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LE AZIENDE SANITARIE E LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO Dina Guglielmi Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Dipartimento di Scienze dell'Educazione "G.

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1 LE AZIENDE SANITARIE E LA SFIDA DEL CAMBIAMENTO Dina Guglielmi Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Dipartimento di Scienze dell'Educazione "G. M. Bertin"

2 Cambiamenti sociali, economici, tecnologici Fabbisogni di interventi organizzativi Riprogettazione assetto organizzativo Cambiamenti organizzativi Cambiamenti istituzionali Le influenze interne/esterne sul riassetto organizzativo

3 Evoluzione degli assetti organizzativi in ambito sanitario i.Pre-aziendalizzazione (sistema compartimentale, forte specializzazione, gestione di tipo burocratico- funzionale) ii.Aziendalizzazione (sistema dipartimentale con strumenti di gestione operativa di tipo aziendale come budget e sistemi di PeC) iii.Gestione per processi (organizzazione per intensità di cure)

4 Organizzazione per intensità di cure

5 Esperienze di organizzazioni per intensità di cura Nuovo Ospedale di Rotterdam: Abolite di fatto le 63 unità operative; i reparti sono stati riorganizzati per aree tematiche attorno ad alcuni grandi dipartimenti; Previsti 392 letti di medium care e 38 di intensive care. Nuovo Ospedale di Forlì: organizzato secondo il principio delle aree omogenee di degenza; riorganizzato il flusso di pazienti in arrivo con un punto di accoglienza e istituite le UVM, unità di valutazione multi-specialistica.

6 Il caso di Firenze: Progetto «OLA» 3 principi-guida della riorganizzazione: – Organizzazione semplice; – Processi centrati sull’utente; – Valorizzazione delle competenze. Sono stati aboliti i reparti e le degenze sono state organizzate intorno a due blocchi (medicina e chirurgia) con complessivi 180 letti ciascuno e un unico pool di infermieri. Il lavoro è organizzato secondo flussi e processi (6) ben definiti. La definizione dei nuovi flussi ha previsto il coinvolgimento di tutte le professionalità impegnate nell’assistenza.

7 Funzionamento del reparto «classico»

8 Funzionamento per processi

9 Cambiamenti sociali, economici, tecnologici Fabbisogni di interventi organizzativi Riprogettazione assetto organizzativo Cambiamenti organizzativi Cambiamenti istituzionali Le influenze interne/esterne sul riassetto organizzativo

10 CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO

11 Il cambiamento coinvolge una differenza nel modo in cui una organizzazione funziona, in chi sono i suoi membri o i suoi leader, la forma che assume, o come distribuisce le sue risorse”

12 Perché le organizzazioni cambiano? Le organizzazioni cambiano per… - Rimanere competitive (COMPETERE) - Ottenere un vantaggio competitivo rispetto ad altre aziende (CRESCERE) - Adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente (ADATTARSI)

13 Spinte al cambiamento Spinte esterne al cambiamento - ad es. pressioni socio politiche Spinte interne al cambiamento - problemi connessi con le risorse umane - comportamento della direzione

14 Che cosa può essere cambiato? AREE DI INTERVENTO COMPITO - Job design - Impegno fisico e psicologico - Autonomia e discrezionalità STRUTTURA - Centralizzata-decentralizzata - Livelli gerarchici - Distribuzione del potere TECNOLOGIA - Complessità - Grado d’uso da parte dei dipendenti - Integrazione delle tecnologie di produzione nel lavoro PERSONE - Valori, credenze e atteggiamenti - Motivazioni, caratteristiche e spinte - Conoscenze, abilità ed attitudini - Competenze (King e Anderson, 1995)

15 MODELLI DEL CAMBIAMENTO NELLE ORGANIZZAZIONI Modello della presa di decisione razionale; approccio top-down; direttività; Cambiamento come azione sociale pianificata (Lewin) Cambiamento come condizione tipica e continua delle organizzazioni

16 Il modello a 3 fasi di Lewin: 1.Scongelamento 2.Cambiamento 3.Ricongelamento

17 Le fasi del cambiamento secondo Lewin (1951) Scongelamento Cambiamento Ricongelamento Tappe del cambiamento secondo Lewin Lewin definisce il cambiamento come una temporanea instabilità che agisce sull’equilibrio esistente.

