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Le emorragie gastro-intestinali in età pediatrica

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Presentazione sul tema: "Le emorragie gastro-intestinali in età pediatrica"— Transcript della presentazione:

1 Le emorragie gastro-intestinali in età pediatrica
Chirurgia pediatrica Le emorragie gastro-intestinali in età pediatrica Antonietta Totaro Elvira Giannini

2 Definizione: l’emorragia gastrointestinale è un evento abbastanza frequente in pediatria, quasi sempre di natura benigna Eziologia: Le cause dell’EGI sono diverse e variano a seconda dell’età del bambino, possono essere superiori o inferiori

3 Obiettività: l’esame obiettivo deve stabilire l’entità dell’emorragia.
Se l’emorragia è acuta, il bambino sarà pallido agitato, disidratato, la PA diminuita e la FC aumentata, le estremità saranno fredde per l’intensa vasocostrizione, le congiuntive e le altre mucose anemiche. Avremo astenia e, in caso di microemorragia cronica, arresto della crescita

4 Diagnosi: gli esami di laboratorio indispensabili sono l’emocromo, la sideremia, la ferritinemia, il profilo coagulativo e la TIBC L’esame strumentale fondamentale é l’EGDS,seguono eventualmente una radiografia dell’apparato digerente con mdc, un clisma opaco, un’ ecografia, una TAC e una RMN addominale

5 Principali cause di emorragia gastro-intestinale
Ulcera peptica Diverticolo di Meckel Polipi Poliposi giovanili Poliposi giovanili diffuse Poliposi giovanili del colon Polipi linfoidi Sindrome di Peutz-Jeghers Sindrome di Turcot Sindrome di Gardner Poliposi adenomatosa multipla familiare (PAF)

6 Ulcera peptica Definizione: l’ulcera peptica è un evento raro nel bambino, può essere primaria e secondaria. Spesso è associata alla presenza di helicobacter pylori

7 Ulcere peptiche primarie
Fattori predisponenti: ipersecrezione gastrica gruppo sanguigno (gruppo 0) familiarità Sesso: prevalenza del sesso maschile

8 Ulcere peptiche secondarie
Definizione: esse sono le più frequenti soprattutto nei neonati da 3-7 giorni con basso indice di Apgar o anamnesi di asfissia perinatale. L’incidenza dell’ulcera peptica è molto alta nei pazienti ricoverati in terapia intensiva, negli ustionati, nei bambini con traumi o tumore cranico o per prolungata terapia con FANS o steroidi

9 Ulcere peptiche Clinica: Si manifesta nel bambino più piccolo con rifiuto del cibo, pianto insistente, vomito persistente ematico o melena; nel bambino più grande con dolore epigastrico notturno o postprandiale e vomito

10 Ulcere peptiche Diagnosi: fondamentale è l’EGDS. In secondo momento la radiografia del digerente con mdc Terapia: la terapia è medica e tende ad inibire la secrezione gastrica. Si associa terapia antibiotica se c’è presenza dell’helicobacter pilory Si può intervenire per via endoscopica sostituendo dell’intervento chirurgico tradizionale

11 Ulcere peptiche Complicanze: l’unica grave complicanza è data dalla perforazione gastrica. Si verifica spesso in seguito alla comparsa di ulcera da stress e si localizza sul margine antero laterale della grande curvatura: presso il cardias. L’intervento chirurgico è indispensabile e consiste nella vagotomia e la piloroplastica. Questi pazienti devono essere sottoposti a follow-up e in età adulta rischiano di essere ferrocarenti ed affetti da sindrome da accelerato svuotamento gastrico

12 Diverticolo di Meckel Definizione: Il diverticolo di Meckel è conseguente alla incompleta regressione del dotto onfalo-mesenterico che si completa in genere tra la 5° e la 7° settimana gestazionale Incidenza, età e sesso: i più colpiti sono i maschi. L’incidenza della malattia nella popolazione di nati vivi è del 4-6%. Nei primi due anni di vita, il diverticolo di Meckel viene diagnosticato nel 50% dei casi sintomatici

