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GALATI – CAP. 5 – MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE DELLE EMOZIONI – what is an emotion? ..James rispose buttandola in fisiologia... S. Boca – post.

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Presentazione sul tema: "GALATI – CAP. 5 – MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE DELLE EMOZIONI – what is an emotion? ..James rispose buttandola in fisiologia... S. Boca – post."— Transcript della presentazione:

1 GALATI – CAP. 5 – MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE DELLE EMOZIONI – what is an emotion? ..James rispose buttandola in fisiologia... S. Boca – post sul forum: “Sul linguaggio delle emozioni si è scritto molto. Ricordo un dibattito acceso sull'universalità o meno delle emozioni. La posizione classica di Ekman è che ci sono emozioni fondamentali che sono patrimonio del genere umano e che ritroviamo in ogni contesto culturale. Ciò è evidente dalla reciproca riconoscibilità delle emozioni sul volto anche tra popolazioni molto diverse. Se invece di guardare l'emozione facciale facciamo però riferimento al linguaggio le cose cambiano parecchio. Ogni cultura sviluppa un lessico alquanto diverso per descrivere le emozioni. Basti pensare al termine spagnolo "verguenza" che non trova il corrispettivo in alcuna altra lingua o all'inglese "contempt" o ancora al tedesco "unheimlich". Per rendere i concetti sintetizzati in queste parole altre lingue devono utilizzare parafrasi complesse. L'avere un lessico diverso comporta provare vissuti diversi? Difficile dirlo! Però il lessico delle emozioni, proprio per questo, continua ad essere argomento di indagine e di dibattito.” DEFINIZIONE DELLE EMOZIONI COME OGGETTO DI STUDIO Non vi è ancora consenso su una definizione univoca di emozione e quindi sull’ambito di fenomeni al quale la ricerca dovrebbe circorscriversi Si fonteggiano due posizioni principali: la concezione prototipica (Fher e Russel 1984; Shaver, Scwartz e altri 1987): dato che i campi semantici riferiti alle emozioni hanno confini sfumati, occorre definirle in termini di prototipicità (riferimento al modello di categoria naturale di Rosch 1975), cioè di esempi più o meno buoni del prototipo legati fra loro sia verticalmente da rapporti gerarchici (categorie sovraordinate e subordinate), sia orizzontalmente da “somiglianze di famiglia”; il modello prototipico è stato spesso associato a quello dello script: le emozioni sarebbero cioè rappresentate come sequenze tipiche di avvenimenti (antecedenti-decorso-controllo) all’interno delle quali esistono subroutine via via più specifiche. la concezione classica: da un lato Ortony, Clore e Foss (1987) affermano che esistono tre criteri necessari e sufficienti per definire cosa è una emozione, e cioè: 1. il fatto che si riferisca ad esperienze soggettive di natura non fisica (es fame, dolore) ma mentale; 2. il fatto che sia un chiaro esempio di una condizione psicologica transitoria, tendenzialmente di breve durata e con confini temporali definiti (vs atteggiamenti, tratti o stati motivazionali); 3. il fatto che contenga, come aspetto cruciale del suo significato, un riferimento all’esperienza affettiva (ma si arriva al riferimento circolare!) ; dall’altro lato Johnson-Laird e Oatley (1989) definiscono le emozioni primarie come fenomeni basati su un segnale non proposizionale (il particolare stato del sentire che accompagna in modo specifico ciascuna emozione, inteso come qualia non scomponibile e autosignificante) prodotto da una valutazione cognitiva di una situazione e diretto sia all’interno che all’esterno dell’organismo, e le emozioni secondarie come prodotti dell’incontro tra un’emozione primaria e altre componenti, in genere di natura cognitiva, che riferiscono l’esperienza emozionale a specifici fatti e situazioni Una terza posizione è quella di Ekman, il quale ritiene che le emozioni primarie (intendendo come tali quelle che hanno un chiaro radicamento filogenetico) possano e debbano essere definite non in termini concettuali, bensì facendo riferimento ad un elenco di elementi che le caratterizzano concretamente come esperienza, e che possono essere osservati e e studiati con metodi empirici e sperimentali. Queste caratteristiche definiscono il “dominio” dei fenomeni emozionali, e allo stato attuale delle conoscenze (l’elenco che Ekman propone è per definizione “aperto”) sono: 1. presenza di distinti segnali non verbali / 2. presenza in altri primati oltre l’uomo / 3. distinte reazioni fisiologiche / 4. presenza di eventi antecedenti distinti e universali / 5. coerenza tra le risposte emozionali / 6. rapida insorgenza / 7. breve durata / 8. valutazione cognitiva automatica / 9. occorrenza spontanea STUDI SULLE ESPRESSIONI LINGUISTICHE DELLE EMOZIONI – TEMI DI FONDO Nelle lingue occidentali e indoeuropee termini come ”emozione” (da emotus: mosso, spostato da un luogo o da uno stato all’altro), o “affetto” e “passione” fanno riferimento ad una forma di esperienza psichica passiva, subìta più che agìta. Invece termini quali “pensiero” e “ragionamento” indicano un agire attivo (pensare = soppesare, creare connessioni, giudicare) dove il soggetto è presupposto come agente e non agìto. DAVIDS nel costruisce un “dizionario delle emozioni” su un principio atomistico: ciascuna emozione è linguisticamente definibile come specifica configurazione di elementi discreti di informazione Dalle ricerche sui lessici emozionali delle lingue inglese e neolatine (Russel 1980, Plutchik 1980, Galati e altri 1998 e 2000) emergono 3 dimensioni di significato, che vengono fatte corrispondere alle 3 dimensioni, a base affettiva (Valutazione, Attività e Potenza), individuate da Osgood, Suci e Tannenbaum (1957) nei loro studi sulle dimensioni di significato dei lessici naturali (differenziale semantico): dimensione edonica (→ Valutazione) , ovvero stato del sentire soggettivo (e passivo) modulato sull’asse piacere/dispiacere dimensione dell’attivazione (→ Attività) , legata al fatto che le emozioni si accompagnano ad evidenti modificazioni somatiche, anch’esse passivamente subìte e infine, minoritaria ma (se non è un risultato prodotto dalla metodologia) più presente nelle lingue neolatine ed in particolare nell’italiano, dimensione del coping (→ Potenza), che al contrario riconosce all’emozione una funzione attiva di adattamento e orientamento Un’altra evidenza degli studi sul lessico è la possibilità di individuare, all’interno della struttura dimensionale, un’organizzazione categoriale più dettagliata, legata al formarsi di raggruppamenti di termini semanticamente vicini piuttosto che opposti → l’implicazione è che sottostanti alle categorie vi siano le emozioni cosiddette “primarie” L’ultima evidenza è la sproporzione fra termini negativi (tra il 60 e il 70% dei corpora studiati nelle varie lingue) e positivi. Due possibili spiegazioni: una evolutiva, “oggettiva” → le emozioni sono risposte di emergenza che si attivano in situazioni problematiche, quindi il linguaggio riflette l’importanza adattativa delle emozioni negative; l’altra spiegazione è culturale → il nostro linguaggio è modellato sugli assunti della tradizione filosofica occidentale classica (la felicità è una sintesi di atteggiamenti razionali e morali, mentre le emozioni, a cominciare da quelle positive, sono illusioni che ostacolano il suo raggiungimento) e della morale cristiana (la felicità è la contemplazione di Dio, quindi non è di questo mondo, e per raggiungerla occorre soffrire una vita terrena concepita come “valle di lacrime”) Utilizzando il linguaggio per conoscere e rappresentare le emozioni in modo comunicabile, non possiamo uscire dai limiti delle forme simboliche del liguaggio verbale, che in parte modellano e trasformano l’esperienza emozionale. Se non è possibile uscire da questi limiti, occorre però prenderne coscienza Per meglio capire il significato del linguaggio delle emozioni dobbiamo inoltre ricordare che esso è sempre usato in un certo contesto culturale, ovvero occorre fare emergere i presupposti ideologici impliciti che partecipano alla costruzione del senso delle parole che lo costituiscono. Gli elementi di significato attribuiti alle emozioni sono il risultato dell’opera di ricercatori quasi tutti occidentali e di studi linguistici prevalentemente riferiti alle lingue occidentali ed indoeuropee, che non trovano piena conferma negli studi etnografici su culture molto lontane dal mondo occidentale. Russel nel 1991 afferma che forse il risultato più importante intorno alle emozioni ottenuto dai resoconti etnografici (Lutz, vedi più avanti) è la possibilità che l’emozione non si riferisca ad un dominio specifico di fenomeni riconosciuto in tutte le culture. Questo ci suggerisce infatti che l’area entro la quale circoscriviamo linguisticamente e concettualmente i fenomeni emozionali e affettivi all’interno della psiche umana, distinguendoli da quelli cognitivi e da quelli volontari e motivazionali, può non essere assoluta, nel senso di universale e oggettivamente fondata. La distinzione, così come le forme di relazione previste da queste diverse funzioni, possono risentire di modi più astratti di concepire l’uomo e le sue funzioni mentali, cioè dipendere dalle più generali teorie sull’uomo e sul mondo proprie di ciascuna cultura

2 GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI
1. PROSPETTIVA EVOLUZIONISTICO-FUNZIONALISTICA “le emozioni servono per adattarsi al mondo” SPENCER – 1855 “Principles of Psychology” le emozioni hanno funzioni adattative si accompagnano ad aspetti di attivazione fisiologica che predispongono al comportamento e ad aspetti espressivi che sono un derivato dei comportamenti strumentali motori TRA ‘800 E ‘900 BAIN – 1859 – “The Emotions and the Will” continuità tra fisico e mentale, emozioni come trait d’union: segnano il passaggio dalla semplice attività riflessa ad una forma di attività centrale (mentale) “la ragione è la vela, ma la passione è lo zefiro” DARWIN – 1859 “L’Origine della Specie”, 1871 “L’Origine dell’Uomo”, 1872 “L’espressione delle Emozioni nell’Uomo e negli Animali” L’emozione si fonda su una cognizione istintiva ed ereditaria che fa riferimento alla memoria della specie e consiste nella capacità di rispondere a certe configurazioni di stimoli strutturate in immagini (immagini dello stimolo che elicita l’emozione o delle configurazioni espressive che l’accompagnano) Le espressioni facciali delle emozioni sono tracce di antichi comportamenti adattativi che hanno perso la loro funzione originale ma hanno acquisito una nuova, fondamentale, funzione comunicativa, e che si sono sviluppati secondo il principio delle abitudini utili associate (es digrignare i denti), il principio dell’antitesi (es distensione della mandibola, sorriso) e il principio dell’azione diretta del sistema nervoso (movimenti di scarica dell’energia nervosa secondo vie abituali) Le espressioni delle emozioni sono universali, e si trasmettono ereditariamente per variazione e selezione naturale (anche se per buon peso D. ci mette pure un po’ di lamarckismo!) JAMES – 1884 “What is an Emotion?” – Lange 1885 – Teoria periferica delle emozioni L’emozione ha la sua origine in una reazione istintiva a stimoli fondamentali per la sopravvivenza riconosciuti a livello di immagine percettiva - gli stimoli emotigeni sono “chiavi” di altrettanti “lucchetti” predisposti per essi La percezione di questi stimoli causa modificazioni somatiche specifiche per ogni emozione: modificazioni fisiologiche, tendenze all’azione, comportamenti strumentali ed espressivi La percezione di queste modificazioni “è” l’emozione (io non tremo/scappo perché ho paura, ma ho paura perché tremo/scappo) L’aspetto mentale delle emozioni ha quindi due livelli: il riconoscimento istintivo (cioè biologicamente fondato, anche se modificabile dall’apprendimento) a livello percettivo degli stimoli emotigeni, che innesca automaticamente il processo emozionale, e il sentimento soggettivo cosciente che è caratteristico di una risposta emozionale evoluta (umana) RIBOT – 1896 concezione stadiale della vita mentale: dalla materia e dalle modificazioni somatiche generate dai bisogni si genera la sensibilità (capacità di provare piacere e dolore), da questa le emozioni, dalle emozioni si sviluppano il pensiero e la razionalità: “la passione si serve della ragione per perseguire i suoi obiettivi” FREUD sviluppa la teorizzazione più esplicita del rapporto nel contempo continuo e sinergico e discontinuo e conflittuale tra affettività, conoscenza e razionalità: l’Io nasce dall’Es e si evolve per servirlo, ma una volta strutturato e differenziato pur continuando ad utilizzare l’energia che gli viene dall’Es ne diviene la guida, mediando con le esigenze di natura sociale di cui è portatore il Super-Io PRIMA META’ DEL XX SECOLO: perdita di interesse generalizzata per la prospettiva evoluzionistico-funzionalistica, a causa dell’affermarmarsi del comportamentismo in psicologia, e della prospettiva culturale (Margaret Mead) nelle scienze sociali; WATSON – delle teorie evoluzioniste conserva l’idea che esiste un certo patrimonio di risposte emozionali di base (x-rabbia, y-paura, z-amore), innate e trasmesse ereditariamente, ma: le considera semplici riflessi incondizionati che non implicano alcuna attività mentale e neppure alcuna tendenza finalistica ritiene che la complessa vita emozionale dell’uomo sia frutto dell’apprendimento, che ha inizio quando i semplici riflessi incondizionati di base, associandosi a nuovi stimoli, diventano condizionati determinismo positivistico, riduzionismo MCDOUGALL – WALLON - si oppongono senza grande successo alle concezioni allora dominanti, teorizzando le emozioni come disposizioni innate ad agire e sentire in un certo modo in certe situazioni A PARTIRE DAGLI ANNI ‘60: sull’onda dell’affermarsi dell’etologia, riprende l’interesse per la prospettiva evoluzionistico-funzionalistica e per lo studio delle emozioni TOMKINS –dagli anni ’60 agli anni ‘80 Le emozioni (affetti) hanno un fondamentale ruolo adattativo e costituiscono il sistema motivazionale primario, poiché fanno in modo che l’organismo si attivi nel modo migliore per soddisfare le proprie pulsioni (drive, stati di bisogno), sia agendo come amplificatori delle pulsioni stesse e portandole alla coscienza (altrimenti rischierebbero di non essere colte, es deprivazione progressiva di ossigeno), sia attivando tutte le risorse mentali e comportamentali necessarie 8 emozioni primarie: interesse, sorpresa, gioia, angoscia, paura, vergogna, disgusto, rabbia; ciascuna è uno schema di risposta innato che ha origine nelle aree subcorticali e che viene innescato automaticamente da un determinato gruppo di pulsioni caratterizzato da una specifica “densità di stimolazione nervosa” L’attivazione delle emozioni primarie non implica quindi alcuna attività di valutazione cognitiva dello stimolo; un’attività cognitiva può esservi per le emozioni secondarie apprese, ma si tratta in ogni caso di semplice condizionamento: per Tomkins non è l’organismo a riconoscere gli stimoli, ma sono gli stimoli stessi a “sapere dove andare” per attivare il circuito cerebrale giusto – posizione vicina a quella jamesiana “chiave/lucchetto”, ma qui con priorità data alla “chiave”, mentre l’organismo è quasi solo un recettore passivo Ogni emozione è caratterizzata da specifiche risposte somatiche e comportamentali, e soprattutto da specifiche e ben differenziate risposte espressive facciali, il cui feedback è la principale fonte di differenziazione delle emozioni stesse (teoria periferica jamesiana, ma ricondotta alle sole espressioni facciali)

3 GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI
1. PROSPETTIVA EVOLUZIONISTICO-FUNZIONALISTICA - segue EKMAN – spronato da Tomkins, a partire dagli anni ’60 e per più di 30 anni sottopone a nuove verifiche empiriche l’ipotesi darwiniana dell’universalità delle espressioni delle emozioni → ricerche transculturali i cui risultati lo portano a confermare l’ipotesi e che, sebbene messi in discussione da altri autori (es Russel) sembrano, anche se non definitivi, piuttosto significativi identifica 6 “famiglie” di emozioni di base (rabbia, disgusto, gioia, sorpresa, paura, tristezza) con valore adattativo e base innata, tramandate geneticamente e universali Ciascuna famiglia è costituita da un “tema” (caratteristiche strutturali e uniche, biologicamente radicate in programmi di risposta innati) e da variazioni individuali e culturali, suscettibili di apprendimento, mentre le emozioni più complesse derivano dalla mescolanza delle emozioni di base e delle loro variazioni identifica 9 caratteristiche proprie alle famiglie di emozioni di base: 1. segnali espressivi distinti e universali (cuore della sua ricerca), che tuttavia possono essere influenzati dall’apprendimento e dalla cultura → “display rules” (regole di esibizione) specifiche per ogni contesto culturale le controllano / modificano / inibiscono e le trasformano quindi in un codice comunicativo altamente convenzionalizzato 2. presenza in altri primati 3. distinta fisiologia 4. antecedenti situazionali distinti e universali 5. coerenza tra i vari aspetti della risposta emozionale 6. rapida insorgenza – strettamente legata alla funzione adattativa delle emozioni: mobilitano l’organismo a rispondere in situazioni d’emergenza in cui in genere non c’è molto tempo per pensare e pianificare una risposta 7. breve durata – distinte da tono d’umore e sentimenti 8. valutazione cognitiva automatica – meccanismo cognitivo, a probabile localizzazione subcorticale, in grado di rispondere selettivamente agli antecedenti tipici delle emozioni di base 9. occorenza spontanea – sensazione soggettiva di subire piuttosto che di agire l’emozione, che la distingue dagli stati propriamente cognitivi Elabora un sistema di codifica delle espressioni facciali oggettivo: FACS (Facial Action Coding System) fondato su un’analisi minuziosa dei singoli movimenti facciali (action units) IZARD –da fine anni ’70 agli anni ’90 - inizialmente collaboratore di Tomkins, elabora poi teoria sua propria anche se per alcuni aspetti simile Categorizza la personalità dell’individuo in 6 sistemi di complessità crescente: 1. sistema omeostatico, che regola in modo automatico e inconscio i processi di mantenimento della vita; 2. sistema pulsionale (drive system) fondato su cambiamenti nello stato dei tessuti che inviano segnali specifici e forniscono informazioni sui bisogni del corpo; 3. sistema emozionale, che svolge la funzione di amplificatore e guida dei bisogni (come per Tomkins); 4. sistema percettivo, che stabilisce il contatto con l’ambiente e riconosce/dà significato agli oggetti; 5. sistema cognitivo, che elabora l’informazione, accumula conoscenza e predispone piani d’azione; 