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Unione Monetaria Europea e teorie delle aree valutarie ottimali Marcella Mulino Università dell’Aquila 1.

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Presentazione sul tema: "Unione Monetaria Europea e teorie delle aree valutarie ottimali Marcella Mulino Università dell’Aquila 1."— Transcript della presentazione:

1 Unione Monetaria Europea e teorie delle aree valutarie ottimali Marcella Mulino Università dell’Aquila 1

2 Teoria delle aree valutarie ottimali  La teoria delle aree valutarie ottimali (AVO) rappresenta un utile strumento per una valutazione del progetto di moneta unica europea: individua le condizioni che determinano effetti positivi per i paesi che partecipano ad un’area valutaria comune  Padre della teoria è Robert Mundell (1961), vincitore del Nobel per l’economia nel 2002.  Osservando gli USA, ha indicato i criteri in base ai quali due paesi possono unirsi creando una valuta diversa da quelle precedenti e avere buone possibilità di migliorare la loro situazione (in termini di crescita, stabilità economica, ecc.) La teoria delle aree valutarie ottimali sostiene che l’area ottimale per un sistema di cambi fissi, o per una valuta comune, è un’area fortemente integrata economicamente –Integrazione economica significa Forte interscambio di beni e servizi (commercio) Elevata mobilità del capitale finanziario e del capitale fisico Elevata mobilità di lavoratori/lavoro (immigrazione ed emigrazione). 2

3 3  I costi e i benefici per un paese che entra a far parte di un’area valutaria con cambi fissi dipende da quanto bene siano integrate le economie dei vari partner in termini di commercio internazionale e di movimenti dei fattori  I cambi fissi hanno costi e benefici per i paesi che decidono se aderirvi  I benefici associati alla costituzione di un’area valutaria sono rappresentati dall’abolizione dei costi di conversione tra differenti valute, dall’eliminazione del rischio di cambio, dalla possibilità di attivazione di un circolo virtuoso tra stabilità dei prezzi, incremento degli scambi commerciali e maggiore crescita economica  Si definisce il beneficio che si ha con l’adesione di un paese ad un sistema di cambi fissi come guadagno di efficienza monetaria  Il guadagno di efficienza monetaria di un sistema di cambi fissi dipende dalla dimensione dell’integrazione economica  Dopo l’adesione ad un sistema di cambi fissi: 1.Se il commercio tra i paesi è molto sviluppato, allora i costi di transazione si riducono molto; si riduce anche l’incertezza di cambio 2.Se il capitale finanziario può muoversi liberamente tra i membri, allora l’incertezza sui tassi di rendimento si riduce molto 3.Se le persone possono migrare liberamente tra i confini per lavorare, allora l’incertezza sui salari si riduce molto

4 Benefici della riduzione dell’incertezza di cambio Modello di Poole nell’Unione monetaria (caso del piccolo paese):  In presenza di shock reale, se il cambio è fisso (unione monetaria), l’offerta di moneta è endogena al dato tasso di interesse fissato dalla Banca centrale comune e le oscillazioni del reddito sono maggiori  In presenza di shock reale, se il cambio è flessibile, l’offerta di moneta è esogena, stabilita dalla Banca centrale nazionale; le sue variazioni contrastano in parte la variabilità del reddito Far parte di un’unione monetaria comporta una minore variabilità del reddito e dell’occupazione  In presenza di shock monetario, se il cambio è fisso (unione monetaria), la variabilità della domanda di moneta non si traduce in variazione del tasso di interesse (è fissato dalla Banca centrale comune); il mercato dei beni è isolato dallo shock;  In presenza di shock monetario, se il cambio è flessibile, l’offerta di moneta è esogena ed il tasso di interesse varia, con ripercussioni sugli investimenti, il reddito e l’occupazione 4

5 Valuta chiave, ovvero “valuta di riserva internazionale Valuta chiave, ovvero “valuta di riserva internazionale ” 5 –Si tratta di una valuta largamente utilizzata per denominare contratti internazionali tra operatori che non risiedono nel paese che emette la valuta chiave  Esempio: nel 2001, circa il 90% delle transazioni tra banche ha comportato lo scambio di valute estere in dollari statunitensi  Sempre nel 2001, il 38% degli scambi complessivi era effettuato in euro ed il 23% in yen –Viene detenuta come riserva dalle banche centrali  Il 60% delle riserve ufficiali delle banche centrali è costituito da dollari (ma gli USA partecipano solo al 20% degli scambi commerciali internazionali) –L’euro si sta affiancando al dollaro nello svolgimento di questa funzione