18 «Scongelare» la situazione attuale: mettere progressivamente in discussione gli automatismi e gli stili di comportamento e di pensiero esistenti Creare l’esigenza di cambiare Far confrontare con la realtà, documentare evidenze per rendere consapevoli della necessità di cambiare Fase 1: Scongelamento

19 Secondo Schein (1996) perché si giunga allo “scongelamento” del sistema si deve creare: – DISCONFERMA DELLE ASPETTATIVE “fino a ieri questo modo di lavorare ha funzionato, oggi non funziona più!” – “LEARNING ANXIETY”, nelle persone si deve generare il desiderio di apprendere nuove modalità di comportamento. – SICUREZZA PSICOLOGICA più le persone si sentono sicure nello sperimentare il cambiamento più saranno ben disposte verso il cambiamento stesso. Fase 1: Scongelamento

20 Fase 2: Cambiamento Passare all’azione Produrre soluzioni alternative Scegliere la soluzione migliore Sviluppare nuovi comportamenti, atteggiamenti e valori

21 Fare “installare” la nuova situazione Fare individuare e acquisire un nuovo punto di equilibrio Rinforzare i nuovi stili di comportamento e di pensiero (per mezzo di regole e della cultura) Fase 2: Ri-congelamento

22 Illusione positiva di produrre cambiamento dall’alto, con la cooperazione degli interessati Concezione lineare del cambiamento (come se fosse un passaggio evolutivo tra stadi del sistema) Il cambiamento come azione di regolazione della vita organizzativa (e il conflitto?) L’approccio del cambiamento pianificato: i limiti

23 Sviluppo Organizzativo: qualcosa di più della traduzione letterale di Organizational Development E’ una «tecnologia del cambiamento» che ha conosciuto il suo successo nel contesto culturale nord-americano degli anni 60 L’approccio dello Sviluppo Organizzativo

24 W. Krüger suggerisce che è necessario gestire il cambiamento anche sotto la superficie L’approccio dello Sviluppo Organizzativo

25 CAMBIAMENTO SECONDO IL MODELLO DELLO SVILUPPO ORGANIZZATIVO “cambiamento pianificato del contesto di lavoro (organizational work setting) al fine di aumentare lo sviluppo individuale e migliorare le prestazioni organizzative, attraverso la modificazione dei comportamenti lavorativi dei membri dell’organizzazione” (Porras & Robertson, 1992, cit. in Weick & Quinn, 1999) 1)Contesto: e non solo struttura, persone o cultura 2)Congiunto: individuo e organizzazione 3)Modifica dei comportamenti per modificare l’organizzazione

26 …ancora su cambiamento e sviluppo organizzativo “processo di cambiamento pianificato di tutta l’organizzazione … con lo scopo di aumentarne la salute e l’efficacia, intervenendo sui processi organizzativi, in modo che l’organizzazione possa prevedere ed amministrare il suo stesso sviluppo. L’obiettivo … è quello di integrare nel miglior modo possibile i bisogni degli individui con i fini dell’organizzazione di cui fanno parte …” (Sinangil, Avallone, 2001) OBIETTIVI: 1)MIGLIORARE L’EFFICIENZA ORGANIZZATIVA 2)MIGLIORARE LA QUALITA’ DELLA VITA LAVORATIVA DELLE PERSONE

27 Il Modello Gestionale (Lussier, 1996) 1) Definire il cambiamento: stabilire in che modo la situazione attuale sta portando al cambiamento e qual’è il suo obiettivo. 2) Identificare le resistenze al cambiamento: comprendere intensità, fonte e caratteristiche delle resistenze. 3) Pianificare il cambiamento : progettare le carie tappe intermedie che devono portare al cambiamento e monitore l’andamento del processo. 4) Promuovere il cambiamento : trasmettere la necessità del cambiamento coinvolgendo i diversi attori e spiegando quali saranno le conseguenze del cambiamento. 5) Controllare il cambiamento : verificare che il cambiamento si stia svolgendo nel modo desiderato, che sia adeguatamente sostenuto e mantenuto nel tempo. Il modello si basa su quello proposto da Lewin ed è composto da 5 fasi che mettono in evidenza gli aspetti gestionali del cambiamento.

