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Antropologia - Lezione 9^

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Presentazione sul tema: "Antropologia - Lezione 9^"— Transcript della presentazione:

1 Antropologia - Lezione 9^
Capitolo I Storia di una ricerca: l’antropologia nella Bibbia e nella Tradizione (l’Antropologia di Gaudium et Spes)

2 Sono figlio dell’incredulità e del dubbio fino ad ora e, lo so bene, lo sarò fino alla tomba. Che sofferenze terribili m’è costata e mi costa ora la sete di credere, tanto più forte nella mia anima quanto più numerosi sono gli argomenti contrari. Tuttavia, per me, non c’è niente di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più virile e di più perfetto del Cristo, e non solo non v’è nulla ma, lo dico con amore geloso, non può esserci nulla. Di più ancora, se mi si dimostrasse che il Cristo è fuori della verità e che la verità è realmente fuori del Cristo, amerei di più rimanere col Cristo che con la verità (F. Dostoevskij)

3 GS 10 Crede ugualmente di trovare nel suo  Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. …… Così nella luce di Cristo, immagine del Dio invisibile, primogenito di tutte le creature, il concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell’uomo…»

4 Cristo è il centro e il (la) fine della storia, ma non la sua origine.
passaggio pare ancora incompleto: Cristo è il centro e il (la) fine della storia, ma non la sua origine. Questo, almeno, non è esplicitato.  L. Ladaria = è «insinuata» la relazione di Cristo con la creazione (è il primogenito…). l’affermazione fondamentale del nesso antropologia-cristologia: la chiesa «nella luce di Cristo illustra il mistero dell’uomo».

5 La dignità della persona umana (12-22)
GAUDIUM et SPES I^ parte: LA CHIESA E LA VOCAZIONE DELL'UOMO Cap I: La dignità della persona umana (12-22)

6 Nel n. 11 – che introduce la parte I, La chiesa e la vocazione dell’uomo – e, poi, nel 12 (inizio del cap. I – La dignità della persona umana), si riprende nuovamente la domanda iniziale: che cos’è l’uomo? La risposta data in questo n. 12, a diversità dell’approccio fenomenologico dell’introduzione, muove ora dalla rivelazione: «le sacre lettere insegnano che l’uomo è stato creato “a immagine di Dio”, capace di conoscere e di amare il proprio Creatore, e che fu costituito da lui sopra tutte le creature terrene quale signore di esse, per governarle e servirsene a gloria di Dio» (GS 12b-c).

7 L’uomo si comprende come imago Dei
nella duplice valenza: da un lato nella sua relazione a Dio (capace di amarlo) e dall’altro come signore del creato (superiorità e dominio, cfr. salmo 8,5-7).  Il riferimento è evidentemente alla creazione, secondo la narrazione genesiaca, da cui il concilio ricava anche la costitutiva natura sociale dell’uomo fatto a immagine, in quanto creato nella comunione di uomo e donna:

8 GS 12: Ma Dio non creò l’uomo lasciandolo solo: fin da principio «uomo e donna li creò » (Gen1,27) e la loro unione costituisce la prima forma di comunione di persone. L’uomo, infatti, per sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti.

9 NB = una tale descrizione dell’uomo fa indubbiamente riferimento diretto alla rivelazione, ma in relazione solo all’AT: non appare nessun riferimento al ruolo di Cristo nella creazione, né tantomeno alla sua identità di imago Dei.  «non si è seguito un metodo puramente induttivo ma neppure si è iniziato con l’esporre il nucleo centrale della fede in Cristo Signore» (Ladaria).

10 Ladaria nota che il Vaticano II
 “è il primo concilio che ha parlato dell’uomo come immagine di Dio.  Ma fin qui lo fa con citazioni dell’AT”. Il primo testo che cita il NT sarà il n. 22.

11 Ne sono una chiara conferma i paragrafi intermedi, che trattano di diverse questioni antropologiche:
n. 13: il peccato, che oscura l’immagine di Dio nell’uomo ed impedisce la perfetta armonia con sé, con gli altri e col mondo; n. 14: i costitutivi dell’uomo: unità di anima e corpo; n. 15: intelligenza e sapienza; n. 16: coscienza morale; n. 17: libertà; n. 18: il mistero della morte; nn : l’ateismo.

