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Paola Giunchi Sapienza, Universita’ di Roma

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Presentazione sul tema: "Paola Giunchi Sapienza, Universita’ di Roma"— Transcript della presentazione:

1 Paola Giunchi Sapienza, Universita’ di Roma
Glottodidattica mediante Azioni Paola Giunchi Sapienza, Universita’ di Roma

2 Introduzione I La glottodidattica studia il modo in cui si insegnano le lingue “altre”, ma non solo le procedure pratiche messe in atto, ma anche le ragioni per cui queste funzionano, diverse scienze contribuiscono alla glotto- didatica come la psicolinguistica che indaga sui meccanismi che regolano l’acquisizione delle lingue.

3 glottodidattica in dialogo costante
Introduzione II Neuroscienze glottodidattica in dialogo costante con le neuroscienze Glottodidattica

4 Apprendimento via azioni
Ruolo dell’azione nell’apprendimento. Apprendimento Azione

5 Neurologia et al. Meccanismi neurologici nel linguaggio e nell’apprendimento, regole astratte dei grandi della psicologia del linguaggio, analisi del coinvolgimento degli emisferi, soprattutto di quello destro, nell’acquisizione della lingua altra ruolo dell’emisfero destro nella acquisizione della lingua altra

6 Le teorie relazioni fra i meccanismi neurologici e
l’apprendimento del linguaggio i neuroni specchio: cellule cerebrali del cervello collocate nell’area F5, a livello delle zone frontali

7 Neuroni specchio La Habana

8 Neuroni specchio I Si attivano quando compiamo un movimento finalizzato (es. mostriamo la lingua) e anche quando osserviamo qualcun altro compiere quel dato movimento. Nel cervello dell’uomo possono osservarsi mediante tecniche di brain imaging. La Habana

9 Neuroni specchio II Se ho sete e decido di bere, nel momento in cui prendo la bottiglia i miei neuroni specchio si attivano. I neuroni specchio intervengono anche quando vedo qualcun altro che muove la mano per afferrare la bottiglia. La scoperta, (rivoluzionaria nel campo delle neuroscienze che alcuni l’hanno paragonata alla scoperta del DNA in biologia), è di un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, (cfr. Rizzolatti - Sinigaglia, 2006; Iacoboni, 2008).

10 Neuroni specchio III Lo studio sugli animali sfrutta l’inserimento di elettrodi che consentono di “sentire” il neurone mirror che si attiva, si può udire proprio il rumore che fa quando entra in stato di eccitazione Mentre sugli umani gli studi sono più complessi e richiedono, spesso, una batteria di ricerche volte a confutare ogni possibile dubbio circa il coinvolgimento di una classe specifica di cellule.

11 Specchi nel cervello questi neuroni si attivano…
quando entriamo in relazione con gli altri, quanto essi incidono su apprendimento, acquisizione del linguaggio, emozioni, empatia fino ad arrivare all’ipotesi che li lega al disturbo autistico.

12 Neroni specchio al lavoro
I neuroni specchio si attivano anche quando la modalità di fruizione è uditiva. A differenza delle scimmie, questi neuroni umani, si attivano anche quando vedono un’azione solo mimata. In generale l’uomo utilizza le aree dei neuroni specchio per azioni molto più astratte rispetto ai macachi.

13 Neuroni specchio e apprendimento
Iacoboni (2008, 43) : «I neuroni specchio che rispondono all’uso di utensili costituiscono un’allettante evidenza empirica che collega i neuroni specchio al comportamento imitativo, un potente meccanismo per l’apprendimento». Le scimmie, imitando gli umani che mangiano, avrebbero appreso un altro modo utile per raggiungere l’obiettivo cibo!

