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TUMORI PROFESSIONALI Meccanismi di Cancerogenesi Valutazione del rischio cancerogeno Classificazioni dei cancerogeni professionali Clinica dei principali.

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Presentazione sul tema: "TUMORI PROFESSIONALI Meccanismi di Cancerogenesi Valutazione del rischio cancerogeno Classificazioni dei cancerogeni professionali Clinica dei principali."— Transcript della presentazione:

1 TUMORI PROFESSIONALI Meccanismi di Cancerogenesi Valutazione del rischio cancerogeno Classificazioni dei cancerogeni professionali Clinica dei principali tumori professionali Considerazioni finali

2 CONFRONTO TRA CANCEROGENI INIZIANTI E PROMOVENTI IniziantiPromoventi - Genotossici - Non genotossici (epigenetici) - Cancerogeni completi - Necessitano di un iniziante - Sono o formano specie - Non sono elettrofili reattive (elettrofiliche o radicaliche) - Si legano ed alterano il - Non legano né alterano il DNA DNA - Spesso sono mutageni - Non mutageni - Assente la dose-soglia - Presente la dose-soglia - Basta singola esposizione - Necessaria l’esposizione ripetuta

3 ESISTE UNA CONCENTRAZIONE/DOSE SOGLIA PER I CANCEROGENI ? Contro PRO La monoclonalità del tumore (one hit  one tumor). La curva dose-riso di alcuni modelli (pelle del topo). La sensibilità e linearità delle curve dose-risposta per cancerogeni genotossici (radiazioni ionizzanti, fumo di sigaretta, ecc.). La scarsa correlazione per molti cancerogeni tra cancerogenicità e tossicità, che suggerisce meccanismi diversi. L’efficienza dei meccanismi di riparazione del DNA e delle difese immunitarie. La non-linearità del metabolismo. L’effetto predisponente di precedenti patologie, danno tossico, stimolo ormonale, ecc. Evidenza di un meccanismo epigenetico.

4 EVIDENZA A FAVORE DELL’USO DEGLI ANIMALI PER VALUTARE LA CANCEROGENICITA’ NELL’UOMO Tutti i cancerogeni dimostrati nell’uomo sono cancerogeni anche nell’animale (assenza di falsi-negativi:  sensibilità) Nessun agente cancerogeno nell’animale è stato sin’ora dimostrato essere non cancerogeno nell’uomo (assenza di falsi -positivi:  specificità).

5 LIMITI NELL’USO DEGLI ANIMALI Il tessuto/organo bersaglio puo’ essere diverso nell’ animale e nell’uomo Le dosi testate nell’animale (MDT) sono in genere molto piu’ alte di quelle a cui l’uomo è esposto La via di somministrazione puo’ essere diversa Il metabolismo puo’ essere diverso (attivazione e detossificazione).

6 COME MIGLIORARE LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PER L'UOMO DAI RISULTATI OTTENUTI NELL’ANIMALE ? - Conoscenza del meccanismo d’azione (GENOTOSSICO o NON GENOTOSSICO). - Scelta oculata del modello animale e del protocollo dello studio (specie, numero animali, dosi, via di somministrazione, ecc.) - Scelta del modello matematico per l'estrapolazione alle basse dosi con cui calcolare la Dose Virtualmente Sicura (modelli farmacocinetici su base fisiologica o PBPK). - Uso del Modello “Ames” (HE-RP): rapporto tra esposizione media giornaliera dell’uomo (Human Exposure) e dose giornaliera che dimezza il numero di animali senza tumore, se esposti per tutta la vita (Rodent Potency). (piu’ alto è il rapporto, maggiore è il rischio per l’uomo).