12 In nessuno di questi si trova un riferimento a Cristo, eccetto il n
In nessuno di questi si trova un riferimento a Cristo, eccetto il n. 18, dove si oppone al dramma umano della morte la «vittoria di Cristo». Significativo, inoltre, il fatto che al n. 17 la libertà è presentata quale «eximium divinae imaginis in homine signum». Torna il tema dell’imago Dei senza, però alcun fondamento nel NT e in Cristo (cf. ad es. Gal 5,1). Anche l’aiuto della grazia di Dio per l’attua-zione della libertà ferita è condotto senza un esplicito richiamo a Cristo: si parla generica-mente di una gratia Dei adiuvante (GS 17).

13 Il riferimento esplicito a Cristo ?
compare al termine del capitolo con un numero indimenticabile – il 22 - che costituisce uno dei vertici del documento.

14 GS 22: Cristo è immagine di Dio
GS 1221: l’uomo è immagine di Dio ESPLICITO IMPLICITO

15 Il n. 22, De Christo novo homine,
merita un’attenzione a sé, precisamente per l’importanza capitale che ha nella riflessione antropologica. Secondo l’intento iniziale del n. 10, si ha al n. 22 in forma diretta il riferimento del mistero dell’uomo alla persona di Gesù Cristo: esplicitamente si pone in relazione con Cristo tutto quello che finora è stato detto Da un lato, può sembrare comprensibile che di Cristo si parli solo nell’ultimo paragrafo del capitolo, visto l’intento di dialogare con il mondo e, dunque, la scelta per un andamento più induttivo ed esperienziale del discorso.

16 Però resta ancora una volta la constatazione che il riferimento cristologico, per quanto dichiarato, compaia di fatto, sempre «dopo», in un secondo momento, lasciando il sospetto di una linea ancora «di compromesso» tra il parlare “naturale” sull’uomo e il parlare “cristiano” sull’uomo. Lo stesso Ladaria, prudentemente, conclude: «malgrado tutto ciò, non si vede con chiarezza perché, ogni volta che la risposta conciliare espressamente si fonda sulla rivelazione divina, si lasci alla fine il riferimento a Gesù»

17 Il n. 22 De Christo novo homine Testo e commento

18 Titolo del numero L’interrogativo originario «chi è l’uomo?» (n. 11 e 12) ha aperto un cammino di ricerca che dal n. 12 l’uomo immagine di Dio ha finalmente il suo culmine qui in Cristo uomo nuovo (n. 22) si evidenziano i due poli attorno cui muove la questione.

19 Nei primi schemi preparatori il titolo di questo numero era De Christo homo perfecto
 in seguito fu cambiato (benché nel testo l’idea permanga ben chiara) perché non coglieva suffi-cientemente la dimensione travagliata del peccato. L’espressione paolina “uomo nuovo” evoca, invece, la corrispondente espressione “uomo vecchio” con la sua realtà di peccato e la fatica del suo rinnovamento che è costato la croce di Cristo.  rispetto ai numeri precedenti, qui senza dubbio si tratta di un testo di elevata statura teologica, che contrasta con l’evidente timidezza con cui la GS affronta le questioni più strettamente teologiche (Ladaria)

20 § 1 «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è l’Adamo definitivo (novissimus), proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione. Nessuna meraviglia, quindi, che tutte le verità su esposte trovino in lui la loro sorgente e tocchino il loro vertice.

21 § 1 Principio fondamentale
 fondamentale è il capoverso iniziale, in cui si enuncia il criterio ermeneutico essenziale: «solamente nel Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» nella persona di Gesù di Nazareth appare la verità dell’uomo: è Lui che «svela l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». Solo in Cristo, l’uomo comprende in pienezza e definitivamente la propria identità  il nesso cristologia-antropologia è affermato come criterio decisivo per la comprensione dell’uomo. una volta affermato, questo criterio va applicato in modo “retrospettivo”: tutto ciò che è stato descritto in precedenza sulla dignità e l’esistenza dell’uomo dovrà essere reinterpretato alla luce di Cristo.