14 L’imitazione nell’apprendimento
Capiamo le implicazioni per l’apprendimento. Se dei macachi hanno introdotto nel proprio repertorio motorio anche l’uso di utensili solo attraverso l’osservazione, quali le grandi potenzialità dei mirror negli umani. Si tratta di sfruttare queste potenzialita’ nell’apprendimento. La Habana

15 I neuroni specchio: un vocabolario di atti in comune I
I neuroni specchio sono un substrato che abbiamo in comune con gli altri. Riconosciamo e apprendiamo dai gesti dell’altro perché sono i nostri. (Riconosco nel tuo movimento quello che solitamente compio io). È come se, a livello cerebrale, io avessi dentro di me la rappresentazione di un’azione che solitamente compio, ma che in questo caso è inibita. La Habana

16 I neuroni specchio: un vocabolario di atti in comune II
Alcuni esperimenti dimostrano che i neuroni specchio ci permettono anche di capire l’intenzione dell’altro, tanto che i mirror sono stati collegati al senso di empatia. Cosa vuol dire che captiamo l’intenzione dell’altro? Che dai suoi gesti siamo in grado di decifrare qual è lo scopo sottostante. In un esperimento condotto sul modo di afferrare una tazza è stato messo in evidenza come, sia i movimenti di precisione che facciamo, sia il contesto, ci permettono di comprendere lo scopo che guida l’azione dell’altro.

17 Basi fisiologiche delle azioni comunicative
Noi condividiamo un vocabolario d’atti con l’altro, quello dell’osservatore è un atto potenziale, egli può contare su una selezione automatica delle strategie più efficaci in quel determinato contesto non si basa, quindi, su teorie, ma su basi fisiologiche concrete (Rizzolatti - Sinigaglia, 2006) Iacoboni (2008) ha dimostrato che esistono connessioni anatomiche e scambi di informazioni tra neuroni specchio, insula e sistema limbico, ovvero tra aree motorie e aree legate alle emozioni.

18 I neuroni specchio: atti in comune
aree motorie aree legate alle emozioni

19 I neuroni specchio: esperimento I
E’ stato chiesto ai soggetti di osservare e poi di imitare l’espressione di immagini di volti. Le tre aree si attivavano quando le immagini venivano solo guardate e tale eccitazione aumentava durante il momento imitativo. Questo accade perché l’empatia ha a che fare sia con l’azione (il gesto che vedo compiere all’altro) sia con l’emozione che essa suscita in me. Siamo empatici, quindi, grazie al sistema di specchi che esiste nel nostro cervello. l’ipotesi che una lesione ai mirror potrebbe essere la causa dell’autismo.

20 Neuroni specchio e linguaggio
Il sistema dei mirror ha spinto gli studiosi ad interrogarsi sulla sua implicazione nell’apprendimento del linguaggio. Il linguaggio viene considerato un insieme di “gesti fonetici” (Gallese et al., 1996; cit. in Brandi - Bigagli, 2004) che abbiamo in comune con gli altri ciò che produciamo quando parliamo e ciò che decifriamo quando qualcun altro parla, sono la stessa cosa Il linguaggio nascerebbe dalla condivisione di questo substrato comune a cui fare riferimento e sarebbe di natura motoria.

21 Neuroni specchio e linguaggio
Linguaggio: è caratterizzato da movimenti che riconosciamo nell’altro ovvero, quando osserviamo un altro che parla, dentro di noi i nostri neuroni specchio ci fanno riprodurre mentalmente il movimento che l’altro produce davvero. Riconosciamo ciò che dice perché anche noi possediamo quel movimento dentro di noi.

22 Neuroni specchio e linguaggio
Rizzolatti e Sinigaglia (2006) insistono sul ruolo svolto dai mirror nel processo di evoluzione del linguaggio. Cosa ha permesso il passaggio dalle vocalizzazioni delle scimmie alla produzione della parola come la conosciamo oggi? le radici affondano sempre nel terreno della gestualità: «le origini del linguaggio non riguarderebbero solo la bocca, bensì anche la mano, ed è dalla loro mutua interazione che prenderebbe corpo la voce» (Corballis; cit. in Rizzolatti e Sinigaglia, 2006).

23 La psicologia del linguaggio
breve excursus sulle principali teorie proposte da chi si è interrogato sulle regole astratte che governano l’uso del linguaggio e su quale sia la sua natura un posto di rilievo occupano le figure di Lev Vygotskij e Jerome Bruner gli studi sulle teorie della mente ci traghettano verso la concezione di un bambino che fa inferenze sul possibile comportamento dell’altro. La Habana

24 Lev Vygotskij Il pensiero dell’Autore russo è incentrato sull’influenza che la società ha sulla formazione del pensiero e, quindi, sull’acquisizione del linguaggio. A differenza di Piaget che ha sottolineato piuttosto l’influenza della dotazione biologica di partenza e che si è soffermato soprattutto sullo sviluppo del pensiero logico-formale, Vygotskij sostiene che il contesto sociale in cui il bambino cresce determina una specifica rappresentazione del mondo. Gli altri, quindi, contribuiscono a costruire la nostra architettura psichica. La Habana

25 Lev Vygotskij Un esempio molto semplice di quanto sostenuto da Vygotskij è dato dall’uso dell’italiano e dei dialetti. Bambini che crescono in famiglie che parlano italiano e dialetto sono in possesso di entrambe le modalità espressive. In famiglie in cui l’unico linguaggio è quello dialettale, il bambino dovrà imparare la lingua italiana tra i banchi di scuola.