13 Diverticolo di Meckel Embriologia: durante il processo di regressione del dotto onfalo-mesenterico, in base al momento ed alle modalità del suo arresto si determinano le anomalie che possono andare dalla pervietà totale del dotto (fistola onfalo-ileale) alla formazione del diverticolo di Meckel ad apice libero

14 Diverticolo di Meckel Clinica: è la più frequente patologia congenita dell’intestino tenue. Complicanze (dovute alla presenza di mucosa gastrica eterotopica nel diverticolo): emorragia (rettorragia) infiammazione (diverticolite) occlusione: per invaginazione (o introflessione a dito di guanto) per volvolo (torsione dell’ansa)

15 Diverticolo di Meckel Diagnosi:
rx diretta addome Scintigrafia con emazie marcate con TC-pertecnetato La sola presenza di sintomi di volvolo intestinale pone l’indicazione all’intervento chirurgico

16 Diverticolo di Meckel Terapia: intervento chirurgico laparotomico.
Esso consiste nella resezione non solo del diverticolo, ma anche dell’ansa ileale, probabile sede anch’essa di tessuto ectopico gastrico

17 Diverticolo di Meckel Complicanze:
La morbilità dopo la resezione di un diverticolo di Meckel sintomatico è del 6-10%; la mortalità dell’1,5%. L’occlusione intestinale da briglie aderenziali si verifica nel 5-10% dei casi

18 Polipi intestinali Circa l’ 1% di bambini in età pre-scolare e scolare è affetto da poliposi intestinale. Sintomatologia: rettorragia non associata a dolore

19 Polipi giovanili isolati
rappresentano il 90% del totale dei casi. Essi hanno una natura amartromatosa o malformativa: non hanno rischio di malignità

20 Polipi giovanili isolati
Amartroma

21 Polipi giovanili isolati
Eziologia: secondaria ad evento infiammatorio. Sintomatologia: proctorragia, dolori addominali, prolasso del polipo Diagnosi differenziale con ragadi anali, prolasso rettale e MICI indagini strumentali fondamentali: clisma opaco con doppio contrasto retto-colonscopia

22 Polipi giovanili isolati
Terapia: essa è di tipo ablativo e si pratica con la retto-colonscopia. Lo studio istologico dei polipi asportati ha un ruolo chiave nella diagnosi e trattamento della malattia. Il numero di polipi asportati deve essere segnalato, anche questa informazione aiuta a determinare il rischio oncologico

23 Poliposi giovanili Esse sono molto rare ma con potenziale rischio di malignità Tendono a raggrupparsi in grappoli appesi ad un picciolo e ad invadere tutto il canale alimentare Anche la presenza di un solo polipo in un paziente con familiarità di poliposi giovanile è prognostico

24 Poliposi giovanili

25 Poliposi giovanili

26 Poliposi giovanili Sintomatologia: è molto grave.
Sono presenti diarrea, proctorragia, enteropatia proteino-disperdente

27 Poliposi giovanili Terapia Medica:
correzione delle anemie e dell’ipoprotidemia nutrizione parenterale

28 Poliposi giovanili Terapia chirurgica:
monitoraggio endoscopico della crescita delle neoplasie colectomia totale delle forme a localizzazione colica resezione segmentaria di tratti intestinali a maggior rischio

29 Poliposi familiare del colon
E’ una malattia genetica, il cui gene si trova sul braccio lungo del cromosoma 5 e codifica per una proteina chiamata APC, che partecipa ai fenomeni di adesione cellulare legando la β-catenina in un complesso di adesione cellulare che comprende la e-caderina. Nel momento in cui la β-catenina non lega la e-caderina, va ad attivare geni che inibiscono l’apoptosi ed attivano la proliferazione cellulare. L’APC lega la β-catenina e fa in modo che sia degradata

30 Esempio di albero genealogico in poliposi familiare

31 Poliposi familiare del colon

32 Poliposi familiare del colon

33 Poliposi familiare del colon
Sintomatologia: proctorragia. Si associano frequentemente altre anomalie: craniche, cardiache, schisi del palato e polidattilia