22 GS 22: Cristo è immagine di Dio
GS 1221: l’uomo è immagine di Dio

23 il rapporto è affermato secondo un ordine ben preciso: da Cristo all’uomo
questo è il criterio ermeneutico per l’antropologia cristiana. È importante anche la precisazione che segue immediatamente: Adamo, il primo uomo era figura di quello futuro, cioè Cristo Signore, sulla scia di Rom 5,14.

24 Due le indicazioni incluse in questo passaggio:
 si ribadisce ulteriormente la relatività del-l’uomo a Cristo: l’uomo, sin dall’origine (Adamo), fa riferimento a Cristo; dunque, si comprende a partire da lui (e non viceversa). Non è Adamo che spiega Cristo, ma Cristo che spiega Adamo. Perciò, solo per mezzo di Cristo possiamo sapere che cos’è l’uomo. Questo è il criterio che si va chiarendo: * da Cristo ad Adamo * cioè da Cristo all’uomo.

25 Facciamo un’applicazione…

26 Metodo della correlazione (P. Tillich): l’uomo spiega Cristo
Partire dall’antropologia per illustrare la cristologia Dai valori umani/etici all’uomo Gesù di Nazareth Pace Gesù il pacifico Libertà Gesù uomo libero (sovversivo?) Giustizia Gesù dalla parte degli ultimi Metodologia cristologica (San Paolo):Cristo spiega l’uomo - Cristo è la nostra pace = lettera agli Efesini - Cristo ci ha liberati perché rimanessimo liberi = Gal 5,1 - Cristo è il giusto che ci giustifica = lettera ai Romani

27 Non è la copia che spiega il Modello.
È il Modello che spiega la copia!

28  va richiamato l’accenno al fondamento protologico del legame Cristo-Adamo (uomo): un nesso che si dà fin dall’origine il nesso emerge se si pone attenzione alla nota a piè pagina che commenta l’affermazione conciliare: Il testo: Adamo, il primo uomo era figura di quello futuro, cioè Cristo Signore La nota riporta un passo del De carnis resurrectione, n. 6 di Tertulliano: quodcumque limus exprimebatur, Christus cogitabatur homo futurus. in qualsiasi forma infatti il fango venisse modellato, veniva pensato Cristo l’uomo futuro

29 La citazione conciliare si ferma qui
La citazione conciliare si ferma qui. Il testo di Tertulliano però continua affermando che in quel fango (= Adamo) che rivestiva già l’immagine di Gesù nella carne non c’era solo l’opera di Dio, ma la caparra (pignus) dell’incarnazione.  In questo caso, dunque, avremmo finalmente un recupero del riferimento a Cristo sin dalla creazione: il legame Cristo-uomo non è più ricondotto solo al peccato, né è proiet-tato al futuro, ma è riconosciuto sin dalle origini. Adamo è figura del Cristo che deve incarnarsi. 

30 Ladaria insiste molto su questo possibile sviluppo contenuto nella nota a piè pagina del testo. Anzi, lo amplifica ricorrendo anche a sant’Ireneo: poiché è preesistente il Salvatore dovevano ve-nire all’esistenza coloro che dovevano essere salvati  qui salvare non significa giustificare il peccato, ma far partecipi della vita divina. Per Ladaria è importante evidenziare che il Concilio va nella direzione di un collegamento protologico tra antropologia e cristologia, anche se, poi, in realtà, non sviluppa questo itinerario. Il rapporto di Cristo con la creazione, infatti, è un punto che rimane aperto.

31 Un ultimo particolare va ancora evidenziato
Un ultimo particolare va ancora evidenziato. Il testo afferma che «proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione». si anticipa qui il contenuto della verità sull’uomo. Infatti, non si fa semplicemente un’affermazione formale, precisando che la rivelazione del Padre è inseparabile da quella sull’uomo se ne può ricavare che Cristo rivelando Dio come Padre (e con esso il Suo Amore) manifesta se stesso come il Figlio di conseguenza rivela il contenuto “dell’altissima vocazione dell’uomo”: la filiazione.