6. sistema motorio, che attiva sequenze comportamentali specifiche I sistemi pulsionale, emozionale e cognitivo hanno una funzione motivazionale, cioè dirigono il comportamento verso determinati fini, e possono lavorare insieme (secondo la gerarchia indicata) DET, Differential Emotion Theory: 10 emozioni primarie e ben differenziate (interesse, gioia, sorpresa, disagio-distress, rabbia, disgusto, disprezzo, paura, vergogna, colpa) Ciascuna ha una specifica funzione adattativa nelle situazioni naturali e tipiche per la specie, rispetto alle quali si è evoluta Ciascuna è attivata da specifiche categorie di stimoli sia interni (pulsioni) che ambientali che hanno particolare rilevanza per la sopravvivenza e il benessere dell’individuo Gli stimoli attivatori giungono sia alla corteccia che al sistema limbico, e da qui all’ipotalamo dove si attivano programmi innati che consistono in schemi di attività organizzati Gli schemi di attività organizzati a base innata comprendono l’attivazione veloce di specifiche espressioni facciali, il cui feedback genera a livello di esperienza soggettiva cosciente il sentimento specifico attraverso cui l’emozione viene riconosciuta (come per Tomkins - in questo modo Izard supera la principale critica di Cannon alla teria periferica jamesiana, nonché il processo più lento di attivazione somatica attraverso il sistema nervoso autonomo Nonostante le risposte emozionali siano biologicamente fondate, il legame fra emozioni e processi cognitivi conferisce loro ampi gradi di libertà Come Wallon, Izard sostiene che le emozioni si evolvono a livello ontogenetico (così come probabilmente si sono evolute filogeneticamnte) secondo una sequenza stadiale biologicamente predeterminata e legata a fattori maturativi, dove ambiente e apprendimento hanno un ruolo piuttosto modesto: disagio già nelle prime settimane di vita; gioia, rabbia e tristezza a partire dal 2° mese; paura dal 7°/8°, vergogna e senso di colpa dall’8°/9° In polemica con la DET di Izard, i fautori della “teoria della differenziazione” sostengono invece che nel neonato esistono solo le due emozioni primarie innate – piacere e dispiacere, che si evolvono, innanzi tutto per influenza dell’apprendimento e dell’ambiente, differenziandosi qualitativamente in un’ampia gamma di emozioni BUCK – teorizza l’emozione come esplicitazione (readout) del potenziale motivazionale di un organismo, e le attribuisce tre possibili funzioni diverse: segnalare gli stati di omeostasi interna e adattamento esterno dell’organismo manifestare ai conspecifici gli stati motivazionali dell’organismo rendere cosciente al soggetto il proprio stato motivazionale PLUTCHIK –da fine anni ’60 agli anni ’90 – ricerche condotte sul lessico 8 emozioni-base, con diversi gradi d’intensità (molto differenziate quando l’intensità è massima, per nulla quando è minima), corrispondenti ad altrettanti comportamenti adattativi funzionali alla sopravvivenza strutturati in coppie bipolari: Adorazione, Accettazione (incorporazione) Repulsione, Disgusto (rifiuto) Terrore, Paura (protezione) Ira, Rabbia (distruzione) Estasi, Gioia (riproduzione) Dolore, Tristezza (reintegrazione) Sbalordimento, Sorpresa (orientamento) Vigilanza, Anticipazione (esplorazione) Dalla propensità ad attivare preferibilmente alcune emozioni base derivano i tratti di personalità dell’individuo, nonché le modalità di coping e le possibili forme psicopatologiche OATLEY E JOHNSON-LAIRD – teoria comunicativa delle emozioni (studi sul lessico) 5 emozioni fondamentali: gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto ciscuna distinta da un segnale comunicativo non proposizionale, rivolto sia all’interno dell’organismo (→induce la preparazione all’azione) che all’esterno (→segnalazione ai conspecifici di situazioni positive e negative) a livello soggettivo il segnale corrisponde al sentire l’emozione le emozioni secondarie sono basate sui medesimi cinque segnali, ma si differenziano per le circostanze che le attivano e per la specifica valutazione cognitiva di tali circostanze → gelosia e invidia pur se esperite come emozioni distinte sono accomunate dallo stesso segnale proposizionale (rabbia) FRIJDA – sulla scia di McDougall e Wallon teorizza le emozioni come tendenze all’azione innate (action tendencies), che ritiene specie-specifiche, cui corrispondono pattern specifici di attivazione (activation modes); concettualizza 10 emozioni-base; mette a punto un modello computazionale del processo emozionale simulato a computer, nel quale però manca la dimensione che si riferisce all’esperienza soggettiva dell’emozione

4 GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI
2. PROSPETTIVA COGNITIVISTA: “le emozioni servono per conoscere il mondo” privilegia l’analisi dei processi cognitivi di elaborazione mentale delle informazioni, ritenendo che siano questi gli aspetti che caratterizzano le emozioni (teorie attivazionali-cognitive) o che addirittura le causano (teorie dell’appraisal) TEORIE ATTIVAZIONALI-COGNITIVE SCHACTER E SINGER, Teoria bifattoriale Le emozioni sono costituite da 2 fattori (necessari e sufficienti): da un lato un’attivazione fisiologica indifferenziata (differenza fondamentale rispetto alla tradizione jamesiana), dall’altro lato i processi cognitivi di attribuzione di significato attraverso i quali l’individuo identifica le cause dell’attivazione stessa, e che portano alla percezione cosciente (tradizione jamesiana) di emozioni differenziate Esperimento dell’epinefrina e dei complici, di scarsa validità ecologica ma grande validità comunicativa! PRIBAM – anni ’70 – L’emozione si attiva quando un comportamento motivato (messo cioè in atto dall’organismo per soddifare i propri bisogni) è interrotto da un ostacolo o una distrazione Consiste in uno stato di attivazione fisiologica che accompagna e sostiene una reazione cognitiva di riorientamento, finalizzata a superare l’ostacolo MANDLER – anni ’70 – Come Pribam, ma maggiore enfasi sul fatto che gli aspetti soggettivi e qualitativi dell’emozione coincidono con la sensazione cosciente dello stato d’allerta dell’organismo (tradizione jamesiana) SIMONOV – anni ’70, URSS – L’emozione (E) dipende dai bisogni dell’organismo (N) e dalla differenza tra informazione necessaria (In) per soddisfarli nelle circostanze date e l’informazione già acquisita dall’organismo (Ia) E= -N (In-Ia) Se l’informazione necessaria è superiore all’informazione già acquisita il valore di E è negativo (emozioni negative → ricerca di nuove informazioni), altrimenti è positivo (→ stato di attivazione sperimentato come piacevole) TEORIE DELL’APPRAISAL: l’interesse è proprio per i processi di valutazione cognitiva degli stimoli attivatori delle emozioni A) Teorie che ancora condividono con la prospettiva evoluzionistico-funzionalistica l’idea di emozioni primarie discrete, universali e biologicamente programmate MAGDA ARNOLD – anni ’60 Critica l’assunto che il significato emotigeno dello stimolo sia innato, biologicamente fondato, e sostiene al contrario che il significato dello stimolo non è dato in sé, ma è frutto di processi di valutazione (appraisal) dello stimolo stesso Teorizza tuttavia processi di valutazione semplici, non di natura intellettuale ma sensoriale (sense judgements) e focalizzati solo sugli aspetti dello stimolo rilevanti per la sopravvivenza (sposa il valore adattativo delle emozioni) Questi giudizi cadono in due sole categorie dicotomiche: buono / cattivo, e innescano due tipologie di tendenza all’azione altrettanto dicotomiche: avvicinamento / allontanamento Da qui in poi, le emozioni si differenziano ulteriormente sia per le valutazioni che per le risposte comportamentali, fisiologiche e strumentali: uno stesso stimolo giudicato cattivo può essere allontanato sia distruggendolo (rabbia) che fuggendolo (paura) LAZARUS – dagli anni ’60 agli anni ’90 - Teoria cognitivo-relazionale-motivazionale Come la Arnold, ritiene che l’emozione sia causata dai processi valutativi di caratteristiche dello stimolo importanti per la sopravvivenza, ma sottolinea che la valutazione è sempre mediata dagli stati motivazionali dell’organismo: cioè noi valutiamo gli stimoli ambientali in funzione delle opportunità o degli ostacoli che pongono al soddisfacimento dei nostri bisogni Le possibili valutazioni/interpretazioni degli stimoli rispetto al proprio stato motivazionale sono finite e specie- specifiche; nell’essere umano sono riconducibili a 15 strutture di significato (core relational themes), ciascuna all’interno di una specifica situazione ambientale tipica (adaptive encounter) Ai 15 core relational themes corrispondono altrettante emozioni primarie, es “offesa che mi danneggia → rabbia”, “progressi verso la realizzazione di uno scopo → gioia”, “situazione esistenziale incerta → ansia” Ritiene che le emozioni siano risposte biologicamente fondate in quanto la relazione interpretazione-emozione è automatica e innata, ma non rigide poiché la relazione stimolo-interpretazione è molto più libera, soggetta a differenze individuali e culturali (apprendimento) Polemica di e con Zajonc, il quale nega che le emozioni possano essere innescate da processi di valutazione cognitiva dello stimolo, affermando invece che i processi emozionali si verificano prima che venga operata qualsiasi inferenza cognitiva; secondo Galati è solo un problema di significato diverso attribuito alle parole (comme toujours..)

