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J. M. Keynes e i concorsi di bellezza

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Presentazione sul tema: "J. M. Keynes e i concorsi di bellezza"— Transcript della presentazione:

1

2 J. M. Keynes e i concorsi di bellezza
Parte 2

3 Il doppio bluff della crescita
La rapida crescita economica della seconda metà dell’ottocento dipendeva da un doppio bluff: da una parte le classi lavoratrici accettavano, per tradizione, per ignoranza o perché obbligate, che la parte migliore della torta che producevano andasse ad altri. La classe dei capitalisti, da parte sua, si appropriava di questa parte, ma con il tacito accordo che ne consumasse solo una piccola parte per investire il resto. Il ‘dovere’ di risparmiare diventava una virtù, e la crescita oggetto di una vera religione. La torta si ingrandiva, ma non era chiaro quale ne fosse lo scopo ultimo: in teoria i risparmi erano per i figli o per la vecchiaia, ma in realtà la virtù della torta consisteva nel non essere mai mangiata. Le conseguenze economiche della pace (1919), cap. 2 § 3

4 Il bluff scoperto La guerra ha mostrato a tutti le possibilità di consumo, e ad alcuni la vanità dell’astinenza. Il bluff è scoperto. Le classi lavoratrici potrebbero non più essere disposte a dimenticarsene, e le classi capitaliste, non più tanto certe del futuro, potrebbero decidere di godere della libertà di consumo fintanto che ne hanno la possibilità, e così precipitare l’ora della confisca. Le conseguenze economiche della pace (1919), cap. 2 § 3

5 JMK nel 1929

6 Le conseguenze sociali dell’instabilità
“L’inflazione è ingiusta e la deflazione dannosa” Il risparmio: “In tutto il continente europeo quella parte dei risparmi prebellici delle classi medie che era investita in obbligazioni, ipoteche o depositi bancari, è stata interamente, o quasi, annullata. Indubbiamente questa esperienza dovrà modificare la psicologia sociale nei riguardi della pratica del risparmio e dell’investimento. Ciò che si credeva più sicuro si è dimostrato incertissimo. Chi non spendeva né ‘speculava’, chi ‘provvedeva all’avvenire della famiglia,’ chi innalzava inni alla previdenza ed osservava rigidamente i precetti della morale più edificante e i comandamenti dei più prudenti finanzieri, chi, invero, meno si affidò alla fortuna, dalla fortuna fu più duramente colpito.” La riforma monetaria, 1924

7 Inflazione e fiducia Il risparmio: L’inflazione su vasta scala non solo diminuisce “la capacità di risparmio della classe risparmiatrice”, ma intacca anche “quell’atmosfera di fiducia che è condizione necessaria della volontà di risparmiare” (p. 29) La riforma monetaria, 1924

8 Instabilità e speculazione
Imprenditorialità e speculazione: “in periodi [di inflazione] diventa troppo facile fare il commerciante. Chiunque sia in grado di farsi prestare del denaro, se non è proprio perseguitato dalla sorte, non può non realizzare un profitto, pur non avendo fatto nulla per meritarlo” La riforma monetaria, 1924

9 Instabilità e aspettative
“il continuo godimento di tali profitti induce a confidare nel loro ripetersi. Se il mercato prevede che i prezzi continueranno a salire, è naturale che stocks di merci vengano tenuti da speculatori al rialzo, e per un certo tempo il rialzo può avvenire semplicemente perché si crede che esso avverrà, e quindi si effettuano acquisti speculativi” “Se, per un qualsiasi motivo, il mondo degli affari prevede, a torto o a ragione, una diminuzione dei prezzi, il meccanismo della produzione tende ad essere paralizzato; se invece è previsto un aumento dei prezzi, quel meccanismo tende ad un’attività eccessiva.” (p. 30) La riforma monetaria, 1924