32 Conferma di questa affermazione si ha esplicitamente più avanti:
 «il cristiano è reso conforme all’immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli» «affinché, figli nel Figlio, esclamiamo nello Spirito: Abba, Padre».  Figli nel Figlio = espressione resuscitata da Emile Mersch

33 Chi è l’uomo? Figlio (adottivo) del Padre di Gesù
Piccola verifica sul campo di lavoro = nell’insegnamento scolastico della RC Chi è l’uomo? Creatura di Dio = insufficiente “ fatta a sua immagine? = insufficiente “ figlio di Dio? = impreciso perché indica un rapporto “pre-trinitario” Figlio (adottivo) del Padre di Gesù = corretto

34 L’oggetto primo della rivelazione è Dio, ma nel rivelare Dio come “Padre”, Cristo svela anche l’uomo a sé stesso. In Cristo, Dio è l’uomo sono due grandezze speculari, co-rivelantesi. Il Concilio dirige verso un approfondimento: scaturisce chiaramente dal testo conciliare qual è la realtà più profonda dell’essere umano: la sua ontologia è la filiazione. Cristo rivelandosi il Figlio svela il senso della filiazione e svela all’uomo ciò che anche lui è più profondamente: un figlio.

35 Si supera così il tradizionale dualismo imposto dalla teoria del duplice ordine  l’uomo è una natura che, potenzialmente, può elevarsi fino a Dio: è una creatura e tra le tante possibilità che ha c’è anche quella di essere figlio di Dio. Nessuna meraviglia quindi se tutte le verità suesposte = dignità dell’uomo, libertà dell’uomo, immortalità dell’uomo, l’uomo immagine di Dio. = n. 12 trovano in Cristo la propria sorgente e toccano il proprio vertice = dignità, libertà, immagine di figlio

36 solamente nel Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo
Cristo rivelando la filiazione mostra di essere Colui (IL Figlio) dal quale tutte le verità sull’uomo (un figlio adottivo) traggono origine. solamente nel Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo Certo non possiamo interpretare il Concilio in modo massimalista, affermando cioè che non possiamo sapere niente dell’uomo se non in Cristo (es. anche l’AT è una fonte rivelata), ma qualsiasi conoscenza sull’uomo alla luce di Cristo viene profondamente reinterpretata.

37 Cristo, il Figlio, svela la verità ultima (filiale) dell’uomo.
Conoscenze valide vengono anche dal di fuori, ma in Lui trovano l’ultimo senso ed acquisiscono piena interpretazione. Senza che l’affermazione venga ulteriormente chiarita, si dice che Cristo è il discriminante per sapere cosa siamo noi.

38 § 2 Egli è “l’immagine dell’invisibile Dio” (Col. 1,15)
§ 2 Egli è “l’immagine dell’invisibile Dio” (Col. 1,15). Egli è l’uomo perfetto, che ha restituito ai figli d’Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato.

39 due note delineano la relazione Cristo-uomo:
il tema dell’imago-somiglianza e quello dell’uomo perfetto  il tema dell’IMAGO DEI: Cristo nuovo Adamo, è “l’immagine dell’invisi-bile Dio” (Col 1,15). Il tema dell’immagine c’è già in GS 10, ora viene finalmente letto in chiave cristologica ma l’affermazione cristologica (= Cristo immagine di Dio) non ha ricaduta sul versante antropologico: non si dice ancora che l’uomo è creato non genericamente ad immagine di Dio, bensì del Figlio

40 pur non escludendolo, si deve riconoscere che viene «persa» la possibilità di esplicitare il riferimento cristologico sin dalle origini. ne è prova che parlando dopo della somiglian-za restituita, non viene posta in relazione a Cristo. La somiglianza A CHI, viene restituita? Commenta Ladaria: «non si indica (anche se il primo paragrafo può farlo supporre) se l’originaria immagine e somiglianza che il peccato ha deformato abbia qualche rapporto con Cristo».