34 Poliposi familiare del colon
Terapia: stretto monitoraggio endoscopico delle lesioni coliche colectomia totale profilattica con abbassamento ileo-anale Tutto ciò a scopo profilattico in quanto nei 2/3 dei casi entro i 60 anni di età la possibilità di sviluppo di adenocarcinoma del colon è estremamente elevata

35 Prevenzione del cancro
Categorie a rischio: soggetti con poliposi familiare familiarità per ca del colon colite ulcerosa presenza di ureterosigmostomia

36 metodiche disponibili:
Screening per tumori metodiche disponibili: colonscopia rettosigmoidoscopia sangue occulto marker tumorali (CEA) test genetici per soggetti con familiarità

37 Polipi linfoidi Sono rari, sebbene sottostimati.
L’eziopatogenesi è di natura infettiva: virale o batterica. Il picco di incidenza è intorno ai 4 anni

38 Polipi linfoidi Aspetto endoscopico
Hanno un aspetto mammellonato con la mucosa ulcerata, è tipico l’aspetto “a vulcano” Il loro diametro varia da 3 mm ad alcuni cm

39 Polipi linfoidi Sintomatologia: l’unico sintomo è la proctorragia con conseguente anemia Diagnosi: è di tipo endoscopico (colonscopia) ed istologico

40 Polipi linfoidi Terapia: il trattamento è conservativo, poiché il decorso è benigno ed autolimitante Il follow-up è di tipo endoscopico

41

42 Sindrome di Peutz-Jeghers
E’ una sindrome molto rara , la cui trasmissione è autosomica dominante. Con potenziale alto grado di malignità anche per dislocazione extra-intestinale (ovaio, mammella, testicolo) di lesioni neoplasiche

43 Sindrome di Peutz-Jeghers

44 Sindrome di Peutz-Jeghers
La poliposi amartromatosa si localizza prevalentemente nell’intestino tenue, molto meno nello stomaco e nel colon-retto Macroscopicamente, i polipi si presentano lobulati e di diametro variabile. Alla poliposi è associata una pigmentazione di colore marrone-nero della mucosa della bocca e delle labbra

45 Sindrome di Peutz-Jeghers
Diagnosi: sono fondamentali gli esami strumentali esofago-gastroscopia (EGDS) colonscopia Clisma del tenue

46 Sindrome di Peutz-Jeghers
Terapia: consiste nell’ablazione dei polipi Colonscopia con polipectomia Enteroscopia dell’intestino tenue per via laparotomia

47 Sindrome di Peutz-Jeghers
Follow-up a cadenza annuale Emocromo Ecografia pelvica Ecografia testicolare Ecografia addominale con particolare riguardo al pancreas Esame citologico della cervice uterina (PAP test) Programma di screening per la prevenzione del tumore della mammella in donne di età superiore ai 25 anni di età

48 Poliposi adenomatosa multipla familiare (PAF)
E’ una rara forma di poliposi adenomatosa multipla del colon retto E’ caratterizzata da un numero enorme di polipi intestinali Essi hanno una notevole tendenza alla trasformazione maligna Questa malattia può dare localizzazioni extra intestinali di notevole grado di malignità ed in un cospicuo numero di pazienti (la percentuale oscilla tra il 10 ed il 75%), sono abbastanza frequenti i tumori ossei, le inclusioni cistiche ed i tumori dermoidi

49 Poliposi adenomatosa multipla familiare (PAF)
L’incidenza è di 1: nati vivi e la trasmissione è del tipo autosomico dominante Questa malattia è considerata dalla delezione del gene APC sito sul braccio lungo del cromosoma 5

50 Poliposi familiare (PAF)
Reperto endoscopico poliposi gastrica

51 Poliposi familiare (PAF)
Reperto endoscopico di poliposi colica

52 Poliposi familiare (PAF)
Reperto endoscopico di poliposi colica

53 Poliposi familiare (PAF)
Clinica: la sintomatologia è tipica delle lesioni intestinali diarrea dolori addominali proctorragia anemia

