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PSICOLOGIA E CONTESTI La care del paziente oncologico

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Presentazione sul tema: "PSICOLOGIA E CONTESTI La care del paziente oncologico"— Transcript della presentazione:

1 PSICOLOGIA E CONTESTI La care del paziente oncologico
10 anni dell’Unità Operativa Complessa di Psicologia Gennaio 2008 PSICOLOGIA E CONTESTI La care del paziente oncologico Dr. Luciano Pompei Dr.ssa Maria Elena Rosetto U.O.C. Radioterapia Oncologica – Viterbo Dr.ssa Simonetta Taucci U.O.C. Psicologia - Viterbo San Martino al Cimino - 18 gennaio 2008

2 La care del paziente oncologico
Nonostante i numerosi e significativi progressi scientifici in ambito oncologico, che hanno sicuramente determinato un netto miglioramento degli approcci terapeutici e un aumento della sopravvivenza dei pazienti, il cancro resta a tutt’oggi una delle malattie a più ampia diffusione ed una delle principali cause di morte in ogni parte del mondo. Nell’immaginario individuale e collettivo il cancro continua, di fatto, ad associarsi a significati di sofferenza fisica e psichica, di morte ineluttabile, di stigma e diversità, di colpa e di vergogna.

3 La care del paziente oncologico
Il cancro è un evento traumatico che interviene bruscamente ed improvvisamente alterando l’equilibrio individuale e interpersonale ed evocando un clima di incertezza e indeterminatezza. Non riguarda soltanto l’individuo malato ma coinvolge inevitabilmente la sua famiglia che spesso diventa una “unità sofferente”. Si tratta di una prova esistenziale sconvolgente che riguarda tutti gli aspetti della vita: il rapporto con il proprio corpo, il significato dato alla sofferenza, alla malattia, alla morte, così come le relazioni familiari, sociali, professionali. Anche laddove ci sono buone possibilità di guarigione e di sopravvivenza suscita comunque paura della sofferenza.

4 La care del paziente oncologico
Dal “curare” una malattia al “prendersi cura” di un paziente considerato nella globalità della sua persona e inserito nel suo contesto familiare e sociale Pensare che chi sta dall’altra parte non è semplicemente il portatore di un danno cellulare più o meno complesso ma una persona che necessita in tutti i momenti dell’iter diagnostico-terapeutico di una presa in carico globale, attenta e sensibile a tutti i bisogni che direttamente o indirettamente il soggetto esprime

5 La care del paziente oncologico
DIAGNOSI CHIRURGIA RADIOTERAPIA CHEMIOTERAPIA ORMONOTERAPIA STADIAZIONE TERAPIE FOLLOW UP RICADUTA GUARIGIONE O CONTROLLO FASE TERMINALE

6 La care del paziente oncologico
La comunicazione della diagnosi Nella costruzione del rapporto medico-paziente un momento cruciale è rappresentato dalla informazione del paziente riguardo la diagnosi, le terapie proposte e la prognosi I medici sono oggi sempre più a favore di un’informazione completa al paziente in quanto la crescita esponenziale della conoscenza scientifica e dell’oncologia richiede, allo stesso paziente, una partecipazione consapevole al processo decisionale Fornire informazioni è un atto medico con un’enorme importanza terapeutica: oltre a ridurre l’ansia e l’incertezza, restituisce al paziente la libertà che la malattia gli ha sottratto, l’autonomia e la capacità di fare delle scelte, la consapevolezza della realtà che sta vivendo e l’adattamento alla nuova situazione di vita Oggi il problema non è tanto il “dire o non dire” ma che cosa (quanto) dire, come, quando, con quali parole e con quale prevedibile impatto sul paziente e sui suoi familiari. Per qualsiasi persona ricevere la comunicazione di essere affetta da una malattia neoplastica è sempre un evento traumatico, pertanto è necessario avere delle conoscenze specifiche sulla vita del paziente in modo da valutare che cosa dire e con quali modalità; infatti possono essere presenti alcuni eventi nella vita del paziente che lo rendono particolarmente vulnerabile (lutto, esperienze precedenti in famiglia, separazione o divorzio).