41 Uomo chiamato a diventare somigliante a Cristo
Cristo cosa ripara? Uomo creato a immagine di DIO Uomo chiamato a diventare somigliante a Cristo DATO DI PARTENZA………..TENSIONE

42 Affinché diventi somigliante a Cristo
Cristo cosa ripara? Uomo creato a immagine di Cristo Affinché diventi somigliante a Cristo DATO DI PARTENZA………..TENSIONE

43 Perché questa conclusione?
Nel pensiero patristico, l’idea di immagine è tipicamente protologica (S. Ireneo afferma che Cristo ci ha rivelato pienamente che cosa significa che siamo immagine) mentre la nozione di somiglianza ha una valenza più dinamica, progressiva, destinata a trovare compimento solo in una prospettiva escatologica il testo conciliare, invece, affermando che in Cristo ci viene restituita la “somiglianza” si discosta dal pensiero patristico che afferma che ciò che è stato distrutto dal peccato originale è invece l’immagine di Cristo.

44 Sembra qui che il Concilio abbia fatto allusione alla terminologia patristica senza seguirla rigorosa-mente, accogliendo piuttosto la terminologia di età post-agostiniana in cui immagine e somiglianza diventano sinonimi (endiadi). Tutto ciò, a mio giudizio, alimenta ulteriormente la constatazione di una lacuna nel riferimento delle origini a Cristo. In ogni caso, manca ancora con chiarezza l’affermazione esplicita della crea-zione in Cristo, la tesi della predestinazione. Pertanto, pur senza concludere che ci si restringa al modello amartiocentrico, ancora una volta il ruolo di Cristo viene ricondotto prevalentemente alla redenzione, alla restaurazione dal peccato so-praggiunto più che a riparare la sua creazione.

45 L’umanità di Gesù è la visibilità di Dio!
 Il tema di Gesù quale PERFECTUS HOMO Il testo ha subito molte modifiche. In origine recitava: “Lui è come Dio, l’immagine dell’invi-sibile” contro il senso evidente del testo paolino. Questa forma fu giustamente modificata. Cristo non è immagine solo come Dio, ma anche nella sua umanità (solo perché è uomo può essere imago visibile!) L’umanità di Gesù è la visibilità di Dio!

46 Homo perfectus è diverso da perfectus homo.
più ricco è il testo finale che parla di “uomo perfetto”. Qui il latino ha i suoi piccoli segreti. Homo perfectus è diverso da perfectus homo. Perfectus homo (cfr. GS 38 e 45) significa dire che Gesù è perfettamente uomo, come i Concili da Efeso e Calcedonia in poi hanno ribadito: non gli manca niente per essere vero uomo. Dire invece homo perfectus vuol dire che Gesù è l’uomo perfetto (nn°22 e 41).

47 C’è un progresso: non solo perfettamente uomo, ma l’uomo perfetto.
Dobbiamo ridurre la portata di questo testo solo alla sfera morale? Gesù uguale al Padre e privo di peccato è uomo moralmente perfetto. Ma sembra troppo poco fermarsi qui.

48 Cristo rimane l’uomo per eccellenza.
In realtà il testo vuol proporre un’idea più radicale che vede in Cristo l’umanità dell’uo-mo perfettamente compiuta e realizzata. In Lui l’umanità realizza pienamente il proprio essere: è perfetta, cioè esemplare, paradi-gmatica. In Lui tutte le verità sull’uomo toccano il vertice. Se il titolo del n° 22 è stato modificato da Cristo uomo perfetto a Cristo uomo nuovo, l’idea forte di perfezione dell’umanità in Cristo è rimasta nel testo. Cristo rimane l’uomo per eccellenza.

49 Fondamento di tale perfezione risiede nel fatto che
“in Lui la natura umana è stata assunta... senza per questo venire annientata”. L’umanità di Cristo non è oscurata o annichilita dall’ipostasi divina, ma è esaltata, pienamente realizzata. La maggiore prossimità a Dio non significa la distruzione o la diminuzione della creatura. falsa l’alternativa: divinizzazione o umanizzazione

50 Al contrario, ne è l’attuazione piena e defi-nitiva al punto tale che i padri conciliari oseran-no dichiarare con forza che in Gesù l’uomo “si fa più uomo”, si realizza pienamente: “Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo”(GS 41). Questa frase unisce profondamente e inscindibilmente cristologia e antropologia. E così commenta Ladaria: «la crescita in Cristo significa, quindi, crescita in umanità. L’essere cristiani non ci separa dall’essere uomini, ma ci aiuta ad esserlo con maggior pienezza»

51 All’interno di questo nesso Cristo-uomo, viene insinuato un altro particolare:
la solidarietà di Cristo è con l’intera umanità: “con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo”. È necessario evidentemente spiegare il senso di questa unione del Figlio di Dio all’umanità vista in ogni suo componente: “ogni uomo”.

