inciso favorevolmente su altri fattori di rischio come ipertensione arteriosa e colesterolemia riducendo il RCV%. Riporto i grafici dei risultati ottenuti in termini di riduzione del RCV% dalla prima visita all’ultima, diminuzione raggiunta grazie alle misure preventive e terapeutiche messe in atto durante il periodo di osservazione. Quello che è emerso senza alcun dubbio dallo studio in oggetto è che nell’ambito della prevenzione cardiovascolare il medico di medicina generale è senza dubbio alcuno la figura cardine dal momento che riveste un ruolo insostituibile nell’offrire ai pazienti misure di prevenzione primaria e secondaria e terziaria.

51 DISCUSSIONE E’ infatti il medico di medicina generale il primo a identificare tutti i soggetti a rischio; ad oggi però, purtroppo, permane ancora una consistente percentuale di pazienti ad elevato rischio di sviluppo di malattia cardiovascolare che resta sottostimata e quindi sotto trattata. Persistono però diverse criticità, sottolineate peraltro dalle “Linee Guida Europee sulla Prevenzione delle Malattie Cardiovascolari nella Pratica Clinica (versione 2012)”, emerse grazie a diversi studi che hanno valutato l’applicazione delle procedure per la stima del rischio e l’uso dei sistemi per il calcolo del rischio da parte dei medici di medicina generale. I medici tendono infatti ad affidarsi alla propria esperienza per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Per quanto la maggior parte dei cardiologi e dei medici (85%) siano consapevoli di dover basare la valutazione del rischio sulla combinazione di tutti i fattori di rischio cardiovascolare, il 62% dei medici ricorre a metodi soggettivi per misurare il rischio piuttosto che utilizzare i sistemi di calcolo. Ma la valutazione intuitiva basata sull’esperienza personale, seppure sia la modalità preferita da molti medici, sembra risultare in una sottostima del rischio cardiovascolare reale. (Linee Guida Europee sulla Prevenzione delle Malattie Cardiovascolari nella pratica clinica, versione 2012) Per evitare di andare incontro ad una sottostima del RCV%, il medico di medicina generale deve basare il livello di assistenza offerto su linee guida e su misure di performance che garantiscono un maggiore impatto sia sulla prevenzione dell’evento cardiovascolare che sulla prevenzione di eventuali recidive. Tutto ciò va in direzione di una implementazione della medicina basta sull’evidenza.

52 DISCUSSIONE È quindi doveroso promuovere la consapevolezza dell’importanza della stima del rischio cardiovascolare globale non solo fra i pazienti, ma soprattutto fra i sanitari di competenza. Tra loro infatti purtroppo i più scettici tendono ancora a vedere i sistemi per la stima del rischio come una perdita di tempo, come una iper semplificazione di condizioni complesse e come un sistema che conduce ad un maggiore utilizzo del trattamento farmacologico. La gestione computerizzata della cartella clinica ha certamente favorito negli ultimi anni un approccio più corretto all’individuazione dei soggetti a rischio, permettendo di registrare e monitorare nel tempo informazioni relative ai pazienti, gestione che senza l’ausilio di sistemi computerizzati fino a qualche anno fa risultava assolutamente irrealizzabile. E’ quindi ormai chiaro anche agli enti regolatori che tutte le risorse spese per fornire sistemi più oggettivi di valutazione del rischio cardiovascolare si tradurranno già ora ma soprattutto in un prossimo futuro, in una riduzione tangibile della spesa sanitaria complessiva per la gestione di questa tipologia di paziente. I medici di medicina generale devono quindi essere pronti ad utilizzare efficacemente questi ausili per il bene dei propri pazienti e della collettività ed offrire un’attenta valutazione e gestione del rischio cardiovascolare per poter mettere in atto efficacemente tutte le misure preventive e terapeutiche ad oggi note atte a ridurre il rischio o limitarne una sua progressione.

53 GRAZIE PER L’ATTENZIONE


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