26 Lev Vygotskij Vygotskij non nega l’esistenza di un bagaglio biologico personale, ma sottolinea il costante richiamo a strumenti esterni che fungono da pungolo, da lui chiamati stimoli-mezzo. attingiamo da tali risorse esterne che agiscono a loro volta sulla nostra forma mentis. Il pensiero dello studioso russo sembra confermato dalle più recenti analisi sulle società multiculturali la comunicazione e il linguaggio ci dicono molto dell’appartenenza culturale di chi abbiamo di fronte.

27 Lev Vygotskij Il modo che abbiamo di interpretare il messaggio di chi parla dipende in gran parte dal tipo di comunità a cui apparteniamo. Nelle culture collettiviste il messaggio dipende molto dal contesto che già fa parte della forma mentis degli individui di quella società. Nelle culture individualiste, invece, il messaggio è spesso slegato da logiche preesistenti e viene considerato per se stesso (Rosengren, 2001).

28 Lev Vygotskij L’Autore arriva ad enfatizzare tanto l’idea di influenza sociale sulla psiche che sottolinea come la società, e in particolar modo la figura materna, svolgano un ruolo cruciale nel determinare uno sviluppo mentale sano (Attili et al., 2001). In tal senso Vygotskij anticipa anche la geniale intuizione bowlbiana di attaccamento sicuro.

29 Lev Vygotskij Inoltre a Vygotskij spetta il merito i aver introdotto il concetto di zona di sviluppo prossimale, relativo al fatto che nel momento in cui venendo a contatto con figure che sono a uno sviluppo cognitivo superiore, si attivano quelle funzioni cognitive che ancora non operano in maniera autonoma (Bonino 2001, 69).

30 Jerome Bruner Bruner propone un tentativo di sintesi tra il pensiero Vygotskijano e quello Piagetiano, ritiene che entrambi abbiano colto aspetti fondamentali del pensiero umano. A Ginevra, 1996, egli propone la metafora della mano destra e della mano sinistra.

31 Jerome Bruner La mano sinistra fa riferimento all’opera di Piaget: essa rappresenta il pensiero logico, lineare, che è tutto interno alla mente. La mano destra, invece, si riferisce a un pensiero diverso, che egli definisce circolare e la cui formazione è determinata dal contesto culturale in cui l’individuo vive. Per far sì che l’organismo funzioni al meglio è necessaria una collaborazione tra le due mani.

32 Jerome Bruner Le ricerche, gli studi e gli scambi intellettuali di Bruner sono, però, in continua evoluzione, tanto che egli contribuisce, insieme a studiosi come Goodman e Postman a dare un abito nuovo al concetto di percezione che era stata considerata a partire da uno stimolo esterno, che viene recepito dai recettori visivi e che determina una certa rappresentazione retinica.

33 Jerome Bruner Bruner sostiene, invece, che il modo di pensare influenza la percezione di ciò che vedo Il processo non parte dall’esterno, ma è interno all’individuo, che fa ipotesi continue sul mondo. Il mondo esterno ha il compito di confutare o avvalorare tali ipotesi La mente anticipa, fa inferenze su quello che arriverà a conoscere. Da dove derivano quegli attributi che, di volta in volta, mi sono necessari per creare le categorie e organizzare la conoscenza? E soprattutto, cosa ha a che fare tutto questo con il linguaggio?

34 Jerome Bruner Eccoci alla ennesima innovazione introdotta dallo studioso statunitense: «la svolta in senso narrativo e culturale della psicologia cognitiva» (Attili et al., 2001, 39). Il linguaggio è per Bruner uno degli strumenti di cui più si avvale il pensiero, che noi utilizziamo per comunicare esperienze e per organizzare gli eventi. Questi ultimi assumono, quindi, una forma narrativa, in cui c’è un prima, un durante e un dopo.

