La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

Corso di integrazione europea e politiche pubbliche anno accademico2013-14 LEZ VI LE POLITICHE: IL MERCATO UNICO.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "Corso di integrazione europea e politiche pubbliche anno accademico2013-14 LEZ VI LE POLITICHE: IL MERCATO UNICO."— Transcript della presentazione:

1 Corso di integrazione europea e politiche pubbliche anno accademico2013-14 LEZ VI LE POLITICHE: IL MERCATO UNICO

2 Il mercato interno Il “core business” del processo di integrazione Europea Un obiettivo condiviso Un esercizio continuo: “The development of the Single Market is a continuous exercise. The Single Market must respond to a constantly changing world where social and demographic challenges, new technology and imperatives, and pressure on natural resources and climate change must be incorporated into policy thinking.” ( Commissione Europea- Comunicazione Mercato Interno Atto II – Insieme per una nuova crescita- del 3 ottobre 2012)

3 UE come “stato regolatore”  prevalenza delle politiche regolative Principali aree di regolazione--  MERCATO INTERNO CONCORRENZA De-regolazione  rimozione barriere e ostacoli a concorrenza Ri-regolazione  armonizzazione e nuove regole che governano la concorrenza

4 MERCATO COMUNE Libera circolazione delle merci è stato il “core business” della Comunità Europea a partire dal Trattato di Roma. Un’area in cui le merci e i capitali lavoro e servizi circolano liberamente senza dazi doganali (“quattro libertà”) E in cui gli stati membri adottano una tariffa doganale comune sulle merci che entrano dall’esterno del mercato unico Con una regolazione comune in materia di concorrenza

5 LA DOMANDA DI REGOLAZIONE COMUNITARIA- gli stati membri Perché gli s.m. hanno accettato una crescita della regolazione europea delegando sovranità? -vantaggi del mercato unico -adattamento a pressioni transnazionali (globalizzazione, crescita di interdipendenza) -pressioni di attori interni -possibilità, attraverso il metodo comunitario, di estendere il proprio modello di regolazione -possibilità di “scaricare su Bruxelles” i costi politici della regolazione (es.aiuti statali alle imprese)

6 LA DOMANDA DI REGOLAZIONE COMUNITARIA -dagli attori del sistema degli interessi Per le imprese -affidare l’attività regolativi alle istituzione europee (es.Commissione )offre migliori garanzie : regolazione a livello nazionale produrrebbe vantaggi e svantaggi competititivi, inoltre il fatto che la Commissione regoli l’attività di un numero molto elevato di imprese la rende interessi particolari di quanto non sia un governo nazionale. -per imprese che operano su più mercati la presenza di regole difformi è un ostacolo, inoltre sono interessate a che singoli stati non siano tentati di ricorrere a regole più restrittive - la domanda condivisa di regolazione proveniente dalla business community naturalmente convive con un elevato grado di disaccordo sugli specifici contenuti delle politiche regolative

7 LA DOMANDA DI REGOLAZI ONE COMUNITARIA :i gruppi portatori di interessi diffusi possono ottenere a livello europeo una regolazione che non otterrebbero a livello nazionale (es. ambiente, tutela dei consumatori etc)

8 CONTESTO ISTITUZIONALE Poteri regolativi conferiti alla CEE/UE dai Trattati a partire da Trattato di Roma in un numero crescente di settori di policy I Trattati prevedono un chiaro mandato-  Alla Commissione – per presentare proposte e in alcuni settori per esercitare direttamente funzioni regolative Alla Corte di Giustizia Europea- per esercitare la propria attività giurisdizionale (che ha visto interpretazioni spesso estensive dell’ambito della regolazione ( Dassonville 1974; Cassi de Dijon 1979; Philip Morris 1987)) DI QUI LA RILEVANZA DELLA MODALITA’ DI GOVERNANCE SOVRANAZIONALE-GERARCHICA IN AMBITO REGOLATIVO (specie per integrazione negativa)

