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Circolazione extracorporea e Protezione Miocardica
Gino Gerosa Chiara d’Agostino Sezione di Cardiochirurgia Dipartimento di scienze cardiache, toraciche e vascolari Università di Padova
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Progressi in Cardiochirurgia
Circolazione Extracorporea Ipotermia Miocardioprotezione Soluzioni cardioplegiche Chirurgia Mini-invasiva By-pass a Cuore battente in sternotomia o in minitoracotomia Interventi in CEC o a cuore battente con ROBOT e torace aperto Interventi in CEC (Port-Access system) o a cuore battente con Robot e torace chiuso Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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Circolazione Extracorporea
Lo sviluppo della circolazione extracorporea ha reso possibili e routinari tutti gli interventi quali: la correzione delle cardiopatie congenite complesse la rivascolarizzazione miocardica la sostituzione delle valvole cardiache la chirurgia maggiore dei grossi vasi il trapianto di organi solidi (cuore, polmone, cuore-polmone) Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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Circolazione Extracorporea CEC
Concettualmente si fonda su di un sistema in grado di escludere il cuore ed i polmoni dalla circolazione ematica per un definito intervallo di tempo. Il blocco cuore-polmoni può essere ottenuto mediante un sistema composto da: cannule che drenano il sangue venoso sistemico ossigenatore che arricchisce di O2 e rimuove la CO2 scambiatore di calore per ottenere la temperatura corporea desiderata pompa in grado di reimmettere il sangue arterioso
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Circolazione Extracorporea
Cenni storici 1915 eparina (J Mc Lean -John’s HopkinsHospital) 1937 CEC sperimentale nei gatti (Gibbon) 1948 Ossigenatore a dischi (Bjork) 1950 Ossigenatore a bolle (Clarke e Lillehei) 1950 Effetti protettivi dell’ipotermia (Bigelow) 1951 I intervento in CEC (DIA; Dennis) 1953 I intervento in CEC con successo (DIA; Gibbon) 1956 Inizio dei programmi di chirurgia cardiaca a cuore aperto Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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Circolazione Extracorporea
Concetto base su cui si fonda la CEC Paziente Aspiratori Sistema di cannule di drenaggio Pompa roller Cannula aortica Pompa roller Cardiotomo di raccolta e Filtro Ossigenatore e Scambiatore di calore Emofiltro
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Circolazione Extracorporea
Ossigenatori comunemente in uso: a bolle (interfaccia tra sangue e gas) a membrana (membrana semipermeabile di gomma siliconata. Il gas ed il sangue sono completamente separati evitando il problema della generazione di schiuma e quindi ridotto rischio di embolie ed emolisi) a fibre cave (sangue e gas sono separati tramite la parete delle fibre cave permeabili solo ai gas)
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Circolazione Extracorporea
La pompa roller, ideata da De Bakey nel 1934, consiste di una struttura concava a parete verticale contro cui viene schiacciato da due rulli, sorretti da un braccio meccanico rotante, un tubo morbido in silicone.
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Circolazione Extracorporea
Vantaggi dell’emodiluizione: diminuizione della viscosità ematica (Ht 20%-25%) migliore perfusione tissutale per migliorata reologia minor trauma agli elementi cospuscolati minori danni agli organi cervello cuore polmoni rene
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Circolazione Extracorporea
I continui miglioramenti nelle tecniche di CEC, dall’inizio degli anni 50 in poi, hanno contribuito alla riduzione della morbidità e della mortalità in cardiochirurgia. Attualmente più di interventi di chirurgia cardiaca maggiore vengono portati a termine nel mondo in un anno, con una mortalità complessiva che varia dal 1% al 15%, a seconda della complessità della cardiopatia.