52 Il Concilio appare (volutamente) vago: “in un certo modo”
Il Concilio appare (volutamente) vago: “in un certo modo”. Questa apparente mancanza di precisione non significa che all’argomento sia attribuita scarsa importanza. Piuttosto, manca una formula teologica precisa che descriva con esattezza il rapporto tra Cristo e l’uomo. Il Concilio riprende il linguaggio che della grande Tradizione:

53 Nella riflessione patristica l’idea dell’unione di Gesù con ogni uomo è ricorrente, ma non ha mai avuto una definizione magisteriale esplicita. Il riferimento dei Padri è soprattutto a due testi biblici: Gv 1,14: “...et habitavit in nobis”, dove “in nobis” significa in noi, cioè all’interno di tutta la carne umana, un’unica carne umana, che è la carne di ognuno di noi (interpretazione di diversi Padri)

54 Lc 15, 1-7: la parabola della pecorella smarrita, in cui diversi Padri riconoscono l’umanità smarrita = Gesù riconduce al Padre l’umanità peccatrice assumendola su di sé, portandola (Ireneo) e facendo in modo che l’umanità di ogni uomo venga ad essere sostenuta (sulle spalle) dalla sua divinità (Gregorio di Nissa).

55 Il Concilio recepisce l’insegnamento di Efeso (431) circa l’unione ipostatica (assumere….), linguaggio che dopo il 400 era diventato una formula teologica, ma da sempre era stato articolo di fede. Col Concilio di Efeso prima e di Calcedonia poi diviene linguaggio tradizionale. Si avverte nel testo di GS 22 la coscienza di essere di fronte a una realtà profonda per esprimere la quale manca una formula precisa. La dimensione comunitaria della salvezza offerta all’umanità verrà sviluppata con mag-giore accuratezza al numero 32 di GS.

56 § 3 Agnello innocente, col suo sangue sparso liberamente ci ha meritato la vita, e in lui Dio ci ha riconciliati con se stesso e tra noi e ci ha strappati dalla schiavitù del diavolo e del peccato; così che ognuno di noi può dire con l’apostolo: il Figlio di Dio “ha amato me e ha sacrificato se stesso per me” (Gal 2, 20). Soffrendo per noi non solo ci ha dato l’esempio perché seguiamo le sue orme, ma ci ha anche aperta la strada; mentre noi la percorriamo, la vita e la morte vengono santificate e acquistano nuovo significato.

57 Il terzo paragrafo presenta il mistero della reden-zione operata con la morte in croce di Cristo.
In questa si coglie un altro aspetto dell’unione tra Cristo e l’uomo: l’aspetto mistico: «ha amato me ed ha sacrificato se stesso per me (Gal 2,20)». Non si allude più all’unione ipostatica delle due nature nella persona di Cristo, ma alla solidarietà tra Lui e l’umanità manifestata dalla sua sofferenza vicaria. In questa solidarietà si dischiude un nuovo senso anche all’esperienza umana della morte.

58 Va notato, però, che tra i passi citati dalla nota 25 nel testo (2Cor 5,18-19; Col 1,20-22) per dire la dimensione escatologica manca un testo fondamentale: 1Cor 15,49: “come abbiamo portato l’immagine dell’uomo di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste” in cui Paolo instaura un parallelismo tra gli inizi e la fine. Questo testo non è però ripreso dal Concilio 

59 § 4 Il cristiano, poi, reso conforme all’immagine del Figlio che è il primogenito tra molti fratelli, riceve “le primizie dello Spirito” (Rm 8,23), per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell’amore. In virtù di questo Spirito, che è la “caparra della eredità” (Ef 1,14), tutto l’uomo viene interiormente rifatto, fino al traguardo della “redenzione del corpo” (Rm 8,23): “Se in voi dimora lo Spirito di colui che resuscitò Gesù da morte, egli che ha risuscitato Gesù Cristo da morte darà vita anche ai vostri corpi mortali, a motivo del suo Spirito che abita in voi” (Rm 8,11). Il cristiano certamente è assillato dalla necessità e dal dovere di combattere contro il male attraverso molte tribolazioni, e di subire la morte; ma associato al mistero pasquale e assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza.