5 GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI
2. PROSPETTIVA COGNITIVISTA - segue B) Teorie che approfondiscono la distanza dalla prospettiva evoluzionistico-funzionalistica ORTONY, CLORE E COLLINS– anni ’80: tutte le emozioni derivano dalla combinazione di un certo numero di attività valutative, che sono limitate, ma le cui combinazioni possibili sono numerosissime, così come numerosssime sono le emozioni. Possono essere raggruppate in 6 tipologie principali a seconda del tipo di stimolo valutato e del tipo di valutazione messa in atto Tipo di stimoli EVENTI AGENTI OGGETTI Valutazioni semplici PIACERE / DISPIACERE APPROVAZIONE / DISAPPROVAZIONE PIACEVOLEZZA / SGRADEVOLEZZA Valutazioni complesse Conseguenze per l’altro Conseguenze per sé Sé agente Altro Agente Desiderabili Indesiderabili Rilevanti Irrilevanti FORTUNA DI ALTRI SPERANZA/PAURA BASATA SULL’ASPETTATIVA BENESSERE Gioia / Tristezza ATTRIBUZIONE ATTRAZIONE Amore, Odio Orgoglio/ Vergogna Ammirazione / Biasimo Felicità / Risentimento Gioia maligna / Pietà Aspettativa Confermata: Soddisfazione / Paura Disconfermata: Delusione/Sollievo COMBINAZIONE DI BENESSERE E ATTRIBUZIONE SMITH e coll. - anni ’80 – posizione teorica simile a Roseman, in più ipotizza relazioni fisse tra processi di valutazione e modificazioni fisiologiche/movimenti facciali Ipotizza 8 diversi sistemi o dimensioni della valutazione cognitiva: 1. attenzione (aumento generalizzato dell’attenzione cosciente) 2. novità (valutazione del carattere nuovo o già conosciuto dello stimolo) 3. certezza (valutazione della probabilità di acquisire ciò che si desidera/evitare ciò che non si desidera) 4. controllo (valutazione della possibilità di tenere sotto controllo la situazione) 5. piacevolezza / spiacevolezza dello stimolo 6. percezione dell’ostacolo 7. responsabilità (valutazione dell’agente) e legittimità 8. anticipazione dello sforzo IRA ROSEMAN– anni ’80 – come Ortony e coll. sostiene che le numerosissime emozioni umane dipendono dalla combinazione di una o più modalità valutative dello stimolo; inoltre sostiene che una stessa emozione può essere causata di diverse combinazioni di attività valutative (equifinalità). Ipotizza 5+2 = 7 diversi processi valutativi: 1. valutazione dello stimolo in termini di ricompensa o punizione in relazione allo stato motivazionale 2. valutazione dello stato situazionale in termini di presenza/assenza di ciò che si desidera 3. valutazione della probabilità di acquisire ciò che si desidera in quella situazione 4. valutazione della legittimità delle possibili conseguenze della situazione 5. valutazione dell’agente, cioè del responsabile in quella situazione (se stessi, un altro, circostanze impersonali) 6. valutazione del carattere atteso o inatteso dello stimolo 7. valutazione delle risorse disponibili al soggetto per farvi fronte SCHERER - da anni ’80 a oggi – teorizza i processi valutativi che generano le emozioni come un insieme di controlli tra loro articolati, che si attivano con un ordine diacronico-sequenziale, compaiono in successione nello sviluppo ontogenetico e si articolano su diversi livelli cognitivi (cf Piaget). Inoltre come Smith mette in relazione i processi valutativi con le modificazioni dell’organismo, in particolare le espressioni facciali e vocali: ipotizza l’esistenza di azioni facciali/vocali elementari, forse effettivamente di origine innata, che accompagnano ciascun processo valutativo, e si combinano additivamente generando l’espressione “tipica” di una certa emozione Nega l’esistenza di in gruppo ristretto di emozioni “primarie” innate, sostenendo che tali sembrano essere quelle che in realtà sono emozioni modali, esperite cioè con maggiore frequenza, che possono effettivamente essere transculturali e persino transpecifiche in virtù delle caratteristiche ricorrenti dell’esperienza Controlli – Valutazione di: NOVITA’ DELLO STIMOLO PIACEVOLEZZA INTRISECA RILEVANZA PER LO SCOPO/BISOGNO POTENZIALE DI ADATTAMENTO COMPATIBILITA’ CON LE NORME Espressione emozionale Trasalimento Piacere/Dispiacere Sorpresa Gioia/Tristezza, Rabbia Paura Vergogna-Colpa Disprezzo Età di comparsa (mesi) 1-3 3-6 5-9 12-15 A livello sensomotorio: valutazione immediata Stimolazione intensa e improvvisa Preferenze/Avversioni innate Bisogni di base Energia disponibile ---- A livello schematico: valutazione mediata dall’espereinza sensomotoria già in memoria Familiarità: appaiamento di schemi Preferenze/Avversioni apprese Bisogni / Motivazioni apprese Schemi corporei Schemi sociali/ Schemi del Sé A livello concettuale: valutazione mediata dall’esperienza schematica già in memoria riassunta a livello astratto/simbolico Aspettattive causa-effetto, Stima delle probabilità Valutazioni positive/negative anticipate o derivate Obiettivi e piani consapevoli Abilità nella risoluzione dei problemi Ideale di Sé, valutazioni morali

6 GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI
3. PROSPETTIVA COMUNICATIVA E COSTRUZIONISTICA “Le emozioni servono per comunicare con il mondo” PROSPETTIVA COMUNICATIVA O TEORIE RELAZIONALI: il contesto comunicativo preso in considerazione è ristretto all’ambito delle relazioni interpersonali I fondamenti sono le teorie elaborate nell’ambito della Psicologia dello Sviluppo / Psicanalisi sulle relazioni primarie caregiver-bambino: Bolwby (attaccamento), Spitz (madre come ambiente psicologico del bambino, dialogo preverbale tra i due con cui la madre “imbeve di senso” l’esperienza del bambino permettendogli una progressiva differenziazione psicologica autonoma) , Melanie Klein (psiche infantile –ma anche adulta!- come flusso caleidoscopico d’immagini, sensazioni e terrori di annichilimento continuamente impegnata a tenere lontana la pulsione di morte/aggressività, rapporto con la madre si evolve da posizione schizoparanoide a posizione depressiva con fantasie riparative che generano “amore”), Winnicot (madre annulla la propria soggettività psicologica per diventare un “mezzo” del bambino, cioè fornirgli l’ambiente fisico e psichico di “holding” che permette alla sua individualità di emergere dall’iniziale stato fluido e indifferenziato di “going on being” e di affermarsi per tappe successive) TREVARTHEN – anni ’80 – Teorizza che le risposte emozionali siono già predisposte nel feto come sistema regolatore centrale della comunicazione umana che viene creato nel cervello umano in sviluppo prima del suo contatto cognitivo e comportamentale con il mondo esterno Considera le emozioni strumenti comunicativi innati di cui sia il bambino che la madre sono dotati e che permettono loro di instaurare un contatto comunicativo empatico, ovvero esplicano la loro funzione primaria nell’instaurare rapporti affettivi tra il bambino e il caregiver, favorendo l’instaurarsi di una stretta relazione di complementarietà al cui interno matura la capacità del bambino di dare significato al mondo E’ l’espressione delle emozioni che regola e rende possibile lo scambio comunicativo all’interno di questa relazione: dialogo ritmato, motherese, protoconversazioni i cui significati particolari sono comunicati e compresi dai due partner e che usano come segnali emozionali modificazioni cinematiche (azioni sequenziali che hanno uno sviluppo temporale), fisiognomiche e energetiche (variazioni nel livello di attivazione dell’organismo) Con il passare del tempo le emozioni del bambino diventano “sensibili”, cioé possono essere attivate anche da oggetti che non comunicano: distinzione tra emozioni etiche (rapporti con le persone), emozioni estetiche (rapporti con gli oggetti) ed emozioni autoteliche (rapporti con il proprio mondo interno) Apprendimento ed esperienza giocano un ruolo importante nel modulare le emozioni, ma non possono in alcun modo crearle FRIDLUND – anni 90? – Teoria ecologico-comportamentale delle emozioni Rifiuta l’ipotesi dell’universalità delle emozioni e della loro espressione facciale; riprendendo le critiche di Russel, ritiene che i risultati di Ekman e Izard siano inficiati da artefatti e debolezze metodologiche Ritiene che di innato ci siano effettivamente il valore comunicativo delle emozioni, le tendenze o facilitazioni ad apprendere segnali espressivi emozionali ed una attenzione selettiva particolarmente intensa nel coglierli che può essere definita empatia o sensibilità interpersonale I segnali espressivi delle emozioni sono spesso frammenti o sequenze di comportamenti finalizzati all’adattamento (es digrignare i denti per l’aggressività) che vengono esibiti come segnali di quel comportamento Per il resto, la strutturazione delle emozioni e delle loro espressioni sono modellate dall’apprendimento nell’ambito dell’interazione sociale, attraverso meccanismi di rinforzo FOGEL – dagli anni ‘90 ad oggi – Teoria dinamica e socio-interazionista delle emozioni Come Fridlund rifiuta l’ipotesi di un numero limitato di emozioni universali Ritiene che l’emozione non sia uno stato predefinito e discreto, ma al contrario ubiquitario e continuo: noi siamo sempre emozionati, l’emozione fa parte ed è condizione del nostro processo di interazione con il mondo, soprattutto con gli altri e con il contesto sociale, e non esiste prima e al di fuori di questo processo interattivo Definisce l’emozione come un sistema dinamico che si autorganizza nel suo divenire attraverso l’interazione di componenti elementari di varia natura (comunicative, motorie, fisiologiche, cognitive... che possono anche avere basi innate), nessuna delle quali può essere intesa come elemento prevalente e ordinatore degli altri, e che nel loro interagire stabiliscono sia le possibilità che i vincoli di tale divenire Questo processo di autorganizzazione è instabile