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L’ipotermia viene ottenuta:
moderata tra 32C° e 25 C° profonda tra 25C° e 18 C° L’ipotermia viene ottenuta: mediante il raffreddamento del sangue durante il passaggio attraverso lo scambiatore di calore del circuito per la CEC mediante raffreddamento topico del paziente con materassino mediante raffreddamento topico diretto sul cuore con ghiaccio nel sacco pericardico
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Il concetto di ipotermia venne introdotto nel 1950 da Bigelow e collaboratori
Vantaggi: veniva considerato come unico e più importante presidio di protezione miocardica e tissutale la base fisiologica stava nella diminuzione del consumo di O2 da parte dei tessuti e delle cellule in particolare, una volta esposti alle basse temperature (1.1 vs ml O2/min/100 gr tessuto a 37 C° e 11 C° rispettivamente) da studi sperimentali a 10 C° un cuore arrestato consuma il 95% di O2 in meno rispetto un cuore in normale attività
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Miocardioprotezione L’accesso alle camere cardiache per procedere alla correzione delle cardiopatie congenite e/o acquisite è consentito attraverso l’arresto flaccido del cuore (diastolico). Numerosi sono stati i metodi adottati per ottenere l’arresto cardiaco controllato: cardioplegia farmacologica con citrato di potassio fibrillazione ventricolare arresto cardiaco anossico perfusione coronarica intermittente in FV soluzioni cardioplegiche ad alto contenuto potassico
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Miocardioprotezione Il danno miocardico che si verifica durante l’arresto ischemico del cuore è tuttora una delle più comuni cause di mortalità e morbidità in cardiochirurgia Negli ultimi 20 anni ci si è accorti come non fosse sufficiente ridurre il consumo di ossigeno da parte dei tessuti miocardici con l’ipotermia Da qui la spinta per lo studio di nuovi sistemi attuabili di miocardioprotezione
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Miocardioprotezione e Soluzioni cardioplegiche
Scopi: arresto cardiaco il più rapido possibile per ridurre al minimo il periodo ischemico riduzione dei processi metabolici mediante l’arresto chimico e l’ipotermia riduzione dell’edema cellulare per l’iperosmolarità delle soluzioni azione tampone per l’inevitabile acidificazione dell’ambiente cellulare dovuto all’attivazione della glicolisi anaerobia durante il periodo ischemico energizzante
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Miocardioprotezione e Soluzioni cardioplegiche
Sulla base del concetto che l’ipotermia e l’arresto chimico del cuore sono i più importanti componenti della protezione miocardica, la cardioplegia fredda è divenuta la tecnica standard di protezione miocardica più usata durante il clampaggio aortico
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Tipi di cardioplegia Cardioplegia Cristalloide Ematica Calda 37°C
Fredda 8°C Fredda Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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La cardioplegia cristalloide fredda è stata la prima ad essere sperimentata, venne successivamente modificata e costituita da una parte ematica ed una cristalloide secondo un rapporto di: 8:1, 4:1, 2:1. Tale rapporto inoltre influisce sull'ematocrito. La parte ematica è rappresentata dal sangue autologo che si combina direttamente con la composizione cristalloide. Il raffreddamento della soluzione invece avviene per il passaggio in uno specifico scambiatore di calore, impostato a seconda del protocollo ad una temperatura tra i 4-12°C. Questo tipo di cardioplegia si sviluppa su diversi presupposti: SANGUE: veicolo di ossigeno, sistema tampone, proprietà osmotiche, substrato metabolico; CRISTALLOIDE: composizione elettrolitica e pH fisiologici, presenza di antiossidanti e stabilizzatori di membrana; TEMPERATURA: freddo› riduzione metabolismo, riduzione richiesta O2, miglioramento protezione tessuto miocardico
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Il concetto di cardioplegia ematica calda (o normotermica) risale agli anni '80. Si basa concettualmente sulle proprietà biochimiche del sangue; infatti è a 37° che avviene in maniera ottimale il rilascio dell'ossigeno dall'emoglobina; inoltre l'arresto cardiaco elettromeccanico in normotermia riduce sensibilmente il danno della riperfusione, fenomeno frequente invece nelle tradizionali cardioplegie cristalloidi fredde. Una linea specifica da 1/4 proveniente dall'ossigenatore, potassio cloruro infuso nella stessa linea mediante una pompa siringa da 50ml, sono i due elementi di cui si costituisce questo tipo di cardioplegia.
