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Istituto Comprensivo Campagna Capoluogo Classi I A- B- C e II A- B- C.

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Presentazione sul tema: "Istituto Comprensivo Campagna Capoluogo Classi I A- B- C e II A- B- C."— Transcript della presentazione:

1 Istituto Comprensivo Campagna Capoluogo Classi I A- B- C e II A- B- C

2 I L NONNO RACCONTA …

3 Il giorno era stato chiaro e una luce fredda aveva rivestito le vie e le montagne dei suoi gelidi bagliori invernali in quella vigilia di Natale. Ma, all’imbrunire, il tempo cambiò e dal grigio venne una pioggerellina sottile, che imperlò di umido le facciate delle case e rinverdì i muschi tra gli antichi basalti delle vie. Nella fumosa cucina della nonna, al piano terra di Corso Umberto I n. 35, accanto al focolare, osservavo i ceppi scppiettanti e le faville che s’avviavano per l’ampia cappa a chissà quali plaghe misteriose del cielo. Aspettavo con ansia i miei cugini per iniziare le nostre partite a tombola o a carte o a monopoli, perché per noi, mancando la televisione, il Natale era la festa del gioco e dello stare insieme nel caldo tepore delle case. Poi arrivavano i miei cugini, festosi ed impazienti, e si cominciava tutti insieme, tra trattenuti mugugni e scoppi di gioia, nella interminabile contesa. Intanto mia nonna, mia madre e le mie zie impastavano acqua e farina, stendevano la massa morbida della pasta sulla stenditoia e ne facevano zeppole in forme di cerchi; poi davano di piglio ad un’ampia padella, la riempivano di olio e la collocavano sul fuoco. Quando l’olio era arrivato alla temperatura giusta vi mettevano le zeppole ed aspettavano che diventassero bionde per prelevarle e collocarle in una grossa bacila. Bisognava stare attente, però, a non stare troppo vicine al fuoco, perché qualche grumo di farina rimasto poteva scoppiettare e colpire l’incauta con olio bollente. Poi veniva il rito del miele, prelevato con una forchetta dall’apposito barattolo e cosparso abbondante sul fritto fragrante. Che poesia quella delle zeppole! Non conoscevamo dolci più elaborati e con quel loro semplice impasto di farina, acqua e miele cosparso ricordavano antichissimi riti gastronomici, quelli dei Romani o dei nostri antenati Opici. A sera, più tardi, arrivavano i miei zii. Ora il gioco si allargava ai grandi, ma la passione era la stessa e qualcuno sinanche dava peso alle monete perse o protestava per l’atteggiamento di certi numeri che si rifiutavano di uscire quasi per dispetto; da allora quel numero 11, in aggiunta alla smorfia, divenne per tutti la ‘sfortuna di zio Mastantonio’. Ad un certo punto, però, nonna Mariannina dava ordine di sospendere il gioco e collocava al centro del tavolo il grande vassoio oblungo delle zeppole. Io non aspettavo altro e me ne facevo una vera e propria spanciata. Giungevano così la mezzanotte ed anche l’una. A noi ragazzi sembrava chissà quale fatto straordinario andare a letto così tardi, perché, finita la cena frugale, di solito si andava tra le coltri, a rincorrere i sogni, non oltre le ore 21,00. La mattina dopo: giorno di Natale! Noi ragazzi ci si alzava più tardi ed un poco intorpiditi, ma le nostre mamme già da ore erano in piedi a preparare la pasta in casa e il ragù nel tegame di coccio messo a gorgogliare a fuoco lento e il galletto ‘’mbuttunato’ con uova, pinoli e mollica di pane e l’arrosto di capretto e il ‘cammenariello’, piatto di contadini preparato con le frattaglie del capretto e reso più gradevole da una punta di amaretto. Nella tarda mattinata si andava a messa e ad ammirare il grande presepe costruito sotto la navata della Cattedrale. Il vescovo Palatucci officiava solenne dall’altare e dal suo seggio, con i sacri paramenti ed il bastone pastorale. Si tornava a casa in mezzo alle vie affollate ma un poco sonnacchiose nel fulgore del sole invernale. A casa veniva il rito del pranzo collettivo di nonni, zii e nipoti, con tutte quelle pietanze insolite, che venivano sulle nostre mense soltanto a Natale ed a Pasqua; attese pertanto come un fatto straordinario a solennizzare una festa che era già solenne per altre ragioni (religiose). Io, in tali circostanze non mi sono mai alzato da tavola a stomaco leggero, perché dell’abbuffata avrei dovuto conservare il ricordo fino alla futura grande festività religiosa. Voi riderete di me e direte, forse, che il grande assente nei nostri pensieri era Gesù Bambino, ma tant’è: questo era il nostro ‘piccolo mondo antico’, fatto di poverissime cose, ma anche di valori condivisi e capace, più di oggi, di gustare le piccole gioie che il mondo può offrire.

