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SAN BENEDETTO DEL TRONTO

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Presentazione sul tema: "SAN BENEDETTO DEL TRONTO"— Transcript della presentazione:

1 SAN BENEDETTO DEL TRONTO
TESINA REALIZZATA DA: STEFANO CONSORTI CLASSE 5 B OT ANNO SCOLASTICO 2005/2006 I.P.S.I.A SAN BENEDETTO DEL TRONTO

2 I CARBOIDRATI Foto copertina: le api possiedono le invertasi, enzimi che convertono il saccarosio in fruttosio e glucosio. Il miele è una miscela di saccarosio (disaccaride), fruttosio e glucosio (monosaccaridi) oltre ad aromi che gli impartiscono il caratteristico sapore.

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4 INTRODUZIONE ALLA BIO CHIMICA
La respirazione, la digestione, le secrezioni interne ecc. sono processi fisiologici regolati da reazioni chimiche e siccome queste reazioni sono funzioni vitali degli organismi viventi la disciplina che le studia si chiama biochimica (bios in greco vuole dire infatti vita). La biochimica studia dunque tutte le sostanze che gli organismi utilizzano nelle reazioni chimiche che permettono agli stessi di vivere. Possiamo perciò considerare un organismo vivente come un efficientissimo laboratorio capace di trasformare le molecole che partecipano ai vari processi fisiologici attraverso migliaia di reazioni, che avvengono contemporaneamente e incessantemente e che sono tutte tra loro correlate. Le trasformazioni realizzate dagli organismi viventi le possiamo genericamente chiamare metabolismo per indicare quel processo di trasformazioni di molecole molto grandi e complesse in molecole semplici, le quali, a loro volta, vengono ulteriormente trasformate per poter partecipare all'intero funzionamento vitale.

5 Le biomolecole Il carbonio, l'ossigeno, l'azoto e l'idrogeno costituiscono il 99% circa della materia vivente e ciò anche perché l'idrogeno e l'ossigeno formano l'acqua che è il composto più importante degli organismi. Il restante 1% è costituito da sette elementi (Ca, P, K, Cl, Na, Mg) e meno dello 0,01% da 13 elementi che, pur presenti in tracce, assolvono a precise funzioni metaboliche. I composti organici che tengono in vita la cellula (le biomolecole) sono: i carboidrati, i lipidi, le proteine e gli acidi nucleici. Si tratta di composti che assolvono tre funzioni fondamentali: 1. I carboidrati e lipidi forniscono l'energia necessaria per far avvenire migliaia di reazioni chimiche. 2. Le proteine sono i costituenti strutturali di tutti gli organismi viventi, fanno cioè parte della impalcatura che dà ad ogni essere vivente forma e funzione precisa, ma le proteine sono anche , se non principalmente catalizzatori biologici. 3. Gli acidi nucleici, infine sono le strutture nelle quali sono codificate le caratteristiche genetiche della specie e dell'individuo.

6 I CARBOIDRATI In tutte le cellule è presente una classe di composti organici che per la sua diffusione è la più abbondante in natura; i composti appartenenti a questa classe sono i carboidrati. Essi rappresentano circa la metà delle fonti energetiche per l’uomo anche se ci sono i lipidi che forniscono più del doppio delle calorie per unità di peso. I carboidrati in natura, si trovano, a volte come molecole semplici e sono noti come zuccheri, più spesso invece sono costituiti dall’unione di unità ripetitive del medesimo zucchero per formare lunghe catene più o meno complesse

7 I CARBOIDRATI E L’ALIMENTAZIONE
Le funzioni dei carboidrati I carboidrati sono sostanze chimiche composte principalmente da tre elementi: carbonio idrogeno ossigeno. Nell’economia dell’organismo essi svolgono due funzioni distinte: in primo luogo, vengono soprattutto utilizzate a scopo energetico, sia di riserva che di rapida utilizzazione cioè per produrre immediatamente o a distanza di tempo energia chimica durante i processi di demolizione della loro molecola. I carboidrati piu semplici, opportunamente modificati, possono aggregarsi in lunghe catene per formare delle macromolecole , chiamate mucopolisaccaridi, che , combinandosi con le proteine, costituiscono le mucoproteine. Le mucoproteine sono i costituenti principali della cosiddetta sostanza fondamentale cioè della sostanza che riempie gli spazi esistenti nel tessuto connettivo tra una cellula e l’altra e le fibre. I carboidrati esercitano quindi anche una funzione di sostegno dei vari organi e tessuti, rientrando in questo senso nel novero delle sostanze cosiddette plastiche cioè costituenti stabili della materia vivente.

8 I CABOIDRATI E L’ALIMENTAZIONE
Nell’alimentazione normale i carboidrati sono introdotti nell’organismo con i cibi di origine vegetale , il solo alimento di origine animale in cui queste sostanze si trovano presenti in quantita apprezzabile è rappresentata dal latte. Per essere assorbiti dall’organismo , gli zuccheri devono essere trasformati durante la digestione in monosaccaridi, cioè negli zuccheri semplici che li costituiscono. In pratica, alla fine del processo digestivo, tutti i carboidrati sono stati trasformati in glucosio che rappresenta il punto di partenza per le due vie di utilizzazione metabolica dei carboidrati: quella a scopo energetico e quella a scopo plastico. Allo scopo di ricavare energia, le cellule degli organismi viventi degradano il glucosio fino a dare anidride carbonica e acqua. Esse utilizzano il loro combustibile d’elezione, il glucosio ricevendolo dal sangue arterioso , e hanno inoltre la possibilità di mantenere una certa quantita come combustibile di riserva, condensandolo sotto forma di granuli di glicogeno. Qualora il tessuto abbia bisogno di bruciare glucosio, il glicogeno viene scisso e libera grandi quantità del composto richiesto. In effetti l’organismo ha la possibilità di creare delle riserve energetiche se quelle a disposizione superano il suo fabbisogno ed utilizzarle in caso di necessità

9 FABBISOGNO GLICIDICO DELL’ATLETA
Gli zuccheri sono sostanze energetiche costituite da carbonio, idrogeno ed ossigeno. Sono il combustibile di scelta per il lavoro muscolare, poiché, bruciando facilmente e rapidamente, liberano l’energia in essi contenuta. Un grammo di glicidi fornisce all’organismo 4 Kcal per cui il fabbisogno in zuccheri della dieta di un calciatore ammonta a 525 g, i quali sono in grado di fornire Kcal. I carboidrati svolgono alcune importanti funzioni correlate all’attività fisica: SORGENTE DI ENERGIA: l’energia derivante dalla metabolizzazione dei carboidrati è usata per potenziare sia la contrazione muscolare che le altre forme di lavoro biologico COMBUSTIBILE PER IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE: gli zuccheri sono necessari per il corretto funzionamento del sistema nervoso centrale. Il cervello usa il glucosio presente nel sangue quasi esclusivamente come combustibile RISPARMIO DI PROTEINE: se le riserve di zuccheri si riducono, si ha la trasformazioni delle strutture proteiche in glicidi, per consentire la disponibilità di glucosio; il costo che viene pagato in questi casi, è una temporanea riduzione delle scorte proteiche dell’organismo, in particolare delle proteine del muscolo.

10 ATTENZIONE Gli zuccheri sono energia di pronto uso
La sensazione di fatica è il segnale dell’impoverimento delle scorte di zucchero. Il glicogeno muscolare ed il glucosio del sangue sono il maggior carburante dell’organismo durante il lavoro muscolare Il consumo abituale di giuste quantità di carboidrati protegge la massa magra (insieme di tutti i tessuti escluso quello adiposo Le bevande troppo zuccherine, dopo la prima dose di energia possono provocare un abbassamento della glicemia e quindi favorire un maggior senso si affaticamento

11 Placca batterica e carie
La placca batterica è una formazione costituita da batteri, mucoproteine salivari e provenienti dal metabolismo batterico, cellule desquamate e residui alimentari. La placca batterica forma uno strato semi-permeabile alla saliva che consente il passaggio di mono e disaccaridi. Al di sotto della placca, i germi acidofili (lattobacilli), possono proliferare e scindere gli zuccheri, producendo acido lattico, che rimane in concentrazione tale, da intaccare lo smalto. La placca prolifera nelle zone dove è difficile l’autodetersione fisiologica e la detersione manuale con lo spazzolino, quindi, nei colletti, nei solchi nelle fosse e negli spazi interprossimali. Questa formazione può essere sopra o sotto gengivale (nei solchi gengivali fisiologici). Dalla placca batterica, possono avere origine altre patologie, come la carie, il tartaro e le parodontopatie.