9 INTEGRAZIONE NEGATIVA E INTEGRAZIONE POSITIVA Con riferimento alle politiche volte ad allargare lo spazio economico al di là delle barriere nazionali, si può distinguere tra: misure di INTEGRAZIONE NEGATIVA che consistono nell’abolizione delle barriere doganali, delle restrizioni quantitative e degli altri ostacoli al commercio e alla libera concorrenza misure di INTEGRAZIONE POSITIVA che ricostruiscono un assetto regolativo a livello dell’unità economica più ampia

10 Le barriere alla libera circolazione sono: di tipo fisico-controlli doganali sui movimenti delle persone e delle merci di tipo tariffario- tariffe e dazi doganali sull’importazione di beni dagli s.m. e dai paesi terzi di tipo tecnico (non tariffario “regole aventi effetto equivalente”) che consistono nelle regole circa la produzione e la commercializzazione dei prodotti:le principali riguardano gli standard che un prodotto deve soddisfare per essere commercializzato negli s.m. di tipo fiscale- costituite dai diversi livelli di imposizione indiretta o dalle limitazioni poste all’importazione di certi beni; anche la diversità della tassazione diretta in particolare per capitale e risparmio. Ma anche regole di tipo sociale (minimi salariali, diritti sindacali etc.)

11 L’ASIMMETRIA ISTITUZIONALE TRA INTEGRAZIONE POSITIVA E INTEGRAZIONE NEGATIVA (Scharpf) PERCHE’ E’ PIU’ FACILE L’INTEGRAZIONE NEGATIVA? Le regole principali dell’INTEGRAZIONE NEGATIVA sono contenute nei trattati, che danno ampi poteri alle istituzioni sovra-nazionali, la Corte e la Commissione, di prendere decisioni vincolanti in autonomia dagli s.m.. Le sentenze della Corte e gli interventi della Commissione sulle violazioni agli obblighi posti dai Trattati consentono che si pervenga relativamente presto a un certo grado di integrazione negativa per quanto riguarda l’abolizione delle barriere tariffarie e certi aspetti della concorrenza

12 Per quanto riguarda le misure di INTEGRAZIONE POSITIVA, le nuove regole debbono essere fissate attraverso il metodo della “decisione congiunta”, che per di più fino all’AU (1986) prevede il voto all’unanimità in Consiglio. La stessa eliminazione delle barriere non tariffarie, in mancanza di norme esplicite e precise nei trattati, deve essere realizzata attraverso l’approvazione di nuove regole a livello europeo, in particolare relative a standard comuni per i prodotti. In presenza della regola dell’unanimità e di forti pressioni dei gruppi di interesse nazionali (in particolare delle imprese produttrici) sui governi perché venga mantenuto lo status quo, la probabilità di blocchi decisionali era molto elevata.

13 EVOLUZIONE DEL MU Dal Trattato CEE all’AU Grazie alle basi legali nei trattati e ai poteri concessi alle istituzioni sovranazionali si giunge alla fine degli anni Sessanta all’abolizione delle barriere tariffarie e all’unione doganale. Le barriere non tariffarie tuttavia anziché diminuire crescono, perché l’innovazione dei prodotti aumenta la diversità delle varianti nazionali. L’approccio iniziale dell’armonizzazione trova inoltre ostacoli di natura politica e istituzionale

14 Crisi e stallo Dopo la rimozione delle barriere tariffarie e la realizzazione dell’unione doganale, alla fine degli anni sessanta la realizzazione del mercato unico subisce una fase di stallo.

15 L’approccio dell’ ARMONIZZAZIONE Approccio iniziale è quello dell’ARMONIZZAZIONE, cioè cercare di arrivare a regole e standard comuni quando quelli nazionali differiscono. Inizialmente la Commissione puntava a una armonizzazione generalizzata ma ben presto si passò all’armonizzazione solo nei casi in cui fossero in gioco interessi diffusi vitali, come quelli dei consumatori o relativi all’ambiente.