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Tipi di tecniche cardioplegiche
Retrograda Anterograda Intermittente Continua Intermittente Continua Combinate Simultanea Alternata Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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Miocardioprotezione Due sono le limitazioni della cardioplegia ematica fredda intermittente: ischemia durante gli intervalli tra una dose e l’altra con la conseguente conversione in metabolismo anaerobico danni da ipotermia Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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Cardioplegia ematica fredda con
riperfusione calda Svantaggi: a)metabolismo anaerobio negli intervalli b)ipotermia alterazione della stabilità delle membrane alterazione dei processi enzimatici Ca++ intracitoplasmatico alterato up-take di O2 pH e pressione osmotica utilizzo di glucosio, ATP omeostasi curva di dissociazione dell’Hb aspartati, glutamati, taurina, glutamina inibizione pompa del Na+ edema Università degli Studi di Padova Istituto di Chirurgia Cardiovascolare
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Chirurgia Mini-invasiva e Cuore Battente
La circolazione extracorporea di per se non rappresenta una condizione fisiologica, comportando inevitabilmente una risposta infiammatoria ed il rischio di microembolizzazioni sistemiche (cerebrali), con disfunzioni multiorganiche, oltre all’ischemia miocardica. Da qui la spinta negli ultimi 10 anni alla ricerca di soluzioni tecniche meno invasive per la chirurgia coronarica, alla ricerca di una morbidità minore. Crescente è stato quindi l’interesse da parte di molti centri verso la rivascolarizzione miocardica a cuore battente (OPCAB e MIDCAB).
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Chirurgia Mini-invasiva
Cardiochirurgia mini-invasiva: Intervento cardiochirurgico tradizionale eseguito con obiettivo di ridurre l’incisione ed il trauma chirurgico Cardiochirurgia a cuore battente: Intervento cardiochirurgico (tradizionalmente in CEC ed a cuore fermo) eseguito a cuore funzionante e battente
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Cuore Battente buona esposizione intraoperatoria dei vasi (esclusione delle coronarie intramiocardiche, piccole <1mm Ø, calcifiche) efficaci sistemi di stabilizzazione miocardica efficaci sistemi di monitorizzazione intraoperatoria dell’emodinamica del paziente (Ecocardiografia transesofagea) collaborazione chirurgo-anestesista esperienza per una chirurgia più complessa e diversa
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Cuore Battente Indicazioni: Lesioni vascolari cerebrali
Pregresse lesioni del parenchima cerebrale (Ictus, TIA, Emorragia) Depressa funzione ventricolare Insufficienza renale BPCO Aorta ascendente calcifica Octuagenari
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Cuore Battente Vantaggi:
Ridotta mortalità e morbidità perioperatoria (complicazioni neurologiche, renali, polmonari, intestinali) Ridotta incidenza di infarti miocardici ed aritmie cardiache (cardioplegia) Ripresa di una vita attiva più rapida Riduzione dei costi Riduzione delle perdite ematiche con minore necessità di trasfusioni
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Cuore Battente Problemi:
Difficoltà operative per l’inevitabile movimento cardiaco Necessità di follow-up a più lungo termine Pervietà delle anastomosi a lungo termine Incidenza di: reinfarti reinterventi
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Il trapianto cardiaco Aspetti clinici e chirurgici
Gino Gerosa Chiara d’Agostino Sezione di Cardiochirurgia Dipartimento di scienze cardiache, toraciche e vascolari Università di Padova
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“… sostituire gli organi guasti per ritardare l’arresto della macchina organica propellente il sangue, umor vitale per eccellenza, prolungando in tal modo la vita…” Francesco Bacone, Nuova Atlantide (1598)
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Christiaan Barnard Nel 1967, nei primi giorni di un piovoso dicembre, giungeva in Italia la notizia che Christiaan Barnard, uno sconosciuto chirurgo sudafricano, aveva eseguito il giorno tre di quel mese, presso il Groote Schuur Hospital di Cape Town, il primo trapianto interumano (omotrapianto) di cuore
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1967 Prima esperienza di Barnard
L’esperienza di Barnard indusse numerosi centri a livello internazionale ad intraprendere la strada del trapianto: nei 12 mesi successivi vennero eseguiti 101 Trapianti cardiaci in 24 nazioni da parte di 64 equipes chirurgiche.