35 Jerome Bruner È in questa sequenza narrativa, in queste storie che attingiamo dalla cultura di appartenenza che cogliamo le categorie a cui poi ci rifacciamo per fare inferenze sulla realtà che conosciamo In sintesi ci rapportiamo con il mondo a partire da un patrimonio linguistico e culturale la conoscenza che abbiamo del mondo è influenzata da questo background, perché esso ci spinge a ritenere alcune informazioni più significative di altre.

36 Le teorie della mente Definizione: la capacità di attribuire stati mentali alle altre persone. secondo questa teoria, per i bambini piccoli sarebbe difficile progredire nel processo di comprensione di ciò che accade nel quotidiano e che ha a che fare con delle persone, senza avere una comprensione minima della mente (Flavell - Miller - Miller, 1996).

37 Le teorie della mente Churchland (1984, 58) definisce folk psychology: «noi possiamo anche spiegare e predire gli stati psicologici degli altri esseri umani, spieghiamo il loro comportamento in termini di loro credenze e desideri, e le loro credenze in termini di percezioni e inferenze». Il bambino sembra imparare sulla mente, si possono affermare cinque postulati (Bombi - Pinto, 2001):

38 I cinque postulati: 1 - 3 La mente esiste: già intorno al primo anno di vita il bambino ha la tendenza a orientarsi verso gli altri in modo specifico; La mente è collegata al mondo fisico: verso i tre anni il bambino già comprende il collegamento esistente tra stimoli fisici e stati mentali; La mente è separata dal mondo fisico: già intorno ai tre anni il bambino comprende se un dolce è reale o solo immaginato

39 I cinque postulati: 4 - 5 Le rappresentazioni mentali possono anche essere false: verso i quattro anni il bambino inizia a comprendere le differenze tra realtà e apparenza; La mente lavora in modo attivo: la comprensione del fatto che la mente percepisce il mondo esterno in base alle conoscenze e alle esperienze già acquisite, è un’abilità complessa che sembra comparire intorno ai sei anni.

40 Le teorie della mente A differenza di ciò che sosteneva Piaget, quindi, i bambini sarebbero in grado di avere una conoscenza sulla mente molto prima dell’età adolescenziale delle operazioni formali e di avere, quindi anche delle competenze metacognitive. Si utilizzano vocaboli differenti per ogni campo della metacognizione. Per le conoscenze sulla memoria parliamo di metamemoria. Per ciò che riguarda la lingua parliamo di metalinguaggio. Come arriviamo dall’uso del linguaggio a sapere cosa è il linguaggio?

41 Le teorie della mente Il processo è caratterizzato da un continuum che va da intuizioni isolate, che nascono dalla situazione pratica i bambini correggono d’istinto una frase mal formulata fino alla capacità di determinare quali e quanti fonemi ci sono in una frase, oppure quale deve essere la corrispondenza tra soggetto e predicato per quanto riguarda il genere (Bombi - Pinto, 2001).

42 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Metafora della mano proposta da Bruner la mano destra portatrice della logica e la mano sinistra detentrice del pensiero circolare. Sappiamo che la parte sinistra del cervello controlla la destra del corpo e viceversa la parte sinistra è legata al ragionamento logico, alla progettazione, attende nella maggioranza degli individui alla comprensione e alla produzione linguistica 22 x 33 = 726

43 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
l’emisfero destro attende ai compiti visivo-spaziali e aiuta, quindi nella comprensione delle immagini e nella loro manipolazione mentale, dato che esse non hanno natura verbale, controlla il canto (Springer e Deutsch 1993) ed è implicato sia nell’elaborazione che nella produzione di espressioni emotive.

44 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
L’emisfero destro permette di unire globalmente le unità discrete di linguaggio, colte dall’emisfero sinistro, e di capire i messaggi in arrivo nella loro totalità espressiva e connotativa. L’emisfero destro presiede le attività intuitive globali, controlla la memoria spaziale (Danesi 1988). organizziamo il discorso nell’emisfero sinistro, ma gli conferiamo senso in base al contesto grazie al destro. integra i linguaggi non verbali con quello verbale

45 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Esperimenti recenti hanno mostrato come una lesione all’emisfero destro nel primo anno di vita disturbi l’evoluzione del linguaggio che avviene successivamente: soprattutto si registrano problemi nella comprensione e nella produzione del lessico (Aglioti - Fabbro, 2006). La partecipazione cruciale dell’emisfero destro al linguaggio, specialmente durante le prime fasi dell’apprendimento, si spiega, secondo Goldberg e Costa (1981), perché esso ha una struttura superiore di connessione interregionale che lo specializza nel decifrare stimoli nuovi in modo più efficiente.