e continuamente soggetto a variazioni: quelle che noi definiamo come emozioni discrete a cui assegniamo nomi differenziati sono in realtà picchi di intesità della nostra esperienza emozionale che fanno sì che questa sia in alcuni momenti più evidente Ovvero le variazioni del processo emozionale sono quantitative e continue; tendono invece ad essere rappresentate in modo qualitativo e discontinuo per intervento dell’educazione e soprattutto per effetto del linguaggio, dato che le classificazioni e distinzioni linguistiche sono necessariamente qualitative e discrete. Il passaggio dal dimensionale al discreto (a livello di esperienza soggettiva?) avviene progressivamente, con il progredire dell’età. PROSPETTIVA COSTRUZIONISTICA: teorizza che l’emozione vada intesa e spiegata come un fenomeno non naturale, ma sociale; epistemologicamente pone l’attenzione su come il contesto socio-culturale possa influenzare il modo di concepire, conoscere e indicare le emozioni (Catherine Lutz, ricerche antropologiche sul lessico emozionale) HARRE’ e altri – anni ’80 e ’90 – “La costruzione sociale delle emozioni” Le emozioni consistono in una serie di risposte coordinate apprese (mentre interazionisti ancora ammettono componenti elementari geneticamente fondate, per i costruzionisti non vi è nulla è innato), che, piuttosto che a salvaguardare la sopravvivenza biologica degli individui, servono a regolarne l’interazione sociale: sono una sorta di codice di comportamento sociale acquisito attraverso l’educazione che prescrive a ciascuno come deve comportarsi e come deve reagire al comportamento degli altri in determinate circostanze tipiche Ancora differenza degli interazionisti, i costruzionisti ritengono che quello che spiega al meglio la natura e la funzione dell’emozione, più che l’aspetto comunicativo dell’interazione sociale in quanto tale, siano gli esiti socialmente adattativi di tale interazione. L’emozione è concepita come una “sindrome” composta di diversi elementi (valutazione cognitiva, reazioni espressive, fisiologiche, comportamenti strumentali, sentimenti soggettivi) che tendono a ricorrere insieme in una sequenza abituale sebbene non necessaria E ciascuno di questi elementi è appreso nell’interazione sociale: i processi di valutazione cognitiva consistono nell’attribuire agli stimoli significati fondati su sistemi di valore e regole sociali, le espressioni facciali ed i comportamenti strumentali sono modellati socialmente, persino gli aspetti fisiologici lo sono indirettamente in quanto vengono attivati dall’organismo per sostenere comportamenti socialmente appresi, ed anche i sentimenti soggettivi non sono dei qualia irriducibili biologicamente fondati, ma atteggiamenti socialmente appresi dotati di componenti differenziate cognitive, comportamentali e motivazionali

7 GALATI – CAP. 5 – LA PROSPETTIVA NEURO/FISIO-PSICOLOGICA
TRA ‘800 E 900, A PARTIRE DA DARWIN SPENCER (1855) – Nei suoi “Principi di Psicologia” (1855) adotta una prospettiva evolutiva: per favorire l’adattamento degli organismi ai loro ambienti i processi psichici più complessi si sono evoluti a partire dai più semplici passando per diverse tappe: azioni riflesse ovvero reazioni automatiche agli stimoli proprie anche degli organismi più semplici → istinti → processi mentali veri e propri tipici dell’uomo. Poiché la natura è conservativa, nell’uomo continuano ad essere attivi anche i processi psichici inferiori. Nella prospettiva scientifica, ipotizzare che le differenze siano quantitative e non qualitative rende possibile il riduzionismo: progetto di spiegazione deterministica dei processi psichici superiori attraverso la loro scomposizione nei loro componenti semplici, istinti e azioni riflesse, a loro volta più facilmente riconducibili ai meccanismi deterministici del corpo BERNARD (1878) – Le reazioni emozionali umane appartengono alla più ampia categoria della sensibilità vitale, già presente in organismi evolutivamente più semplici, e consistente in reazioni e modificazioni corporee che precedono l’esperienza cosciente e possono prodursi anche senza di essa MOSSO (1884) – Citando esplicitamente Cartesio Mosso vede l’organismo come una “macchina vivente” (res extensa) , che concepisce come una sorta di “superficie vibrante” in grado di modificarsi automaticamente ad ogni stimolo esterno per migliorare il proprio adattamento. In questo quadro le emozioni sono forme di attività psichica comuni all’animale e all’uomo e consistono, nelle loro forme più semplici, in una serie di reazioni fisiologiche che si attivano in modo incoercibile e automatico, senza un determinante coinvolgimento della coscienza o della volontà, quando l’organismo si confronta con determinati stimoli. Questi comportamenti emozionali di natura riflessa, incluse le componenti espressive, hanno il loro centro di comando nel midollo allungato, al quale arrivano le stimolazioni sensoriali provenienti dal talamo ottico (diencefalo). Le emozioni, almeno per quanto riguarda la loro espressione, si differenziano l’una dall’altra per aspetti quantitativi più che qualitativi. INIZI DEL ‘900 – PERIFERALISTI VS CENTRALISTI JAMES (1884) - LANGE (1885) – Teoria fisiologico-perferica delle emozioni – Come i fisiologi James, che fisiologo non è, riconduce le emozioni alla generica capacità degli organismi viventi di sentire gli stimoli esterni e di reagirvi in modo automatico con appropriate modificazioni fisiologiche; ma se ne allontana perché non considera gli stati soggettivi coscienti che caratterizzano l’emozione come aspetti secondari e accessori di essa, bensì come suoi aspetti peculiari e caratterizzanti. James, facendo man bassa del lavoro dei fisiologi e citando esplicitamente Mosso, riprende l’idea dell’organismo animale come “sounding board” che ogni mutamento percettivo fa vibrare, nel quadro di un universale “parassitismo” degli esseri viventi nei confronti dell’ambiente: “Ogni essere vivente è una sorta di lucchetto (che) presuppone l’esistenza di una particolare chiave (che) si trova sicuramente non lontano nell’ambiente in cui si svolge la vita dell’organismo”. Gli organismi (lucchetti) hanno quindi disposizioni anticipatorie ad essere influenzati e modificati da specifici aspetti (chiavi) del loro ambiente, ovvero specifiche categorie di oggetti o eventi in grado di provocare reazioni somatiche e comportamentali altrettanto specifiche e tipiche di ciascuna emozione. Queste reazioni a loro volta provocano differenti tipi di esperienza soggettiva cosciente, che sono quelli che noi chiamiamo emozioni. La sua teoria è “periferica” dal punto di vista psicologico, in quanto sostiene che è la reazione somatica e comportamentale automatica a provocare l’esperienza cosciente (Io vedo l’orso e scappo, e siccome scappo ho paura) e non viceversa. Invece, non essendo un neurofisiologo, non chiarisce mai pienamente cosa si debba intendere per periferico da questo punto di vista. SHERRINGTON (1900) apre la polemica dei neurofisiologi con James(che come abbiamo visto forse non aveva ragione di essere, come causa mi sembra più probabile un’alzata di scudi generale della categoria verso l’intruso!) : dimostra la non essenzialità della connessione tra le visceri e più in generale il sistema periferico e il cervello nella genesi delle emozioni, e identifica il primitivo centro emotigeno nel mesencefalo CANNON (1927, 1929) aggiunge alla critica a James il fatto che le modificazioni viscerali sono più lente della risposta emozionale, e quindi non possono esserne la causa. Sulla base dei suoi studi identifica la sede del centro emotigeno, responsabile di cooordinare quella sorta di “reazione d’emergenza” adattativa che secondo lui è un’emozione, un po’ più in alto di quanto aveva fatto Sherrington: nel diecefalo e precisamente nel talamo (la sua teoria viene spesso definita teoria talamica delle emozioni) BARD (1928, 1934), allievo di Cannon, mantiene la collocazione diencefalica ma amplia il numero di strutture coinvolte: non solo il talamo, ma anche l’ipotalamo con la sua specifica funzione di regolatore del sistema simpatico – siamo sulla strada del concetto di “cervello emozionale” DAGLI ANNI ‘30 AGLI ANNI ‘80: IL CERVELLO EMOZIONALE PAPEZ – partendo dall’osservazione di pazienti affetti da patologie neurologiche, Papez ipotizza che il circuito delle emozioni non sia limitato al solo talamo e ipotalamo, ma comprenda anche strutture situate in zone corticali sovrastanti il diencefalo e precisamente: l’ippocampo (che, anche se Papez ancora non lo sapeva, è coinvolto nei processi di memoria) nel lobo temporale e il giro del cingolo, o corteccia cingolata o mediale o grande giro limbico (da limbus: ai margini). Quest’ultima era già stata identificata da Broca come morfologicamente diversa dalla corteccia laterale; Papez afferma una differenziazione anche funzionale, sostenendo che la corteccia cingolata è coinvolta nelle emozioni (flusso del sentimento), intese come forma di attività psichica più primitiva, mentre quella laterale è specializzata nelle attività propriamente cognitive (flusso del pensiero) MACLEAN – riprende da Papez l’idea di un “cervello emozionale” e conia il concetto di “sistema limbico” per sottolinearne l’intrinseca unitarietà funzionale; rispetto a Papez comprende nel sistema altre regioni: regione del setto, amigdala, fornice..., sulla base dei risultati di varie ricerche (1939, Kluver e Bucy: l’asportazione del lobo temporale provoca blindsight; 1954, Olds e Milner: centro della ricompensa o del piacere nella regione del setto, ecc). Ma soprattutto inquadra questo modello in una teoria articolata e complessa della struttura e dell’evoluzione del cervello, detta del “cervello uno e trino”, ovvero strutturato in tre strati gerarchicamente ordinati formatisi nel corso dell’evoluzione e che, non senza conflitti, coesistono nell’uomo: cervello rettiliano (tronco encefalico, formazione reticolare, mesencefalo e nuclei della base) che coordina i comportamenti di sopravvivenza e riproduzione geneticamente stabiliti; sistema limbico, primo tentativo della natura di dotare il cervello rettiliano di una “cuffia pensante” con la capacità di tenere sotto controllo gli stimoli esterni ed interni per migliorare le capacità adattative dell’organismo; e infine neocorteccia, particolarmente sviluppata nei mammiferi superiori e nell’uomo. La teoria viene abbandonata solo alla fine degli anni ’80, quando diventa evidente che vi sono altre regioni coinvolte in alcune emozioni, e soprattutto si abbandona l’idea che esista un unico centro, o sistema, per tutte le emozioni e tutti i loro molteplici aspetti