16 ARMONIZZAZIONE E DECISIONE CONGIUNTA Strumento dell’armonizzazione è la DIRETTIVA  atto normativo in cui la legislazione comunitaria stabilisce gli aspetti di fondo della regolazione, mentre gli strumenti specifici sono definiti dalla legislazione nazionale. Nella fase di drafting la Commissione si avvale della consulenza di gruppi di lavoro composti da specialisti per ciascun settore industriale nominati dai governi nazionali e di comitati di esperti indipendenti. La Commissione inoltre sollecita il parere sulle proprie proposte di direttive da parte dei gruppi di interesse nazionale. La regola dell’unanimità in Consiglio (e la pressione degli interessi nazionali sui governi per mantenere lo status quo) rallenta molto il processo di armonizzazione: dal 1969 al 1985 furono approvate solo 270 direttive.

17 CORTE DI GIUSTIZIA E MERCATO UNICO Nel 1974 con la sentenza Dassonville la Corte stabilì che tutte le regole commerciali introdotte dagli s.m. che hanno la capacità di ostacolare direttamente o indirettamente, di fatto o potenzialmente, il commercio intra-comunitario, sono da considerarsi equivalenti a restrizioni quantitative e come tali proibite. Nel 1979 la Corte con la sentenza Cassis de Dijon stabilisce il principio del mutuo riconoscimento : date certe condizioni gli s.m. debbono accettare che siano commercializzati nel loro mercato i prodotti autorizzati negli altri s.m. Negli anni Ottanta la Corte continua nell’interpretazione estensiva del significato dell’art.28 (es. Cinethèque) Nella sua giurisprudenza la Corte sembra rispondere alla pressione di attori economici (imprese) e dei sistemi giudiziari nazionali e mostra notevole indipendenza dai governi nazionali

18 La genesi del “nuovo approccio” CRISI: Recessione internazionale anni 70-80 (2 shock petroliferi) Peggiora bilancia commerciale paesi europei Ritiro investimenti americani da economie europee Governi reagiscono alla crisi economica cercando di proteggere le loro industrie ricostituendo barriere non tariffarie Regresso nel conseguimento del mercato unico. Diminuisce la quota del commercio intra-europeo nel commercio degli s.m. Crescono i ricorsi alla Corte di Giustizia in materia di libera circolazione delle merci

19 PRESSIONI PER IL CAMBIAMENTO Comincia a emergere un consenso comune tra i governi sulla necessità di accelerare liberalizzazione del mercato interno (anche in presenza di strategie economiche differenti ) Modello di deregulation in U.S.A.(diffusione di idee di policy) Mobilitazione della business community per accelerazione mercato unico (1983- costituita European Round Table of Industrialists) Riunioni del Consiglio Europeo sottolineneano ritardo nel M.U. PE  nel quadro della propria strategia di rafforzamento istituzionale pressione per VMQ e rafforzamento propri poteri nell’ambito di politiche per marcato unico

20 Dall’inizio di anni Ottanta la Commissione comincia a delineare le linee essenziali del “nuovo approccio”. Il riferimento alla Cassis de Dijon costituisce una risorsa per la Commissione per promuoverlo (per es. crescono le procedure avviate contro gli s.m. per violazione delle norme in materia di mercato unico)

21 Pressioni britanniche da un lato per deregulation; Accordi franco tedeschi per facilitare libera circolazione tra i due paesi, con coordinamento del lavoro delle agenzie nazionali per la standardizzazione dei prodotti e rimozione dei controlli ai confini (Accordo della Mosella, nucleo di accordi di Schengen) Verso il nuovo approccio...