12 CARIE La carie è un processo patologico che determina la distruzione dei tessuti duri del dente, con complicanze di ordine locale (pulpiti, parodontiti, ascessi e flemmoni perimascellari, osteomieliti) e di ordine generale (possibilità di focolai infettivi, compromissione della masticazione e dello stato di nutrizione. EZIOLOGIA L’eziologia della carie non è del tutto chiara. Si conoscono cause predisponesti e cause determinanti. Cause predisponesti Esistono vari fattori predisponesti della carie. RAZZA. Diversi autori sono d’accordo nel ritenere alcune razze maggiormente predisposte rispetto ad altre. Di norma, i popoli più evoluti sono più soggetti alla carie. EREDITARIETA’. L’esperienza clinica dimostra che da genitori con dentatura sana nascono generalmente figli che denotano una certa immunità alla carie. Viceversa da genitori con bocca diffusamente colpita, nascono figli notevolmente predisposti alla carie. FATTORI COSTITUZIONALI. I longilinei verrebbero più colpiti; e ciò sarebbe in rapporto alla forma delle arcate, in genere più strette, che favorirebbero l’affollamento dei denti con conseguente ristagno alimentare. ETA’. L’età più colpita è generalmente quella giovanile. La possibilità dell’insorgenza cariosa inizia con la dentatura decidua, aumentando progressivamente fino ai 25 anni e poi decrescere a stabilizzarsi intorno ai 45anni. SESSO. La donna è colpita più frequentemente ciò in relazione all’influenza dell’allattamento e della gravidanza.

13 ALIMENTAZIONE. Si ritiene l’alimentazione uno dei fattori più importanti come causa dell’insorgenza cariosa. L’uso abbondante di zuccheri, conduce ad un aumento dello stato acido della saliva, con conseguenze sulla parte mineralizzata del dente. FATTORI CLIMATICI. È ormai riconosciuto che i popoli che abitano le regioni calde sono meno soggetti all’azione cariogena. FATTORI PATOLOGICI. È accertato un rapporto tra le carie e varie malattie generali. FATTORI FISIOLOGICI. Importanti sono l’allattamento e la gravidanza. Il primo modifica il pH salivare, mentre il secondo determina una perdita di minerali a spese dei tessuti duri. FATTORI LOCALI. Numerosi fattori intervengono localmente come causa di carie: la presenza di batteri, la qualità della saliva, la morfologia e la disposizione delle arcate dentali, la cattiva igiene della bocca.

14 Cause determinanti Tra le varie teorie, quella principale è la teoria chimico parassitaria, detta anche acidofila. Formulata da Miller, si basa sul presupposto che la presenza di sostanze acide agirebbe dall’esterno sulle sostanze dure del dente, provocandone la demineralizzazione. La presenza di alcuni batteri, può causare l’insorgenza cariosa. Uno di questi batteri è lo streptococco mutans, il quale è capace di scindere il saccarosio, nutrendosi di monosaccaridi, come prodotto, questi batteri producono acido lattico, che abbassa il pH. La presenza di questi batteri è protetta dalla placca batterica. Quando il pH scende sotto certi valori, produce la solubilizzazione dei sali minerali con conseguente demineralizzazione (I stadio). Nel II stadio, intervengono degli enzimi detti proteolitici, che demoliscono la parte organica dello smalto, cioè la sostanza fondamentale.

15 ANATOMIA PATOLOGICA Smalto.
Al microscopio, un dente affetto da carie, presenta in genere una profonda modificazione del tessuto più mineralizzato, cioè lo smalto. Questo perde la sua caratteristica traslucidità e trasparenza, divenendo opaco, a superficie irregolare ruvida. Dentina. La carie della dentina segue sempre a una carie dello smalto o del cemento. Schematicamente, dalla superficie verso la profondità, si descrivono quattro zone della dentina cariata: ZONA1: zona di disgregazione. La dentina è decalcificata e necrotica invasa da batteri e residui alimentari; ZONA2: zona di rammollimento. La dentina sotto l’azione della flora batterica, subisce un processo di decalcificazione; vengono attaccati i canalicoli dentinali e la sostanza fondamentale della dentina; ZONA3: zona d’invasione. Si può notare la presenza di germi isolati; ZONA4: zona di reazione. La dentina si presenta traslucida poiché il lume dei canalicoli dentinali risulta completamente otturato da sali di calcio. Questa zona è ritenuta come espressione di difesa della polpa contro il progredire del processo carioso.

16 LA STEREOCHIMICA Premessa La stereochimica è quella parte della chimica che si occupa della struttura e delle interazioni delle molecole nello spazio. Nei sistemi viventi l’orientamento delle biomolecole diviene di fondamentale importanza poiché le reazioni biologiche sono catalizzate da enzimi (proteine) che possono assumere particolari disposizioni spaziali. Anche le molecole dei carboidrati hanno una loro spazialità importante ai fini della reattività. Gli stereoisomeri Gli stereoisomeri sono composti isomeri ( dal greco: meros = composto, isos = uguale) con gli atomi reciprocamente legati nello stesso ordine o sequenza ma che differiscono l'uno dall'altro per il modo in cui gli atomi sono orientati nello spazio. Gli stereoisomeri possono essere divisi per comodità in due tipi, a seconda della loro struttura: possono essere immagini speculari (allora sono detti enantiomeri) oppure possono non essere immagini speculari( in questo caso sono detti diastereomeri)

17 Gli enantiomeri Quando un oggetto viene posto davanti ad uno specchio può accadere che l'immagine riflessa che si ottiene, apparentemente identica all'oggetto reale, presenti a questa sostanziali differenze. Se si pone davanti allo specchio, ad esempio, una scatola di forma tetraedrica si ottiene una immagine che se fosse possibile estrarla dallo specchio e renderla concreta, sarebbe in tutto e per tutto identica all'oggetto reale e sovrapponibile a questo punto per punto. Se però su una faccia della scatola scriviamo la parola LATTE, l'immagine riflessa, poiché porta scritta su una faccia la parola LATTE, non è sovrapponibile punto per punto all'oggetto originale. La medesima cosa può accadere alle molecole. Possono esserci molecole che sono esattamente sovrapponibili alla loro immagine speculare ed altre che invece non lo sono affatto. Se una molecola è sovrapponibile punto per punto, alla sua immagine speculare allora quest'ultima, se divenisse reale sarebbe identica in tutte le proprietà chimiche e fisiche alla molecola originale, ne sarebbe cioè un perfetto duplicato. Se invece una molecola non è sovrapponibile alla sua immagine speculare allora si tratta di due molecole che hanno perlomeno una proprietà (attività ottica) diversa e, quasi certamente, diverse proprietà biologiche. Coppie di molecole che hanno tali caratteristiche strutturali rappresentano una particolare forma di stereoisomerismo e si chiamano enantiomeri.

18 Oggetti reali e loro immagini speculari.

19 L'atomo di carbonio chirale
L’esistenza degli enantiomeri è legata ad una proprietà strutturale delle molecole: le molecole devono essere chirali. La parola chirale deriva dal greco chéir che significa “mano”. Il suo uso deriva dal fatto che la relazione strutturale tra due enantiomeri è la stessa che esiste tra la mano destra e la sinistra (sono l’immagine speculare l’una dell’altra e non sono sovrapponibili). Nella maggior parte dei casi e come accade anche per i carboidrati una molecola chirale si può identificare come quella molecola che contiene un atomo di carbonio che si lega a quattro atomi o gruppi molecolari differenti: questo carbonio viene definito chirale. Un carbonio chirale genera una coppia di enantiomeri. Gli enantiomeri differiscono fra loro solo per la chiralità, mentre da tutti gli altri punti di vista sono composti identici. Come regola generale una molecola che ha n carboni chirali, potrà avere al massimo 2n stereioisomeri . Il fruttosio che ha tre carboni chirali può avere otto stereoisomeri ciò quattro coppie di enantiomeri.

