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PubblicatoSebastiana Catalano Modificato 11 anni fa
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Classificazione e gestione della perdita di sostanza ossea nella chirurgia di revisione della protesi di ginocchio G.Monteleone
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Chirurgia protesica di revisione
Massima cura nella rimozione dell’impianto protesico Ripristino del bone-stock Ripristino dell’interlinea articolare e riequilibrio capsulo-legamentoso Stabilita’ primaria dell’impianto di revisione con possibilita’ di carico precoce
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Classificazione Difetti Ossei
1989 1992 1994 1997 Door’s Bargar e Gross Rand Engh G.I.R.-A.I.R.
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CLASSIFICAZIONE G.I.R.-A.I.R
F2A F3 F2B F1 T2B T2A T1 T3 Engh GA, AAOS, 1997,Vol.46:
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Tipologia dei difetti ossei
Difetti ossei semplici La mancanza di tessuto osseo è presente solo in un capo articolare Difetti ossei combinati La mancanza di tessuto osseo è presente sia sul versante femorale che su quello tibiale SPECULARI NON SPECULARI
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Difetti ossei combinati
Speculari: quando le perdite di sostanza ossea tibiale e femorale sono simili ed interessano lo stesso compartimento F2A-T2A
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Difetti ossei combinati
Non speculari: quando la perdita di sostanza ossea è maggiore in un capo osseo ed i compartimenti interessati sono diversi F1-T2A
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Tipi di deficit osseo Difetto contenuto Difetto non contenuto
Perdita di sostanza spongiosa con corticali ossee presenti ed in grado di sopportare carichi Difetto non contenuto Mancano le zone corticali per cui il carico deve essere bypassato
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Tipi di deficit osseo Difetto “contenuto” Difetto non “contenuto”
Innesti ossei non strutturali Innesti capaci di sopportare solo parzialmente il carico Difetto non “contenuto” Innesti ossei strutturali Innesti in grado di sopportare il carico
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Neoformazione di tessuto osseo
Osteogenesi: produzione ossea diretta Presenza di osteoblasti viventi (osso autologo fresco) Osteinduzione: stimolo alla differenziazione ossea della matrice amorfa legato alla presenza di fattori e proteine osteoinduttive Osteoconduzione: impalcatura tridimensionale favorisce l’adesione cellulare e l’apposizione di nuovo osseo
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Innesti ossei non strutturati
Osso proveniente da cadavere Osso proveniente da donatore vivente Prelievo autologo Prelievo eterologo Osso liofilizzato Osso umano variamente processato Osso bovino processato Granuli e biglie sintetiche Polveri e paste demineralizzate
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Principali sostituti ossei non strutturati biologici
Osso omologo o eterologo trattato Tagliato: morcellizzato o a cubetti Lavato ad alta pressione Liofilizzato:disidratato chimicamente Sterilizzato:raggi gamma o ossido di etilene
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Principali sostituti ossei non strutturati non biologici
Ceramiche Biovetri Coralli Idrossiapatite Fosfato tricalcico Cemento riassorbibile
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Resistenza meccanica Dipende: Forma dell’innesto
Dall’integrità della struttura collagenica e dalla disposizione dei cristalli di idrossiapatite Nel tempo dipende dalle capacità biologiche e quindi dal modo di “incorporazione” nell’osso circostante
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Nostra preferenza La spongiosa autologa fresca morcellizata a nostro parere sarebbe l’ideale ma l’alta incidenza del “morbity donor site” la rende poco utilizzabile, soprattutto in pazienti da riprotesizzare, di solito anziani, provati e spesso defedati ed in cui già il trauma chirurgico a livello dell’articolazione è elevato
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Nostra preferenza Fino a 10 anni or sono abbiamo utilizzato osso omologo morcellizzato, lavato ad alta pressione e sterilizzato a 128° Oggi utilizziamo matrice ossea demineralizzata più spongiosa omologa liofilizzata morcellizzata più PGF autologo più trombina autologa
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Nostra preferenza Dal punto di vista biologico associamo l’osteoinduzione della matrice ossea demineralizzata alla buona osteoconduttività della spongiosa morcellizzata con lo stimolo biologico dei fattori di crescita piastrinici L’impasto delle tre componenti consente di ottenere un innesto pastoso che riempe completamente il deficit osseo con discrete doti meccaniche alla compressione