22 IL NUOVO APPROCCIO Elaborato dalla Commissione e accreditato dal Consiglio Europeo nel giugno luglio 1984. Le direttive debbono limitarsi a riavvicinare le legislazioni nazionali (non ad armonizzarle) e deve valere il principio del mutuo riconoscimento.

23 Gli strumenti del nuovo approccio La legislazione si limita a fissare i requisiti minimi essenziali ; soddisfatte queste condizioni gli s.m. si impegnano a applicare il principio del mutuo riconoscimento per la definizione graduale degli standard europei le responsabilità sono delegate a specifici organismi privati a livello comunitario per la standardizzazione. Questi sono il CNE (Comitato per le Norme Europee) e il CNEE (Comitato per le norme elettriche europee), decidono a maggioranza qualificata e in essi sono ammessi, anche se non possono bloccare le decisioni, i rappresentanti dei paesi dell’EFTA

24 MERCATO UNICO E RIFORMA ISTITUZIONALE 1985 Consiglio Europeo di Milano approva il Libro Bianco sul Mercato Unico (elenca 300 misure per completarlo entro il 1992) e indice una Conferenza Intergovernativa per la riforma dei Trattati 1986 Atto Unico VMQ per la legislazione sul MU; coinvolgimento del PE (procedura di cooperazione poi col TUE co-decisione) Notevole accelerazione nella predisposizione di nuove regole (233 direttive tra il 1989 e il 1993)

25 Rilancio dell'iniziativa per il MU Commissione Delors Enfasi sui vantaggi del mercato unico  1988 Rapporto Cecchini- costi di “non Europa” e vantaggi del m.u. (+4,3-6,4% PIL e fino a + 900.000 posti di lavoro) Crescente coinvolgimento attori del settore privato in policy making (policy network)

26 Esiti dell'iniziativa del 1992 Centinaia di direttive sul m.u., cui vanno aggiunti poco meno regolamenti. 80% degli standards definiti da agenzie a livello europeo. Non è un eccesso di centralizzazione se si tiene conto di varietà di economie europee. Forte disomogeneità tra settori- lentezza per questioni come appalti pubblici etc. Non c’è mercato unico per i servizi. Nel 1999 una direttiva ha liberalizzato i mercati per l’energia e le telecomunicazioni

27 Implementazione Implementazione-  dipende da s.m. e grande diversità in termini di tempestività, completezza e effettivo enforcement. Nel solo 2002 la Commissione ha avviato 1500 procedimenti di violazione delle regole comunitarie (metà dei quali riguardavano Italia, Grecia, Francia, Germania e Spagna): l’allargamento non ha migliorato le prospettive Difficoltà nell’applicazione del principio di mutuo riconoscimento, specie per i prodotti tecnologicamente complessi e i beni alimentari Commissioni Santer (1994-99) e Prodi (1999-2004) priorità a implementazione

28 Mercato unico dei beni E’ oggi una costruzione acquisita La Single market review del 2007 afferma che le barriere tecniche per i prodotti sono state rimosse. Occorre “manutenzione” e messa a punto (costante innovazione dei prodotti, etc.). Occorre rafforzare le politiche di accompagnamento (trasporto marittimo, su ferro e su gomma e relativa regolazione ) Non è stato realizzato pieno potenziale (rispetto a US volume scambi interno di merci su PILè più basso). Il percorso è più complesso per i servizi

29 Bibliografia A.R.YOUNG, The Single Market, in Wallace H., Wallace W., Pollack M. (eds.), Policy making in the EU, pp.93-112, Oxford Univ. Press, 2005(lettura obbligatoria) Pollack M., Liberalizing Europe, in idem, The Engines of European Integration, Oxford Univ. Press, 2003, pp. 263- 322 (facoltativa) Dehousse R., Regulation by network in the European Community Agencies, Journal of European Public Policy, vol. 4 (2001), n.2, pp. 246-261 (facoltativa)