20 Attività ottica. Luce polarizzata
A livello macroscopico la chiralità delle molecole e svelata da un fenomeno fisico, la capacità di far ruotare il piano della luce polarizzata. Le molecole chirali insomma, manifestano attività ottica. Quindi la luce polarizzata è usata per distinguere sperimentalmente, una coppia di enantiomeri. Un enantiomero fa ruotare a destra il piano della luce polarizzata e l'altro a sinistra. Ma cos'è la luce polarizzata? La luce visibile come è noto, è un'onda elettromagnetica che si propaga alla velocità di 3·108 m/s. Le onde elettromagnetiche sono rappresentabili come oscillazioni trasversali, perpendicolari cioè alla direzione di propagazione dell'onda. La luce visibile non è polarizzata e le sue onde vibrano in tutti i piani perpendicolari alla direzione di propagazione. Ma se la luce attraversa uno strumento ottico quale il prisma di Nicol o un filtro di polaroid, ne fuoriesce polarizzata e possiede, ora, una sola direzione di oscillazione. L'occhio umano non distingue la luce polarizzata da quella normale, pertanto bisogna fare ricorso ad uno strumento, il polarimetro, per evidenziare il fenomeno. Perché le molecole chirali presentano attività ottica? La spiegazione del fenomeno potrebbe essere questa: quando il fascio di luce polarizzata attraversa una sostanza chirale, il campo elettrico della luce interagisce in maniera diversa con la metà destra della molecola e la metà sinistra che hanno struttura non uguali e perciò riemerge deviata. Se un enantiomero fa ruotare il piano della luce polarizzata in senso orario si dice che è destrogiro e per indicare questo comportamento viene usato il simbolo (+). Un enantiomero che ruota il piano della luce polarizzata in senso antiorariosi dice che è levogiro e viene usato il simbolo (-).

21 A) Sezione trasversale di un raggio di luce. I piani (es
A) Sezione trasversale di un raggio di luce. I piani (es. AB) su cui si muove il raggio sono teoricamente infiniti. B) Un raggio di luce che si propaga nella direzione AB vibra su tutti i piani possibili. Se lungo il percorso del raggio viene posta una sostanza (polarizzatore) in grado di far emergere solo uno degli infiniti piani in cui il raggio vibra, questa luce è polarizzata. Schema semplificato di un polarimetro. Un raggio di luce polarizzata attraversa un porta campioni contenente la sostanza otticamente attiva

22 La configurazione D e L I chimici parlano spesso di configurazione di una molecola. Per configurazione si intende l'arrangiamento spaziale degli atomi che può essere cambiato solamente rompendo e ricomponendo i legami. L'assegnazione di una configurazione fa uso, particolarmente in biochimica (carboidrati, amminoacidi), delle lettere D e L . Nella nomenclatura IUPAC, per convenzione, si pone il carbonio più ossidato in alto e ad esso viene assegnato il numero 1 (C-1), ai successivi carboni numeri via via progressivi (C-2, C-3, ecc). Se rispetto a questa sistemazione, il gruppo più ossidato, o con il più alto numero atomico, che sia legato all'ultimo carbonio chirale della molecola si trova a destra, come nella D-gliceraldeide, il composto appartiene alla serie D; se si trova a sinistra, come nella L-gliceraldeide, esso appartiene alla serie L.

23 La D- e L- gliceraldeide sono una coppia di enantiomeri presi come riferimento per la assegnazione della configurazione a molecole contenenti carboni chirali. La configurazione D e L è quindi una configurazione relativa e viene assegnata osservando la molecola rappresentata con la proiezione di Fischer e seguendo la convenzione IUPAC di porre il carbonio più ossidato in alto(C-1). Le lettere D e L indicano la configurazione e non devono essere confuse con i segni (+) e (-) che indicano, invece, la rotazione del piano della luce polarizzata, una proprietà fisica che deve essere determinata con l'uso del polarimetro. Ad esempio la D-gliceraldeide ruota il piano della luce polarizzata a destra (+) e la L-gliceraldeide a sinistra (-). Nei sistemi biologici per una molecola avere una configurazione piuttosto che un'altra è spesso determinante per la sua utilizzazione fisiologica. Il glucosio usato come fonte principale di energia da tutti i sistemi biologici è D-glucosio, mentre L-glucosio oltre a non essere sintetizzato dagli organismi viventi se forzati ad una loro utilizzazione, oppongono una quasi totale incompatibilità.

24 Definizioni e classificazione
I CARBOIDRATI Premessa I carboidrati sono prodotti naturali che svolgono un gran numero di funzioni vitali sia nelle piante che negli animali. Nel mondo vegetale il glucosio è sintetizzato semplicemente da CO2 ed H2O, grazie al processo della fotosintesi, che sfrutta la luce del sole come fonte di energia. Questa onnipresente molecola, variamente polimerizzata, costituisce l’amido, il glicogeno, la cellulosa. Alcune piante producono grandi quantità di saccarosio che è lo zucchero più importante dal punto di vista industriale. Due carboidrati, il D-ribosio e il 2-deosiribosio, sono composti fondamentali del nostro patrimonio genetico. Altri carboidrati sono importanti componenti di coenzimi, antibiotici, cartilagini, dei gusci dei crostacei e delle pareti cellulari dei batteri. Definizioni e classificazione Il termine carboidrato fu adottato perché le formule di molti composti potevano essere espresse come idrati del carbonio, Cn(H2O)m.. Essi sono anche chiamati comunemente zuccheri o saccaridi (dal latino saccharum). Attualmente la Commissione Internazionale di Chimica Biologica ha deciso l’adozione del termine glucidi. La definizione corrente di glucide è: composto organico contenente funzioni (aldeidiche o chetoniche) e funzioni alcoliche. I carboidrati vengono perciò definiti come derivati aldeidici o chetonici di poliidrossialcoli (-poli- significa molti). In base alla complessità della loro struttura i carboidrati si possono classificare in tre gruppi fondamentali: monosaccaridi (o monosi), oligosaccaridi e polisaccaridi (o poliosi).

25 Gli oligo e poli saccaridi possono essere lineari (non ramificato) o ramificati possono essere costituiti da un solo monosaccaride o da due tipi di monosaccaride. Possono, infine, essere costituiti da molecole di mono e polisaccaridi formati da soli carboidrati oppure legati ad altre molecole che non siano carboidrati. La maggior parte dei carboidrati esistono sotto forma di polisaccaridi; essi normalmente costituiscono la struttura delle pareti cellulari delle piante (cellulosa), delle alghe o di alcuni microrganismi, oppure sono una forma di immagazzinamento di energia (amido nelle piante, glicogeno negli animali

26 I MONOSACCARIDI I monosaccaridi (conosciuti anche come zuccheri semplici) sono carboidrati che non possono essere demoliti per idrolisi. Essi vengono classificati a seconda del tipo di gruppo carbonilico (aldosi o chetosi) e dal numero degli atomi di carbonio contenuti nella molecola. Entrambi i sistemi possono essere considerati in un unico termine, per esempio un aldoso con quattro atomi di carbonio è un aldotreoso, un cretoso con cinque atomi di carboni è un chetopentoso e così via. In generale il suffisso da aggiungere al nome del carboidrato è, per gli zuccheri aldeidici -oso (oppure –osio) e per quelli chetonici –uloso (oppure –ulosio). La maggior parte dei monosaccaridi che si trovano in natura hanno la configurazione D, fa eccezione l’arabinosio (aldopentoso) che si trova nella configurazione L. I monosaccaridi contengono almeno un carboni chinale e sono quindi otticamente attivi, fa eccezione il diidrossiacetone

27 ALDOSI CHETOSI

28 I triosi I triosi sono due: la D-gliceraldeide e il diidrossiacetone.
Queste due molecole sono le capostipiti degli zuccheri. Questi triosi inoltre nella forma intermedia in cui i vari carboidrati, anche i più complessi, vengono degradati nelle cellule dalla quale l’organismo riceve energia. CHO CHOH CH2OH CH2OH C = O GLICERALDEIDE DIIDROSSIACETONE

29 I tetrosi I tetrosi sono zuccheri a quattro atomi di carbonio. Nella famiglia ci sono tre zuccheri: l’eritrosio ed il treosio fra gli aldosi e l’eritrulosio fra i chetosi. Pur non rivestendo un ruolo centrale nelle trasformazioni che i carboidrati subiscono all’interno della cellula, questi monosaccaridi si rivelano importanti in alcune situazioni particolari e cioè mette in evidenza quanto, anche un piccolo tassello, sia a volte determinante nel condizionare un intero processo metabolico.