10 Instabilità e aspettative 2
“Non solo […] il verificarsi delle variazioni dei prezzi avvantaggia alcune classi e ne danneggia altre […] ma anche un timore generale di una diminuzione dei prezzi può paralizzare tutto il processo produttivo. […] Il fatto della discesa dei prezzi danneggia gli imprenditori; quindi il timore della discesa dei prezzi li spinge alla difesa che consiste nel ridurre i loro affari; ed appunto dal complesso delle valutazioni del rischio compiute dai singoli imprenditori e dal loro maggiore o minore desiderio di correre questo rischio dipende l’attività della produzione e l’abbondanza di lavoro” (p. 33) La riforma monetaria, 1924

11 Instabilità e aspettative 3
“I cambiamenti nei prezzi vanno a beneficio di alcuni e a svantaggio di altri; inoltre, un’aspettativa generale di caduta dei prezzi può inibire completamente il processo produttivo: se ci si aspetta che i prezzi cadano, non si troveranno sufficienti investitori con un atteggiamento rialzista, il che significa che processi produttivi di lunga durata, che contemplano una continua iniezione di moneta, non possono essere intrapresi; da qui la disoccupazione” (“Currency Policy and Unemployment”, The Nation and Athenaeum, 11 agosto 1923, in Collected Writings XIX, p. 114). Il tema è ripreso più volte, per esempio in “Unemployment in its National and International Aspects”, relazione presentata a un convegno a Londra nel 1924 (ILO, Studies and Reports, Series C, 9, 1924; in Collected Writings XIX, in particolare pp. 184–6, 190).

12 Conflitto di interessi
La classe degli imprenditori: “Se [gli imprenditori] prevedono una diminuzione [dei prezzi], essi, come gruppo, possono avere interesse a limitare la produzione, per quanto tale ozio forzato impoverisca la società nel suo complesso. Se prevedono un aumento, può convenir loro prendere nuovo denaro a prestito e gonfiare la produzione portandola oltre il punto in cui il rendimento effettivo è appena sufficiente per compensare la socità nel suo complesso dello sforzo compiuto” (p. 31).

13 Conflitto di interessi 2
l’imprenditore individuale: di fronte all’aspettativa di gravi perdite dovute al previsto calo dei prezzi, l’impreditore riduce la scala delle proprie operazioni: “Si verifica così una situazione in cui l’imprenditore individuale ha interesse ad agire in senso contrario al pubblico interesse” (“Unemployment in its National and International Aspects”, relazione presentata a un convegno a Londra nel 1924, ILO, Studies and Reports, Series C, 9, 1924; in Collected Writings XIX, p. 185)

14 Instabilità e capitalismo
Trasformando l’uomo d’affari (“propulsore della società e costruttore dell’avvenire”) in speculatore, l’inflazione “scoraggia gli investimenti” e “scredita l’impresa”: Se si trasforma l’uomo d’affari in un profittatore, si colpisce il capitalismo, perché si distrugge l’equilibrio psicologico che rende possibile il mantenersi dell’ineguaglianza dei guadagni. La dottrina economica dei profitti normali della quale ognuno ha una vaga coscienza è condizione necessaria per giustificare il capitalismo. L’uomo d’affari può essere tollerato solo in quanto i suoi guadagni abbiano qualche rapporto con ciò che, all’ingrosso e in un certo senso, la sua opera ha reso alla società. (pp. 25–26). La riforma monetaria, 1924

15 Capitalismo, instabilità e individualismo
Da una parte, “il fatto che la previsione di variazioni nel livello generale dei prezzi influisce sui processi produttivi, ha radici profonde nei caratteri peculiari dell’attuale organizzazione economica della società” (p. 30) D’altro canto, “il capitalismo individualistico, appunto perché affida la funzione di risparmiare ai singoli risparmiatori e la funzione di produrre ai singoli industriali, presuppone una stabile unità di misura del valore, e non può essere efficiente —forse non può sopravvivere— senza di essa” (p. 35) … “malattia mortale dell’individualismo …” (p. 34) La riforma monetaria, 1924

16 La critica al laissez faire
“non è prudente né equo lasciar coesistere l’organizzazione sociale sviluppatasi nel secolo decimonono (e tuttora vigente) con la pratica del laissez-faire riguardo al valore della moneta. Non è vero che la nostra vecchia organizzazione abbia funzionato bene” (p. 20). La riforma monetaria, 1924