6 L’euro come valuta di riserva internazionale Solo tra il 10 e il 20% dello stock monetario di euro è usato al di fuori dell’area euro contro un uso extra-territoriale del dollaro stimato tra il 50 ed il 70% Sui mercati valutari la percentuale media di transazioni effettuate in euro è circa il 38% del totale (anno 2007) Nel 1999 le riserve valutarie mondiali risultavano pari a 1.800 miliardi di dollari; in poco più di dieci anni tale ammontare è aumentato di quasi 5 volte. Le economie avanzate hanno registrato un incremento pari a 2,5 volte il valore del 1999, mentre le riserve dei paesi in via di sviluppo hanno raggiunto un valore 8 volte superiore a quello iniziale

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8 Benefici della valuta comune come valuta di riserva internazionale I titoli privati e pubblici emessi in euro non presentano rischio di cambio per i soggetti che li emettono I detentori delle attività estere sopportano il rischio di cambio  Il rischio è spostato verso i detentori extra-area euro: in caso di deprezzamento dell’euro, ne sopportano il danno I mercati finanziari interni ne traggono beneficio, perché agli investitori domestici si aggiungono gli investitori esteri  Fonti addizionali di finanziamento, sia per gli intermediari finanziari, sia per le attività non finanziarie (azioni ed obbligazioni) 8

9 9 Integrazione economica e curva dei benefici Grado di integrazione economica Guadagno di efficienza monetaria L’inclinazione positiva della curva indica che il guadagno di efficienza cresce al crescere del grado di integrazione G G

10 Costi dell’area valutaria  I costi dei cambi fissi sono rappresentati dalla perdita della politica monetaria per stabilizzare produzione e occupazione, e dalla perdita dell’aggiustamento automatico dei tassi di cambio alle variazioni della domanda aggregata.  Definiamo questa perdita che si verifica se un paese si unisce ad un sistema di cambi fissi come perdita di stabilità economica  La perdita di stabilità economica derivante dall’adesione ad un sistema di cambi fissi dipende anche dal grado di integrazione economica  Dopo l’adesione ad un sistema di cambi fissi, se il nuovo membro deve affrontare una riduzione della domanda aggregata: 1.I prezzi relativi tendono a scendere, portando gli altri membri ad aumentare molto la domanda aggregata se vi è una forte integrazione economica, perciò la perdita economica non è così grande 2.Il capitale finanziario o il lavoro migreranno verso le aree con rendimenti o salari più elevati se vi è una forte integrazione economica, perciò la perdita economica non è così grande 3.La perdita dell’aggiustamento automatico dei cambi flessibili non è così elevata se i mercati dei beni e dei servizi sono integrati 10

11 11 Curva delle perdite Grado di integrazione economica Perdita di stabilità economica per il paese aderente P P La perdita in termini di rinuncia all’utilizzo delle politiche di stabilizzazione diminuisce all’aumentare del grado di integrazione economica In generale, maggiore è il grado di integrazione economica, minore è la perdita di stabilità economica. Il grafico rappresenta la perdita di stabilità economica in funzione del grado di integrazione economica.

12 12 Mettiamo insieme le due curve P G Perdite > Guadagni Guadagni > Perdite  Grado di integrazione L’intersezione delle curve determina un punto critico di integrazione economica Solo alla destra di  i guadagni superano le perdite per il paese che decide di aderire all’AVO