30 I pentosi I pentosi sono monosaccaridi a cinque atomi di carbonio. Gli aldopentosi con 3 carboni chirali, esistono in otto possibili strutture (4 coppie di enantiomeri) mentre i chetopentosi, con 2 carboni chirali, esistono in quattro strutture (2 coppie di enantiomeri). Alcuni pentosi si trovano in certe resine del legno, specialmente degli alberi di ciliegio e di pesco, ma non hanno una funzione fisiologica conosciuta. Altri, per noi, sono invece più importanti. Ad esempio lixosio è un costituente del muscolo cardiaco mentre il ribulosio si forma durante un particolare metabolismo dei carboidrati. Il pentoso più importante è il D-ribosio, che è contenuto in ogni cellula e va a far parte di strutture complesse quali l’acido ribonucleico (RNA) e l’acido desossiribonucleico (DNA). Queste molecole hanno il compito di trasferire l’informazione genetica e dirigere la sintesi delle proteine. Il DNA anziché D-ribosio contiene un suo derivato, il 2-desossi-D-ribosio; in questa molecola manca un ossigeno sul C-2 (il prefisso disossi- significa senza ossigeno). La struttura del D-ribosio e del 2-D-desossiribosi, due pentosi che rispettivamente fanno parte della struttura del l‘RNA e del DNA

31 Gli esosi Gli esosi sono i carboidrati con sei atomi di carbonio e sono i piu comuni di tutti i monosaccaridi. Ci sono 16 aldoesosi (8 coppie di enantiomeri) e 8 chetoesosi (4 coppie di enantiomeri). Solo alcune molecole della serie D, come D-altrosio fra gli aldoesosi e il D-allulosio fra i chetosi, non esistono in natura ma sono state sintetizzate dai chimici. Ora analizzerò solo gli esosi che hanno una particolare importanza per il metabolismo e l’alimentazione umana e cioè: il D-glucosio, D-galattosio, D-mannosio, D-fruttosio

32 Il D-glucosio E' il più importante di tutti i monosaccaridi, viene comunemente chiamato glucosio o anche destrosio (è destrogiro) o zucchero d'uva. Il glucosio è il carburante fondamentale, cioè la fonte di energia, per il metabolismo delle cellule e deve essere in continua circolazione nel sangue per rifornire i vari tessuti; per questo motivo viene anche chiamato zucchero del sangue. Durante il processo digestivo tutti i carboidrati ingeriti vengono degradati direttamente o indirettamente a glucosio. Il glucosio è tanto importante che, se per qualche motivo non ci si può alimentare per vie naturali, esso deve essere comunque somministrato per via endovenosa. Questo per evitare che il nostro organismo, che sempre si difende contro qualsiasi evento che possa alterare quei meccanismi di regolazione che ha messo a punto in tutta la sua storia evolutiva, vada a ricercare fonti energetiche alternative; quest'ultime, se da un lato coprono fabbisogni istantanei di energia, dall'altro provocano, a lungo andare, danni non sempre riparabili alla intera organizzazione dello stesso.

33 La struttura del glucosio fu determinata per la prima volta dal chimico Emil Fischer, verso la fine del secolo. Nonostante la grande utilità delle proiezioni di Fischer per rappresentare la proiezione dei vari gruppi nella molecola, la struttura a catena aperta che egli ci propose, contrasta con alcune proprietà chimico-fisiche che i monosaccaridi mostrano di possedere in certe condizioni. Oggi si è certi che la natura reale di questi composti, in particolare gli esosi ed i pentosi quando si trovano in soluzione, è prevalentemente ciclica. La complessità dei carboidrati nasce dalla natura chimica dei gruppi aldeidico e chetonico che, per addizione nucleofila di un gruppo alcolico presente nella stessa molecola, forma rispettivamente un emiacetale e un emichetale

34 D-galattosio Strutturalmente è molto simile al glucosio, l’unica differenza fra i due esosi è nella posizione dell’ –H e dell’ –OH sul C-4 (epimeri). Il D-galattosio viene prodotto in piccole quantità dal nostro organismo e viene utilizzato per sintesi di molecole anche complesse. La maggior parte del galattosio usato dal nostro organismo ha un origine esosa; esso è infatti il costituente di un importante e diffuso disaccaride: il lattosio. Quanto la quantità di galattosio introdotta con gli alimenti supera i bisogni dell’organismo, esso viene utilizzato per produrre energia; per assolvere a questa funzione il galattosio deve prima essere convertito in glucosio. In una malattia genetica la galassotemia, il galattosio non può essere convertito in glucosio in quanto manca la molecola che permette questa conversione

35 D-mannosio Si trova in certi batteri, funghi e piante e quasi mai è presente in natura come monosaccaride libero. Il mannosio è il costituente, invece, di numerosi polisaccaridi semplici e complessi. Costituisce ad esempio, la molecola base dei mannani, polisaccaridi di riserva di alcune specie vegetali oppure associato a galattosio per formare mucillagini gommose che proteggono i semi di alcune piante, queste ultime trovano un grandissimo uso come stabilizzatori di prodotti alimentari quali i gelati la maionese ecc. Il mannosio non ha una reale importanza metabolica in quanto una volta assorbito dall’indestino viene rapidamente convertito in D-glucosio

36 D-fruttosio Il fruttosio di trova in alte concentrazioni nei succhi di frutta e nel miele. È il solo chetoesoso di una certa importanza. Il fruttosio si trova in natura combinato anche con il glucosio per formare più importante dal punto di vista commerciale alimentare: il saccarosio. Il D(-)-fruttosio viene anche chiamato levulosio ricordandoci che è un composto levogiro; è il più dolce di tutti gli zuccheri e viene facilmente convertito in glucosio sia dal fegato che dall’intestino. Il D-fruttosio assume, nella nomenclatura IUPAC, il nome di D-fruttafuranosio perché fa riferimento alla molecola eterociclica del furano. Le cellule isomere del glucosio, forma un anello pentatomico anziché esatomico. Infatti è attraverso la trasformazione del fruttosio in glucosio che nelle cellule vengono avviati quei meccanismi molecolari che portano alla produzione di energia e che permettono in definitiva alle stesse di vivere

37 OLIGOSACCARIDI: I DISACCARIDI
I disaccaridi sono la classe più semplice, ma più importante degli oligosaccaridi. Un disaccaride si forma quando due monosaccaridi reagiscono tra loro, il primo con l'ossidrile della struttura emiacetalica ed il secondo con uno qualsiasi dei suoi ossidrili eliminando una molecola d'acqua. Chimicamente un disaccaride è un acetale ed il legame formatosi è un legame acetalico; comunemente il legame acetalico fra due o più monosaccaridi viene chiamato legame glicosidico. I disaccaridi che si possono formare tra due monosi sono molti ma analizzerò solo quelli che più frequentemente si incontrano negli alimenti e nel nostro metabolismo. La formula generale di un disaccaride è C12 H22 O11 (fra due esosi). Il loro aspetto e le caratteristiche fisiche sono molto simili a quelle dei monosi, sono infatti solidi bianchi cristallini, di sapore dolce e facilmente solubili in acqua. Il legame acetalico è molto più forte del legame emiacetalico tanto che le sua rottura non è possibile con i comuni reagenti ossidanti utilizzati per l'individuazione della funzione aldeidica o chetonica dei monosaccaridi. Il legame acetalico, pur essendo relativamente forte, viene facilmente idrolizzato "in vivo" ad una temperatura (37 °C) ed un pH leggermente basico (pH = 8,0), condizioni queste che in laboratorio chimico sarebbero proibitive. Infatti, per poter idrolizzare in "in vitro" un legame acetalico di un disaccaride, è necessaria una temperatura elevata (100 °C), un pH molto basso (pH = 2,0) e tempi abbastanza lunghi. La formazione del legame acetalico (glicosidico). Fra l’─OH emiacetalico 1° monosaccaride ed un ─OH qualsiasi del 2° si ha l’eliminazione di una molecola d’acqua e la formazione di un le game covalente.