7 La care del paziente oncologico
La comunicazione della diagnosi Il problema oggi non è tanto il “dire o non dire” ma è incentrato soprattutto sul “come” fornire le informazioni al paziente nel rispetto dell’obiettività del dato clinico, del diritto del paziente a conservare la speranza e dell’obiettivo di produrre il miglior adattamento possibile per lui alla nuova situazione di vita Ciò prevede da parte del medico una conoscenza specifica riguardo la vita personale e familiare del paziente (anamnesi) in modo da valutare cosa dire e con quali modalità (utilizzando comunque una terminologia “non traumatizzante” e comprensibile per il paziente) Oggi il problema non è tanto il “dire o non dire” ma che cosa (quanto) dire, come, quando, con quali parole e con quale prevedibile impatto sul paziente e sui suoi familiari. Per qualsiasi persona ricevere la comunicazione di essere affetta da una malattia neoplastica è sempre un evento traumatico, pertanto è necessario avere delle conoscenze specifiche sulla vita del paziente in modo da valutare che cosa dire e con quali modalità; infatti possono essere presenti alcuni eventi nella vita del paziente che lo rendono particolarmente vulnerabile (lutto, esperienze precedenti in famiglia, separazione o divorzio).

8 La care del paziente oncologico
La comunicazione della diagnosi Le variabili dalle quali può dipendere l’opportunità di una più o meno esplicita spiegazione al malato sono: la richiesta di essere informato (il diritto alla “non informazione”) l’equilibrio psicologico la sede e la gravità della malattia il tipo di trattamento cui sarà sottoposto il paziente l’età e il grado di cultura la stabilità delle relazioni con la famiglia Oggi il problema non è tanto il “dire o non dire” ma che cosa (quanto) dire, come, quando, con quali parole e con quale prevedibile impatto sul paziente e sui suoi familiari. Per qualsiasi persona ricevere la comunicazione di essere affetta da una malattia neoplastica è sempre un evento traumatico, pertanto è necessario avere delle conoscenze specifiche sulla vita del paziente in modo da valutare che cosa dire e con quali modalità; infatti possono essere presenti alcuni eventi nella vita del paziente che lo rendono particolarmente vulnerabile (lutto, esperienze precedenti in famiglia, separazione o divorzio).

9 La care del paziente oncologico
La comunicazione della diagnosi Comunicare la diagnosi di un tumore o di una ripresa della malattia è un momento estremamente delicato e importante del processo terapeutico. L’informazione al paziente di fatto è una “comunicazione” e non una semplice trasmissione di informazioni e come tale non può prescindere da una relazione con lui. La comunicazione non passa soltanto attraverso canali di tipo verbale ma molto più sottilmente ed in modo spesso più incisivo attraverso un insieme di messaggi non verbali (il tono della voce, la gestualità): è di fondamentale importanza che non vi sia contraddizione tra questi due tipi di comunicazione.

10 La care del paziente oncologico
La comunicazione della diagnosi La verità non è solo difficile da ascoltare, ma è anche difficile da dire Di solito la comunicazione della diagnosi non si esaurisce in un “atto unico” ma può avvenire gradualmente nel tempo, all’interno della relazione tra medico, paziente e familiari, man mano che la consapevolezza e i bisogni del paziente cambiano in relazione all’iter della malattia E’ fondamentale che le informazioni fornite al paziente siano sempre chiare e coerenti: sicuramente la verità è di gran lunga più accettabile rispetto ad una bugia maldestra. D’altro canto altrettanto negativo della non informazione è il comportamento di chi “butta addosso” al paziente la diagnosi come se fosse una “patata bollente” magari per liberarsi velocemente del fardello psicologico di gestire l’informazione all’interno di una relazione con il paziente. I medici dovrebbero acquisire la capacità di cogliere in modo più approfondito le situazioni psicologiche del malato così da saperle valutare e tenere in considerazione anche nelle proprie scelte, comprese quelle relative alla comunicazione della diagnosi e alla formulazione della prognosi. Tale modalità di intervento di volta in volta attento, consapevole e mai univoco presuppone da parte del medico anche un “ascolto attivo” della storia del paziente, delle sue fantasie, delle sue paure e dei meccanismi difensivi adottati per contenere l’angoscia.

11 La care del paziente oncologico
La comunicazione della diagnosi Non esiste una formula adatta per tutte le situazioni (dire tutto in ogni caso oppure non dire nulla in ogni caso) Sicuramente è un diritto del paziente conoscere la malattia da cui è affetto anche per poter affrontare con maggiore motivazione le terapie spesso pesanti che gli vengono proposte Quello che a volte viene “calibrato” sulla presunta capacità di accettazione da parte del paziente è l’informazione riguardo lo stato di gravità della malattia e la prognosi Difficoltà del medico a gestire da un lato le pressioni dei familiari che vogliono “proteggere” il paziente e dall’altro la legislazione che obbliga ad una informazione chiara e completa (“consenso informato”)