13 13 MC KINNON e grado di apertura Per le economie con un alto grado di apertura sarebbe ottimale aderire a un’AVO perché verrebbero minimizzati i costi dell’aggiustamento esterno Il grado di apertura è definito come rapporto tra beni commerciabili beni non commerciabili Supponiamo di avere un’economia in cui i beni tradable abbiano un peso percentuale rilevante rispetto ai beni consumati all’interno Si assuma inoltre che i prezzi dei beni non commerciabili sia tenuto costante e che il tasso di cambio sia utilizzato per ottenere l’equilibrio esterno Se la valuta interna si svaluta del 10% anche i prezzi dei beni commerciabili aumenteranno del 10% relativamente ai prezzi dei beni non commerciabili (costanti). Ciò indurrà una maggiore produzione di beni commerciabili rispetto a quelli non commerciabili e una riduzione del consumo interno L’incremento delle esportazioni e la riduzione delle importazioni migliorerà il saldo della BC Ciò sarà vero solo se la variazione del tasso di cambio (svalutazione) non si riflette sul livello dei prezzi interni Nel caso in cui tutti i beni prodotti nell’economia sono commerciabili, il livello generale dei prezzi interni aumenta del 10% e non si avrà alcun effetto positivo sulla bilancia commerciale Più elevato è il grado di apertura (tutti beni commerciabili) meno conveniente è un regime di tassi di cambio flessibili. L’adesione a un’AVO (cambi fissi) è pertanto profittevole

14 14 KENEN: grado di diversificazione produttiva  Le economie con maggiore diversificazione produttiva sono quelle maggiormente indicate per ottenere vantaggi dall’adesione a un’AVO (cambi fissi e valuta comune)  I motivi sono: 1.La diversificazione è un fattore di stabilizzazione ex ante delle esportazioni. L’idea sottostante è che una maggiore diversificazione significa esportazioni differenziate e qualsiasi shock (microeconomico) che colpisca un settore (o un prodotto) sarà compensato dalla performance positiva degli altri settori di beni esportati 2.Attenua gli effetti di shock esogeni sull’occupazione. Perché questo accada alla diversificazione produttiva occorre aggiungere una sufficiente mobilità occupazionale tra i settori dell’economia 3.Stabilizza la formazione di capitale. Un incremento delle esportazioni in un qualche settore produttivo generalmente aumenta gli investimenti in quel settore e può indurre tensioni inflazionistiche. Nelle economie in cui la diversificazione è elevata l’esposizione a questo tipo di instabilità è più ridotta perché l’incremento delle esportazioni non si riverserà su tutti i prodotti ma solo su alcuni 4.In conclusione le economie maggiormente diversificate possono aderire a un’AVO perché sopportano meglio la rinuncia alla manovra del tasso di cambio per realizzare l’equilibrio esterno

15 KRUGMAN: aumento della specializzazione produttiva  Krugman (1993): come conseguenza di una maggiore integrazione commerciale si ha una maggiore concentrazione regionale delle attività produttive causate dalle economie di scala e dalle esternalità.  In questo modo gli shock saranno asimmetrici rendendo costosa l’adesione ad un’area monetaria.  Quando l’UE si muove nella direzione di un mercato realmente integrato, si possono verificare casi analoghi di concentrazioni regionali di attività economiche 15

16 16 Sincronizzazione del ciclo economico  La sincronizzazione del ciclo economico è necessaria affinché la politica monetaria comune sia coerente con le fasi congiunturali in atto nei diversi paesi  Un’area fortemente integrata dovrebbe presentare un elevato grado di sincronizzazione del ciclo economico  Se ciò non avviene, il processo di aggiustamento - di fronte ad uno shock asimmetrico – può essere favorito dalla mobilità dei fattori tra i paesi partecipanti  Supponiamo che due economie siano colpite da uno shock asimmetrico  La domanda si sposta dai prodotti dell’economia italiana ai prodotti dell’economia tedesca  La Germania sperimenterà un aumento dei prezzi (la AD si sposta verso l’alto) e un avanzo commerciale  L’Italia sperimenterà un disavanzo commerciale e un processo di riduzione dei prezzi, dell’output e della occupazione (AD verso il basso )  Assumiamo inoltre che le due economie siano integrate in un’area valutaria che presenta alta mobilità dei fattori all’interno e immobilità verso l’esterno