7 CLASSIFICAZIONE DEI CANCEROGENI SECONDO LA INTERNATIONAL AGENCY FOR RESEARCH ON CANCER (IARC) Gruppo 1: l’agente (o miscela) è cancerogeno per l’uomo. Gruppo 2A: l’agente (o miscela) è probabilmente cancerogeno per l’uomo. Gruppo 2B: l’agente (o miscela) è possibilmente cancerogeno per l’uomo. Gruppo 3: l’agente (o miscela o circostanze di esposizione) non è classificabile. Gruppo 4: l’agente (o miscela) è probabilmente non cancerogeno nell’uomo. (Preambolo alle Monografie IARC )

8 CRITERI DI CAUSALITA’ ADOTTATI DALLA IARC 1. (Forza) Una forte associazione (cioè un rischio relativo elevato) è piu’ indicativa di causalità di una associazione debole. Tuttavia un rischio relativo piccolo non necessariamente implica assenza di causalità (soprattutto per le patologie piu’ comuni). 2. (Conferma) Associazioni confermate in piu’ studi dello stesso tipo o in studi di diverso disegno epidemiologico o in condizioni di esposizione diverse sono piu’ indicative di causalità che osservazioni singole in singoli studi. 3. (Qualità) I risultati di studi di qualità hanno maggior peso di quelli di studi metodologicamente piu’ deboli. 4. (Dose-risposta) L’aumentare del rischio con l’esposizione è fortemente indicativo di causalità. 5. (Rapporto temporale) Il cessare (o la riduzione) del rischio con la cessazione (o la riduzione) dell’esposizione è indicativo di causalità. 6. (Plausibilità biologica) La specificità dell’associazione (un particolare tipo di tumore in un particolare organo o tessuto) è in accordo con le conoscenze al monento disponibili sul meccanismo d’azione, metabolismo, ecc. dell’agente.

9 CRITERI DI NON-CAUSALITA’ 1. Sebbene sia impossibile dimostrare con certezza un dato negativo, quando vari studi epidemiologici di qualità mostrano assenti o scarsi segni di un’associazione tra esposizione e cancro, si conviene che essi mostrino evidenza di non cancerogenicità. 2. Tutti gli studi devono essere metodologicamente validi, con un periodo di latenza >20 anni, esenti da bias, da fattori di confusione e da misclassificazione e dare un rischio relativo vicino all’unità. (Preambolo alle Monografie IARC)

10 PRINCIPALI CANCEROGENI CHIMICI PROFESSIONALI PER ORGANO BERSAGLIO (Gruppo 1-IARC ) Pelle- IPA (fuliggine, catrame, pece) - As e composti Cavità nasali e paranasali - Nichel - Alcol isopropilico - Produzione di mobili e di scarpe/stivali - Cromo VI - Formaldeide Polmone- Amianto - As e composti - Berillio - BCME (CCME) - Cadmio - Cromo - CVM (?) - IPA (catrame, fuliggine, pece) - Iprite (gas mostarda) - Nichel Sierose- Amianto Vie urinarie -amine aromatiche (4-ABP, benzidina, 2-NA) (vescica) - IPA (?) (gas di carbone) App. emop.- benzene - ossido di etilene Fegato- CVM - As

11 ATTIVITA’ PROFESSIONALI CANCEROGENE PER ORGANO BERSAGLIO (Gruppo 1-IARC) Pelle- Produzione di gas dal carbone (IPA?) - Produzione di coke (IPA?) Cavità nasali- Produzione di scarpe e stivali - Produzione di mobili (legni esotici?) - Produzione di alcol propilico Polmone- Produzione di alluminio - Produzione di coke (IPA?) - Estrazione di ematite (radon?) - Fonderia di ferro e acciaio - Esposizione ad acidi (H 2 SO 4 ) - Verniciatura Vescica- Produzione di alluminio (IPA?) - Produzione di auramina e fucsina (aa?) - Produzione di gas dal carbone (IPA?) - Industria della gomma - Verniciatura