46 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
È come una rete che cattura lingua, immagini e suoni. La struttura dei neuroni dell’emisfero sinistro è invece sequenziale - niente rete - e questo gli rende più difficile decifrare l’informazione per la quale non ci sono codici o programmi collaudati.

47 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
In un primo tempo, è l’emisfero destro, curioso e intuitivo, ad afferrare le “novità” e solo in un secondo tempo, appena viene scoperto il sistema appropriato di decodifica, entra in scena l’emisfero sinistro che domina e tratta il materiale linguistico gli emisferi hanno una specializzazione che li rende complementari, non si avrebbero comprensione e produzione linguistica senza il lavoro di entrambi. Tale cooperazione viene anche chiamata bimodale (Danesi 1988).

48 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Il lavoro complementare dei due emisferi ci consente, quindi di acquisire il linguaggio e di utilizzarlo a nostro piacimento, ma cosa avviene per la lingua altra? essa determina rappresentazioni cerebrali diverse rispetto a quella madre. si è riscontrata una rappresentazione diversa per differenti categorie lessicali. Il lessico è l’insieme di parole che formano una lingua (Ježek, 2005), formato da parole di classe aperta e parole di classe chiusa.

49 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Alla classe aperta appartengono i nomi, i verbi, gli aggettivi e gli avverbi; alla classe chiusa sono riconducibili gli articoli, i pronomi, le preposizioni, le congiunzioni (Ježek, 2005). queste ultime sono tipologie di parole che rimangono sostanzialmente invariate, mentre le prime appartengono ad una classe che muta. la parola bello può assumere anche aspetti diversi: bella, belle; con un cambiamento sia a livello morfologico che semantico. la congiunzione e invece, rimane invariata sempre.

50 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Questa premessa di sapore tutto linguistico è necessaria per le implicazioni che ci sono nell’acquisizione della lingua altra Fabbro (2004) illustra come le parole di classe chiusa siano soggette a dei periodi critici di apprendimento, cosa che non avviene per quelle di classe aperta. Nell’acquisizione della lingua madre le parole di classe chiusa sono rappresentate nel lobo frontale sinistro e quelle di classe aperta nelle regioni posteriori di entrambi gli emisferi cerebrali.

51 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Quando si apprende una lingua altra la rappresentazione nel cervello è determinata dall’età in cui il bambino viene esposto alla lingua. Prima dei tre anni la rappresentazione di L1 e L2 è la medesima. Dopo gli otto anni le parole di classe chiusa della seconda lingua vengono rappresentate nel cervello come le parole di classe aperta.

52 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Tra i 3 e gli 8 anni si verifica un apprendimento della L2 nella produzione e nella comprensione che è assimilabile a quello che avviene prima dei 3 anni, ma che a livello cerebrale ha una rappresentazione più estesa È come se la seconda lingua occupasse uno spazio più grande e richiedesse più energia durante l’uso della lingua. È essenziale, quindi, che i bambini acquisiscano la lingua altra già da piccolissimi.

53 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
Inoltre una lingua appresa dopo gli otto anni tende ad essere rappresentata meno a livello dei sistemi della memoria procedurale. Questo tipo di memoria è quello che ci permette di saper andare sempre in bicicletta dopo averlo imparato: allo stesso modo, essa ci permette di utilizzare una lingua dopo averla appresa senza dover stare a meditare troppo sulle parole o sulla costruzione della frase.

54 Acquisizione della lingua altra: il ruolo dei due emisferi
le ricadute e mezzi per mettere in pratica ciò che insegnano le altre discipline vengono usate al servizio della glottodidattica dell’azione. Subentrano, allora, manualità, teatro e multimedialità Il sistema dei neuroni specchio ci permette di ricondurre sia il linguaggio chel’apprendimento al gesto. ne deduciamo che l’azione è il cuore, la chiave che apre le porte di una didattica efficace delle lingue.