38 Struttura e proprietà dei disaccaridi
I disaccaridi per possedere proprietà riducenti devono avere, come i monosaccaridi, il gruppo aldeidico o chetonico libero o potenzialmente libero (legame emiacetalico o emichetalico). Il maltosi, il lattosio ed il cellobiosio sono zuccheri riducenti, il saccarosio non lo è. Alcuni disaccaridi ed i relativi prodotti di idrolisi

39 Il saccarosio È il disaccaride chiamato comunemente zucchero. Il saccarosio viene estratto nei paesi europei dalla barbabietola e nel resto del mondo dalla canna da zucchero, esso si trova anche nella maggior parte dei frutti e dei vegetali. Il saccarosio, dal punto di vista commerciale , è lo zucchero più importante e poiché viene utilizzato come ingrediente in numerosissimi prodotti alimentari che consumiamo quotidianamente, riveste una notevole importanza anche dal punto di vista nutrizionale perché, digerito, si idrolizza in glucosio e fruttosio che, l'organismo utilizza per produrre energia. Il saccarosio è costituito da una molecola di α-glucosio (un aldoesoso) unita con un legame α-glicosidico ad una molecola di ß-fruttosio (un chetoso). Il legame interessa la funzione aldeidica (C-1) del glucosio e quella chetonica del fruttosio: poichè entrambe le funzioni riducenti sono impiegate nel legame glicosidico, il saccarosio è uno zucchero non riducente. La struttura del saccarosio. Il legame α-1→4 si forma tra l’─ OH emiacetalico sul C-1 del glucosio e quello emiacetalico sul C-2 del fruttosio. Ne risulta una molecola non riducente.

40 Il lattosio Questo disaccaride dà per idrolisi ß-galattosio e ß-glucosio. Il lattosio è lo zucchero principale del latte. Nel latte umano è presente in concentrazioni del 5-8%. Il lattosio non è molto importante come dolcificante in quanto è molto meno dolce del saccarosio ed è relativamente poco solubile in acqua. L'organismo umano sintetizza il lattosio a partire dal glucosio che in parte converte a galattosio e raggiunge concentrazioni abbastanza alte nell'ultimo periodo della gravidanza e subito dopo il parto. Certi tipi di batteri sono in grado di convertire il lattosio in acido lattico conferendo al latte un caratteristico sapore acido(lo yogurt si ottiene sfruttando questa proprietà). La struttura del lattosio. Legame β-1→4 glicsidico fra β-galattosio e β-glucosio, viene rappresentato in modo tale da evitare uno sfalsamento dei piani della molecola.

41 Il maltosio Questo disaccaride si trova nell'amido del mais, nel malto, nei semi in germinazione e a volte viene chiamato zucchero di malto. La caratteristica più importante del maltosio è quella di essere costituito da due unita di a-D-glucosio unite tra loro con legame α L'organismo riesce a idrolizzare facilmente il maltosio in molecole di glucosio che vengono poi utilizzate con facilità. L’α-maltosio si forma dall’unione di due molecole di α-glucosio con l’eliminazione di una molecola d’acqua fra l’─OH sul C-1 e l’─OH sul C-4; legame α-1→4 glicosidico.

42 Il cellobiosio Se esaminiamo la formula del cellobiosio si vedrà che essa è simile a quella del maltosio, ma che il monosaccaride di partenza è il ß-D-glucosio anziché l'α-D-glucosio: il risultato è la formazione di un legame ß glicosidico che conferisce alla struttura del cellobiosio una forma tridimensionale completamente diversa dal maltosio. Il cellobiosio, come disaccaride si trova raramente libero in natura è pero diffusissimo nelle piante nelle quali è l'unità strutturale che caratterizza la cellulosa, la componente principale del legno. Il cellobiosio non ha nessuna importanza nutrizionale perché l'uomo non ha molecole specializzate per rompere il legame ß glicosidico. Il cellobiosio si forma dall’unione di due molecole di β-D-glucosio come nel maltosio. Il legame β-1→4 glicosidico pone le unità di monosaccaride su due piani sfalsati.

43 I POLISACCARIDI I polisaccaridi sono i carboidrati più importanti: essi si trovano comunemente nelle piante dove costituiscono dal 50 al 90% del loro peso a secco. Negli animali si trovano in quantità minori, ma la loro presenza è essenziale. Un polisaccaride, come dice il nome, è costituito da un gran numero di monosaccaridi legati insieme per formare molecole grandi e complesse. Poiché il loro peso molecolare è molto variabile, per la maggior parte dei polisaccaridi è impossibile fissare un peso o una formula. Il loro peso molecolare può variare da decine di migliaia a valori che superano il milione di dalton (1 dalton = 1 uma). Le proprietà dei polisaccaridi, sono per molti aspetti, il contrario di quelle che abbiamo visto per gli altri carboidrati. Essi, per esempio, sono quasi insolubili in acqua e ciò dipende dal fatto che le grosse molecole dei polisaccaridi si idratano solo in superficie e in maniera insufficiente a permettere la loro solubilizzazione. I polisaccaridi si possono formare sia dai pentosi che dagli esosi, nel primo caso prendono il nome di pentosani, nel secondo di esosani. Anziché classificarli in base a questo criterio, è più conveniente suddividerli in tre gruppi: quelli che servono come riserva di carboidrati, quelli che formano la struttura di sostegno delle piante, e un gruppo classificabile come polisaccaridi complessi.

44 ESEMPI DI POLISACCARIDI
La cellulosa è costituita da un gran numero di molecole di glucosio unite tra loro da un legame β-1--4 glicosidico. La struttura della cellulosa è una lunga catena polimerica senza ramificazioni. Circa la metà delle pareti delle piante è costituita da cellulosa, ma il cotone per esempio, è cellulosa quasi al 100% L’amido è il carboidrato di riserva delle piante. Attraverso la fotosintesi clorofilliana le piante producono glucosio che è successivamente polimerizzato ad amido e immagazzinato come fonte energetica di riserva. Quando un campione di amido è messo in acqua calda si possono identificare due distinti componenti: l’amilosio (solubile in acqua calda; catene non ramificate di glucosio con legami α – 1- 4 glicosidici) e l’amilopectina (insolubile in acqua calda; catene ramificate di glucosio con legami α – 1- 4 e α – 1- 6 glicosidici nei punti di ramificazione

45 POLISACCARIDI COMPLESSI
Si tratta di polimeri di monosaccaridi che hanno subito la modificazione di uno o più gruppi funzionali della molecola. Tra i numerosi polisaccaridi presenti in natura, ad esempio nella frutta, si trovano le pectine, polimero il cui monomero più importante (acido galalluronico) è un derivato del galattosio. Esse trovano impiego come additivi alimentari. L’agar delle alghe marine è un polisaccaride, costituito dall’estere solforico del D- e L-Galattosio. L’acido alginico delle alghe è in polimero dell’acido D-Mannuronico

46 Materiali da impronta elastici
GENERALITA’ Per l’esecuzione di impronte sono disponibili dei particolari materiali elastici che appartengono al gruppo degli idrocolloidi. Come noto, una sostanza prende il nome di idrocolloide quando il mezzo disperdente in essa presente è l’acqua. Un idrocolloide può presentarsi sottoforma di un liquido viscoso e prende il nome di idrosol, oppure può presentarsi sotto forma di una massa semisolida gelatinosa ed allora prende il nome di idrogel. Gli idrocolloidi impiegati in odontoiatria per l’esecuzione di impronte sono formati essenzialmente da macromolecole di polisaccaridi disperse in acqua