30 Il mercato unico dei servizi Prevista da Trattato di Roma Libera circolazione dei servizi più difficile da realizzare perché sono in genere più regolati e perché la produzione spesso non separabile dal consumo La libera circolazione di servizi richiede lo spostamento temporaneo di chi produce o di chi utilizza il servizio. La regolazione nazionale riguarda i processi di produzione. I paesi di destinazione applicano le proprie regole per garantire la qualità del servizio ma questo può impedire la libera circolazione

31 BENCHE’ SEVIZI RAPPRESENTINO IL C DEL COMMERCIO INTERNO E' RAPPRESENTATO DAI SERVIZI Nel Dicembre 2000 la Commissione Prodi propone una strategia per il completamento del mercato interno La DG Mercato interno viene incaricata di fare un inventario delle barriere che rimangono a un mercato interno dei servizi

32 Mercato unico dei servizi e stato sociale Sulla liberalizzazione dei servizi sono emerse le potenziali tensioni tra l'obiettivo della creazione del mercato unico e il mantenimento dei modelli nazionali di stato sociale. Queste tensioni sono divenute più evidenti dopo l'allargamento del 2004. Vicende che esemplificano questa tensione: La direttiva Bolkenstein Le sentenze della CGE Laval e Viking

33 La proposta di Direttiva Bolkenstein Approccio “orizzontale” --->riguarda i servizi in generale piuttosto che specifiche categorie ( come le direttive precedenti sui servizi) Principio del paese d'origine (CoOP) per rendere più facile la libera circolazione alla produzione del servizio si sarebbero dovute applicare le regole del paese di origine di chi fornisce il servizio Semplificazione delle procedure di autorizzazione alla creazione di impresa di servizi originaria di in un altro s.m. ; sportello unico;

34 Il “principio del paese d'origine” Aspetto più controverso della proposta di direttiva Presentato come una versione del principio di mutuo riconoscimento Implica la rinuncia da parte del paese in cui il servizio è prestato a esercitare controllo sull'erogazione del servizio (e la sua qualità) Affida i controllo alle autorità del paese di origine (il che può costituire una bassa garanzia)

35 La polarizzazione del conflitto (2005) social dumpingIl CoOP scatena preoccupazioni di social dumping e di corsa al ribasso nei salari e nei diritti dei lavoratori (“l'idraulico polacco”) e di scarsa tutela dei consumatori Frattura destra-sinistra si somma a quella vecchi-nuovi s.m. Contro PSE a favore PPE-ALDE Ma contro anche vecchi s.m. (in particolare Francia, la Germania) A favore nuovi s.m. e l’ UK, Contro sindacati a favore UNICE –Business Europe ; la preoccupazione suscitata da proposta di direttiva è stata una delle cause del voto contro il Trattato Costituzionale in Francia e Olanda

36 Il ruolo del PE La Commissione per il Mercato Interno del PE emenda in modo fondamentale la direttiva in particolare eliminando il principio del paese d'origine Questa versione viene adottata dall'aula con una ampia maggioranza trasversale (PSE e PPE) con l'opposizione dei MPE dei nuovi stati membri.

37 La direttiva 2006/123 La Commissione nell'aprile 2006 decide di recepire gli emendamenti del PE Il Consiglio dei Ministri accetta la versione “annacquata” della direttiva votata nel maggio 2006 (con l'astensione della Lituania). Il tempo di recepimento per gli s.m. è di 3 anni

38 Un'interpretazione della direttiva sui servizi Secondo alcuni (Hoepner, Schaefer 2007) la proposta Bolkenstein rappresenta un esempio di nuova fase, in cui la Commissione persegue una agenda più radicale di liberalizzazione, che tenta di imporre un modello uniforme (capitalismo anglosassone ) rispetto alla presenza nell'Unione di una varietà di modelli di capitalismo. La vicenda mostra che mancano le condizioni di legittimità per una tale agenda, sia in termini di autoevidenti guadagni di efficienza (legittimità dell'output) che di autorizzazione democratica (legittimità dell'input)