60 torna il riferimento all’imago
per la prima volta è riferito esplicitamente secondo la linea del NT a Gesù Cristo: «il cristiano reso conforme all’immagine del Figlio» (e non solo “di Dio”) i testi di riferimento, citati in nota, sono: Rm 8,29: Poiché quelli che egli da sempre ha conosciu-to li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli e Col 3,10-14: Vi siete infatti spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore (= Cristo). Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.

61 Positivo: conformità pasquale a Cristo
“associato al mistero pasquale e assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione” Manca il possibile richiamo di 1Cor 15,45-49 (= conformità non solo nella morte ma anche nel portare l’immagine dell’uomo celeste) che avrebbe potuto aiutare a mettere in relazione la protologia con l’escatologia nonostante alcuni progressi, dunque, rimane una certa fatica ad esplicitare il riferimento a Cristo che copre tutta la traiettoria (creazione-escatologia).

62 rilevante, invece, il richiamo al dono e all’opera dello Spirito Santo.
Si annuncia in nuce l’opera della grazia nell’uomo: la conformazione a Gesù Cristo Lo Spirito è principio di rinnovamento: rifà interiormente tutto l’uomo Lo Spirito è il motore della vita morale: «rende capace» l’uomo di compiere il bene. Lo Spirito è il principio della risurrezione: come caparra (anticipo): la redenzione dei corpi come fatto in fieri e non solo finale.

63 lavora invisibilmente la grazia.
§ 5 E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale.

64 estende il discorso a tutti gli uomini
 Decisiva, in questo senso, l’affermazione che la vocazione dell’uomo è una sola, superando evidentemente ogni dualismo tra natura e soprannatura: non possiamo pensare all’incarnazione come al perfezionamento, più o meno estrinseco, di un ordine naturale o di creazione chiuso in se stesso  l’aggettivo “divina” per definire l’unica vocazione dell’uomo è molto più adeguato dell’aggettivo “soprannaturale”. Un’unica vocazione dunque per l’uomo: Dio stesso.

65 NATURALE = senza Cristo
Due fini? SOPRANATURA: NATURA: VISIO BEATIFICA = con Cristo FELICITA’ NATURALE = senza Cristo

66 tutto l’uomo Esistenziale soprannaturale
l’uomo è creato interlocutore di Dio Esistenziale soprannaturale tutto l’uomo Una sola vocazione! Il compimento di tutto l’uomo in Cristo

67 Positivo è il riferimento al ruolo dello Spirito Santo
 da a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale: MISTERO PASQUALE via ecclesiale via coscienza interiore polo oggettivo polo soggettivo Fede esplicita religioni e sapienze Sacramenti rettitudine morale Vita comunitaria

68 Il limite è che neppure qui ci si apre esplicitamente al riconoscimento del ruolo di Cristo nella creazione, che invece avrebbe fornito il fondamento ultimo del suo legame con tutta l’umanità. Probabilmente è imputabile anche a questo il fatto che l’enunciazione del concilio sia aperta, ma molto prudente o quanto meno generica: “nel modo che Dio conosce”.