55 Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
Azione che si esplica in una ottima pronuncia che l’insegnante deve avere per far sì che gli apprendenti imparino a parlare al meglio la lingua altra. Non si apprende il suono, ma come esso deve essere articolato per essere prodotto. Se l’insegnante non ha una pronuncia eccellente l’apprendente acquisirà degli errati gesti fonetici per la lingua altra.

56 Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
Il compito di chi insegna, invece, è quello di essere un ottimo modello di come deve essere il movimento perfetto per produrre quella vocale o quella consonante. Lo facciamo in continuazione in lingua altra. Una volta appreso, il movimento non necessiterà di una macchinosa applicazione, ma verrà spontaneo, fluido. Fino a quel momento dobbiamo insistere sul gesto fonetico, affinché l’acquisizione della lingua sia perfetta.

57 Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
l’azione è protagonista anche nell’apprendimento in senso generale, di nuovi vocaboli, ad esempio anche qui sfruttiamo i gesti e i movimenti per far sì che l’apprendente fissi dentro la mente ciò che le parole potrebbero non cogliere fino in fondo (Bandura - Walters, 1965) hanno notato per primi che il comportamento viene messo in atto da un bambino anche attraverso l’imitazione dell’adulto generalmente i bambini non agiscono secondo ciò che viene loro suggerito dal genitore, ma in seguito a ciò che vedono fare dall’adulto.

58 Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
L’imitazione è un comportamento che sembra avere sia una base innata, come emerge dallo studio di neonati di soli due giorni che mettono in atto con frequenza maggiore espressioni mimiche mostrate dall’adulto, ma anche uno sviluppo progressivo, dato che alcune abilità imitative compaiono solo in età più tarda (Bombi - Pinto 2001).

59 Neuroni specchio e glottodidattica dell’azione
gli studi sulle scimmie e gli utensili ci hanno mostrato come l’imitazione sia funzionale. Ecco perché i mirror sono fondamentali per la glottodidattica dell’azione: essi hanno prodotto l’evidenza scientifica che molti didatti hanno toccato con mano quali sono i contributi della psicolinguistica quando insegniamo una lingua? Vygotskij e Bruner hanno sottolineato il ruolo della società e della cultura di appartenenza nell’apprendimento.

60 Psicologia del linguaggio e glottodidattica dell’azione
Quindi, non insegnamo solo lessico, sintassi, grammatica. Trasmettiamo soprattutto un modo di pensare, delle tradizioni, delle abitudini. Prendere il tè alle cinque ci dice mondo anglosassone, non solo lingua inglese E quale momento migliore del teatro per far assaporare una cultura che in altro modo non sarebbe assaporabile? Abbiamo visto con i neuroni specchio come noi siamo azione. Azione più cultura dicono teatro e multimedialità.

61 Psicologia del linguaggio e glottodidattica dell’azione
Oggi gli insegnanti si trovano di fronte a una sfida del tutto nuova. L’italiano è per un certo numero di apprendenti la lingua altra. Si insegna a persone di nazioni diverse e, come hanno sottolineato i due autori di psicologia evolutiva con una struttura cognitiva spesso diversa dalla nostra. Questo va tenuto presente nel momento in cui si lavora con classi multiculturali.

62 Psicologia del linguaggio e glottodidattica dell’azione
Infine le teorie della mente spalancano la porta verso il modo in cui l’individuo pensa. Non si impara solo cosa fare, ma anche come farlo. C si aspetta un certo tipo di comportamento e quando questo non si verifica rimodella il proprio ragionamento in base alla nuova informazione Abbiamo ribadito più volte che l’azione è il cuore dell’insegnamento di una lingua altra. Ma come si insegna la lingua altra attraverso l’azione? La Habana

63 Glottodidattica dell’azione: le strategie dell’emisfero destro
Le strategie dell’emisfero destro rendono familiare e gradevole ciò che altrimenti risulterebbe lontano e ostico l’azione è nel canto, ripetiamo una canzone che gli apprendenti trovano attraente, la melodia li coinvolge e permette loro di acquisire nuove parole senza neanche accorgersene azione dice anche drammatizzazione, rappresentazione, simulazione scenette che facciamo interpretare, fiabe che rendiamo reali, giochi di ruolo. l’insegnante diventa maestro di bottega che trasmette le proprie competenze linguistiche alla classe tramite lezioni agite. La Habana

64 Glottodidattica dell’azione: le strategie dell’emisfero destro
Questi tre aspetti dell’azione, musica, manualità e drammatizzazione insieme eccellono nel teatro, o ancora più precisamente, nel musical. ma il teatro non è l’unica fonte di ispirazione per un insegnante di lingue: un’altra grande occasione di apprendimento è offerta dalla multimedialità. la multimedialità interattiva, attraente e immersiva ci catapulta in scenari e mondi del tutto nuovi.