8 GALATI – CAP. 5 – LA PROSPETTIVA NEURO/FISIO-PSICOLOGICA
LA LATERALIZZAZIONE EMISFERICA DELLE EMOZIONI – ovvero si raccolgono evidenze che anche la neocorteccia gioca un qualche ruolo Dati raccolti quasi casualmente all’inizio degli anni ’60 (studio della temporanea disattivazione di un emisfero) hanno fatto supporre che l’emisfero destro fosse specializzato nelle emozioni negative, e quello sinistro in quelle positive (euforia). Questi stessi dati, riletti alla luce di evidenze più recenti, si prestano ad una diversa interpretazione: i pazienti con traumi cranici in cui rimane attivo solo l’emisfero destro hanno la chiara percezione del proprio tono emotivo, che è giustamente (vista la situazione) negativo; la perdono invece i pazienti in cui rimane attivo solo il sinistro, e le loro reazioni di ironico distacco sono in effetti inappropriate alla situazione L’altra dicotomia che invece ha incontrato più successo è quella tra emisfero destro emozionale e sinistro razionale, rispetto alla quale ci sono in effetti evidenze, ma non di una “separazione di funzioni” quanto di una “diversità di ruoli” all’interno di un processo emotivo che deve essere inteso come evento complesso: l’emisfero destro, che tratterebbe l’informazione in modo olistico piuttosto che analitico, gestirebbe in collaborazione con le aree sub-corticali la risposta fisiologica, che dà colore e tono all’emozione (spegazione della risposta emotiva negativa dei pazienti cerebrolesi con emisfero destro integro), mentre all’emisfero sinistro, analitico, spetterebbeno una funzione in qualche modo antagonista di controllo, nonché i processi di valutazione dell’informazione più complessi legati alle emozioni secondarie. In compenso i lobi frontali di entrambi gli emisferi sarebbero coinvolti nella comprensione delle emozioni altrui. LA POSIZIONE ATTUALE A PARTIRE DAGLI ANNI ‘80 : MOLTEPLICI CENTRI O SISTEMI EMOZIONALI PANSKEPP(1982) – riporta in vita il vecchio concetto wundtiano affermando che, nello studio delle emozioni, l’introspezione permette di formulare ipotesi sull’esistenza di diversi circuiti cerebrali legati a processi emozionali distinti e fondamentali, mentre la ricerca neurologica ha il compito di spiegare scientificamente le emozioni identificando questi circuiti. Su queste basi si propone di arrivare ad una teoria neurofisiologica delle emozioni “realista”, ma approda a risultati alquanto buffi proprio dal punto di vista del senso comune. Identifica infatti quattro emozioni-base, corrispondenti ad altrettanti circuiti distinti o “sistemi di comando delle emozioni”, tutti (tranne forse uno) collocati in distinte regioni dell’ipotalamo, che sono: 1. il sistema di comando dell’aspettativa, attivato da stati di rottura dell’equilibrio omeostatico, la cui funzione è attivare nell’organismo risposte di esplorazione e ricerca creando uno stato di attenzione selettiva; 2. il sistema di comando della rabbia, la cui attivazione dà luogo a comportamenti di aggressione e di attacco; 3. il sistema di comando della paura (l’unico di collocazione più incerta), la cui funzione è generare comportamenti di fuga e protezione di fronte a stimoli pericolosi; 4. il sistema di comando del panico-tristezza, attivato da situazioni di separazione da co-specifici e isolamento sociale. Ciascuno di questi sistemi ha connessioni ascendenti con la corteccia attraverso cui influenza il funzionamento dei sistemi sensoriali, discendenti con i gangli della base attraverso cui coordina le risposte espressive e motorie, e neuroendocrine attraverso cui modula l’equilibrio neurovegetativo dell’organismo. E il suo funzionamento è mediato da specifici neuromodulatori e neurotrasmettitori, come dimostrano gli effetti selettivi ed elettivi sugli stati emozionali di diverse famiglie di farmaci e droghe GRAY (1990, 1994) – condivide con Paskepp l’idea che le emozioni siano legate all’attività di sistemi sensomotori “comandati” da centri a prevalente collocazione diencefalica. L’attivazione di ciascuno di questi sistemi dà luogo all’esperienza soggettiva di diversi gruppi di emozioni che possono essere considerati di base. Questi sistemi sono solo tre: 1. sistema di avvicinamento comportamentale (SAC), la cui attività dà luogo ad emozioni positive variamente definibili come gioia, speranza, felicità; 2. sistema di attacco/fuga (SA/F), che attiva questi due tipi di comportamenti di fronte a stimoli avversivi dando luogo alle relative emozioni negative; 3. sistema di inibizione del comportamento (SIB), che appunto inibisce il comportamento ma accresce l’attenzione di fronte a stimoli incerti e potenzialmente negativi, ed è associato a stati emotivi di ansia. Ciascun sistema è descrivibile a tre livelli diversi: comportamentale, neurologico e cognitivo. A livello neurologico, come per Panskepp, la loro collocazione è prevalentemente diecefalica e la loro specificità è dimostrata dagli effetti selettivi di diverse famiglie di farmaci. A livello cognitivo lavorerebbero secondo un modello computazionale che prevede un “comparatore” con collocazione neocorticale che lavora su un ”magazzino” di memorie procedurali e un “generatore di predizioni” a partire dalle conoscenze sugli eventi abituali. Le variazioni fisiologiche prodotte dai tre sistemi non avrebbero differenze qualitative, ma solo quantitative. Le quattro emozioni-base a cui danno luogo (ansia, rabbia, paura, gioia), come per i colori fondamentali non sarebbero quasi mai esperite in modo “puro”: le nostre emozioni quotidiane sarebbero cioè più o meno “miste”, consistenti in una mescolanza in proporzioni variabili delle quattro emozioni fondamentali. LEDOUX (1992, 1996) – convinto che non esista un unico sistema per tutte le emozioni, concentra i suoi studi solo sulla paura, gettando nuova luce sul rapporto tra emozione e cognizione (anche se con la messa in guardia che le sue conclusioni si basano su esperimenti su animali). Al centro del sistema emozionale della paura pone una specifica regione del lobo temporale, l’amigdala, a sua volta suddivisa in diverse regioni specializzate. La funzione complessiva dell’amigdala è elaborare dal punto di vista emotivo l’informazione sensoriale ricevuta vuoi direttamente dal talamo sensoriale (via bassa), vuoi “in seconda battuta” dalla neocorteccia (via alta), vuoi dall’ippocampo (memoria di contesto), e quindi di attivare l’ipotalamo e altre regioni profonde del tronco encefalico a cui spetta l’attivazione finale delle modificazione fisiologiche, espressive e comportamentali legate alle emozioni. Le afferenze sensoriali ricevute dal talamo sarebbero elaborate dall’amigdala unicamente in relazione alla loro rilevanza emozionale: si tratterebbe cioè di una forma di conoscenza semplificata e “interessata”, in grado di identificare il valore di uno stimolo in relazione al benessere dell’organismo senza dover prima giungere ad una sua categorizzazione concettuale; la categorizzazione viene invece elaborata dalla corteccia sensoriale, che anch’essa proietta verso l’amigdala, permettendole così di modulare la sua risposta iniziale. “L’amigdala è come il mozzo di una ruota. Riceve segnali di basso livello da regioni del talamo sensoriale, informazioni di livello superiore dalla corteccia anch’essa sensoriale, e informazioni di livello ancora superiore, indipendenti dai sensi, sulla situazione generale dall’ippocampo. Attraverso queste connessioni è in grado di elaborare l’importanza emotiva di stimoli individuali e anche di situazioni complesse. L’amigdala è coinvolta nella valutazione del significato complessivo: è lì insomma che gli stimoli d’innesco agiscono.” (Le Doux, Il cervello emotivo). A sua volta però l’amigdala proietta verso varie regioni della corteccia, sia sensoriale (percezione e immagazzinamento a breve termine), sia prefrontrale (memoria di lavoro e attenzione), e di nuovo verso l’ippocampo (memoria esplicita a lungo termine → da qui nasce l’esperienza cosciente dell’emozione). Si tratta quindi di un sistema complesso le cui parti molteplici sono in continuo “dialogo”, influenzandosi reciprocamente attraverso via sia dirette (connessioni) che indirette (rilascio di sostanze neuroendocrine). Queste evidenze consentono di dare una risposta “nuova” alla disputa eterna sul rapporto tra emozione e cognizione: il processo emotivo della paura studiato da LeDoux è tuttt’altro che una reazione riflessa o rigidamente predeterminata da un punto di vista genetico, e in esso l’amigdala svolge proprio una funzione di mediazione cognitiva, ovvero di attribuzione di senso e valore agli stimoli. Ma si tratta di una “cognizione” con connotazioni diverse da quelle, proposizionali e simboliche, che solitamente attribuiamo a questo termine.