28 Organizzazione come Sistema in Continuo Cambiamento Le organizzazioni sono in continuo cambiamento per adattarsi all’ambiente  cambiamenti incrementali finalizzati al miglioramento continuo. Non c’è bisogno di “scongelare” il sistema perché il cambiamento è già in atto. Non c’è bisogno di “creare” il cambiamento ma di guidarlo

29 Il Modello dell’Incertezza (March, 1981) I cambiamenti sono alla base dell’esistenza delle organizzazioni  le teorie del cambiamento sono teorie dell’azione organizzativa. Il modello si basa su 5 principi: 1) Le organizzazioni cambiano continuamente ma spesso non si riesce a “controllare” tali cambiamenti. 2) Nell’organizzazione i mutamenti dipendono da pochi processi stabilizzanti. 3) Le teorie del cambiamento organizzativo sono modi diversi di descrivere le teorie delle azioni nelle organizzazioni e non teorie diverse. 4) Nella maggior parte dei casi i cambiamenti nelle organizzazioni sono di natura adattiva. 5) L’adattamento all’ambiente mutevole comporta una combinazione di razionalità ed insensatezza.

30 Il Modello Sistemico Ogni tipo di cambiamento ha un impatto su tutta l’organizzazione INPUT Interno: Potenzialità organizzativa Esterno: Opportunità e minacce esterne OBIETTIVI ATTORI ORGANIZZATIVI FATTORI SOCIALI OUTPUT Livelli: Organizzativo Di gruppo Individuale ASPETTI ORGANIZZATIVI METODI (Nadler e Tushman, 1989; cit. da Piccardo e Colombo, 2007)

31 QUALSIASI MODELLO DECIDIAMO DI ADOTTARE AL CENTRO CI SONO: - LE PERSONE E I LORO COMPORTAMENTI - LE RESISTENZE AL CAMBIAMENTO

32 Eccles (1994) identifica 13 possibili cause di resistenza: 1.Problema non compreso. 2.Altra soluzione preferita. 3.Sensazione che la soluzione proposta non funzionerà. 4.Costi personali inaccettabili. 5.Ricompense insufficienti. 6.Timore di non farcela. 7.Minaccia a equilibri esistenti. 8.Messa in discussione di fonti esistenti di influenza e di controllo. 9.Diffidenza per valori e pratiche nuovi. 10.Scarsa volontà di cambiare. 11.Diffidenza verso i motivi per cui la direzione vuole cambiare. 12.Altri interessi più valorizzati. 13.Ridotte prospettive di carriera e di potere. La «Resistenza» al cambiamento

33 Dopo tutto, l’insieme dei dati di ricerca suggerisce che le persone resistono al cambiamento in modo selettivo: Si resiste soprattutto ai cambiamenti sui quali si sente di non avere controllo

34 Fonti di Resistenze al Cambiamento e allo Sviluppo Organizzativo 1. Perché si resiste al cambiamento? 2. Le fonti di resistenza al cambiamento: Individuo Gruppo Organizzazione 3. Superare le resistenze

35 La letteratura scientifica e manageriale sullo sviluppo organizzativo si concentra sui casi di successo LA DISCREPANZA TRA PIANI DI INTERVENTO ORGANIZZATIVO E EFFETTIVA CAPACITA’ DI GESTIONE DEL CAMBIAMENTO PONE SERI INTERROGATIVI NELLE AZIENDE SANITARIE

36 Resistenza “Naturale” al Cambiamento La ricerca di “stati stabili”: con la stabilità si cerca di evitare l’incertezza e di sfuggire all’ansia dell’imprevisto. Le strutture organizzate e le istituzioni sono esempi di forme sociali con le quali si cerca di ottenere stabilità. Creando prevedibilità, facilitano la costruzione di routine comportamentali. I l cambiamento imposto dagli altri è quasi sempre vissuto come una minaccia piuttosto che come un'opportunità.

37 Aspetti Funzionali della Resistenza Conoscere ed essere consapevoli dei pericoli Avere indicazioni sulla sicurezza (safety) Forniscono allarmi e avvertimenti circa potenziali minacce Protegge favorendo la formazione di barriere Riporta il sistema ad uno stato conosciuto e sicuro Contriubuisce a limitare e ridurre i rischi Ciò che viene definito resistenza dipende dal punto di vista dell’osservatore; comportamenti percepiti da alcuni come manifestazioni di resistenza possono essere considerati da altri come utili per opporsi a cambiamenti potenzialmente dannosi. La resistenza può essere funzionale perché aiuta a:

38 Elaborazione Selettiva Informazioni Paura dell’ ignoto Forza dell’ Abitudine Bisogno di Sicurezza Fattori Economici Individuo Cause della Resistenza Individuale al Cambiamento

39 Resistenza Individuale al Cambiamento Spesso è il risultato del tentativo di sfuggire all’ansia nei confronti del “nuovo”. Le reazioni individuali di fronte al cambiamento dipendono da: Emozioni: Il cambiamento e in linea con i miei valori? Ho fiducia in colui/coloro che promuovono il cambiamento? Cognizioni: Conosco e comprendo la natura del cambiamento? Sono d’accordo con le opportunità che sembra offrire? Rispetto alla mia situazione professionale, ai miei valori e ai miei atteggiamenti, come lo “sento”, lo percepisco e valuto? Caratteristiche individuali: sono particolarmente importanti il senso di autoefficacia del soggetto, i suoi atteggiamenti e le sue competenze.