4 Il Natale raccontato dalla nonna Quando ero bambina la sera ci si riuniva intorno al focolare che era il centro della casa: serviva a riscaldarci, a cucinare, a bruciare un bel po' di rifiuti e, cosa più importante, a socializzare. Davanti al focolare, infatti, i membri della famiglia e del vicinato si riunivano, discutendo dei più svariati argomenti, spesso scambiandosi confidenze e pettegolezzi, comunque facendosi reciprocamente compagnia. Il focolare rappresentava anche un momento di confronto generazionale: i giovani potevano ascoltare le parole degli anziani, parole alle quali, in quella società, si portava rispetto e si attribuiva molta importanza. Nelle lunghe sere invernali si narravano storie e leggende che, di volta in volta, venivano sempre un po' modificate da chi le raccontava. Anche durante le feste di Natale, anzi soprattutto a Natale, il centro della casa era il camino! Noi bambini ci incantavamo, sia per le storie che ascoltavamo sia guardando ardere la legna che si consumava in lingue di fuoco; ogni tanto un pezzo di legna meno secco produceva un rumore come di soffi e sfrigolii: allora si sputava sul fuoco e si diceva che qualcuno stava parlando male di noi. Di solito, quando non si andava a scuola, sia noi bambine sia i bambini (che però si riunivano tra di loro facendo altri tipi di giochi!) giocavamo per strada perchè non c'erano pericoli: le automobili che circolavano erano poche, si andava da soli a scuola, a comprare il pane o a trovare un amico; la mattina di Natale, però, ci si alzava presto perchè si andava a Messa, a dare gli auguri a qualche parente e poi si doveva tornare a casa per finire di preparare il pranzo. Il pranzo di Natale!!! Si consumava insieme a tutti i parenti e può sembrare una misera cosa se paragonato ai sontuosi pranzi che si fanno oggi, ma allora era il momento di “pancia mia fatti capanna”... Tutte le “donne di casa” (mamme, nonne e zie), preparavano il pranzo natalizio che era molto atteso da tutte le famiglie perché era una delle poche occasioni in cui si potevano gustare quei cibi e pietanze che raramente si mangiavano nel corso dell’anno, soprattutto i dolci, la cui preparazione noi bambini seguivamo con molta attenzione, cercando di assagggiare qualche zeppola “calda calda”,appena tolta dalla padella; allora ci veniva detto che se avessimo mangiato le zeppole mentre si cuocevano, sarebbe sparito l'olio dalla padella e non avrebbero più potuto friggerne altre!(Tutto all'insegna del risparmio, ma anche per insegnarci ad aspettare e gioire nel ricevere poi una cosa desiderata). Durante il pomeriggio e poi anche a sera, si giocava a carte o a Tombola, segnando i numeri con piccoli pezzi di buccia di mandarini (perchè papà diceva che se si usavano i fagioli questi scivolavano dalle “cartelle” e poi bisognava ricontrollare tutti i numeri estratti!) A proposito del Natale ricordo che a scuola la maestra ci faceva preparare la letterina con i buoni propositi: sarò brava, ubbidiente ecc., letterina che poi io e la mamma mettevamo in gran segreto sotto il piatto di papà il giorno di Natale (naturalmente io ero convintissima che la cosa avvenisse all' insaputa di papà!). Mentre mangiava papà fingeva di accorgersi della lettera che poi io leggevo; lui come regalo mi dava 10 lire, con le quali poi sarei andata alla “puteca” vicino casa a comprare “barchette” di liquirizia, mentine e “sciù sciù”.