9 VERSO IL SUPERAMENTO DEL DUALISMO CORPO/MENTE – DAMASIO, OVVERO: RITORNO A JAMES, E SINTESI DI EVOLUZIONISMO E COMPORTAMENTISMO, PER ANDARE OLTRE Damasio propone una teoria complessiva delle emozioni che basa sull’osservazione umana (pazienti affetti da disturbi neurologici vari). La sua posizione è diversa da tutte le posizioni centraliste che considerano il cervello come sede o centro coordinatore delle emozioni, e può essere definita “neo-jamesiana” per l’importanza che riconosce al corpo nella genesi dell’emozione e dell’esperienza soggettiva che l’accompagna. “L’errore di Cartesio” secondo Damasio consiste nell’aver separato il corpo dalla mente attribuendo loro nature diverse. In questo modo Cartesio “smaterializzò” la mente riconoscendole solo la capacità di pensare, e “dementalizzò” il corpo considerandolo una semplice macchina funzionante in base a leggi meccaniche e deterministiche. In questa visione dicotomica, che ancora perdura, le emozioni sono concepite come fenomeni di mediazione, sorta di “rappresentanti dei bisogni del corpo presso la mente”. (vedi il concetto di pulsione in Freud) Al contrario per Damasio l’emozione nasce dall’attività sinergica del sistema integrato mente-cervello-corpo. E’ una reazione adattativa di tutto il corpo di fronte a certi eventi, mediata dal cervello il quale però, ESSENDO PARTE DEL CORPO, non rimane estraneo al processo che innesca ma ne è a sua volta coinvolto. Le differenze specifiche rispetto a James sono che: Damasio non ritiene che le risposte del corpo siano la conseguenza di un semplice atto percettivo, ma piuttosto di un atto valutativo più o meno semplice o complesso Definisce come emozione la combinazione di questo atto valutativo e delle sue conseguenze somatiche, che non necessita di una percezione soggettiva, né tantomeno cosciente La percezione soggettiva dell’emozione viene invece da lui definita come un processo distinto, che chiama sentimento (feeling) e che non coincide con l’emozione ma può aggiungersi ad essa permettendo al soggetto di “sentire l’emozione” e, nel caso dell’uomo e probabilmente anche di altri primati, di sentirla consapevolmente. Il sentimento è legato al fatto che il cervello “pone mente al corpo”. E i sentimenti consapevoli di fondo partecipano anche alla costruzione della coscienza di sé, che nasce proprio come coscienza di un “Sé corporeo” o “proto-Sé” Emozione e sentimento appartengono al più ampio insieme di sistemi regolatori che garantiscono la sopravvivenza dell’organismo: tra questi, i più semplici sono i riflessi innati (es deglutizione e respirazione); ad un livello superiore di complessità si pongono gli istinti e le pulsioni, che ci permettono di conservarci in vita e riprodurci; arrivano poi le emozioni, sistemi di regolazione più complessi che ci permettono di riconoscere il valore positivo o negativo di certi stimoli in relazione ai nostri istinti e pulsioni e di reagire con una risposta somatica e/o comportamentale che si manifesta in due opposte tendenze comportamentali di base: avvicinamento o allontanamento; i sentimenti, infine, sono forme di rappresentazione dell’attività dei sistemi di regolazione, e rendono possibile un processo di controllo e guida di questi sistemi migliorandone e ottimizzandone il funzionamento. In “Alla ricerca di Spinoza” Damasio dice che le emozioni sono “mappe somatosensitive”, ovvero rappresentazioni in determinate aree del cervello dello “stato” in cui si trova l’organismo, o meglio ogni sua parte, o meglio ogni sua cellula, in rapporto a uno stimolo che può essere sia esterno che interno. I sentimenti consapevoli sono l’interpretazione delle mappe medesime, e infine arriva, quando c’è, l’elaborazione cognitiva dell’emozione. Ma il punto centrale (anticognitivista) è che, in questi processi, ciò che è rappresentato così come ciò che rappresenta, computa, elabora, processa ecc... è VIVO. Alla faccia di Marr e di Turing con la sua ipotesi della realizzabilità multipla. Legrenzi termina la sua storia della psicologia (testo per Classici) con frase tipo “mistero di come la materia possa generare il pensiero”. Damasio dice (eccoci a Spinoza) che sono la stessa cosa, solo che noi ne vediamo una faccia alla volta e quindi li separiamo concettualmente. Insieme, corpo e cervello costituiscono un organismo integrato e interagiscono in modo completo e reciproco attraverso vie chimiche e neurali, e la mente “emerge” dalla loro attività integrata: non è una “cosa”, ma un PROCESSO. “L’attività cerebrale è principalmente mirata ad assicurare la sopravvivenza nel benessere (…), alla regolazione dei processi vitali dell’organismo, sia attraverso il coordinamento delle operazioni interne del corpo, sia attraverso il coordinamento delle interazioni tra l’organismo nel suo complesso e gli aspetti fisici e sociali dell’ambiente. In organismi complessi come gli esseri umani, le regolazioni operate dal cervello dipendono dalla creazione e manipolazione di immagini mentali (idee o pensieri) nell’ambito di quel processo che chiamiamo mente. (…).L’interfaccia essenziale fra le attività del corpo e le configurazioni mentali (...) consiste di specifiche regioni cerebrali che si servono di circuiti nervosi per costruire configurazioni neurali dinamiche e continue, corrispondenti alle diverse attività del corpo – in pratica, circuiti che registrano in mappe quelle attività nel corso dl loro svolgimento. La creazione di mappe non è necessariamente un processo passivo. Le strutture in cui si formano le mappe hanno voce in capitolo nel processo, e sono influenzate da altre strutture cerebrali. (...) Le modalità con cui avviene il passaggio dalle “mappe” alle “immagini mentali” sono note solo in parte; ciò nondimeno, la nostra attuale ignoranza non contraddice l’assunto che le immagini mentali siano processi biologici, né nega la loro fisicità. (…) Per adesso non è irragionevole concepire la mente come emergente dalla cooperazione di molte regioni del cervello. Tale emergere ha luogo quando il mero accumulo dei dettagli riguardanti lo stato del corpo rappresentato in quelle regioni raggiunge un’ “altezza critica”. La lacuna della conoscenza, che oggi noi ammettiamo, potrebbe rivelarsi poco più che una discontinuità nella complessità dei dettagli accumulati e delle interazioni tra le regioni cerebrali implicate nella rappresentazione.” (Damasio, Alla ricerca di Spinoza) (vedi connessionismo) Damasio teorizza cinque gruppi di emozioni primarie (gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto), e (qui come James) le considera risposte dell’organismo innate e pre-organizzate, spontanee e che non possono essere modificate intenzionalmente, a determinate qualità di stimoli ambientali esterni o interni. Tali risposte dipendono dall’attività valutativa di alcuni regioni quali l’amigdala e la regione anteriore del giro del cingolo, che innescano l’attivazione di altre regioni, ecc. Vi sono poi le emozioni secondarie che sono attivate da stimoli più complessi e appresi per condizionamento (ovvero che nel tempo si sono associati agli stimoli emotigeni primari) e il cui valore emotivo viene valutato in prima battuta nelle reti associative della corteccia prefrontrale, che segnalano tale valore all’amigdala e alla regione anteriore del gito del cingolo Damasio pone particolare attenzione al rapporto tra emozioni e processi di ragionamento-decisione-scelta che considera come un “continuum” lungo il quale si possono distinguere tre livelli: il livello della regolazione biologica dove le scelte sono automatiche (enfasi sulla scelta), : es stimolo interno caduta del tasso zuccherino → ipotalamo sceglie una risposta → sensazione di fame → comportamento di nutrizione; il livello dello spazio personale e sociale, es “cosa faccio di me ora e nel futuro?”, “che rapporto instauro con X?” → scelte operate dalla “ragion pratica” (enfasi sulla decisione); e il livello dei problemi teorici e concettuali, es tutte le forme di ragionamento astratto apparentemente svincolate dagli interessi personali → scelte operate dalla “ragion pura” (enfasi sul ragionamento); in una prospettiva evoluzionistica si tratta di livelli distinti che si succedono, ma “anche se ere di evoluzione e di sistemi neurali dedicati possono conferire una certa indipendenza a ognuno di questi moduli di ragionamento-decisione, io credo che essi siano tutti interdipendenti” (Damasio, Emozione e Coscienza) In questi processi di scelta le emozioni partecipano alla creazione dei cosiddetti “marcatori somatici”, ovvero ricordi dei sentimenti corporei associati all’assunzione di determinate scelte, che agiscono come rinforzi quando si ripresentano condizioni per scelte analoghe e guidano così il processo di scelta (e anche qui c’e’ finalmente un legame con l’altra parte del corso riguardante la motivazione!)