40 Resistenza Individuale al Cambiamento Una ricerca recente ha verificato che l’INCERTEZZA del lavoratore (= stato psicologico di dubbio su quello che un evento significa) sia: - Ridotta dalla percezione di un cambiamento attentamente pianificato, - Accresciuta dalla elevata frequenza di cambiamenti - Accresciuta dalla percezione di cambiamenti significativi negli aspetti ‘core’ dell’organizzazione A sua volta, l’incertezza diminuiva la soddisfazione lavorativa e aumentava l’intenzione di turn-over da parte dei lavoratori. Rafferty e Griffin (2006). Perceptions of Organizational Change: A Stress and Coping Perspective. Journ. Appl. Psych., Vol 91(5) Sep 2006, 1154-1162.

41 Perdita di autonomia e/o potere Groupthink Norme sociali del gruppo Coesione del gruppo Valori Gruppo Cause della Resistenza del Gruppo al Cambiamento

42 Resistenza del Gruppo al Cambiamento Tanto più l’ambiente è incerto e gli eventi si prestano a varie interpretazioni tanto più la persona si baserà sulle informazioni fornite dal gruppo di appartenenza per “dare senso” a ciò che sta accadendo. Attenzione focalizzata culle caratteristiche del gruppo e sui processi di gruppo. Questi elementi possono influenzare sia positivamente che negativamente le prestazioni individuali.

43 Resistenza del Gruppo al Cambiamento Caratteristiche del gruppo: - coesione, i membri di gruppi molto coesi tenderanno ad uniformarsi maggiormente alle decisioni del gruppo; - leadership, influenza il comportamento dei membri; - norme, i cambiamenti sono in contrasto con le norme del gruppo?; - clima, percezioni condivise dei membri che influenzano la valutazione del cambiamento.

44 Resistenza del Gruppo al Cambiamento Processi di gruppo: - groupthink porta il gruppo ad avere un’eccessiva attenzione per il mantenimento dell’uniformità facendo diminuire di conseguenza la capacità di adattamento. - partecipazione nelle decisioni di gruppo; - gestione efficace dei conflitti e delle divergenze; - supporto (dei colleghi e dei superiori) al cambiamento; sicurezza intergruppo; - “riflessività” (i membri hanno la possibilità di riflettere sugli obiettivi, i processi e le strategie del gruppo?); - influenza minoritaria.

45 Le Relazioni tra Gruppi di Potere Il cambiamento conduce ad una redistribuzione del potere tra i vari gruppi di interesse dell’organizzazione. Laddove vi e’ forte competizione tra interessi, il cambiamento puo’ essere ostacolato da gruppi che percepiscono una potenziale lesione del proprio potere

46 Struttura/gerarchia Allocazione delle risorse Clima e cultura Comunicazione inefficace Organizzazione Cause Organizzative di Resistenza al Cambiamento Management

47 Più le organizzazioni sono gerarchizzate meno sono flessibili. Si genereranno resistenze al cambiamento se l’organizzazione non riuscirà a rendere gli obiettivi del cambiamento: -Chiari, cioè facilmente comprensibili dalle persone. -Adeguati, caratterizzati cioè da un ragionevole grado di difficoltà. -Verificabili, fornendo cioè feedback per valutare lo stato di avanzamento del cambiamento. -Coordinati, i diversi obiettivi dell’organizzazione devono cioè essere coerenti. (Modica, 1984) Cause Organizzative di Resistenza al Cambiamento

48 Forme di Resistenza al Cambiamento Aperta e Immediata Protesta manifesta (esprimere dubbi, lamentele, cercare di modificare il cambiamento o indurre altri a resistere) Implicito e nascosto Atteggiamenti passivi (tendenza a ritardare il cambiamento) Inattività (lasciare che il cambiamento accada) Uscita Risultati: perdita di motivazione, aumentati errori, assenteismo, malumori, insoddisfazione lavorativa, sabotaggio, …