5 A volte, quando eravamo un po' più grandicelle, la maestra ci faceva imparare a memoria una poesia sul Natale da recitare durante il pranzo (di solito stando in piedi su una sedia). Non si facevano particolari addobbi, ma papà, in un angolo della stanza sgombrato per l'occasione, faceva un bel presepe con statuine di gesso (ogni anno ne comprava una o due nuove, in base al loro costo!), casette di legno costruite e dipinte da lui e tanto muschio che nei giorni precedenti avevamo raccolto nei boschi. Poi arrivavano gli Zampognari, a volte gli stessi dell'anno precedente, a volte facce nuove; alcuni molto bravi, altri meno: entravano, suonavano “Tu scendi dalle stelle”,veniva loro offerto un bicchiere di vino, bevevano e andavano in un'altra casa a risuonare i loro strumenti; se venivano a casa nostra all'inizio del giro del paese era un piacere ascoltare la novena accanto al presepe, ma dopo varie case visitate, dopo vari bicchieri offerti e accettati, era difficile riconoscere quale melodia stessero suonando!!! Natale era una festa principalmente religiosa e non c'era l'arrivo di Babbo Natale con i suoi doni! Per noi bambini i regali arrivavano la mattina del 6 Gennaio, portati dalla Befana ed erano regali che oggi un bambino non degnerebbe di attenzione neppure per un secondo: calze con dentro un'arancia, un mandarino, qualche caramella, alcune noci e castagne, qualche monetina e un pezzetto di carbone a indicare che non sempre ci eravamo comportati bene; i più fortunati ricevevano alcuni giocattoli: trenini, trottole o cavallucci a dondolo per i maschietti e per noi femminucce bambole o attrezzi in miniatura per la cucina. C'erano anche sciarpe, magliette e calze fatte ai ferri da mamme, nonne e zie. Ricordo l'emozione e la magia di trovare al mattino, là dove la sera prima non c'era niente, calze e regali attaccati a fili di spago che la mamma aveva provveduto a sistemare mentre io dormivo! Per rendere ancora più credibile tutta la vicenda appendeva una calza anche a lato del letto di papà e io mi divertivo a vedere cosa avesse messo la Befana nella sua calza (solitamente agli, cipolle e patate)! Forse il Natale di “qualche“ anno fa era più povero e semplice, ma certamente più sentito come festa religiosa; oggi Natale è diventato una festa consumistica: lo si attende (specialmente da parte dei bambini) solo per i regali e per le vacanze; oggi si basa tutto solo sull'apparenza! Il Natale ha perso tutta la sua magia, purtroppo come molte altre cose. Spesso racconto ai ragazzi di oggi le emozioni vissute ai miei tempi durante il Natale, loro mi ascoltano per un po’, poi si annoiano e vogliono fare altre cose. Mi dispiace che non possano vivere il “mio” Natale con le tradizioni, i grandi valori e la felicità che scaturiva dal sapersi accontentare e da una ingenuità e spensieratezza ormai perdute.

6 Il Natale campagnese Nelle famiglie campagnesi, più legate alle tradizioni, la cena della vigilia e il pranzo di Natale sono riti irrinunciabili e assumono caratteristiche ben definite. La sera della vigilia il pesce, quello povero, era ed è protagonista del cenone, mentre il pranzo natalizio si arricchisce di carne e verdure; entrambi i menù, sono completati da dolci tradizionali, molto semplici, i cui colori e profumi, però, accompagnano tutte le feste natalizie. “MEGLI∂ MURÌ SAZI∂CA' CAMPÀ RIUN∂”

7 Menù per il Natale campagnese A sera ra vəggilia cə volənə: vərmicielli cu a mullica rə panə vruoccələ frittə cu ll’alicə salatə scarola stufata accə baccalà e patanə a ’nzalata rə rinforzə u baccalà e u capitonə frittə e purə na pignata rə calamariellə struffələ, susamiellə e cauzunciəllə rə castagnə U yuorno rə Natalə ce volənə : maccarunə r' zit cu rragù a mənestra marətata a gallina intə u’ brorə a ‘nzalata rə riforzə i vruoccələ rə Natalə a' nzalata cu llimone struffəli, scauratiellə, susamiellə, zəppulelle crəsciutə cu ru melə. Nel testo è stato inserito il segno speciale /ǝ/ per indicare un suono vocalico muto ed indistinto. La presenza di questa vocale muta è la principale caratteristica del dialetto campagnese (e meridionale).

8 PROVERBI SULNATALE Il proverbio è un'espressione colorita, a volte cruda, altre volte tenera, oppure sarcasticamente arguta. Quelli napoletani sono la valvola di sfogo del Popolo vesuviano immerso in mille problemi Comme Catarinea Barbareja e comme Barbareja Natalea. (Come è il tempo a Santa Caterina così è a Santa Barbara e a Natale.) Natale cu sole, Pasca cu ciuppon (Di solito a Natale c'è il sole e a Pasqua si deve accendere il fuoco) A Natale tutte scurzetelle, a Pasca tutte mullechelle. (A Natale tutti gusci, a Pasqua tutte briciole.) Addo' 'e fatte Pasca llà t faje Natale. (Dove hai fatto Pasqua lì fai pure Natale.) Chi magna a Natale e pava a Pasca, fa 'nu buono Natale e 'na mala Pasca. (Chi mangia a Natale e paga a Pasqua farà un buon Natale ed una cattiva Pasqua.) Natale cu i tuoj e Pasca cu chi vuoj. (Natale trascorrilo con i tuoi familiari, Pasqua con chi vuoi.) Natale e Befania tutte e ffeste porta via. Risponne a Cannelora: 'Nce stong i ancora. ( Dopo il Natale e l 'Epifania tutte le feste vanno via. Risponde la Candelora:Ci sto io ancora.) A Natale suliciell, a Pasca fucariell. (A Natale c'è un po' di sole e a Pasqua ci si deve riscaldare con il fuoco.)