47 CLASSIFICAZIONE DEGLI IDROCOLLOIDI DA IMPRONTA
Per l’esecuzioni di impronte sono disponibili idrocolloidi che appartengono ai du gruppi seguenti: Idrocolloidi reversibili: agar Idrocolloidi irreversibili: arginati IDROCOLLOIDI REVERSIBILI Alcuni idrocolloidi possono passare dallo stato di gel a quello di sol tramite un opportuno riscaldamento e possono quindi tornare dallo stato di sol a quello di gel tramite un raffreddamento. Grazie alla reversibilità di tali trasformazioni, questi materiali vengono chiamati idrocolloidi reversibili. Gli idrocolloidi dentali di questo tipo sono formati da aggregati di macromolecole di polisaccaridi tenute assieme allo stato di gel da legami intermolecolari. Gli aggregati suddetti formano quindi delle lunghe catene denominate fibrille o micelle. Con il riscaldamento, l’agitazione termica delle macromolecole vince i deboli legami suddetti e le molecole stesse si staccano con la conseguente disgregazione delle fibrille ed il passaggio del materiale allo stato di sol. Il successivo raffreddamento comporta la riformazione dei legami secondari tra le macromolecole con il conseguente irrigidimento del materiale IDROCOLLOIDI IRREVERSIBILI Alcuni idrocolloidi possono passare dallo stato di sol a quello di gel tramite delle reazioni chimiche che generano la formazione di legami chimici primari tra le macromolecole della fase dispersa. In questi casi i gel così formati non possono più ritornare allo stato di sol e pertanto la trasformazione da sol a gel è irreversibile. Per questo motivo questi materiali vengono chiamati idrocolloidi irreversibili

48 ELASTICITA E RESISTENZA DEI GEL
Gli idrocolloidi allo stato di gel sono delle sostanze dotate di una modesta resistenza meccanica. Essi, comunque sono in grado di subire notevoli deformazioni elastiche senza rompersi, presentando solo piccole deformazioni plastiche residue, se vengono sottoposti all’azione di sollecitazioni agenti per tempi molto brevi. I gel, infatti, presentano un elevato grado di elasticità sotto l’azione di sollecitazioni dinamiche. Se invece la sollecitazione viene applicata per un periodo di tempo prolungato, nel materiale avvengono fenomeni di scorrimento e infine la rottura IMBIBIZIONE E SINERESI Se un gel viene immerso in acqua esso tende ad assorbire tale liquido rigonfiandosi questo fenomeno prende il nome di imbibizione e comporta naturalmente un’alternazione dimensionale del materiale. Se il gel viene conservato all’aria esso tende a perdere acqua evaporando dalle sue superfici o a causa di un fenomeno noto come sineresi che è tipico dei gel. La sineresi consiste nella separazione spontanea di un liquido dal gel stesso, Con la formazione di un essudato superficiale, accompagnata da una contrazione del materiale. Gli idrocolloidi allo stato di gel sono pertanto dei materiali che presentano un elevata stabilita dimensionale. Il metodo più sicuro per ridurre al minimo gli errori dovuti all’instabilità dimensionale di questi materiali è quello di costruire i modelli subito dopo l’esecuzioni delle impronte.

49 IDROCOLLOIDI REVERSIBILI DA IMPRONTA (AGAR)
Gli idrocolloidi reversibili sono stati i primi materiali da impronta elastici impiegati in odontoiatria. Essi vengono spesso chiamati semplicemente idrocolloidi oppure agar dal nome del componente che costituisce la fase dispersa in essi presente. Se manipolati correttamente sono in grado di fornire impronte molto accurate, adatte anche per la costruzione di protesi di precisione quali le protesi fisse. Questi materiali vengono forniti allo stato di gel e per il loro impiego vengono trasformati in sol mediante un opportuno riscaldamento in appositi apparecchi dotati di vaschette d’acqua a controllo termostatico; tali apparecchi vengono denominati condizionatori per idrocolloidi. Dopo l’inserimento nella cavità orale essi si raffreddano e tornano allo stato di gel acquistando caratteristiche elastiche. Poiché per il loro impiego sono necessari opportuni apparecchi di riscaldamento e per il loro successivo raffreddamento nella cavità orale bisogna impiegare degli opportuni portaimpronta raffreddati tramite circolazione d’acqua, essi sono stati ampiamente sostituiti da materiali elastici più recenti per l’esecuzione delle impronte (idrocolloidi irreversibili ed elastomeri) che presentano un manipolazione generalmente più immediata.

50 COMPOSIZIONE Gli idrocolloidi reversibili vengono forniti allo stato di gel in recipienti a chiusura ermetica. Essi sono generalmente disponibili nei due tipi seguenti: Materiali a bassa viscosità, da impiegare mediante siringa Materiali ad alta viscosità da impiegare mediante portaimpronta. In genere i materiali a bassa viscosità vengono impiegati in combinazione con quelli ad alta viscosità. Allo stato di sol i primi sono più fluidi dei secondi , mentre i secondi vengono portati nella bocca tramite un particolare tipo di portaimpronta. I due materiali si uniscono quindi assieme fornendo un’unica impronta. Questi materiali contengono acqua circa 85% agar circa 12% borace solfato di potassio ed altri additivi (pigmenti, aromatizzanti, battericidi). L’agar è un polisaccaride e si presenta sotto forma di una mucillagine che viene ricavata da alcune alghe marine rosse. Esso costituisce la fase disperdente dell’idrocolloide allo stato sol e le sue macromolecole unendosi con legami intermolecolari danno luogo alla formazione del gel. Poiché gli idrocolloidi ostacolano la presa del gesso generalmente essi contengono una sostanza che favorisce tale reazione e che viene chiamata accelerante. Per tale scopo si impiega generalmente il solfato di potassio. Se tale sostanza non è presente , prima di colare il gesso nelle impronte è opportuno immergere queste ultime in una soluzione acquosa al 2% di solfato di potassio per circa 5-10 minuti. Lo strato superficiale delle impronte si satura di solfato di potassio il quale successivamente accelera la presa del gesso. Per il suo effetto sul gesso, la soluzione suddetta viene chiamata soluzione indurente.

51 GENERALITA’ La viscosità di questi materiali è alquanto bassa ed essi vengono quindi considerati dei materiali da impronta mucostatici. La buona fluidità allo stato di sol consente loro di riprodurre con notevole precisione i dettagli superficiali dei tessuti orali. Essi sono pertanto adatti anche per la realizzazione di protesi di precisione quali le protesi fisse. Allo stato di gel presentano proprietà meccaniche molto modeste ed in presenza di profondi sottosquadri tendono a lacerarsi. La loro resistenza meccanica è comunque tale da consentire in genere di ottenere impronte soddisfacenti , particolarmente per quanto riguarda la riproduzione di denti preparati per protesi fisse. Quanto più rapidamente l’idrocolloide viene deformato tanto maggiore risulta la sua elasticità. È pertanto necessario rimuovere le impronte dalla cavità orale con un movimento rapido, in modo che il materiale venga deformato per il minor tempo possibile. Questi materiali presentano una stabilità dimensionale molto modesta a causa del loro elevato contenuto d’acqua. Essi infatti possono subire fenomeni di sineresi e imbibizione con conseguenze rapide variazioni dimensionali. Per questo motivo è sempre opportuno costruire il modello quanto prima possibile dopo l’esecuzione dell’impronta. In casi di assoluta necessità è possibile conservare le impronte per un breve periodo di tempo, in genere non piu di un’ora in un ambiente al 100% di umidità.