49 Superare le Resistenze al Cambiamento Empatia e Supporto Aiutare i lavoratori a comprendere e a sperimentare in modo positivo il cambiamento Comunicazione Ridurre il gossip e le paure non fondate, riducendo anche l’incertezza sulle potenziali conseguenze del cambiamento Partecipazione e Coinvolgimento Aumentare il senso di padronanza e di impegno da parte dei lavoratori nel cambiamento

50 Superare le Resistenze al Cambiamento A B Partecipazione e coinvolgimento Supporto e facilitazioni Incentivazione Negoziazione e accordo Manipolazione e cooptazione Coercizione Si sceglie la strategia più adeguata sulla base dei seguenti fattori: 1)Resistenza prevista; 2) Potere del promotore del cambiamento 3)Bisogno di informazioni 4) Rischio potenziale connesso al mancato cambiamento 5) Ampiezza del cambiamento

51 Le ricadute dei cambiamenti strutturali e la resistenza al cambiamento si evidenziano primariamente nel sistema dei ruoli…

52 Il Ruolo In generale può essere definito come l’insieme di norme e aspettative che convergono su una persona in quanto occupa una determinata posizione all’interno di una rete di relazioni sociali Il ruolo organizzativo è uno spazio di attività affidato a una persona che occupa una determinata posizione all’interno del sistema organizzativo e definito da un obiettivo fondamentale

53 Le 3 aree del ruolo AREA PRESCRITTA ATTIVITA’ COMPORTAMENTI SPIRITO DI INIZIATIVA - INNOVAZIONE

54 Il rapporto tra ruolo atteso e ruolo praticato Il rapporto ideale tra ruolo atteso e ruolo praticato sarebbe di totale sovrapposizione e coincidenza, ciò però accade raramente. Più realisticamente possiamo considerare soddisfacente il caso in cui il ruolo praticato esprime comportamenti sostanzialmente in linea con quelli pre-figurati dal ruolo formale.

55 ruolo atteso = ruolo praticato Ruolo praticato Ruolo atteso I comportamenti di ruolo effettivamente realizzati dalla persona sono, in sostanza, in linea con i comportamenti attesi dalla configuarazione del ruolo organizzativo.

56 ruolo atteso > ruolo praticato I comportamenti di ruolo non sono sufficienti a soddisfare le attese dell’organizzazione: o qualche altro ruolo sopperisce o qualche altro ruolo sopperisce o si avranno effetti negativi o si avranno effetti negativi sull’intero sistema Ruolopraticato Ruolo atteso

57 ruolo atteso < ruolo praticato Può generare comunque delle disfunzioni: sovrapposizioni di ruoli sovrapposizioni di ruoli confusioni di ruolo (chi fa che cosa) confusioni di ruolo (chi fa che cosa) inefficienze e ripetizioni inefficienze e ripetizioni commistione di obiettivi commistione di obiettivi di ruoli differenti Ruolo praticato Ruolo atteso

58 RICOSTRUZIONE DEI RUOLI check up dei contributi di cui l’organizzazione ha bisogno da parte delle persone PROCESSO attività aspettative comportamenti capacità OGGETTO DI INDAGINE il ruolo comportamenti attesi nell’ambito dell’organizzazione (cultura organizzativa) FONTI -output del lavoro -job description -organigrammi -interviste -focus group

59 L’OGGETTO DI INDAGINE RUOLO POSIZIONE Quali attività devono essere svolte Quali responsabilità devono essere presidiate (cosa fare) COMPETENZA Attività attese in base agli obiettivi che la strategia si pone (cosa si dovrebbe fare) Comportamento atteso in base alla cultura aziendale, e dunque in base al sistema di regole, valori, norme ( come fare ) Patrimonio della persona che le permette – se sussistono adeguate condizioni contestuali - di esprimere i comportamenti richiesti dal ruolo

60 IL PROCESSO Rilevazione delle attività effettive Individuazione delle aspettative di ruolo Individuazione dei comportamenti che soddisfano le aspettative di ruolo Definizione delle capacità che sottendono ai comportamenti Analisi posizione Job Description Organigramma Interviste Focus Group Categoria più generale che raccoglie e classifica le attività attese nel ruolo Dalla dimensione delle attività (cosa fare) alla dimensione dei comportamenti (come fare) Dalla dimensione dei comportamenti (osservabile) alla dimensione psicologica (non direttamente osservabile) Non coincidono con i comportamenti ma si esprimono attraverso i comportamenti


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