12 La care del paziente oncologico
La fase del trattamento Il paziente oggi viene sempre più coinvolto nel processo terapeutico e nelle decisioni cliniche, spesso anche nella scelta tra diversi trattamenti La “compliance” del paziente al trattamento è fortemente legata alla capacità del medico di motivarlo (adeguata informazione-comunicazione) Rifiuto delle cure (…o della malattia?): il meccanismo della negazione o la paura degli effetti collaterali dei trattamenti oltre a determinare spesso un ritardo nella diagnosi possono a volte causare il rifiuto delle terapie o il ricorso a trattamenti alternativi La paura della sofferenza indotta dai trattamenti può a volte prevalere sulla paura della malattia stessa (soprattutto nei casi a buona prognosi)

13 La care del paziente oncologico
La fase del trattamento CHIRURGIA Mantiene sempre un ruolo importante e primario nel trattamento della maggior parte dei tumori Tende ad essere oggi sempre più conservativa grazie alla associazione con le altre modalità terapeutiche L’atto operatorio suscita numerose paure: minaccia alla propria integrità fisica, preoccupazione di affidarsi alle mani di un estraneo, di non risvegliarsi dopo l’anestesia,… D’altro lato l’atto chirurgico, pur essendo traumatico, è visto anche come trattamento immediato e liberatorio L’ intervento chirurgico più o meno demolitivo può comunque determinare un’alterazione della propria immagine corporea o addirittura il rifiuto del proprio corpo (mastectomia, colostomia, interventi sull’apparato genitale)

14 La care del paziente oncologico
La fase del trattamento RADIOTERAPIA Utilizzata oggi per la cura di numerose neoplasie da sola o associata con la chirurgia o con la chemioterapia allo scopo di aumentare la sopravvivenza dei pazienti ma anche di ridurre la necessità di interventi chirurgici demolitivi con preservazione della funzione d’organo e netto miglioramento della qualità di vita del paziente Può essere fonte di paure specifiche: timore di qualcosa che non si vede (le radiazioni) di essere “bruciati” dalle radiazioni di rimanere radioattivi dopo il trattamento di trovarsi soli in un bunker sotto apparecchiature sofisticate (mi può cadere addosso?)

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La fase del trattamento CHEMIOTERAPIA In passato quasi esclusivamente limitata a pazienti con neoplasia in fase avanzata, oggi è ampiamente utilizzata come terapia preoperatoria (neoadiuvante) o più frequentemente postoperatoria (adiuvante) e coinvolge quindi molti pazienti potenzialmente già guariti Paura degli effetti collaterali del trattamento (vomito “anticipatorio”) Alterazione del proprio corpo in relazione alla terapia: il paziente si vede malato di cancro (es. caduta dei capelli) e anche gli altri lo vedono così

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La fase del trattamento Importanza delle altre figure professionali coinvolte nel trattamento e spesso più a lungo a contatto con il paziente: il personale infermieristico ed i tecnici di radioterapia, che si trovano spesso a rassicurare il paziente anche riguardo gli effetti collaterali dei trattamenti Il paziente, durante il percorso terapeutico, fa abitualmente ricorso a persone diverse nella ricerca di sostegno, rivelando a ciascuno, spesso, lati differenti di sé Spesso il paziente sceglie proprio l’infermiera o il tecnico per esternare le proprie emozioni, paure, ansie o per parlare di sé e della sua famiglia

17 La care del paziente oncologico
La fase del follow up Più della metà dei pazienti con diagnosi di cancro presenta un’ aspettativa di vita di 20 anni o più, nonostante ciò le conseguenze fisiche e psicologiche del cancro rimangono a lungo dopo il termine delle terapie nonostante la rassicurazione che non c’è evidenza di malattia. Purtroppo sopravvivere al cancro spesso non significa tornare alla normalità di prima, molte persone si sentono diverse sperimentando un cambiamento nella propria immagine corporea e nelle relazioni interpersonali Molti pazienti sperimentano uno stress psicologico legato proprio al termine delle terapie attive (soprattutto di quelle adiuvanti) come se si sentissero improvvisamente privi di “protezione”

18 La care del paziente oncologico
La fase del follow up Pertanto la fine delle terapie e l’entrata nella fase di remissione sul piano medico non sono sempre concomitanti con la risoluzione della crisi legata alla malattia e al suo trattamento Molti pazienti vivono con disagio i controlli per il timore di scoprire una ripresa della malattia La sindrome della spada di Damocle e lo stato di preoccupazione e di ansia che ne derivano possono assumere le caratteristiche di una vera “seconda malattia” (disponibilità del medico all’ascolto e a rispondere alle domande dei pazienti) La maggior parte dei pazienti trova invece rassicurazione nell’incontro con il medico che conferma che “le cose vanno bene” e addirittura alcuni accettano con difficoltà il diradarsi dei controlli nel tempo