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Prima esperienza di Barnard
1967 Prima esperienza di Barnard I risultati furono deludenti con una sopravvivenza attorno al 20% Alla fine del 1970 solo due centri al mondo perseverarono nell’idea: Stanford University Cape Town University
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A partire dal 1977 si fecero i primi prelievi di cuore a distanza
Anni 70 Messa a punto di metodiche utili alla conservazione del cuore espiantato Infusione intracoronarica di una soluzione fredda contenente potassio ad alta concentrazione (cardioplegia) seguita da raffreddamento topico in soluzione fredda (4° C) A partire dal 1977 si fecero i primi prelievi di cuore a distanza Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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Età dell’oro del Trapianto Cardiaco
Anni 80 Età dell’oro del Trapianto Cardiaco Introduzione della ciclosporina A nei protocolli immunosoppressivi Aumento dei centri e del numero dei trapianti eseguiti nel mondo Accettazione dei criteri di Stanford per la selezione e scelta dei donatori e dei riceventi 14 novembre 1985 a Padova il prof Gallucci esegue il primo trapianto di cuore in Italia Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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Il Trapianto Cardiaco raggiunge piena maturità clinica
Anni 90 Il Trapianto Cardiaco raggiunge piena maturità clinica Soluzione terapeutica applicata in tutto il mondo occidentale, con basso rischio chirurgico, in grado non solo di aumentare la durata della vita, ma di assicurarne una qualità normale Università degli Studi di Padova Sezione di Caridochirurgia
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TRAPIANTI DI CUORE NEL MONDO
Numero di Trapianti
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Indicazioni (1) Insufficienza cardiaca refrattaria alla terapia medica o con caratteristiche di progressione nel tempo, non migliorabile con terapia medica corretta, procedure interventistiche o cardiochirurgiche NYHA III e IV classe VO2 max < 14 ml/kg/m’ FE < 0,25 ricoveri ripetuti > 3/anno Transitoria disfunzione epatica e renale necessità di incremento del diuretico intolleranza agli ACE
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Indicazioni (2) Insufficienza cardiaca avanzata determinata da disfunzione ventricolare dx pura o prevalente Aritmie minacciose non dominabili con terapia medica o procedure interventistiche o chirurgiche Angina refrattaria non suscettibile di rivascolarizzazione con angioplastica o bypass
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INDICAZIONI AL TRAPIANTO CARDIACO
Istituto di Medicina Legale Istituto di Chirurgia Cardiovascolare Università di Padova
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AGE DISTRIBUTION OF HEART RECIPIENTS (1982-2000)
% of Transplants The working group consists of: Larry Hunsicker James Kirklin Chuck Shield Jim Burdick John Newmann -- patient representative Keith Johnson -- new OPO representative (med. dir.) Rob Linderer -- new OPO representative (exec. dir.) UNOS Staff: DOT/HRSA: Walter Graham (once each) Pat Daily Joe O’Neill Mary D. Ellison Remy Aranoff Erick Edwards Gwen Mayes Sarah Taranto Leah Bennett
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Unità di Cardiochirurgia di Padova Direttore: Prof. Gino Gerosa
Attività Trapianti (Nov Gen. 2005) MD MI 605 trapianti 580 pazienti Età: da 1 mese a 73 anni Età donatori: da 3 mesi a 65 anni Tecnica: ortotopica 558 eterotopica 14 Re-Trapianti: 11 Trapianti multiorgano: (cuore-rene) (cuore-polmoni) 2 MV Altre Ri-Tc Altre MV Ri-Tc 7% 7% 2% MD MI 46% 38%