52 MANIPOLAZIONE La prima fase consiste nel far passare il materiale dallo stato di sol a quello di gel tramite idoneo riscaldamento. Per tale scopo sono disponibili degli appositi apparecchi costituiti da tre vaschette riscaldate elettricamente, ciascuna dotata di termometro. Questi apparecchi vengono chiamati condizionatori per idrocolloidi e le tre vaschette vengono indicate nell’ordine con i seguenti modi: Bagno di liquefazione: l’acqua contenuta in questa vaschetta si trova alla temperatura di 100 °C ed essa viene impiegata per far passare l’idrocolloide dallo stato di gel a quello di sol; Bagno di conservazione: l’acqua contenuta in questa vaschetta si trovano alla temperatura di circa 65 °C ed essa viene impiegata per conservare il materiale allo stato di sol; Bagno di temperatura: l’acqua contenuta in questa vaschetta si trova alla temperatura di circa 43 °C ed essa viene impiegata per portare l’idrocolloide per portaimpronta ad una temperatura compatibile con quella della cavità orale prima di eseguire l’impronta. Per l’esecuzione dell’impronta si impiegano degli appositi portaimpronta per idrocolloidi dotati di un condotto interno nel quale può circolare acqua per il raffreddamento dell’idrocolloide nella cavità orale

53 IDROCOLLOIDI IRREVERSIBILI DA IMPRONTA (ALGINATI)
Questi idrocolloidi chiamati correntemente alginati, vengono normalmente forniti sotto forma di una polvere. Al momento dell’uso tale polvere viene mescolata con acqua ed il miscuglio così ottenuto viene impiegato per eseguire l’impronta. Nella bocca del paziente il materiale passa allo stato di gel attraverso una reazione chimica irreversibile. Alcuni prodotti modificati con polimeri siliconici vengono forniti sotto forma di due paste da mescolare assieme prima dell’uso; i prodotti più diffusi sono comunque quelli in polvere. Gli alginati sono tra i materiali da impronta più impiegati e ciò è dovuto ai seguenti motivi: Sono facili da manipolare Richiedono un’attrezzatura molto semplice Sono elastici Presentano una buona precisione Hanno un costo modesto Dall’altra parte presentano i limiti tipici degli idrocolloidi quali la scarsa stabilità dimensionale e l’impossibilità di eseguire la galvanoplastica delle impronte. Gli alginati inoltre in genere non sono in grado di riprodurre altrettanto fedelmente i dettagli superficiali quanto gli agar e gli elastomeri e, pertanto non vengono correntemente impiegati in protesi fissa. In genere gli alginati vengono forniti per essere usati mediate portaimpronta ma i materiali più fluidi sono comunque impiegabili anche tramite siringa.

54 IMPIEGHI Gli arginati sono molto usati e tra i loro impieghi si ricordano i seguenti: Per impronte per modelli diagnostici Per impronte di arcate parzialmente edentule Per impronte preliminari per protesi totali ecc COMPOSIZIONE I principali componenti delle polveri di arginato sono i seguenti: un alginato solubile in acqua (sale dell’acido alginico quale arginato di sodio o di potassio; l’acido alginico si ricava da alcune alghe) un sale di calcio solubile in acqua (quale il solfato di calcio diidrato) in grado di reagire in soluzione acquosa con l’alginato solubile formando arginato di calcio insolubile un ritardante che regola il tempo di indurimento (fosfato trisodico), un riempitivo (farina fossile), un accelerante (per la presa del gesso per esempio il solfato di potassio), aromatizzanti, pigmenti; vari prodotti contengono anche sostanze aventi lo scopo di evitare la produzione di pulviscolo durante la manipolazione della polvere, potrebbe rappresentare un pericolo per gli operatori a seguito di ripetute inalazioni

55 REAZIONE DI GELIFICAZIONE
L’alginato di sodio, essendo solubile, si scioglie in acqua, reagisce con il solfato di calcio e dà luogo alla formazione di un GEL di arginato di calcio (insolubile). È proprio in base a tele reazione dette di gelificazione che questi materiali sono impiegati per il rilievo di impronte. La reazione è la seguente: ALGINATO DI Na + CaSO ALGINATO DI Ca + Na2SO4 (solubile) (insolubile)

56 2Na3PO4 + 3CaSO4 Ca3(PO4)2 + 3Na2SO4
Quando la polvere viene mescolate con l’acqua l’alginato di sodio, il solfato di calcio e il fosfato trisodico iniziano la reazione iniziano a sciogliersi. La reazione degli ioni Ca+2 (liberati dal solfato di calcio) con gli ioni negativi provenienti dalla dissociazione dell’alginato di sodio è molto rapida e quindi poco idonea per un’adeguata manipolazione del materiale. Per aumentare il tempo di reazione a valori accettabili dal punto di vista clinico, è presente il fosfato trisodico il quale, in presenza di acqua si dissocia mandando in soluzione ioni PO4-3 . Tali ioni, che sono molto più mobili e di dimensioni inferiori rispetto agli ioni negativi liberati dall’alginato di sodio, reagiscono per primi con gli ioni Ca+2 formando fosfato tricalcico in base alla reazione 2Na3PO4 + 3CaSO Ca3(PO4)2 + 3Na2SO4

57 Fintantoché sono presenti ioni PO4-3 la reazione fra gli ioni Ca+2 e quelli negativi prodotti dall’alginato di sodio non si verifica: il fosfato trisodico agisce pertanto da ritardante. Solo quando gli ioni PO4-3 non saranno più presenti si avrà la reazione di gelificazione che porterà alla formazione di arginato di calcio insolubile. È inoltre importante la presenza della farina fossile che aumenta la resistenza del gel e garantisce superfici lisce e compatte dell’impronta. Altre sostanze sono l’ossido di zinco (composto che aumenta la resistenza del GEL) i fluoruri (componenti che aumentano la durezza superficiale e il tempo di presa del materiale gessoso che verrà colato nell’impronta) e alle volte, degli indicatori chimici ovvero delle sostanze che provocando una variazione di colore del materiale da impronta ne indicano le varie fasi di manipolazione.

58 PROPRIETA’ GENERALI Essendo anch’essi degli idrocolloidi per certi aspetti le proprietà degli alginati sono simili a quelle degli agar, salvo naturalmente alcune differenze. Generalmente gli alginati non sono in grado di riprodurre i dettagli superficiali più minuti quanto gli agar e gli elastomeri. Per questo motivo essi non vengono correntemente impiegati in protesi fissa. La resistenza anche degli alginati è in genere leggermente inferiore di quella degli agar. Analogamente agli agar, anche gli alginati recuperano tanto più completamente le loro dimensioni originali quanto è più breve è il tempo durante il quale vengono deformati. Pertanto anche con questi materiali è opportuno rimuovere le impronte con un movimento rapido. Anche le impronte in alginato contengono elevate quantità di acqua e pertanto, sono dimensionalmente, molto instabili. È necessario quindi costruire il modello subito dopo l’esecuzione dell’impronta. Se ciò non è possibile, l’impronta dovrebbe essere conservata per il più breve tempo possibile in un ambiente al 100% di umidità

59 ELASTIC IMPRESSIONA MATERIALS
Elastic impression materials can be either natural or artificial. Natural materials are represented by hydrocolloids, while the artificial materials are constituted by elastomeric substances. Colloids are substances presenting large molecules in noncrystalline state. Hydrocolloids are colloids whose dispersion medium is water. Colloids can exist in two states: sol and gel. A sol is converted into gel in two ways: either reaction on temperature (reversible process) or a consequence of a chemical reaction (irreversible process). Agar-agar belongs to reversible hydrocolloids. As for precision, functionally and compatibility both with the oral tissue and with model and cast materials it would be excellent. Unfortunately, its manipulation is difficult and complex and it requires very expensive and bulky equipment, so that it is only used for duplication on models. As agar-agar also alginates are extracted from sea-weed, but they are irreversible hydrocolloids. They are precise, easy to mix and easy to use, so that they are the most commonly used impression materials. However they are hygroscopic materials and are not stable in storage; they can very often contract, due to syneresis, or, more seldom, expand due to imbibitions. To prevent this disadvantages, the model should be immediately cast or the impression should be stored in a humidor at 100% humidity