12 DIAGNOSI EZIOLOGICA DI TUMORE PROFESSIONALE E’ sempre di probabilità, mai di certezza, e si basa su: 1. Valutazione qualitativa e quantitativa dell’esposizione 2. Valutazione della plausibilità biologica del tumore (tipo istologico e sede, periodo di latenza, incidenza) 3. Presenza di altri segni di patologia professionale nello stesso individuo o di altri tumori nello stesso gruppo (facolt.) 4. Fattori di rischio extra professionali, genetici o acquisiti (facolt.)  5. Determinazione della probabilità della causalità (o concausalità)

13 CLINICA DEL TUMORE POLMONARE PROFESSIONALE Requisiti per la diagnosi: Anamnesi: Modalità e durata dell’esposizione prof. e del fumo Sintomi: Tosse, emottisi, perdita di peso, stanchezza, dispnea, segni da compressione (laringeo, frenico, ecc.) Segni: massa all’Rx/TAC torace, infiltrato polm., atelettasia, adenopatia ilare/mediastinica. Diagnosi: citologia escreato, broncoscopia, biopsia transtoracica, toracotomia. Diagnosi precoce: efficacia non dimostrata (Rx e/o citologia periodici non migliorano la sopravvivenza) Suscettibilità: attivazione di oncogeni (ras, mic, ecc.), inattivazione di geni soppressori (p53, rb, ecc.), e polimorfismo del cit. P450 (CYP1A). Esami di laboratorio poco indicativi e aspecifici. Istologia:1. Ca. epidermoide (a cellulesquamose) 2. Adenocarcinoma (amianto?) 3. A piccole cellule (BCME) 4. A larghe cellule Terapia: Come per le forme comuni (chirurgia, radioterapia, chemioterapia Sopravvivenza media: 10-13% a 5 anni

14 MESOTELIOMA DA AM IANTO GENERALITA’ Incidenza: 1-10 casi/milione/anno (tutti i casi) Sede: pleura, peritoneo, pericardio, mediastino Istologia: (non distinguibile dalle forme spontanee) - epiteliale - fibroso - bifasico Esposizione: professionale o ambientale Tempo di latenza medio: 30 anni (fino a 60 anni) Fibre responsabili: crocidolite, amosite, crisotilo, antofillite, tremolite, erionite Dimensioni critiche: > 8 um (lunghezza) e < 1.5 um (diametro) Dose-risposta: non chiara o assente Meccanismo: -cancerogeno iniziante -specie reattive dell’ossigeno (radicali liberi) -misto

15 CLINICA DEL MESOTELIOMA PLEURICO Requisiti per la diagnosi: Anamnesi: Modalità e durata dell’ esposizione professionale Sintomi: Dolore toracico persistente, tosse secca, perdita di peso (dispnea, febbre, invasione/compressione, sindr. di Horner). Segni: sfregamento pleurico, emottisi (rara), versamento pleurico all’Rx torace/TAC con ispessimenti o noduli pleurici dopo toracentesi. Diagnosi: biopsia transtoracica o toracotomia/toracoscopia con biopsie multiple. Citologia poco diagnostica. Diagnosi differenziale: talora difficile (metastasi pleuriche, adenoca.). Suscettibilità: non dimostrata. Esami di laboratorio non indicativi e aspecifici. Terapia: Come per le forme comuni (chirurgia, radioterapia, chemioterapia, instillazione pleurica di composti radioattivi (oro) (fasi precoci). Sopravvivenza media: 25% a 1 anno Prognosi: migliore per le forme epiteliali, età < 65, pz. chirurgici.