17 JMK con Sraffa e Robertson, circa 1930

18 I mali del nostro tempo “Molti dei maggiori mali economici del nostro tempo sono una conseguenza del rischio, dell’incertezza e dell’ignoranza. Cioè le grandi sperequazioni di ricchezza si verificano perché particolari individui, godendo di posizioni o abilità particolari, riescono a trarre vantaggio dall’incertezza e dall’ignoranza, ed anche perché i grossi affari sono spesso una lotteria, che si creano grandi diseguaglianze di ricchezza; e questi stessi fattori sono pure causa della disoccupazione dei lavoratori o della delusione di ragionevoli aspettative commerciali e della caduta di efficienza e di produzione. Tuttavia la cura è al di fuori dell'operato degli individui; può essere nell'interesse degli individui persino di aggravare il male.” “The End of Laissez-faire”, 1926

19 Il laissez-faire: l’inefficacia della politica
“Si supponga che, grazie all’azione di leggi naturali, gli individui che perseguono con cognizione di causa il proprio interesse in condizioni di libertà allo stesso tempo promuovano anche l’interesse generale! Le nostre difficoltà filosofiche sarebbero risolte —almeno per l’uomo pratico, che può mirare i propri sforzi ad assicurare le condizioni necessarie alla libertà. Alla dottrina filosofica secondo cui il governo non ha il diritto di intervenire, e alla dottrina divina che non esiste alcun bisogno che interferisca, si aggiunge la prova scientifica che l’intervento è inefficace. […] Il filosofo politico ha potuto ritirarsi a favore dell’uomo d’affari, poiché quest’ultimo poteva raggiungere il summum bonum del filosofo semplicemente perseguendo il suo profitto privato.” “The End of Laissez-faire”, 1926

20 Il laissez-faire: ipotesi
L’idea di laissez-faire (che non si ritrova nei grandi classici ma solo nei volgarizzatori di metà ottocento e in opere semi-teologiche come le Armonie economiche di Bastiat) è basata su 2 ipotesi semplificatrici: l’assunzione secondo cui gli individui cercano per tentativi, indipendentemente l’uno dall’altro, la condizione per loro migliore; il risultato di queste azioni indipendenti consiste nell’eliminazione, tramite la concorrenza, degli individui che si muovono nel modo sbagliato. Giraffe. Lo stimolo che guida gli individui nel loro comportamento è l’amore per il denaro, perseguito tramite la ricerca del massimo profitto; è chiamato a dirigere la competizione nel più efficiente dei modi. “The End of Laissez-faire”, 1926

21 Il laissez-faire: ipotesi
Ma ciò presuppone “che i processi di produzione e consumo non siano in alcun modo organici, che esista una sufficiente conoscenza preliminare delle condizioni e dei bisogni, e che ci siano adeguate opportunità per ottenere tale conoscenza” “The End of Laissez-faire”, 1926

22 Il laissez-faire: rifiuto
“Non è vero che gli individui dispongano per diritto di una ‘libertà naturale’ nel loro operare economico. Non esiste contratto naturale che conferisca diritti perpetui a ‘quelli che hanno’ o a ‘quelli che acquisiscono’. Il mondo non è governato dall’alto in modo tale da far coincidere sempre l’interesse privato con quello sociale; né è amministrato quaggiù in modo che i due interessi coincidano in pratica. Non è corretto dedurre dai principi dell’economia che un ‘illuminato’ interesse particolare operi sempre nell’interesse pubblico. E non è neppure vero che l’interesse particolare sia in generale illuminato: il più delle volte gli individui che agiscono in proprio per perseguire fini personali sono troppo ignoranti o troppo deboli perfino per conseguire questi loro fini. L’esperienza non dimostra che gli individui, quando costituiscono un’unità sociale, abbiano sempre una visione meno limpida di quando operano singolarmente.” “The End of Laissez-faire”, 1926