60 JOSEPH CONRAD LA LINEA D’OMBRA THE SHADOW LINE

61 JOSEPH CONRAD Teodor Jósef Konrad Naleçz Korzeniowski (tale era il vero nome di Joseph Conrad) nacque da una nobile famiglia polacca ilo 3 dicembre Rimase orfano molto presto e andò a vivere da un suo zio che lo mandò a Cracovia a studiare. Forse furono le precoci letture dei libri di viaggio e d’avventura a determinare in lui la vocazione alla vita marinara. Vocazione che, appena diciassettenne, lo fece partire per Marsiglia, dove la sua famiglia aveva qualche conoscenza negli ambiti dell’aristocrazia. Da Marsiglia partì per le Antille, ma il suo viaggio terminò con un naufragio, come la sua storia d’amore con una legittimista, che lo portò quasi al suicidio. Nei suoi molti viaggi in Oriente conobbe gli ambienti e i paesaggi, soprattutto dell’arcipelago malese, incontrò gli uomini e apprese le vicende da cui sviluppò le sue opere letterarie. Unica eccezione dei suoi viaggi in Oriente, fu un viaggio in Africa, dove risalì il corso del Congo. Lasciata la navigazione per trent’anni, Conrad si dedicò al suo immenso lavoro, più di trenta volumi, tra romanzi e raccolte di novelle e di saggi. Le sue più importanti opere sono: Il negro del Narciso (1898), Lord Jim (1900), Gioventù, Cuor di tenebra, Tifone (1902), Nostromo (1904), L’agente segreto (1907), Sotto gli occhi dell’Occidente (1911), Chance (1914), Racconti di mare e di costa (1912), Vittoria (1915), La linea d’ombra (1917). Queste opere gli assicurarono larga fama presso il pubblico in Inghilterra e in America; e quand’egli morì, il 3 agosto 1924 a Bishopbourne, era ormai riconosciuto come uno dei massimi scrittori di lingua inglese

62 LA LINEA D’OMBRA TRAMA SINTETICA
Un ragazzo, ormai stanco di navigare e preso dai problemi del passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, decide di abbandonare la vita da marinaio. Al porto conosce il Capitano Giles, che gli riferisce che quella stessa mattina era arrivata in porto una lettera indirizzata al ragazzo. Questi, incuriosito, si reca dal Capitano Ellis che gli incarica il comando di una nave che era rimasta senza capitano e subito il ragazzo si imbarca su una nave diretta a Bangkok per raggiungere la nave di cui sarà capitano. Arrivati a Bangkok si imbarca sulla sua nave e fa subito conoscenza con Burns, che gli racconta la vita del capitano precedente e la maledizione che lui aveva fatto sulla nave prima di morire. Uscito dal porto ed entrato in mare aperto, il nuovo capitano è costretto a fermarsi perché Burns e la maggior parte dell’equipaggio è stata colpita dalla malaria. Pochi giorni dopo ripartono, dopo il controllo dei malati da parte del dottore, che informa il capitano che c’è del chinino a bordo per curarli. Ritornato in pieno oceano, il capitano si rende conto che l’assenza di vento e l’aria secca non potranno giovare all’equipaggio e alla nave, infatti essa per diversi giorni rimane “ferma” nello stesso punto. L’equipaggio è stato tutto attaccato dalla malaria, tranne Ransome e il capitano, che si accorge che i flaconi di chinino erano stati riempiti di farmaci scaduti dal capitano precedente, e quindi la situazione si complica perché i marinai non hanno più le forze necessarie per proseguire il viaggio. Burns sta diventando pazzo e pensa che tutte questi eventi sono legati alla maledizione del capitano morto. Ma una notte, si scatena una tempesta e la nave comincia ad essere trasportata dalle onde. Incoraggiato dal capitano, ogni membro dell’equipaggio, anche se privo di forze, si adopera, e turno, a controllare il timone. Finita la tempesta la nave viene affiancata da altre navi, che prestano soccorso all’equipaggio. Il capitano ritrova al porto l'amico Giles; Burns si riprende completamente dalla malattia; Ransome decide di abbandonare la nave perché timoroso di quello che il cuore poteva causargli in futuro

63 ROMANZO Genere letterario narrativo in prosa, dalla trama estesa e ricca di storie, verosimili o di fantasia, e di personaggi. ROMANZO D’AVVENTURA Il romanzo d’avventura è forse il romanzo per eccellenza in quanto le storie di carattere avventuroso si rivelano entusiasmanti perché narrano le imprese di personaggi coraggiosi. Questo è un romanzo di immaginazione, ma è regolato dalle leggi fisiche e materiali della realtà. Le caratteristiche del romanzo d’avventura sono: la presenza di un eroe protagonista dotato di qualità positive; presenza di un antagonista dotato di qualità negative; ambientazione in luoghi esotici e selvaggi; uno schema narrativo che si sviluppa in: inizio svolgimento e conclusione; un linguaggio per rendere tutto il contesto credibile

64 JOSEPH CONRAD THE SHADOW LINE
Joseph Conrad was horn in Ukraine in 1885 from a Polish family and died in England in At 17 he got on board of to Marseille as a ship boy and workes as a mariner on both English and French ships. In 1884 he became an English citizen and the master of a ship In 1894 he left this yob, and settled in England where he devoted himself to literature after the success of his first novel. His literary production includes Lord Jim , Nostromo, and Heart of Darkness. THE SHADOW LINE The shadow line Conrad’s last master piece, written in 1917, states that everybody, sooner or later, reaches that shadow line that represents the end of one’s youth. This moment, coincides for the protagonist, with an exceptional and dramatic experience as a merchant ship office an board his sailing ship, he ran into the unhealthy climate of the south-cast seas, and his crew is stricken by a tropical fever. The sinister stillness of the ship is opposed to the moral growth of the men, full of anxiety and fear, while the master is left alone with his responsibility and importance.

65 FINE !!!!!

66 INDICE PREMESSA INTRODUZIONE ALLA BIOCHIMICA
Le biomolecole I carboidrati I CARBOIDRATI E L’ALIMENTAZIONE La funzione dei carboidrati Il fabbisogno glucidico dell’atleta I carboidrati e l’alimentazione Il fabbisogno di carboidrati LA STEREOCHIMICA Premessa Gli enantiomeri da levare L’atomo di carbonio chirale Attività ottica. Luce polarizzata La configurazione D e L

67 OLIGOSACCARIDI: I DISACCARIDI
I CARBOIDRATI Premessa Definizione e classificazione I monosaccaridi I triosi I tetrosi I pentosi Gli esosi I MONOSACCARIDI D-glucosio D-galattosio D-mannosio D-fruttosio OLIGOSACCARIDI: I DISACCARIDI Struttura e proprietà dei disaccaridi Il maltosio Il cellobiosio Il saccarosio PLACCA BATTERICA E CARIE Il lattosio

68 I POLISACCARIDI COMPLESSI IDROCOLLOIDI DA IMPRONTA
Amido Cellulosa I POLISACCARIDI COMPLESSI IDROCOLLOIDI DA IMPRONTA INTRODUZIONE: Idrocolloidi reversibili ed irreversibili Elasticità e resistenza dei gel Imbibizione e sineresi IDROCOLLOIDI REVERSIBILI DA IMPRONTA (AGAR) Generalità Composizione Proprietà generali IDROCOLLOIDI IRREVERSIBILI DA IMPRONTA (ALGINATI) Impieghi Reazione di gelificazione (lucidi)

69 JOSEPH CONRAD La linea d’ombra Romanzo d’avventura The shadow line

70 BIBLIOGRAFIA Maria carparelli / Amerigo Laddago – Chimica per odontotecnici – Zanichelli Editore, Bologna. Paolo tenca / Alessandro cozzi / Alessandra caratto – Il sistema chimico – Petrini Editore, Torino. Enciclopedia pratica della medicina moderna – Fratelli Fabbri Editori. Giuseppe Valitutti / Gabriella Fornari / M. Teresa Gando – Chimica organica biochimica e laboratorio – Zanichelli Editore, Bologna. Giuliano Ricciotti – Biochimica di base – Italo Bovolenta Editore, Ferrara Ing. Maurizio Lala – Scienze dei materiali dentali e laboratorio Sito internet –


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