17 17  Moneta comune (Germania e Italia come regioni di uno stesso paese)  Non si può usare lo strumento tasso di cambio (svalutazione in Italia)  Se le autorità vogliono ridurre la disoccupazione in Italia con una politica monetaria espansiva aggravano la situazione inflazionistica in Germania  Il perseguimento del pieno impiego induce una distorsione inflazionistica nell’economia multi-regionale con una valuta comune  Ma: Riequilibrio automatico in presenza di flessibilità di prezzi e salari e di mobilità del lavoro  Un innalzamento dei salari in Germania (abbassamento in Italia) renderebbe le merci italiane più competitive contribuendo a sanare il deficit commerciale e a ridurre la disoccupazione. Il contrario avverrebbe in Germania  La AS in Italia si sposterebbe verso il basso, in Germania verso l’alto e si ritornerebbe al livello iniziale di reddito, ma con un livello dei prezzi maggiore in Germania e minore in Italia  Alternativamente, lo spostamento dei lavoratori italiani in Germania come previsto dalla teoria di Mundell contribuirebbe ad eliminare il problema della disoccupazione in Italia e quello della spinta salariale sui prezzi in Germania

18 18 Shock asimmetrico e modello AD-AS

19 19 Spostamenti della curva delle perdite Se il paese è soggetto a shock asimmetrici o a variabilità nel mercato dei prodotti la curva PP si sposta verso destra Questo implica che il livello critico di integrazione al quale è vantaggioso aderire all’AVO aumenta ’’

20 20 L’UME è un’AVO?  Il grado di apertura al mercato è un requisito della teoria AVO che è soddisfatto già prima dell’adesione alla moneta unica, rafforzato dopo l’introduzione dell’euro 1.Sulla base del grado di apertura l’UME è un’AVO Flussi commerciali tra l’area euro ed altri paesi in % del PIL (il commercio è misurato come somma delle importazioni e delle esportazioni)

21 Integrazione commerciale dal 1948 al 2003 (Fonte: Baldwin R., “The euro’s trade effect”, EBC, 2005). I valori sono in percentuale. 21

22  L’adesione all’UME ha stimolato ulteriormente l’integrazione commerciale Effetto dell’euro sul commercio dei singoli paesi EMU 22

23 2.Sulla base del criterio della mobilità del lavoro l’UME non è un’AVO  Bassa mobilità del lavoro tra paesi e tra settori  Elevata rigidità dei prezzi e salari (divergenze nei tassi di disoccupazione in seguito a shock economici) Mobilità geografica dei lavoratori nel periodo 1999-2000 (dati in %) 23

24 Flessibilità dei salari reali (1999) I valori sull’asse delle ordinate rappresentano il numero di anni necessari per completare metà dell’aggiustamento verso il livello di equilibrio, a seguito di uno shock. (Fonte: Commissione europea) 24

25 Integrazione finanziaria  I differenziali di rendimento tra i titoli pubblici nell’area-euro si sono notevolmente ridotti già dal 1996 ed ulteriormente nel 1998. Da maggio 1998 fino alla crisi economica i differenziali hanno raramente superato i 40-50 punti-base, mentre nei primi anni ‘90 i differenziali erano anche di 500 punti-base, soprattutto a causa dei differenziali di inflazione. 25

26 Convergenza nei tassi di inflazione 26

27 Diversificazione produttiva  La diversificazione della base produttiva è crescente (Kenen). Le strutture industriali dei paesi europei sarebbero meno concentrate e più diversificate rispetto agli USA e questa circostanza renderebbe meno probabile l’insorgere di shock asimmetrici Evoluzione del commercio intra-industriale nell’UME (1980-2001) (Fonte: EC, “EMU after 5 years”, Special Report, n. 1, 2004). I dati rispecchiano i valori dell’indice Grubel-Lloyd. 27

28 Sincronizzazione del ciclo economico  Durante le fasi di recessione la correlazione nella produzione industriale tende a ridursi a causa delle diverse reazioni delle economie nazionali a shock negativi  Nei primi anni dall’introduzione dell’euro: aumento nella correlazione  Durante la fase di rallentamento dal 2001: nuova de-sincronizzazione del ciclo economico  Nel decennio pre-euro (1989-1999) la correlazione media dei tassi di crescita del PIL è stata pari a 0,56 contro lo 0,60 del decennio successivo (1999-2008)  Sembra indicare che sia in corso un processo di convergenza (ma bisogna verificare gli effetti della crisi attuale) 28