54 Poliposi familiare (PAF)
Diagnosi: la diagnosi viene sospettata in base alla familiarità, ma la certezza è data da esami strumentali e radiologici clisma opaco a doppio contrasto EGDS (per escludere la possibilità di poliposi gastrica e duodenale) colonscopia;attraverso questo esame e lo studio istologico di almeno 10 polipi si pone la diagnosi

55 Poliposi familiare (PAF)
Terapia: l’intervento chirurgico è di tipo demolitivo e devastante data la possibilità di degenerazione maligna dei polipi

56 Poliposi familiare (PAF)
Terapia: tecnica Nell’uomo possono residuare danni chirurgici alla funzionalità vescicale e sessuale La tecnica secondo Soave, invece, coniuga la necessità di rimuovere tutta la mucosa del colon-retto e conservare integre le strutture pelviche. Infatti essa consente di conservare una buona funzionalità ano-rettale soprattutto nei bambini, per cui è la tecnica maggiormente in uso. Essa consiste in una colectomia totale più mucosectomia del retto con “ileo-rectal pull-through”

57 Poliposi familiare (PAF)
Follow-up: si effettuano annualmente EGDS colonscopia con esame della giunzione ano-rettale

58 Adenoma duodenale

59 E’ una sindrome genetica a trasmissione autosomica dominante
Sindrome di Gardner E’ una sindrome genetica a trasmissione autosomica dominante

60 Sindrome di Gardner La poliposi intestinale del colon si accompagna a tumori dermoidi, cisti sebacee, tumori ossei del cranio e della faccia La tendenza alla malignità è spiccata non solo per i polipi del colon, ma anche dell’ampolla duodenale

61 Sindrome di Turcot E’ una sindrome autosomica recessiva
Essa si può definire come una variante della sindrome di Gardner

62 Sindrome di Turcot Essa è caratterizzata da poliposi adenomatosa intestinale associata a tumore del sistema nervoso centrale (medulloblastoma o glioblastoma)

63 NURSING

64 Preparazione e assistenza all’EGDS
digiuno disponibilità dei referti di: emocromo, tempo di coagulazione, profilo virale, gruppo sanguigno coinvolgimento dei genitori richiesta del consenso informato incannulamento di una vena sul braccio monitoraggio dei parametri virali posizionamento sul fianco destro del bambino sul lettino endoscopico assistenza all’esecuzione dell’anestesia totale (solo nei neonati non è necessario) il bambino lascia la sala endoscopica dopo il risveglio dall’anestesia ed il controllo dei parametri vitali Si avviano in laboratorio di anatomia patologica gli eventuali reperti bioptici opportunamente identificati e descritti

65 Retto-colonscopia Piano di nursing Preparazione
coinvolgimento dei genitori richiesta del consenso informato prescrizione e somministrazione di una dieta priva di scorie almeno 4 giorni prima dell’esame pulizia intestinale: posizionamento di un sondino naso-gastrico attraverso il sondino si introducono dei lassativi di contatto diluiti in abbondante acqua. Tutto ciò fino a quando i liquidi eliminati non risultino puliti digiuno il giorno dell’esame E’ fondamentale, in questa fase, la collaborazione dei genitori

66 Assistenza in sala endoscopica
Retto-colonscopia Piano di nursing Assistenza in sala endoscopica Controllo dei parametri vitali Disponibilità dei referti:emocromo, tempo di coagulazione, profilo virale, gruppo sanguigno. Incannulamento di una vena Preparazione all’anestesia totale (se non è un neonato) e posizionamento sul lettino endoscopico Il bambino lascia la sala endoscopica solo dopo il risveglio, la valutazione dei parametri vitali, la detensione dell’addome ed il controllo del dolore addominale Si avviano in anatomia patologica gli eventuali reperti bioptici, opportunamente identificati e descritti

67 ASSISTENZA PRE-OPERATORIA
Generalità Ruolo dei genitori Identificazione dei bisogni dei piccoli pazienti relativamente all’età Identificazione del livello di comprensione dell’evento del bambino Identificazione dei fattori stressanti sia per i bambini che per i genitori Identificazione degli aspetti multidisciplinari dell’assistenza pre-operatoria