9 POESIA SUL NATALE PECCHE’ SULO A NATALE? (Luciano Somma) ‘O suono ‘e na zampogna na smania ‘e vulè bbene, N’albero chino ‘e luce nu desiderio ‘e pace. Se stenne ‘a mano pure a n’antico rivale se sprecano l’augurie, è ggià, pecch’è Natale. Sarrà p’‘o clima ‘e festa che porta ‘a ricurrenza, ‘o core cagna veste ritrova na cuscienza. ‘Sta vita, pe’ nu juorno diventa na livella e ‘a ggente tutt’attuorno chisà, pare cchiù bella! Pure n’ommo ‘nfamone carezza n’animale nun fà cchiù ‘o fetendone le pare naturale. ‘O popolo ‘e stu munno, arravugliato ‘e male, diventa bbuono ‘nfunno… Pecchè sulo a Natale?

10 LA FESTA DELLA BEFANA Per i bambini oggi la Befana è quasi una sconosciuta!!! Vediamo quindi di ripercorrerne un po' la storia! Non sappiamo in che paese o regione italiana sia "nata" la Befana, ma si comincia a trovarne qualche traccia a partire dal XIII secolo. Poi, col passare del tempo, questa festa è divenuta una delle più importanti e attese da tutti i bambini, almeno fino a qualche decennio fa, quando è stata “soppiantata” da Babbo Natale. Ma chi è la Befana? La Befana è una piccola vecchia strega bisbetica che intimidisce i bambini, ma allo stesso tempo è una donna di buon cuore che, volando su una scopa con un sacco sulle spalle, porta dei doni ai bambini buoni, in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi. La Befana viene rappresentata sempre in questo modo: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate. Cosi la ritroviamo descritta anche nelle filastrocche: La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte col cappello alla romana... viva viva la Befana! Ci sono più versioni sulla leggenda della Befana: la prima è appunto legata ai tre re Magi. La leggenda vuole che i Tre Re Magi stavano andando a Betlemme per rendere omaggio al Bambino Gesù.Giunti in prossimità di una casetta decisero di fermarsi per chiedere indicazioni sulla direzione da prendere. Bussarono alla porta e venne ad aprire una vecchietta. I Re Magi chiesero se sapeva la strada per raggiungere Betlemme perchè là era nato il Salvatore, ma la vecchia non seppe dare nessuna indicazione. I Re Magi chiesero quindi alla vecchietta di unirsi a loro, ma lei rifiutò perchè aveva molto lavoro da sbrigare. Dopo che i tre Re se ne furono andati la donna capì che aveva commesso un errore e decise di unirsi a loro per andare a trovare il Bambino Gesù, ma nonostante li cercasse non riuscì più a trovarli; allora fermò ogni bambino per dargli un regalo nella speranza che questo fosse Gesù Bambino. Così ogni anno, la sera dell'Epifania. lei si mette alla ricerca di Gesù e si ferma in ogni casa dove c'è un bambino per lasciare un dono. Un’altra leggenda dice che la Befana rappresenta l’anno vecchio che dopo le feste natalizie, nel periodo della nascita del nuovo anno, passa portando dei regali. Per confermare questa idea c’è un detto popolare che dice:" l’Epifania tutte le feste porta via". Il termine Befana è la corruzione di Epifania, cioè “manifestazione”. Nella notte tra il 5 e il 6 Gennaio, a cavalcioni di una scopa, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), passa sopra i tetti e, calandosi dai camini, riempie le calze lasciate appese dai bambini. Questi, da parte loro, preparano per la buona vecchia, in un piatto, qualcosa da mangiare. Il mattino successivo insieme ai regali troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto. Ai tempi dei nostri nonni nelle case si attendeva la Befana attaccando al caminetto una calza di lana lavorata a mano dalle mamme o dalle nonne. Quando i doni della Befana arrivavano, tutti i bambini erano molto contenti perché era l’unica festa in cui ricevevano dei regali e dei dolci. Nelle calze i bambini trovavano poche cose: qualche mandarino, delle caramelle, dello zucchero d’orzo fatto in casa, delle castagne, delle noci e dei lupini; bisognava che i bambini fossero buoni almeno due mesi prima della festa, altrimenti ricevevano del carbone, della cenere, delle cipolle e dell’aglio. Nella calza non c’erano giocattoli, se non delle bambole di stoffa cucite dalle mamme o dalle nonne o qualche animaletto di legno intagliato dai papà o dai nonni. Nessun bambino per Natale si aspettava dei doni perchè a questo compito ci pensava la Befana, che tutti i piccoli attendevano con un misto di trepidazione e paura: trepidazione perchè era una delle poche, se non l'unica occasione per ricevere regali, anche se modesti, paura perchè se durante l'anno non si erano comportati bene e non erano stati buoni e bravi, al posto dei regali avrebbero ricevuto solo del carbone.

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