65 Glottodidattica dell’azione: le strategie dell’emisfero destro
Sfruttiamo le potenzialità di attrazione dei videogiochi e di Internet, chiamiamo in causa di nuovo l’emisfero destro! L’azione e il movimento sono centrali nell’acquisizione del linguaggio, tanto che lo sviluppo del lessico e in generale delle strutture linguistiche è facilitato dall’uso di immagini animate al computer rispetto alle icone fisse (Sangin et al., 2008).

66 Conclusioni Le neuroscienze e la psicolinguistica ci offrono l’evidenza scientifica dell’importanza dell’azione nell’acquisizione della lingua altra. chi insegna una lingua non può ignorare il ruolo svolto dai neuroni specchio nell’apprendimento il peso che ha l’esempio che diamo Il gioco e il movimento rendono la parola viva e tangibile per l’apprendente

67 Grazie!

68 Bibliografia Apa, «metacognizione», in G. R. VandenBos (Ed.), APA dictionary of psychology, , Washington DC, APA, 2007, 572. Attili et al., La storia, in A. Fonzi (Ed.), Manuale di psicologia dello sviluppo, Firenze, Giunti, 2001, Balboni P. E., Tecniche didattiche e processi d’apprendimento linguistico, Padova, Liviana, Bandura A. - R. H. Walters, Social learning and personality development, New York - Chicago - San Francisco - Toronto - Londra, Holt Rinehart and Wiston, Bombi A. S. - G. Pinto, Lo sviluppo cognitivo, in A. Fonzi (Ed.), Manuale di psicologia dello sviluppo, Firenze, Giunti, 2001, La Habana

69 Bibliografia Bonino S., I nodi teorici attuali , in A. Fonzi (Ed.), Manuale di psicologia dello sviluppo, Firenze, Giunti, 2001, Brandi L. - A. Bigagli, Neuroni specchio, linguaggio e autismo, in «Quaderni del Dipartimento di Linguistica - Università di Firenze» 14 (2004), , Bruner J., Il linguaggio del bambino, Roma, Armando, Cornoldi C., Metacognizione e apprendimento, Bologna, Il Mulino, Danesi M., Cervello, linguaggio ed educazione, Roma, Bulzoni, D’Odorico L., Lo sviluppo linguistico, Bari, Editori Laterza, 2005.

70 Bibliografia Flavell J. H. - P. H. Miller - S. A. Miller, Psicologia dello sviluppo cognitivo, Hemel Hempstead (England) - Bologna (Italia), Prentice Hall International - Il Mulino, Fonzi A. (Ed.), Manuale di psicologia dello sviluppo, Firenze, Giunti, Goldberg E. - L.D. Costa, Hemispheric differences in the acquisition and use of descriptive systems, in «Brain and Language», 14, 1981: Iacoboni M., I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Torino, Bollati Boringhieri, Ježek E., Lessico. Classi di parole, strutture, combinazioni, Bologna, Il Mulino, Piaget J., Il linguaggio e il pensiero del fanciullo, Firenze, Giunti - G. Barbèra, 1962.

71 Bibliografia Rizzolatti G. - C. Sinigaglia, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Milano, Raffaello Cortina Editore, Rosengren K. E., Introduzione allo studio della comunicazione, Bologna, Il Mulino, Sangin M. et al., The effects of animations on verbal interaction in Computer Supported Collaborative Learning, in «Journal of Computer Assisted Learning», 24 (2008) 5, Skinner B. F., Il comportamento verbale, Roma, Armando Armando, Springer S.P. - Deutsch G., Left brain, right brain, New York, W.H. Freeman and Company, Titone R., Avamposti della glottodidattica contemporanea, Perugia, Guerra Edizioni, Vygotsky L. S., Pensiero e linguaggio, Firenze, Universitaria - G. Barbèra, 1966.


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