39 La Corte di Giustizia e il mercato interno dei servizi Sentenze Laval e Viking Mercato interno e contrattazione collettiva In materia di mercato interno dei servizi l’attivismo giudiziario della Corte sfida alcuni principi fondamentali dei modelli nazionali di capitalismo sociale di mercato? Cfr. N. Lindstrom, Service liberalization in the enlarged EU. A race to the bottom of the emergence of transnational political conflict?, “Journal of Common Market Studies”, vol.48,2010, n.5 (lettura obbligatoria)

40 Il mercato interno dei servizi La vicenda della direttiva Bolkenstein vs. le sentenze Laval e Viking Il metodo sovranazionale gerarchico supplisce alla decisone congiunta per la realizzazione dell’agenda di liberalizzazioni della Commissione e della Corte? Le minacce ai modelli sociali nazionali risiedono nel potere della CGE? (Scharpf)

41 Il caso Laval Un impresa lettone, la Laval, ottiene l’appalto per la ristrutturazione di una scuola di Stoccolma. I sindacati svedesi delle costruzioni chiedono che l’impresa contratti coi sindacati svedesi le condizioni di lavoro del personale lettone. Laval obietta che la contrattazione è avvenuta coi sindacati lettoni, per un salario orario di circa 9 euro, più alto dei salari del paese di origine ma circa la metà dei salari svedesi. I sindacati delle costruzioni svedesi lanciano un’azione di picchettaggio e boicottaggio dei cantieri. Laval non riesce a portare a termine l’appalto e fallisce. Ricorre al tribunale del lavoro svedese che riferisce il caso alla CGE nel aprile 2005

42 La sentenza Laval Nel Dicembre 2007 la CGE sentenzia: -che l’azione collettiva è un fondamentale diritto sociale -ma che il boicottaggio della Laval lanciato dal sindacato svedese viola il principio di libertà di circolazione dei servizi perché la protezione richiesta dai sindacati svedesi va oltre la protezione minima prevista dalle leggi nazionali (in Svezia non c’è un minimo salariale) La sentenza dunque riconosce in linea di principio il diritto all’azione collettiva ma è un duro colpo al sistema di contrattazione collettiva volontaria svedese

43 Il caso Viking Una compagnia di traghetti finlandese, la Viking, dichiara al sindacato dei marittimi finlandesi di voler mettere sotto bandiera estone uno dei suoi traghetti e reclutare marittimi estoni per poter essere competitiva. Il sindacato finlandese alla scadenza del contratto collettivo che lo vincola alla tregua sindacale scatena uno sciopero. In questo è supportato dal sindacato transnazionale dei marittimi che chiede agli affiliati di rifiutare negoziati con la Viking e di boicottarla Nel novembre 2005 la Viking intenta una causa al sindacato transnazionale, che ha base in UK, davanti a un tribunale inglese, che rinvia il caso alla CGE

44 La sentenza Viking Nel Dicembre 2007 la CGE sentenzia: -che l’azione collettiva è legittima per difendere posti di lavoro o condizioni di lavoro quando si sono esaurite altre vie -ma che il tentativo di obbligare la Viking a un contratto collettivo rappresenta un ostacolo alla sua libertà di stabilire attività in un altro paese UE

45 Alcuni progressi ma il mercato unico dei servizi resta controverso Dir. 2011/24/ UE -Direttiva sulle cure mediche transnazionali- presentata nel 2008, approvata nel febbraio 2011 entra in vigore nel 2013.Diritti dei pazienti Assicura tra l’altro il rimborso (ma alle tariffe nazionali previste) di cure sanitarie ricevute in un altro s.m. purchè il ricorso a cure all’estero sia autorizzato da autorità sanitarie nazionali. Punti di vista differenti: criticata perché potrebbe favorire i pazienti più ricchi che possono viaggiare e per l’autorizzazione richiesta (e senza tempi rigidi) che limiterebbe libertà di scelta Mancano politiche di accompagnamento come il benchmarking delle istituzioni sanitarie (scelta informata) e la trasmissione dei documenti sanitari