68 Intervento in emergenza (preparazione)
Spesso la preparazione psicologica non è possibile(né per il bambino né per i genitori): ulteriore grave momento di stress. Ruolo dell’infermiere: Sostegno ai genitori durante l’intervento Quando tra il ricovero e l’intervento ricorre poco tempo, l’operato dell’infermiere è volto alla preparazione fisica e l’informazione ai genitori per ricevere il consenso all’intervento

69 Intervento in elezione (preparazione) /1
Essa consente una buona preparazione psicologica all’intervento. Essa può cominciare a casa con l’aiuto di sussidi ed operatori le scuole e gli asili facilitano l’opera (Eiser e Hamson 1989) in momenti precedenti al ricovero, interazione fra personale ospedaliero e i genitori offre l’opportunità di discutere le procedure del ricovero e del controllo del dolore

70 Intervento in elezione (preparazione) /2
Questi contatti favoriscono un sentimento di benessere e la rapida guarigione del bambino (Cooper e Harpin 1991) Il valore del gioco: interazione degli specialisti del gioco e personale ospedaliero (Action for sick children 1991)

71 Assistenza post-operatoria
Inizia quando il paziente esce dalla sala operatoria e termina con la sua dimissione dal reparto

72 Fasi dell’assistenza post-operatoria
Fase di risveglio Fase intermedia di dipendenza Ritorno alla normalità

73 Fase di risveglio: organizzazione
PACU pediatrico schede relative ai farmaci anestetici, ai drenaggi… letti inclinabili (stesso sistema per le incubatrici) con sponde monitor (per ecg, fqr, P.A, saturazione, temperatura…) pompe per infusione, erogatore di O2, sistema di aspirazione carrello per l’emergenza

74 Osservazione Posizione a letto:
supino con il capo iperesteso per garantire che la mandibola sia protrusa e che la lingua non ostruisca le vie aeree

75 Osservazione Parametri da tenere sotto stretta osservazione per eventuali: Emorragie (evenienza più frequente) pallore tachicardia scarsa reattività (nei più piccoli anche una piccola perdita di sangue può rendere necessaria un’emotrasfusione) cianosi dei prolabi e delle dita dolore In caso di anestesia spinale ed epidurale: Controllo del ripristino delle funzioni neurologiche periferiche (funzione vescicale, funzioni sfinteriali, ripresa dell’uso delle gambe)

76 PACU: processo di nursing
valutazione esatta del bilancio idrico (infusioni, urine, cateteri, sondini, drenaggi…) parametri vitali (PA, fqc, temperatura, fqr) colore cutaneo (pallore, cianosi…) controllo di drenaggi e ferite aggiornamento della documentazione infermieristica controllo del dolore controllo dell’alimentazione

77 NTP (nutrizione parenterale)
In caso di intervento sull’apparato digerente, è possibile che al bambino sia prescritto il digiuno. Si ricorre alla NTP per via venosa. Le vie possono essere: un grosso vaso incannulato (Hickman), oppure un vaso periferico (per soluzioni iso-ipotoniche)

78 NTP (nutrizione parenterale)
Procedura: spiegare ai genitori ed al bambino l’intervento, la sua utilità e la procedura che si seguirà lavarsi le mani aprire le confezioni su di un telo sterile controllare la pertinenza delle soluzioni prescritte e la loro limpidezza mantenendo l’asepsi, inserire il set per infusione nella sacca e raccordarlo alla cannula endovenosa controllo dell’infusione per velocità e reazioni

79 Piano di nursing per NTP
controllo del bilancio idrico controllo di reazioni dell’infusione controllo della temperatura (l’iperpiressia può essere sintomo di infezione) controllo di: glicemia, Na, K, urea, creatinina, emocromo controllo del peso corporeo controllare eventuali edemi declivi o, in contrapposizione, eventuale disidratazione controllare che la sacca sia protetta dal calore e dalla luce solare cambiare ogni 24 ore il set d’infusione curare il sito di infusione prevenendone l’infezione