16 TUMORI VESCICALI DA AMINE AROMATICHE Prima segnalazione: nel 1895 Rehn osservo’ che 4 suoi pazienti con tumore lavoravano nella stessa fabbrica  tumori da “anilina” Prima evidenza sperimentale: cancerogenicità del 4- ABP nel ratto (Walpole et al. 1952) e nel cane (Walpole et al. 1954). Successivamente anche benzidina, 2-NA ed altre aa furono dimostrate essere cancerogene nell’animale. Prima evidenza epidemiologica: cancerogenicità di benzidina e 2-NA (Case, 1954) e di 4-ABP (Melick, 1955). Selettività d’organo: - vescica (uomo, cane, coniglio e hamster) - fegato (ratto e topo) Meccanismo:cancerogeno genotossico indiretto Attivazione metabolica (N-idrossilazione) dell’aa da parte del sistema delle ossidasi a funzione mista-MFOS (citocromo P450)  coniugazione dell’N-idrossilamina con l’acido glucuronico ed escrezione renale  idrolisi acida (o via  -glucuronidasi) del coniugato con liberazione dell’idrossilamina  trasformazione dell’idrossilamina nell’intermedio elettrofilo (cancerogeno finale) ed attacco del DNA Duplice ruolo dell’N-acetiltransferasi (NAT): 1. Detossifica l’aa nel fegato (N-acetilazione) 2. Attiva l’idrossilamina nella vescica (0-acetilazione)

17 CLINICA DEL TUMORE VESCICALE DA AMINE AROMATICHE Requisiti per la diagnosi: Anamnesi: Modalità e durata dell’esposizione prof. e del fumo Sintomi: ematuria macroscopica (80%) e sintomi vescicali (disuria, poliuria, nicturia) Segni: ematuria micro. (anemia) Diagnosi: citologia, urografia, cistoscopia, biopsia transuretrale Diagnosi precoce: citologia Latenza: > 20 anni Suscettibilità: espressione di oncogeni ras e mic, mutazione del p53, ecc. Esami di laboratorio poco indicativi e aspecifici. Istologia: squamoso(8%), adenoca.(2%) e di transizione(90%) Terapia: - resezione transuretrale + chemioter. intravescicale (carc. in situ e forme superficiali) - resezione vescicale parziale o totale (ca. vescicale) - chemioteratia (forme metastatiche) (radioterapia preoperatoria controversa) Sopravvivenza media: (dipende dallo stadio piu’ che dall’istologia) -buona nelle forme superficiali -40-50% nelle forme con invasione muscolare -10-17 % nelle forme pelviche - bassa in quelle metastatiche

18 ANGIOSARCOMA EPATICO DA CVM Prima segnalazione: nel 1974 si osservarono i primi casi a Luisville (Kentucky, USA) tra addetti alla polimerizzazione del cloruro di vinile monomero (CHCl=CH 2 ). Successivamente fu dimostrato essere cancerogeno nell’animale. Latenza: 20 anni Selettività d’organo: fegato nell’uomo (fegato ed altri tessuti nell’animale) Meccanismo: cancerogeno genotossico indiretto Attivazione metabolica (epossidazione) del CVM nell’epatocita da parte del sistema delle ossidasi a funzione mista-MFOS (citocromo P450, CYP2E1)  passaggio dell’epossido (o di altro metabolita elettrofilo) nella cellula endoteliale*  attacco dell’epossido (o altro metabolita elettrofilo) al DNA e trasformazione della cellula endoteliale  angiosarcoma * Reattività/stabilità ottimale del cancerogeno

19 CLINICA DELL’ANGIOSARCOMA EPATICO Requisiti per la diagnosi: Anamnesi: Modalità e durata dell’esposizione a CVM, As e Thorotrast (1930-1955) Sintomi: dolore all’addome superiore destro, perdita di peso Segni: epatomegalia e dolorabilità (ascite, ittero, splenomegalia, cachessia, angiomi ragniformi). All’Rx varici esofagee, alterazioni diaframmatiche a dx (innalzamento, atelettasia polm., versamento, ecc.) Diagnosi: arteriografia epatica, biopsia epatica (ecografia, scintigrafia) Diagnosi precoce: TAC/ecografia (obiettività e funz. epatica poco sensibili e specifici), Esami di laboratorio: fuzionalità epatica alterata (  FA, GOT, GPT, LDH,  albumina), anemia ipocromica, leucocitosi, trombocitopenia. Antigeni embriofetali e virali negativi. Terapia: Come per le forme comuni - epatectomia parziale (in assenza di fibrosi) - hemioterapia (regressione temporanea) - trapianto Sopravvivenza media/prognosi: - 6 mesi alla diagnosi > 50% delle diagnosi sono post-mortem