23 L’agenda “Dobbiamo tendere a separare quei servizi che sono tecnicamente sociali da quelli che sono tecnicamente individuali. L'intervento più importante dello Stato si riferisce non a quelle attività che gli individui privati esplicano già, ma a quelle funzioni che cadono al di fuori del raggio d'azione degli individui, a quelle decisioni che nessuno compie se non vengono compiute dallo Stato. La cosa importante per il governo non è fare ciò che gli individui fanno già, e farlo un po' meglio o un po' peggio, ma fare ciò che presentemente non si fa del tutto.” “The End of Laissez-faire”, 1926

24 Intervento e individualismo: una via di mezzo
“Queste riflessioni sono indirizzate verso possibili miglioramenti nella tecnica del capitalismo moderno per mezzo dell'azione collettiva. Non vi è nulla in esse che sia seriamente incompatibile con ciò che mi pare sia la caratteristica essenziale del capitalismo, ossia la dipendenza da un estremo appello all'istinto del guadagno ed all'amore del denaro da parte degli individui come la forza motrice principale della macchina economica.” “The End of Laissez-faire”, 1926

25 L’informazione “Credo che la cura per tali cose [incertezza, ignoranza, ecc.] si debba cercare in parte nel controllo deliberato della moneta e del credito da parte di un'istituzione centrale e in parte nella raccolta e nella diffusione su vasta scala di dati riferentisi alla situazione commerciale, compresa la piena pubblicità, obbligatoria per legge se necessario, di tutti i fatti commerciali che sia utile conoscere. Queste misure porterebbero la società ad esercitare una intelligenza direttiva attraverso alcuni organi appositi di azione su molte delle intime complicazioni delle aziende private; e tuttavia lascerebbero intatta l'iniziativa privata. Anche se queste misure si dimostrassero insufficienti, ciò non di meno ci fornirebbero una miglior cognizione di quanta ne abbiamo ora per compiere il passo successivo.” “The End of Laissez-faire”, 1926

26 JMK con Lloyd George alla Liberal Summer School, Oxford, 1927

27 Liberalismo: scelta per esclusione
Il partito Conservatore “non ha prospettive, non soddisfa alcun ideale, non si conforma ad alcun modello intellettuale; non riesce neppure ad evitare i rischi o salvare dai vandali quel tanto di civiltà che abbiamo raggiunto”. Dei laburisti, Keynes apprezza lo slancio morale; ma è un partito di classe, “e di una classe che non è la mia. […] La lotta di classe mi trova dalla parte della borghesia colta” “Am I a liberal?”, 1925 (in: Esortazioni e profezie)

28 All’estrema sinistra dello spazio celeste
[Mi sento] “meno conservatore nelle mie attitudini dell’elettore laburista medio; credo di aver sperimentato, nella mia testa, con cambiamenti sociali ben maggiori di quanto non prevedano le filosofie attuali di Sydney Webb, Mr. Thomas o Mr. Wheatley. La repubblica della mia immaginazione si trova all’estrema sinistra dello spazio celeste. Ma, ciò nonostante, mi sento a casa unicamente con il partito Liberale, fintanto che esiste.” Liberalism and Labour, 1926 (in: Esortazioni e profezie)

29 Via di mezzo 1 “Siamo tradizionalmente il partito del laissez-faire.
Ma così come gli economisti hanno condotto il partito ad adottare questa politica, spero che lo sappiano indurre ad abbandonarla. Non è vero che individui che agiscono separatamente perseguendo il loro interesse economico producono sempre i migliori risultati. È ovvio che una società individualista lasciata a se stessa non funziona bene, neanche tollerabilmente bene. Su questo, sono d’accordo col partito Laburista. Differisco da loro non a proposito della desiderabilità dell’azione statale nell’interesse comune, ma sulla forma che questa interferenza deve prendere. Le loro proposte non sono aggiornate, e sono contrarie alla natura umana. Ma non è salutare né giusto lasciare che le cose si muovano per conto proprio. È nostro dovere pensare alle forme per un controllo saggio e per interferenze praticabili.” [Note per un discorso al Liberal Club, 1923, Coll. Writings XIX, pp ]

30 Via di mezzo 2 I prossimi sviluppi dell’evoluzione politico-economica potrebbero risiedere nella cooperazione tra iniziativa privata e il tesoriere dello Stato. Il vero socialismo del futuro emergerà, penso, da una vasta varietà di esperimenti volti a scoprire le appropriate sfere di pertinenza dell’individuo e del sociale, e le condizioni per una utile alleanza tra i rispettivi istinti. “Does unemployment need a drastic remedy?”, The Nation and Athenaeum, 24 maggio 1924, ripubblicato in Collected Writings XIX, p. 222.

