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Organizzazione e metodologia di un lavoro comune su beni comuni. a cura di Giovanni Borgarello Consorzio Pracatinat SISTEMA IN.F.E.A. PIEMONTE “Alfabeti.

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1 Organizzazione e metodologia di un lavoro comune su beni comuni. a cura di Giovanni Borgarello Consorzio Pracatinat SISTEMA IN.F.E.A. PIEMONTE “Alfabeti ….2” Percorso di ridefinizione del Protocollo d’intesa Asti, 20 marzo 2008

2 Cosa vuol dire lavorare insieme intorno ad un problema ?

3 passare da DOMANDE, DISFUNZIONI, DESIDERI a PROBLEMI a OGGETTI di LAVORO ed OBIETTIVI più circoscritti e "prendibili"

4 Chi si dovrebbe coinvolgere nel costruire il problema e nel lavorarci su ? E come ? (in modo che il problema venga ridefinito via via con i nuovi interlocutori).

5 Cosa vuol dire coinvolgere diversi soggetti: procedere per ampliamenti progressivi sviluppare conversazioni territoriali Fare ricorso a rappresentazioni insature ( a partire da indagini: su documenti; sulle idee e percezioni delle persone; ….) + riformulazioni e nuove sintesi Sessioni di lavoro comune con diversi soggetti per costruire cognitivamente il problema (dargli una forma, …) Coinvolgere la propria organizzazione

6 Processo di lavoro Soggetti coinvoltiConoscenzeSpettatori Attori 0 100 Autori Interazioni 100

7 Nuove articolazioni organizzative estensione OT iniziale Trasferimenti di apprendimenti Nelle organizz. di appartenenza Approfondimenti Nuove progettualità profondità

8 COSTRUIRE ORGANIZZAZIONI TERRITORIALI TEMPORANEE Le OTT sono: organizzazioni che incrociano quelle esistenti, formali e informali e con esse interagiscono costituite da differenti attori sociali e istituzionali, ma non per sostituirli o integrarli stabilmente organizzazioni alle quali sono affidati compiti in modo più o meno diretto connessi allo sviluppo integrato, sostenibile e partecipato di un territorio compiti che gli attori classici da soli o nella loro configurazione tradizionale non svolgono o non possono svolgere

9 LE ORGANIZZAZIONI TERRITORIALI TEMPORANEE Sono organizzazioni che – proprio per la mancanza di abitudini procedurali e di regole formali e in quanto costruite ad hoc - potrebbero tentare di: costruire problemi anziché applicare soluzioni condividere oggetti di lavoro più che adempiere mandati istituzionali ascoltare attivamente tutti i soggetti territoriali implicati piuttosto che prescrivere loro comportamenti o adempimenti connettere (elementi, temi, interessi, punti di vista) più che settorializzare e frammentare produrre riflessioni ed elaborazioni piuttosto che pianificare azioni in sequenza.

10 Organizzazioni temporanee Un territorio in miniatura persone dedicate procedere per ampliamenti ed inclusioni successive

11 Un setting metodologico “… i resoconti della democrazia deliberativa – soprattutto quelli forniti dai filosofi – sono solitamente molto avari di riflessioni sui metodi che i partecipanti usano per raggiungere una posizione comune. Anzi, il tema è quasi completamente ignorato … Però spesso – e questi filosofi lo sanno benissimo – la deliberazione non avviene. Si ostruisce, incespica e si blocca. Gli interessati non riescono ad incontrarsi, non si ascoltano, usano linguaggi vicendevolmente incomprensibili, definiscono i problemi in modo incompatibile, dimostrano di appartenere a universi incommensurabili. Ci si può chiedere allora se i metodi usati dai partecipanti possano non essere del tutto indifferenti. A parità di condizioni la deliberazione può essere favorita dalle tecniche che vengono impiegate per orientare e gestire il processo ? I metodi contano ? E quali sono i metodi più appropriati a seconda delle circostanze ? …" [ L. Bobbio, 2005].

12 Cura delle relazioni Costruzione Investimento di senso affettivo Assunzione Fiducia di responsabilità tenere insieme …..

13 Un setting metodologico una articolazione tra lavori a distanza e lavori in presenza, tra attività individuali, a due o a piccoli gruppi, di gruppo (i vari tavoli); una cura e manutenzione continua dei processi quotidiani (per esempio, di ciò che accade o deve accadere tra una riunione e l’altra); a questo proposito contano tempi e modalità di convocazione utili ai fini di favorire la partecipazione; una preparazione degli incontri che ponga attenzione a: –predisporre materiali preparatori –sentire i partecipanti "prima" degli incontri (curare che sia chiaro per tutti il senso degli incontri o dei vari passaggi di lavoro: ad esempio della preparazione di un seminario tramite “interviste” preliminari ) –risentire gli assenti, capire i motivi dei distacchi e degli sfilacciamenti, –rimotivare una cura della comunicazione, della sua qualità e dei suoi modi, ricordando che i soggetti che interagiscono solo in minima parte condividono premesse comuni e, quindi, il lavoro territoriale si può intendere come un vero e proprio processo interculturale, in cui abitudini linguistiche, concettuali, comportamentali non possono più essere date per scontate ma vanno rimesse in gioco per poter comunicare con gli altri;

