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Motore di ogni azione umana, anche quella educativa, è l’intenzionalità, ovvero la motivazione profonde che ci spinge ad agire L’intenzionalità non si.

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Presentazione sul tema: "Motore di ogni azione umana, anche quella educativa, è l’intenzionalità, ovvero la motivazione profonde che ci spinge ad agire L’intenzionalità non si."— Transcript della presentazione:

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2 Motore di ogni azione umana, anche quella educativa, è l’intenzionalità, ovvero la motivazione profonde che ci spinge ad agire L’intenzionalità non si può considerare come qualcosa di insito nell’essere umano, né il risultato della semplice interazione con l’ambiente Essa è al contempo: Costruttiva Implicita Intersoggettiva

3 è l’esito di processi relazionali che rendono possibile o inibiscono l’emancipazione dalla duplice prigionia dell’imprinting naturale - connesso alla costruzione della struttura neuronale sulla base delle esperienze - e culturale - esito delle imposizioni culturali

4 Imposizioni culturali/memi Dawkins definisce le imposizioni culturali memi, replicatori della cultura analoghi ai geni, ai quali è connessa la nostra “conoscenza disposizionale” (Popper) esito della trasmissione di alcuni comportamenti da una generazione all’altra.

5 A partire da questa trasmissione si genera il cosiddetto “senso comune”, ovvero “l’insieme di ciò che ognuno considera ovvio, all’interno di una certa comunità, e in un dato momento della storia”, una conoscenza pratica che si manifesta nelle azioni irriflesse della vita quotidiana e nelle interpretazioni immediate della realtà e delle persone che ci circondano

6 Senso comune I suoi contenuti sono “definiti dalla tradizione esistente entro i confini di una comunità data” e “trasmessi da una generazione all’altra”, i presupposti sono dati per scontati in quanto coincide con “quello che ciascuno pensa che tutti gli altri pensano”.

7 Il senso comune generato dai memi è, dunque, una sorta di routine cognitiva, un’abitudine socialmente condivisa, un automatismo derivante da un accordo circa gli aspetti rilevanti in una data situazione, “e dunque di intendere il significato che è consono a un contesto.”

8 A partire da queste riflessioni si può affermare che incidono in maniera determinante sulla pedagogia implicita del formatore da un lato le esperienze di vita, le quali generano una graduale costruzione di circuiti neuronali preferenziali che rappresentano il fondamento biologico della generazione dei comportamenti volontari, dall’altro i modelli di formazione fruiti nell’ambito dei percorsi formativi formali, ai quali guardare in maniera speculare nella costruzione di strategie per l’azione.

9 Pedagogia popolare (implicita) Gli allievi apprendono per imitazione: l’acquisizione di Know-how. Questo modello si basa sulla convinzione che l’allievo non sappia fare X e possa imparare se gli viene mostrato. Si presuppone inoltre che voglia fare X. La competenza si identifica con il talento, la perizia e l’abilità e non tanto con la comprensione. Si tratta di un modello tipico delle società poco avanzate in cui non è necessaria l’acquisizione di competenze flessibili. Gli allievi imparano dall’esposizione didattica: l’acquisizione di conoscenza proposizionale (vs procedurale). L’assunto di partenza è che l’allievo non possegga alcuna conoscenza e che solo imparare, ricordare ed applicare fatti, principi e regole di azioni che derivano dall’esterno possa consentirne la crescita. I libri, il sapere dell’insegnante … vanno consultati ed appresi. “Questa visione presume che la mente di chi apprende sia una tabula rasa. Le conoscenze che vengono immesse nella mente vengono considerate cumulative, una sorta di costruzione progressiva in cui le conoscenze si sommano via via alle precedenti. Più importante ancora in questa concezione è l’assunto che la mente dell’allievo sia passiva, sia un ricettacolo che aspetta di essere riempito.” (Bruner, La cultura dell’educazione)

10 Pedagogia popolare (implicita) Gli allievi come pensatori: lo sviluppo dello scambio intersoggettivo. In questa concezione l’insegnante si preoccupa di capire cosa pensa l’allievo e come arriva a convincersi di certe cose. Questa visione presume che l’allievo, come l’adulto, sia in grado di costruire un modello del mondo a partire dal quale interpreta la propria esperienza. Il compito del formatore è quello di insegnare a vedere le cose in maniera meno unilaterale confrontandosi con punti di vista diversi dal proprio e correggendo le proprie convinzioni attraverso lo scambio dialogico (esplicitazione) e l’autoriflessione (metacognizione). Questo modello didattico fondato sulla reciprocità, sul dialogo e sulla negoziazione e “più rivolto all’interpretazione e alla comprensione che al raggiungimento di una conoscenza fattuale o di una prestazione specializzata”.