19 La care del paziente oncologico
La ripresa di malattia Di solito rappresenta un evento ancora più traumatizzante della diagnosi iniziale L’evoluzione della malattia è vissuta dal paziente (e anche dal medico) come un insuccesso nella consapevolezza che la possibilità di morire si fa più concreta La comunicazione al paziente della ripresa di malattia è molto più difficile rispetto a quella della diagnosi iniziale, anche in relazione alla disponibilità o meno di ulteriori armi terapeutiche

20 La care del paziente oncologico
La comunicazione della ripresa di malattia E’ comunque di fondamentale importanza che al paziente non venga mai tolta la speranza, così come probabilmente è ingiusto illuderlo o ingannarlo (anche se in certe situazioni di malattia avanzata il confine tra speranza e illusione è sfumato). La speranza nei casi di malattia avanzata non dovrebbe essere quella di guarire o di essere immortali ma dovrebbe essere una speranza aderente alla realtà: ad esempio mantenere controllata la malattia il più a lungo possibile e con il minor carico di sofferenza

21 La care del paziente oncologico
La fase di malattia terminale Cure palliative volte non più alla guarigione ma al controllo dei sintomi (dolore) Attenzione rivolta soprattutto alla qualità della vita Hospice ed assistenza domiciliare: la realistica speranza di essere assistiti con cura, competenza e umanità fino in fondo è un potente antidoto all’angoscia del malato e della sua famiglia, legata alla prospettiva di essere “scaricati” dall’istituzione ospedaliera e quindi abbandonati a sé stessi proprio nelle fasi finali Importanza del supporto sociale (familiari, amici, volontari,…) per affrontare meglio le varie fasi della malattia ma soprattutto quella terminale Supporto alla famiglia durante la fase terminale e anche dopo (gestione del lutto)

22 La care del paziente oncologico
L’adattamento alla malattia ed ai trattamenti dipende in larga misura dalla qualità dell’approccio relazionale dell’ équipe curante, che ne è artefice soprattutto tramite il controllo degli effetti collaterali delle terapie, il controllo del dolore, della sintomatologia ansiosa e depressiva. Ciò è possibile attraverso una presa in carico individualizzata del paziente, tramite l’informazione sui vari aspetti della patologia così come tramite la valutazione dei suoi bisogni, delle sue possibilità di scelta, della sua situazione familiare e sociale Questo presuppone da parte del medico anche un “ascolto attivo” della storia del paziente, delle sue fantasie, delle sue paure e dei meccanismi difensivi adottati per contenere l’angoscia. (ciò comporta un investimento personale del curante che richiede un sovraccarico di ruolo evidente per chiunque frequenti un reparto di oncologia o radioterapia)

23 La care del paziente oncologico
Una modalità di “presa in carico” del paziente efficacemente sperimentata nel nostro ospedale è quella attuata attraverso la costituzione di un’ équipe multidisciplinare di professionisti delle diverse specialità con l’elaborazione di “percorsi diagnostico-terapeutici” per le varie patologie neoplastiche (senologia, neoplasie del distretto ORL, neoplasie gastrointestinali) allo scopo di: concordare ed elaborare nel corso di incontri periodici il percorso diagnostico-terapeutico più adeguato per il singolo paziente ridurre al minimo i tempi di attesa durante le delicate fasi di definizione diagnostica, di stadiazione e di impostazione delle terapie

24 La care del paziente oncologico
Il paziente si sente “preso per mano” proprio nel momento di maggior disagio legato dapprima al sospetto e poi alla diagnosi di cancro e condotto in poco tempo a definire un percorso attivo di “lotta” alla sua malattia Sapere che la proposta terapeutica che gli viene presentata è frutto di una discussione collegiale tra diversi specialisti è per il paziente particolarmente confortante Il confronto tra le diverse figure professionali dell’ équipe in merito al singolo paziente aiuta anche a cogliere meglio le eventuali manifestazioni di disagio psicologico presentate dal paziente nelle varie fasi dell’iter diagnostico-terapeutico (che possano richiedere l’intervento dello psicologo)

25 La care del paziente oncologico
Da diversi anni su tutto il territorio della nostra ASL in ogni Day Hospital Oncologico è presente settimanalmente uno psicologo, competente in materia di psiconcologia, a supporto dei pazienti, dei loro familiari e dell’équipe Il protocollo seguito prevede una prima visita psicologica valutativa da rivolgere ai pazienti segnalati dai referenti dei Day Hospital Oncologici sulla base di criteri condivisi: età, patologia compromettente lo schema corporeo, episodi di disagio psicologico in anamnesi, etc… La segnalazione da parte del medico o dell’équipe curante può avvenire in casi particolari anche a partire dalla fase diagnostica o perioperatoria Successivamente alla prima visita, se ravvisata una specifica necessità, è offerta al paziente la possibilità di una presa in carico per una psicoterapia di supporto

26 grazie per l'attenzione


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