69 § 6 Tale e così grande è il mistero dell’uomo, che chiaro si rivela agli occhi dei credenti, attraverso la rivelazione cristiana. Per Cristo e in Cristo riceve luce quell’enigma del dolore e della morte, che al di fuori del suo vangelo ci opprime. Cristo è risorto, distruggendo la morte con la sua morte, e ci ha donato la vita, affinché, figli nel Figlio, esclamiamo nello Spirito: Abba, Padre!» (GS 22)

70 il paragrafo conclusivo riprende la tesi centrale: la grandezza del mistero umano si dischiu-de pienamente e definitivamente solo in Cristo e per Cristo la conclusione, più che un’affermazione di prin-cipio ha un’intenzione pratica, in quanto si apre sul senso nuovo della vita (…l’enigma) dischiuso ed attuato da Gesù Cristo. emerge come dato molto rilevante la dimen-sione trinitaria della salvezza: l’uomo raggiun-ge la sua pienezza quando, in virtù dello Spi-rito Santo, è figlio nel Figlio e partecipa alla relazione unica che Gesù ha con il Padre. Questa salvezza ha un aspetto comunitario (il plurale!).

71 Il capitolo I (specie il n
Il capitolo I (specie il n. 22) è indubbiamente la parte centrale e più consistente del contributo conciliare all’antropologia. Nei capitoli successivi va notato il ripetersi di elementi sin qui emersi. Due su tutti: il ritorno del riferimento cristologico sempre nell’ultimo numero dei capitoli, dunque, alla fine del discorso; la mancata esplicitazione della relazione Cristo-creazione (già tante volte sottolineata).

72 La comunità degli uomini
Capitolo II di GS La comunità degli uomini

73 Si parla più volte dell’uomo immagine di Dio e della sua dignità, ma senza menzionare Cristo: GS 24; 26; 29. ciò affiora nell’ultimo numero, GS 32, dove è applicato alla condizione sociale dell’uomo. L’impressione, però, è che Cristo entri effettivamente a dare compimento ad una solidarietà umana che sta prima di Lui o che comunque vi prescinde: «tale indole comunitaria è perfezionata e compiuta dall’opera di Gesù Cristo» (GS 32,2).

74 la perfeziona e la compie, ma non la fonda…
La “solidarietà tra gli uomini” appare non fondata nella “solidarietà in Cristo”. Manca ancora la relazione Cristo-creazione. Perciò, la solidarietà Cristo-umanità e umanità tutta solidale in Cristo non appare come dimensione originaria dell’esistenza. Ma così è ridotta a una dimensione etica.

75 O. Clément: L’uguaglianza morale del precetto della carità: “ama il prossimo come te stesso”.
La consustanzialità dell’amore: “ama il prossimo perché è te stesso” (Ef 4,25: “siamo membra gli uni degli altri”). È questione molto attuale: la ricerca di un vincolo di fraternità planetaria. Cristo non è assolutezza ir-relata (inclusivismo - esclusivismo) Cristo è assolutezza relazionale: apre spazio di accoglienza ad altre vie religiose.

76 L’attività umana nell’universo
Capitolo III di GS L’attività umana nell’universo

77  Al n. 34 torna il tema dell’immagine, ma senza riferimento a Cristo.
Novità il n. 38 che afferma per la prima (ed unica volta) il ruolo di Cristo nella creazione: Titolo: L'attività umana elevata a perfezione nel mistero pasquale. Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entrò nella storia del mondo come uomo per-fetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé…

78 Timidamente è aperta la via ad una lettura unitaria dell’opera salvifica: l’ordine della creazione e quello della redenzione appaio-no per conseguenza in un’unità che deriva da Cristo. si noti: positivamente = si parla del Verbo di Dio fattosi carne, implicitamente: Gesù Cristo però si dice che l’attività umana è elevata a perfezione nel mistero pasquale (il titolo) = il riferimento perciò è al piano della redenzione e non a quello cristologico della creazione: Cristo muove dall’interno lo sviluppo della crea-zione: i logoi-codici di S. Massimo Confessore.

79 La missione della chiesa nel mondo contemporaneo
Capitolo IV di GS La missione della chiesa nel mondo contemporaneo

80 Si ribadisce nuovamente la tesi di fondo: la Chiesa annuncia che il mistero dell’uomo si dis-vela pienamente nella rivelazione. Ancora, però, si parla della creazione dell’uomo ad immagine di Dio, senza riferimento a Gesù Cristo (GS 41,2). Analogamente va detto dell’ultimo numero di questo capitolo: Cristo è il centro della storia ed il fine, ma non esplicitamente anche il principio (GS 45).

81 Conclusioni su Gaudium et Spes

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