46 Il Mercato Interno e la II Commissione Barroso 2009-2012

47 Il Rapporto Monti Nell’insediarsi per la seconda volta come Presidente della Commissione nel settembre 2009 Barroso indica come priorità di policy il rilancio del mercato interno e rivendica il ruolo della Commissione Nell’ottobre 2009 Barroso incarica Mario Monti (già Commissario al Mercato Interno e alla Concorrenza nelle Commissioni Santer e Prodi) di elaborare un Rapporto sulla attuazione del mercato interno e che formuli proposte per il suo rilancio. Dopo un’ampia serie di consultazioni con attori istituzionali e stakeholders il Rapporto è prodotto in maggio 2010 (http://ec.europa.eu/internal_market/strategy/docs/monti_report_final_10 _05_2010_en.pdf) La Comunicazione della Commissione Mercato Unico Atto II dell’ottobre 2012 fondata in larga misura su conclusioni del Rapporto Monti

48 Rapporto Monti Contesto : Bassa popolarità del mercato interno  integration fatigue + market fatigue.Decision makers nazionali devono fare i conti con crescenti successi elettorali di euroscettici Falsa impressione che sia un obiettivo del passato già realizzato (al massimo servirebbe manutenzione) Visioni diverse tra gli stati membri di cosa dovrebbe essere il mercato interno__< particolare rilievo con riferimento a servizi e circolazione capitali Contesto politico d economico molto diverso da quello dell’iniziativa di Delors del 1985

49 Preferenze degli s.m.(dipendono da modelli socio-economici nazionali) Economie sociali di mercato-Europa Continentale Paesi Anglosassoni Paesi del Nordeuropa Nuovi stati membri

50 Economie sociali di mercato- Europa Continentale Germania, Francia Tradizioni di protezione del lavoro e preoccupazione che m.i. dei servizi minacci spettanze sociali e che la competizione fiscale non regolata minacci occupazione Centralità di industria manifatturiera Atteggiamento critico su controllo rigido di aiuti di stato

51 Paesi Anglosassoni I più favorevoli a liberalizzazione radicale, con attenzione soprattutto ai vantaggi per i consumatori. Accettazione di trasformazioni dell’economia  prevalenza di servizi e sviluppo servizi finanziari Poche preoccupazioni di natura sociale (occupabilità) Resistenza a coordinamento politiche fiscali

52 Paesi nordici Modello di successo che associa alti livelli di competitività delle economie con alti livelli di protezione sociale. Capacità di attrarre investimenti pur in presenza di livelli di tassazione elevata (eccellenza di istruzione e ricerca e di efficienza P.A.)

53 Nuovi stati membri Sostegno incondizionato a M.I. per le sue implicazioni per la crescita. Meno preoccupazioni per standard protezione sociale Interesse a libertà di circolazione del lavoro e dei servizi e a politiche di infrastrutture sviluppo regionale. Tendenza a praticare competizione fiscale per attrarre investimenti

54 A package deal Una strategia comprensiva di rilancio del M.I. deve costituire un package deal rispetto alle diverse preferenze degli s.m. : indurli cioè a fare delle concessioni a fronte del soddisfacimento delle loro priorità. Come tale deve essere una strategia comprensiva, che abbracci non solo le tradizionali politiche del M.I. e della concorrenza ma anche politiche sociali, di coesione, ambientali, ricerca e sviluppo, fiscali, dei trasporti etc.


Scaricare ppt "Corso di integrazione europea e politiche pubbliche anno accademico2013-14 LEZ VI LE POLITICHE: IL MERCATO UNICO."

Presentazioni simili


Annunci Google