80 Cardini della prevenzione delle infezioni associate a catetere venoso
Standardizzazione delle procedure assistenziali asettiche Gestione da parte di personale esperto Formazione continua del personale Scelta e gestione del sito di inserzione Scelta del tipo di catetere Tecnica di inserimento e fissaggio Igiene delle mani e tecniche asettiche Antisepsi della cute Sostituzione del catetere Prevenzione delle trombosi del catetere

81 Cardini della prevenzione delle infezioni associate a catetere venoso
In pazienti che hanno grandi e voluminose medicazioni che impediscono la palpazione o la visione diretta del sito di inserimento, rimuovere la medicazione e ispezionare visivamente almeno una volta al giorno e quindi applicare una nuova medicazione Registrare la data, l’operatore, la permanenza del catetere ed i cambi di medicazione su moduli standardizzati Invitare i pazienti a riferire qualsiasi problema legato al sito del catetere Non eseguire di routine le colture delle punte dei cateteri

82 Preparazione del sito La rasatura può causare micro-abrasioni e predisporre alle infezioni Il taglio dei peli aiuta a mantenere intatta la medicazione e rende meno doloroso il distacco del cerotto. Se nella zona di inserzione ci sono molti peli, tagliarli (portandoli a 1 mm circa) ma mai rasarli.

83 Preparazione del sito È quindi indispensabile che le operazioni di preparazione, inserimento e mantenimento dei dispositivi EV avvengano nel rispetto di un processo standardizzato che tenga conto di una scelta oculata dei materiali/soluzioni da utilizzare e del rispetto delle operazioni indicate allo scopo

84 Incannulamento di una vena
Materiale occorrente: Cannula endovenosa 23G (proporzionata al vaso da incannulare) Medicazioni sterili Apparecchio per l’immobilizzazione dell’arto Tamponi e antisettico Guanti monouso non sterili

85 Incannulamento di una vena
Procedura: Esaminare attentamente le sedi Se viene scelta una sede del cuoio capelluto, chiedere il consenso alla rasatura dei capelli ai genitori I genitori possono restare con il bambino per rassicurarlo Disinfettare accuratamente la zona da pungere Mettere il laccio flebostatico

86 Incannulamento di una vena
Procedura: Inserire la cannula con inclinazione 15-30° Dopo aver introdotto il catetere, ritirare il mandrino. Osservare il reflusso di sangue Fissare il cerotto alla cannula Effettuare il lavaggio della cannula per verificarne la pervietà Immobilizzare l’arto Proteggere adeguatamente le cannule poste sul cuoio capelluto Applicare il set per infusioni Applicare un tappo LUER-LOCK se la cannula viene usata per somministrazioni endovenose

87 Sorveglianza del sito di inserzione
Valutare il sito di inserimento del catetere ogni giorno tramite la palpazione attraverso la medicazione, per scoprire eventuale gonfiore o tramite l’ispezione di una medicazione trasparente. Se il paziente non ha segni clinici di infezione non rimuovere le medicazioni. Se il paziente ha tumefazione locale o altri segni di possibile batteriemia, ispezionare visivamente il sito

88 Sorveglianza del sito di inserzione
In pazienti che hanno grandi e voluminose medicazioni che impediscono la palpazione o la visione diretta del sito d’inserimento, rimuovere la medicazione e ispezionare visivamente almeno una volta al giorno e quindi applicare una nuova medicazione Registrare la data, l’operatore, la permanenza del catetere ed i cambi di medicazione su moduli standardizzati Invitare i pazienti a riferire qualsiasi problema legato al sito del catetere Non eseguire di routine le colture delle punte dei cateteri

89 Sorveglianza del sito di inserzione
Generalmente i “set” da infusione comprendono l’area che va dalla punta del deflussore che penetra nel contenitore del liquido al punto di connessione con il dispositivo vascolare. Tuttavia una piccola prolunga può essere connessa al dispositivo vascolare e può essere considerata parte del dispositivo per facilitare le tecniche asettiche nel cambio del “set” d’infusione

90 Per il ritorno in reparto
quando: Il bambino è cosciente Respira autonomamente Colorito normale Bambino tranquillo, dolore controllato Parametri post-operatori stabilizzati Temperatura superiore ai 36° C

91 Fin(alment)e


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