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Nostra preferenza L’impasto che si ottiene è facilmente malleabile ma di una certa consistenza, il che consente di riempire i difetti ossei ed avere la certezza che gli innesti rimangano in loco fino alla loro integrazione anche con una precoce riabilitazione L’impasto inizia a solidificare dopo circa 30 minuti, questo consente di utilizzarlo anche per difetti ossei non perfettamente contenuti, la solidificazione completa avviene in un tempo variabile tra le 4 e le 16 settimane
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Nostra preferenza L’impasto non ha la capacità meccanica di sostenere l’impianto protesico per cui, molto importante nei casi con difetti ampi e non contenuti, è l’uso di protesi con stelo lungo e cementato che supporti il carico È possibile riempire i difetti e cementare Il by-pass del carico nelle prime fasi favorisce l’integrazione e la formazione ossea
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Difetti ossei non contenuti
Innesti strutturali Osso di banca opportunamente preparato Rete metallica tridimensionale Cemento “armato” Wedge e spessori di varie dimensioni e caratteristiche Protesi massive di tipo oncologico
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PROTOCOLLO CHIRURGICO Difetti speculari
F1 - T1 F2 - T2 F3 - T3 Protesi Di Rivestimento Come Da Primo Impianto Cemento E/o Innesti Ossei Non strutturali Protesi Di Superficie Con Stelo Corto E/o Medio O Protesi Semivincolate, Uso Di Innesti Ossei Non strutturati E/o Cemento Protesi Da Revisione Semivincolate E/o Modulari Uso Di Innesti Ossei Non Strutturali o strutturali o Entrambi
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PROTOCOLLO CHIRURGICO
in questi casi è fortemente influenzato anche: dalla qualità dell’osso epifisario Trofismo Presenza di osso spongioso Spessore delle corticali Ecc. Dalla qualità delle strutture capsulo-legamentose
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Protocollo chirurgico difetto osseo non speculare
F1-T2A/F1-T2B In questi casi nonostante la lieve perdita di sostanza ossea femorale è necessario usare protesi di rivestimento a fittone medio o addirittura protesi da revisione nei casi in cui la perdita di sostanza ossea tibiale coinvolga le inserzioni legamentose con conseguente grave instabilità articolare più innesti ossei non strutturali
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Protocollo chirurgico difetto osseo non speculare
F2A/F2B-T1 Il bone loss è prevalentemente femorale, anche in questi casi l’indicazione è di utilizzare protesi con fittone medio per la componente femorale o protesi da revisione quando è presente grave lassità capsulo-legamentosa più innesti ossei non strutturali
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Protocollo chirurgico difetto osseo non speculare
F1-T3/F3-T1 Il bone loss è prevalente a carico di uno dei capi articolari per mobilizzazione o affondamento di una sola delle componenti protesiche; in questi casi l’indicazione è di usare protesi a fittone lungo per il compartimento più danneggiato o protesi da revisione quando è presente grave instabilità capsulo-legamentosa più innesti ossei strutturali e/o non strutturali o spaziatori
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Protocollo chirurgico difetto osseo non speculare
F3-T2A/F3-T2B/F2A-T3/F2B-T3 In questi casi il bone loss è cospicuo in entrambi i capi articolari; in questi casi l’indicazione è di usare protesi a steli lunghi o protesi da revisione più innesti ossei strutturali e/o non strutturali o spaziatori
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NOSTRA CASISTICA Dal 1980 al 2005 216 revisioni protesiche
Analisi su 76 pazienti ricontrollati Mobilizzazione componente tibiale non cementata 30 Mobilizzazione componente tibiale cementata 16 Mobilizzazione componente femorale non cementata 9 Mobilizzazione componente femorale cementata 6 Mobilizzazione componente rotulea 9 Osteolisi periprotesica da usura polietilenica 30 Rottura componenti protesiche 3 Dolore aspecifico 8 Instabilita’ articolare residua 7
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Distribuzione di 56 casi revisionati sec. Class. G.I.R.
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Difetti ossei combinati più frequenti (C.C. + RX)
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Distribuzione “tipo di difetto”
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CONCLUSIONI Lo stadio del difetto osseo molto spesso e’ identificabile con certezza solo dopo la rimozione dell’impianto protesico Il difetto osseo spesso non interessa specularmente le due componenti Nei casi di difetto osseo combinato la scelta chirurgica e’ condizionata dal sito di maggior bone loss L’utilizzo di protesi semi-vincolate consente di risolvere casi di notevole difficolta’ nelle riprotesizzazioni di ginocchio La gestione della perdita di sostanza ossea è molto complessa
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