20 TUMORI EMATOLOGICI PROFESSIONALI Agenti: benzene, radiazioni ionizzanti, ossido di etilene ?) Radiazioni ionizzanti: Prime segnalazioni: anni ‘30-’50 nei radiologi. Aumento dose-dipendente delle leucemie mieloidi, acuta e cronica, in esposti (radiologi e sopravvissuti a esplosioni atomiche) Rischio: 1-2 casi/milione/anno/centigray (400 cGy sono letali) Periodo di latenza: 8-18 anni Benzene: Prima segnalazione: nel 1928 descritto il primo caso di leucemia acuta non linfoblastica. A concentrazioni di 100-200 ppm induce pancitopenia e anemia aplastica in 10-20% dei soggetti. La leucemia è spesso preceduta da citopenia o anemia. Non è sicuro che il benzene possa causare forme croniche, linfatiche o mieloidi. Meccanismo: attivazione metabolica da parte del CYP2E1 a metaboliti emotossici. Ossido di etilene Alcuni studi segnalano un aumento di incidenza di leucemie in professionalmente esposti durante la produzione e in operazioni di sterilizzazione. Gruppo 1- IARC.

21 NORMATIVA E CONSIDERAZIONI FINALI

22 D.L.vo 626/94 Titolo VII Art.60-72 Protezione da agenti cancerogeni Capo 1 (art. 60-61) Campo di applicazione e definizioni Capo 2 (art. 62-68) Obblighi del datore di lavoro Capo 3 (art. 69-72) Sorveglianza sanitaria Concetti principali: Sostituzione o sistema chiuso o riduzione dell'esposizione "al piu' basso valore tecnicamente possibile" Valutazione del rischio Misure tecniche, organizzative, procedurali Misure igieniche Informazione e formazione Sorveglianza sanitaria Registrazione dei tumori

23 Allegato VIII Elenco di sistemi, preparati e procedimenti Produzione di auramina. Lavori che espongono agli IPA presenti nella fuliggine, nel catrame, nella pece, nel fumo o nelle polveri di carbone. Lavori che espongono alle polveri, fumi e nebbie durante il raffinamento del nichel a temperature elevate. Processo agli acidi forti nella fabbricazione di alcol propilico.

24 Art. 71. Registrazione dei tumori Obbligo, per tutti i medici, di trasferimento dei dati clinici all'ISPESL. Obbligo per l'ISPESL di tenere un archivio nominativo. Delega ai Ministeri della sanità e del lavoro per la definizione dei sistemi informativi e delle modalità di registrazione e trasmissione dei dati. Informazione alla CE, a richiesta, sui dati del Registro.

25 CONCLUSIONI 1. L'uso degli animali da esperimento per la valutazione del rischio cancerogeno per l'uomo presenta limiti oggettivi, ma rimane l'unico modo per sostituire o integrare i dati epidemiologici mancanti o inadeguati. Inoltre, può essere applicato ai nuovi composti molto prima che essi diventino di rilevanza professionale. 2. E' possibile migliorare la valutazione qualitativa e quantitativa del rischio cancerogeno per i lavoratori mediante un'attenta valutazione, caso per caso, di tutti i dati di esposizione, epidemiologici e sperimentali disponibili. 3. L'evidenza attualmente disponibile dimostra che esistono diversi tipi di cancerogeni, alcuni con dose-soglia, altri no. I tumori professionali sembrano appartenere prevalentemente alla seconda categoria e pertanto è importante limitare al massimo l'esposizione dei lavoratori.


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