29 Indici della produzione industriale 29

30 PIL reale pro-capite: gap rispetto all’area Euro 30

31 PIL reale pro-capite: gap rispetto all’area Euro 31

32 Tassi di crescita del PIL: correlazione con l’area Euro 32

33 In conclusione  Gli studi effettuati nel periodo precedente la sua nascita hanno portato a concludere che l’area monetaria europea non è ottimale, nonostante le previsioni riguardanti l’integrazione commerciale siano state molto ottimistiche  A rendere negativo il giudizio finale sono i problemi relativi agli strumenti a disposizione per superare gli shock asimmetrici:  Il mercato del lavoro non è sufficientemente flessibile per garantire l’equilibrio ed eliminare la disoccupazione che è ancora elevata;  i mercati finanziari non sono completamente integrati, anzi le operazioni finanziarie avvengono ancora per la maggior parte a livello nazionale;  i differenti livelli di produttività non sono accompagnati da una maggiore divergenza nella dinamica dei salari reali;  infine non è previsto un sistema fiscale in grado di svolgere un ruolo decisivo, dando così ulteriori incertezze riguardo il futuro delle politiche economiche  Dal punto di vista statico, l’UME non risponde ai requisiti dell’ottimalità. Considerata in una prospettiva dinamica, l’UME potrebbe soddisfare i requisiti prima richiamati 33

34 Relazione tra divergenza reale e flessibilità  L’andamento crescente della AA deriva dal fatto che maggiore è la diversità, maggiore sarà il grado di flessibilità richiesta per far fronte ai problemi di aggiustamento  I paesi al di sotto della retta AA possono far parte di un’AVO perché in grado di fronteggiare gli shock asimmetrici  UE-5 = Germania, Francia e Benelux  Con “divergenza reale” fra le aree candidate a formare un’unione monetaria si intende il grado in cui i tassi di crescita del prodotto e dell’occupazione tendono a divergere per effetto di shock asimmetrici  Con “flessibilità” dei mercati del lavoro in queste aree si misura complessivamente la mobilità della manodopera fra le diverse aree e la flessibilità salariale 34

35 L’UME sta diventando un’AVO?  De Grauwe (2005): endogeneità dell’AVO  una volta costituita, nell’area valutaria si mettono in moto forze che rendono i paesi aderenti più integrati e più simili tra di loro  Giustificazione ex-post della nascita dell’UME  L’integrazione commerciale è aumentata nell’area-euro  Anche l’integrazione economica è aumentata (fusioni ed acquisizioni)  La dinamica inflazionistica presenta meno variabilità  Alcuni progressi sono stati compiuti nel campo dell’integrazione finanziaria, soprattutto nel mercato monetario e delle obbligazioni. Tuttavia, l’area euro è ancora lontana dall’essere un mercato finanziario unificato  Mentre si è osservata una maggiore sincronia del ciclo economico legata alla crescita dell’integrazione, non è sicuro che tale tendenza continuerà: effetti di agglomerazione ed economie di scala possono operare in senso opposto 35

36  La retta OCA rappresenta le combinazioni di simmetria ed integrazione tra gruppi di paesi per le quali i costi ed i benefici di un’unione monetaria si bilanciano  Una riduzione nella simmetria fa aumentare i costi dell’unione monetaria, legati alla perdita di una politica monetaria autonoma. Essi devono essere compensati dai vantaggi di efficienza di una maggiore integrazione Il grado di integrazione e di correlazione tra i redditi varia nel tempo –L’integrazione tende ad aumentare tra paesi che hanno la stessa moneta –La correlazione tra i redditi può aumentare (freccia in alto) oppure può diminuire (freccia in basso) –Nel secondo caso, è necessaria una maggiore flessibilità nell’unione monetaria 36

37  La retta OCA (I1) indica il trade-off tra simmetria e flessibilità dato il livello di integrazione e rappresenta le combinazioni di simmetria e flessibilità per le quali i costi ed i benefici di un’unione monetaria si bilanciano  Una riduzione nella simmetria fa aumentare i costi dell’unione monetaria, che devono essere compensati dai vantaggi di un aumento della flessibilità  La retta OCA (I1) è disegnata per un dato livello di integrazione. Una maggiore integrazione sposta la retta verso l’origine, perché aumenta i benefici dell’unione e quindi basta meno flessibilità e/o simmetria  Se il grado di integrazione è endogeno, anche partendo da un’area valutaria non ottimale, possiamo soddisfare i requisiti di ottimalità in un’unione monetaria 37


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