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Momenti Critici Accesso in lista d’attesa Assegnazione dell’organo
Prelievo Impianto del graft
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Criteri di inclusione e di esclusione dalla lista di attesa
Criteri di idoneità alla donazione Conoscenza fattori di rischio post-TC Disponibilità organi Criteri di inclusione e di esclusione dalla lista di attesa Efficacia terapia medica Conoscenza fattori prognostici nella insufficienza cardiaca Chirurgia alternativa
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Accesso in lista d’attesa Controindicazioni assolute
Ipertensione polmonare con elevate resistenze vascolari polmonari fisse Malattie sistemiche con spettanza di vita < 5 aa. Infezioni maggiori in atto da agente sconosciuto Ulcera peptica sanguinante Non compliance alle cure HIV positività
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Controindicazioni relative
Disfunzione epatica da scompenso cardiaco Pregressa cardiochirurgia multipla Cachessia cardiaca Grave obesità Vasculopatia polidistrettuale Diabete mellito insulino-dipendente Infezioni maggiori in atto da agente noto Colelitiasi sintomatica Diverticolosi sintomatica Epatite da virus B o C con HBV-DNA o HCV-RNA Grave osteoporosi Grave broncopneumopatia Embolia polmonare recente (< 3 mesi) Età ?
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Assegnazione dell’organo
La scarsità di risorse spinge il chirurgo ad agire considerando l’esigenza di “ottimizzare i risultati” senza trascurare le caratteristiche d’urgenza dei pazienti in lista d’attesa
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Assegnazione dell’organo
Criteri Gruppo sanguigno Peso – Superficie corporea Resistenze vascolari arteriolari polmonari Gradiente transpolmonare Età Urgenza clinica Cross-match
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Assegnazione dell’organo
Status ricevente Status one 2 A 2 B
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Prelievo d’organo Sicurezza di non veicolare patologie trasmissibili dal donatore al ricevente: Infezioni Tumori Rischio di graft failure: Danni preesistenti Cattiva conservazione Tempo d’ischemia
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IMPIANTO DEL GRAFT
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IMPIANTO DEL GRAFT
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IMPIANTO DEL GRAFT
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IMPIANTO DEL GRAFT
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IMPIANTO DEL GRAFT
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IMPIANTO DEL GRAFT
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Sopravvivenza dopo trapianto cardiaco
Emivita = 9.3 anni internazionale centro
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Qualità della vita
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HEART TRANSPLANTS: CAUSE OF DEATH (1982-2000)
Timing of Death
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POST-HEART TRANSPLANT MORBIDITY (April 1994-December 2000)
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Complicanze sistemiche dopo il trapianto di cuore
Follow-up (%) 1 anno 5 anni 10 anni Infezioni (ep/pz) 2,9 1,5 Tumori 3,5 1,5 8, Ipertensione sistemica Dislipidemia Insufficienza renale Diabete Osteoporosi Obesità Cataratta Disturbi sfera sessuale ISHLT registry 2001 (pz ) Istituto Cardiochirurgia PD (pz. 605)
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Eziologia Complicanze sistemiche Immunodepressione infezioni
tumori Effetti collaterali dei singoli farmaci ipertensione diabete dislipidemia etc... Alterata omeostasi neuro ormonale ipertensione
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Complicanze sistemiche dopo T.C.