31 Un’economia in transizione
Diffusione rapida dell’azionariato: I manager rischiano poco di loro Gli azionisti sono ignoranti riguardo alla posizione finanziaria delle imprese Crescita della dimensione delle imprese; combinazioni ecc. Rallentamento del ritmo di crescita del secolo XIX -> metodi organizzativi precedenti inadeguati Liberalism and Industry, 1927, in Collected Writings XIX, pp

32 Via di mezzo 3 “Il principale problema politico odierno è la guida sicura del paese attraverso questa transizione e verso una società economicamente efficiente ed economicamente giusta nelle condizioni mutate”. Conflitto tra giustizia e progresso: “una certa misura di ingiustizia sociale è stata spesso condizione necessaria al progresso sociale. Se la società fosse sempre stata strettamente giusta, può darsi saremmo ancora scimmie nella foresta” Liberalism and Industry, 1927, in Collected Writings XIX, pp

33 Proposte 1 Contro l’ignoranza —e l’instabilità che da essa deriva—, in “Liberalism and Industry” Keynes propone che il governo si faccia carico della raccolta e della diffusione di dati riguardanti l’industria, sia per facilitare gli industriali che per essere in grado di anticipare crisi economiche. Il governo deve avviare una riforma della legge sulle società, specialmente riguardo alla pubblicazione dei bilanci. I l governo deve anche essere pronto a sperimentare nuove forme di cooperazione tra pubblico e privato, tentando di ottenere il meglio da entrambi i mondi, a partire dai vantaggi legati alla dimensione delle grandi imprese. Liberalism and Industry, 1927, in Collected Writings XIX, pp

34 Proposte 2 intervento nella regolazione dei salari e delle ore lavorative, per tutelare il benessere dei lavoratori; garantire le condizioni per la mobilità del lavoro fornendo un’adeguata istruzione e preparazione ai lavoratori o a volte preparando direttamente dei piani di dislocazione ove si trovino sovrabbondanti forze lavorative che invece scarseggiano in altri luoghi o professioni. Il governo, infine, deve anche prendersi cura di quei lavori che altrimenti non farebbe nessun altro (pp. 646–7), in particolare le opere con tassi di rendimento troppo bassi o ottenibili solo dopo lungo tempo Liberalism and Industry, 1927, in Collected Writings XIX, pp

35 JMK e Richard Kahn, circa 1930

36 Il Libro giallo Nato su iniziativa della Liberal Summer School, 1926, finanziato da Lloyd George. Hanno preso parte, oltre a Keynes, Hubert Henderson, Phillip Kerr, Ramsay Muir, B. S. Rowntree, Herbert Samuel, E. D. Simon e John Simon, sotto la direzione di Walter Layton; altri (tra cui Dennis Robertson) hanno preso parte ai lavori di comitati speciali. Riprende (nella parte di Keynes, ma anche nell’impostazione generale) ed estende le proposte formulate da Keynes in “Liberalism and Industry” Liberal Party, Britain’s Industrial future (febbraio 1928)

37 Il Libro giallo: l’individualismo ...
          La forza dell’individualismo come tecnica di produzione efficiente dipende principalmente da tre caratteristiche: (i) Si tratta di un metodo ineguagliato per la decentralizzazione delle decisioni, vale a dire, per assicurare che il potere e la responsabilità si trovino il più vicino possibile all’atto e non alla fine di una lunga catena di intermediari.  (ii) Si tratta di un metodo ineguagliato per raggiungere il risultato corretto per tentativi. Quando diversi individui cercano, indipendentemente l’uno dall’altro, di risolvere il medesimo problema, si può trovare la soluzione comparando il successo dei metodi degli altri. […]  (iii) È un metodo ineguagliato per ‘valutare’, vale a dire misurare l’efficienza comparata non solo delle procedure ma anche degli individui. Ciò può essere necessario per la soddisfazione dell’individuo quanto per la selezione del più adatto.