14 una attenta “progettazione” delle situazioni di lavoro: per es., le riunioni o i seminari o le assemblee o gli incontri individuali, ecc... Si presta attenzione allora a fattori come la composizione dei tavoli e dei gruppi (numero e tipologia dei partecipanti; il fatto che siano dedicati ed autorevoli; ecc.), la formulazione degli ordini del giorno, la calibratura degli obiettivi e dei carichi di lavoro, l’uso di linguaggi adeguati, di modalità che favoriscano l’ascolto reciproco, ecc … curare la conduzione/facilitazione dei vari momenti di lavoro, prestando attenzione a costruire problemi condividere senso ricercare coerenze, ritornare sempre alle ragioni del progetto, alla ridefinizione degli obiettivi prevedere che vi sia chi svolge il ruolo del reflector, ovvero di colui o coloro che hanno la funzione di aiutare a riflettere [G.F. Lanzara, 2005], nel ns. caso questa funzione è stata svolta da Pracatinat e dallo Studio APS l’utilizzo di strumenti coerenti ed adeguati per ascoltare e rendere protagonisti i vari soggetti. Da qui l’utilizzo di colloqui, interviste, focus group, photo-box, ecc. …; da qui la progettazioni di modi adeguati rispetto i vari interlocutori per restituire gli esiti dei diversi lavori; un sapiente governo temporale del processo, delle sue fasi, che non consenta o recuperi sfilacciamenti e “perdite nel bosco”, sfrutti le fasi di slancio e coinvolgimento, sia tempestivo nel produrre i passaggi di volta in volta necessari.

15 Ruolo facilitatore Si prende cura del setting, progetta con cura nel dialogo con gli altri le condizioni metodologiche utili per i diversi momenti di lavoro. Aiuta a costruire legami tra le persone (che non sono mai definiti a priori, non sono semplicemente da mantenere e restaurare, ma sono da qualificare, contestualizzare, devono essere considerati valori e ricontrattati nei gruppi di lavoro): valorizza le convergenze, vede e aiuta a vedere le aree comuni, aiuta a le persone a rielaborare i loro scambi per cercare di mettere in rilievo le convergenze piuttosto che le separatezze e le divaricazioni. Ascolta e aiuta ad ascoltare. Assume sé stesso, le proprie reazioni (ad esempio stati di sorpresa o di disagio) come un segnale di ciò che sta accadendo nel gruppo e nella situazione ed elabora le proprie difficoltà, disagi, segnali di differenza in modo da aiutare tutto il gruppo a fare la stessa cosa. Aiutare a immaginare, rappresentare, dare forma a problemi, processi, pensieri.

16 Ruolo facilitatore (2) Aiuta a connettere, a non scindere i diversi aspetti dei problemi. Aiuta a partecipare (né sedurre né far paura, ma aiutare le persone a vedere l'interesse a risolvere problemi). Aiuta a vedere i passaggi necessari e ad evitare sia fughe in avanti sia idealizzazioni … aiuta a mettere a fuoco, a precisare … Presidia e aiuta a presidiare il senso del percorso, la coerenza tra premesse, obiettivi, azioni, risultati, e presidia e aiuta presidiare le regole del gioco che il gruppo ha costruito insieme. Aiuta a riformulare [interpretazioni, impostazioni, scelte] includendo ciò che i diversi e soprattutto i nuovi interlocutore hanno detto e fatto emergere. Traduce da un linguaggio all'altro, da un punto di vista all'altro, cercando di costruire ponti tra visioni e posizioni che altrimenti rischiano di percepirsi come incommensurabili e incomunicabili. Attiva conversazioni territoriali, avendo cura di aiutare il gruppo a individuare nuovi ed interessanti interlocutori, a far vedere le lacune, ad andare in cerca di ulteriori punti di vista, con particolare riguardo a chi non ha voce.

17 Conversazioni territoriali Redigere con attenzione un primo elenco dei soggetti da contattare (a seguito di uno scambio approfondito in quel "territorio in miniatura" che è l'OTT di cui ci si è dotati ed in cui sono già presenti - per definizione - persone e organizzazioni significative del territorio) e, avuta la loro disponibilità attraverso colloqui telefonici in cui esporre gli obiettivi del lavoro e il contesto, fissare la data del primo incontro, inviando - con sufficiente anticipo - un rapporto intermedio sulle elaborazioni fin lì svolte; Svolgere i colloqui a partire dalle criticità e dalle potenzialità emerse dalle indagini precedenti o dalle elaborazioni del Gruppo di progetto, chiedendo all’interlocutore le sue osservazioni sullo scenario configurato; le conversazioni vanno registrate (la durata dei colloqui va da un minimo di 1 ora ad una massimo di 4 ore). Nel colloquio successivo portare lo scenario aggiornato, per quanto possibile, dall’incontro precedente.

18 Conversazioni territoriali (2) Dalle conversazioni ci si può attendere che emergano: – nuovi elementi che modificano l’analisi precedente; – altri elementi che indicano la necessità di indagini ulteriori – l’indicazione di nuovi soggetti che è opportuno incontrare e/o coinvolgere. Dopo ogni conversazione inviare il colloquio trascritto al soggetto incontrato. Restituire gli esiti temporanei emergenti dall'insieme delle conversazioni al Tavolo tecnico e/o al Tavolo politico e/o a consessi più ampi, come, per quanto riguarda il Progetto pinerolese, il Tavolo di Concertazione del Patto. A tal fine organizzare riunioni ad hoc a cui invitare i soggetti incontrati. Avviare nuove articolazioni organizzative (gruppi tematici; sessioni focalizzate; ecc...) per approfondire ulteriormente le questioni emerse.


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