Infezioni L’infezione rappresenta la prima causa di mortalità e di morbidità nel primo anno Precoci (30gg) Tardive Batteriche Virali Opportunistiche
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Neoplasie L’incidenza globale di neoplasia maligna in soggetti in regime immunosoppressivo portatori di trapianto d’organo è tre volte superiore rispetto alla popolazione di pari età L’incidenza tende ad aumentare allungando il periodo di osservazione dopo trapianto L’incidenza di alcuni tumori nella popolazione sottoposta a trapianto di organi solidi è stimata fino a 400 volte maggiore a quella della popolazione generale
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Eziologia multi-fattoriale
Tumori dopo Tx Eziologia multi-fattoriale Immunosoppressione Virus oncogeni (EBV, HHV8, HPV, Epatite B) Insufficienza renale cronica Ruolo mutageno dei farmaci
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Incidenza pz Tx vs non-Tx
Tumori Incidenza pz Tx vs non-Tx Tipo Pazienti Popolazione trapiantati generale Linfoma non Hodgkin 24% 6% Carcinoma labbra 6% 0,2% Sarcoma Kaposi 6% 0,5% Carcinoma renale 5% 2% Carcinoma vulva e perineo 3% 0,7% Tumori epato-biliari 2,3% 1,7% Sarcomi 1,8% 0,5%
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MALIGNANCY POST-HEART TRANSPLANTATION (April 1994-December 2000)
1-Year Followup 5-Year Followup Istituto di Chirurgia Cardiovascolare Università degli Studi di Padova
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Vasculopatia del graft
Prima causa di mortalità dopo il 1° anno Morbidità compresa tra il 30% ed il 45% al 5° anno Due forme Già presente nel cuore donato Ex novo (fattori di rischio) Aterosclerosi coronarica Rigetto cronico
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Vasculopatia dopo TC Aterosclerosi comune Rigetto cronico
Segmentarie Diffuse Eccentriche Arterie epicardiche Arterie epicardiche Grosso/medio calibro Arteriole intramiocardiche Vene Stria lipidica Iperplasia fibrointimale concentrica Placca fibrosa Lamina elastica interna conservata Placca complicata Lesioni Vasi colpiti Istologia
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Diagnosi Clinica Assenza di dolore cardiaco
Modificazioni ECG o ecocardiografiche ai controlli Aritmie SCOMPENSO CARDIACO (IMA) Morte improvvisa
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Diagnosi Indagini strumentali Angiografia coronarica
quadri di rarefazione e assottigliamento dei vasi Ecografia intracoronarica (IVUS) rivela l’aspetto delle pareti vasali Biopsia endomiocardica ricerca immunoistochimica RNAm in endotelio piccoli vasi
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Terapia } Bypass Angioplastica Ritrapianto Ruolo limitato
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Trapianto Cardiaco oggi
Conclusioni Trapianto Cardiaco oggi Opzione terapeutica di scelta nel trattamento delle cardiopatie allo stadio terminale o ad esito infausto
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Conclusioni Le complicanze sistemiche dopo TC rappresentano a tutt’oggi un’importante causa di morbidità e mortalità Il grado di immunosoppressione e gli effetti collaterali dei singoli farmaci ne sono principalmente la causa L’introduzione di nuovi agenti immunosoppressivi dotati di minor tossicità e maggior specificità dovrebbe diminuirne l’incidenza nel prossimo decennio L’induzione della tolleranza potrebbe costituire la soluzione ideale a questo problema
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Conclusioni Con la migliore conoscenza dei meccanismi immunologici alla base del rigetto cronico e con l’introduzione di nuovi agenti immunosoppressivi è verosimile che la incidenza di vasculopatie del graft possa diminuire Il ritrapianto rimane al momento l’unica alternativa terapeutica per i casi conclamati, ma per la peggiore prognosi e per la scarsità di donazioni, rimane una scelta eticamente controversa
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Conclusioni L’inadeguato numero di donazioni rimane il “limite intrinseco” al trapianto cardiaco interumano. Lo xenotrapianto ed il trapianto di cellule, grazie all’apporto dell’ingegneria genetica, potrebbero rappresentare la soluzione a questo problema.
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