38 Il Libro giallo: ... e la centralizzazione
“d’altra parte la condivisione della conoscenza, l’eliminazione degli sprechi (enormi) legati alla concorrenza, il deliberato perseguimento del beneficio generale in luogo del perseguimento separato dei benefici individuali, costituiscono il vero vantaggio del controllo e della proprietà centralizzata” (Libro Giallo, pp. 64–65), che diventa necessario quando: grandi opere richiedono molti capitali che non riescono ad attirare, condizioni di monopolio rendono pericolose imprese non soggette a regolamentazione o gli azionisti cessano di svolgere una funzione utile (p. 456). Liberal Party, Britain’s Industrial future (1928)

39 Conoscenza e malessere economico
“è la carenza [di conoscenza] ad originare il rischio, l’incertezza, la precarietà degli affari, da cui nascono da una parte la disoccupazione, i fallimenti e gli sprechi, e dall’altra quelle grandi fortune che cadono su coloro che hanno vinto alla lotteria [degli affari] senza aver fatto niente di speciale per meritarselo” (p. 122) Liberal Party, Britain’s Industrial future (1928)

40 Diffusione della conoscenza
“Come può il capitale confluire nei canali appropriati se nessuno conosce i saggi di profitto nei vari settori produttivi? Come può il Lavoro avere fiducia se non si conoscono i reali rendimenti del Capitale in ciascuna industria? Come possono gli imprenditori formulare i loro piani di produzione con prudenza e successo se non conoscono l’ammontare delle scorte esistenti, dell’andamento del consumo e della produzione, della produzione corrente nell’insieme della loro industria? Come può lo Stato formulare una politica o trattare un problema (per esempio quello della disoccupazione) in modo scientifico e razionale se non si conoscono i tassi di crescita o di declino e le linee di tendenza del sistema industriale? Come può la scienza economica diventare una vera scienza, capace forse di portare al genere umano tanti benefici quanto le altre scienze nel loro insieme, fintanto che gli economisti devono lottare per conoscere i dati rilevanti e devono finire per tirare a indovinarli” (pp ) Liberal Party, Britain’s Industrial future (1928)

41 Altre proposte Istituzione di un Board of National Investment che convogli capitale pubblico e, se necessario, privato, da utilizzare per la spesa pubblica in conto capitale Scelta del management con criteri esclusivamente tecnici Costituzione di due comitati permanenti (economisti; politici) per tenere sotto sorveglianza i processi economici e preparare contromisure se richiesto Liberal Party, Britain’s Industrial future (1928)

42 J. M. Keynes e i concorsi di bellezza

43 Link Keynes a micromacro, 1: “John Maynard Keynes”, 11/11/99; con interessanti interviste a Giorgio Lunghini, e uno spezzone video con lo stesso Keynes (al minuto 22.12) Keynes a micromacro, 2: puntata su Keynes a La guerra delle idee (con interviste a Mauro Baranzini, Giorgio Lunghini, Paolo Savona, Friedrich Hayek). [con molti doppioni rispetto al precedente]

44 [instabilità e stabilità]
“Le fluttuazioni possono cominciare con vivacità, ma sembrano esaurirsi prima di spingersi a grandi estremi; e la nostra sorte normale è una situazione intermedia, né disperata né soddisfacente” (TG, p. 415)

45 JMK e Lydia nel 1941

46 Morale della favola 1. Mai fidarsi delle esposizioni dei manuali, ma leggere (e far leggere) gli originali 2. L’incertezza permea il pensiero di Keynes a vari livelli: ha una valenza epistemologica: ……… Metodologica (complessità -> unitamente a organic interdependence) ontologica, analitica politica economica


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