10 GALATI – CAP. 7 – TEORIE DEL SOGGETTO PSICOLOGICO
PRESUPPOSTI FILOSOFICI E ASSUNTI DI BASE MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE EMOZIONI NELLA PROSPETTIVA NEURO-FISIO-PSICOLOGICA EMOZIONI NELLA PROSPETTIVA PSICOLOGICA RAZIONALISMO RAZIONALISMO E PSICOLOGIA SCIENTIFICA Il mondo (kosmos), nella sua essenza, è un sistema ordinato di cose ed eventi che obbedisce a leggi o regole di natura logico-razionale La caratteristica peculiare dell’uomo è l’intelletto, attraverso il quale egli può conoscere l’essenza razionale dell’universo e la sua propria Gnoseologia razionalista: conoscere le cose significa conoscere le loro essenze: le strutture logiche che le modellano e le generano (Platone), piuttosto che i concetti logici che ne individuano le caratteristiche necessarie e e sufficienti (Aristotele). Contrapposizione tra apparenza e realtà, distinzione tra conoscenza vera sub specie aeternitatis e la conoscenza soggettiva e apparente influenzata dalle distorsioni della sensibilità, dei desideri, delle passioni che le impediscono di accedere al punto di vista universale Platone e Aristotele, concezioni triadiche dell’anima dove l’anima razionale (P) o l’intelletto (A) ha la funzione di controllare le altre due ed ha accesso alla conoscenza vera Leibnitz, Spinoza (secondo Galati), Cartesio: res extensa e res cogitans, dualismo anima/corpo Hegel: le emozioni sono accidentalità insignificanti che nulla dicono dell’essenza razionale dell’essere assoluto, accessibile solo da parte della ragione Positivismo: la conoscenza, qualora si segua rigorosamente il metodo scientifico, è oggettiva, cioè ci dice come sono veramente le cose, ci svela le loro qualità primarie e le relazioni che le legano La natura è razionale e la ragione è naturale: → le leggi scientifiche elaborate secondo nessi logico-razionali non sono semplici costrutti, ma esistono veramente in natura e sono “scoperte” dallo scienziato La psicologia scientifica, dagli inizi wundtiani all’attuale scienza cognitiva con la sua idea di “mente disincarnata”, si è tendenzialmente occupata in modo preferenziale di studiare il sistema di conoscenza presupposto del razionalismo scientifico, ISOLANDO, nell’unitarietà dei processi psichici, un ambito specifico di fenomeni che definisce “cognitivi” Emozioni-cenerentola, al massimo ponte tra corpo e mente Dimensioni linguistiche dell’attivazione e del piacere/dolore presuppongono un soggetto passivo, che subisce l’emozione Corrispondenza con la visione maggioritaria di senso comune: l’emozione è un fatto sconvolgente e non voluto che irrompe sulla scena interrompendo i normali processi di pensiero: l’emozione è “altra” rispetto al soggetto “vero” Mosso: identificazione di un unico “centro delle emozioni” nel midollo allungato Sherrington, Cannon, Bard: spostamento del “centro delle emozioni” via via sempre più in alto, ma sempre in posizione gerarchicamente subordinata rispetto alla neocorteccia Papez: circuito limbico McLean: concezione triadica e gerarchica del cervello che riecheggia concezioni triadiche dell’anima Dicotomie emisfero destro-emotivo / sinistro-razionale che riecheggiano il dualismo cartesiano Prospettiva evoluzionistica-funzionalistica nella misura in cui enfatizza il carattere di risposta “automatica” delle emozioni, ovvero fa discendere dal loro radicamento biologico caratteristiche di ineluttabilità e passività dell’individuo → implicitamente l’individuo “vero” rimane “altro” rispetto all’’emozione Prospettiva cognitiva: nega autonomia cognitiva alle emozioni e esplicitamente (teorie dell’appraisal) o implicitamente (teorie attivazionali-cognitive) le subordina a valutazioni di tipo cognitivo, tendendo a riprodurre, nella contrapposizione tra cognition e emotion, il dualismo anima/corpo Paradigma HIP e modelli computazionali simbolici cognitivisti classici, fondati sull’ipotesi di Turing della realizzabilità multipla (software-mente indipendente dall’hardware, cervello o altro, su cui “gira”) James: è dappertutto! TENDENZE ANTIRAZIONALISTICHE Platone e Arisotele, nonostante tutto, attribuiscono alle emozioni un valore di guida e orientamento, Arisotele persino di valutazione cognitiva delle situazioni Pensiero naturalistico del 500 e 600: Telesio, Hobbes, Pascal (Esprit de Finesse et Esprit de Géometrie, ancora contrapposizione ma non subordinazione) Spinoza secondo Damasio: corpo e mente sono solo le 2 facce della stessa medaglia, il problema è che non riusciamo a vederle contemporaneamente Scheler, Heidegger (Dasein), Abbagnano De Sousa: le emozioni hanno una razionalità intrinseca, ma non di tipo algoritmico, quanto esistenzialmente contingente, e che quindi non può avere valore universale o assoluto. Non ci aiutano cioè a risolvere problemi logici astratti per i quali è possibile immaginare una soluzione certa indipendente da qualsiasi contingenza di spazio e tempo, ma ci guidano nella gestione di problemi concreti che si generano in circostanze specifiche in cui l’individuo è in relazione con il suo ambiente. Per questo l’emozione deve tenere conto di tutti gli elementi che sono presenti nello scenario della nostra vita quotidiana, elaborando strategie e obiettivi che scaturiscono dalla negoziazione di tutti questi elementi Soggetto psicologico concepito non più come spettatore del mondo, ma come attore nel mondo, a sua volta governato da strutture d’ordine di valore non più assoluto, ma probabile Paradigma post-moderno Dimensione linguistica del coping o potency, da cui emerge la capacità riconosciuta alle emozioni di fornire all’individuo strumenti utili a gestire positivamente le situazioni ambientali e ad interagire con il mondo nel modo più utile Corrispondenza con la visione minoritaria di senso comune: le emozioni danno “senso” e “colore” alla vita Mosso: concetto di organismo come “superficie vibrante” Panskepp, Gray: abbandono dell’ipotesi di un unico “centro delle emozioni” per tutte le emozioni e tutti i loro aspetti e di una visione stratificata del cervello in comparti relativamente autonomi e gerarchicamente ordinati; nuova visione del cervello come sistema dinamico integrato, ricco di interconnessioni Le Doux: ruolo fondamentale, quantomeno nell’emozione della paura, del sistema subcorticale centrato sull’amigdala che non sembra utilizzare concetti e simboli, poiché valuta oggetti ed eventi prima che essi vengano identificati e categorizzati concettualmente Damasio: superamento della dicotomia mente-corpo - il processo di attribuzione di senso al mondo non dipende solo dal cervello ma anche dal corpo, che attraverso le sue reazioni emozionali, percepite dal cervello, attribuisce alle cose senso e valore Prospettiva evoluzionistica-funzionalista nella misura in cui riconosce alle emozioni un fondamentale valore adattativo e le rappresenta come “nuclei” di conoscenza che guidano e organizzano la risposta somatica e comportamentale Prospettiva comunicativa: le emozioni, a base biologica ma modellabili attraverso l’interazione, sono il fondamento della relazione con l’altro Prospettiva costruzionista: le emozioni sono la guida della relazione sociale Connessionismo: modello del funzionamento mentale che cerca esplicitamente di fondarsi sulla effettiva realtà fisica del cervello


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