11 Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica Gli allievi come soggetti intelligenti. La gestione della conoscenza “obiettiva”. Si basa sulla necessità di distinguere tra conoscenza personale e conoscenza “scientifica” intesa quest’ultima non in senso assoluto ma come conoscenza che è stata dimostrata con le migliori prove possibili nel corso della storia e pertanto ha assunto una forma stabile e consolidata. Pedagogia popolare (implicita)

12 Pedagogia esplicita mentre in un ambiente culturale “chiuso” i modelli formativi (memi) a cui guardare in maniera speculare e sui quali riflettere criticamente sono riconducibili ad un’unica matrice teorica, nel momento in cui ci si trova in un contesto culturale connotato da una pluralità di punti di vista e prese di posizione, il rischio è quello di favorire operazioni di tipo sincretistico tra posizioni contrastanti, dando vita ad interventi disorganizzati e poco coerenti.

13 I modelli della formazione Oggi sono presenti almeno due modelli che affondano le loro radici nella tradizione della cultura occidentale: Il modello dell’autonomia Il modello dell’eteronomia

14 Nel corso della storia si sono alternati diversi modelli di interpretazione del processo di formazione che tendevano di volta in volta a dare maggiore peso al “soggetto” in formazione o all’“ambiente” in cui è inserito

15 Soggetto – autonomiaAmbiente - eteronomia la dotazione genetica innata incide in misura poco significativa, mentre un rilievo determinante viene attribuito all'ambiente il formatore assume un ruolo dominante sul soggetto in formazione. pratiche educative fortemente centrate sul soggetto conoscente, esaltazione delle potenzialità specifiche e spesso considerate innate. Il compito dell’educatore è quello “di far nascere, di estrarre, a mo’ di levatrice, queste potenzialità già presenti” “soggetto” in formazione o all’“ambiente” in cui è inserito.

16 AutonomiaEteronomia Paideia Eta’ moderna Formazione=entelechia Formazione= tras-formazione Maturità conseguita in virtù delle potenzialità personali (Socrate, Aristotele) Maturità conseguita grazie all’influenza della cultura (Locke, Rousseau) Formatore=guida, maieutaDipendenza dal formatore

17 Locke Educazione= processo di addizione LA MENTE E’ UNA TABULA RASA Il bambino e’ privo di forma, e attraverso l’educazione la ragione l’autocontrollo il senso del pudore puo’ essere tras-formato in adulto civilizzato e buon cittadino Rousseau Educazione= processo di sottrazione INFANZIA E’ SPONTANEITA’ CREATIVITA’ CURIOSITA’ SINCERITA’ Il bambino e’ privo di forma, e attraverso l’educazione la ragione l’autocontrollo il senso del pudore viene de-formato

18 comportamentismocognitivismo L’influenza dell’ambiente è enfatizzata a scapito del mondo interno: l’apprendimento è realizzabile mediante la manipolazione delle sole variabili ambientali, attraverso l’ottimizzazione di stimoli selezionati e la somministrazione di rinforzi L’apprendimento è prodotto da un processo di rielaborazione dello stimolo ambientale attraverso le rappresentazioni mentali che il soggetto costruisce per interpretare la realtà

19 Costruttivismo interazionista e Costruttivismo Sociale PiagetVygotskij Intelligenza: processo di adattamento alla realtà. Conoscenza è adattamento e si costruisce nella relazione individuo-ambiente fisico.  assimilazione: è il processo per cui si incorporano in schemi propri i dati dell’esperienza  accomodamento: gli schemi posseduti vengono modificati per essere adattati a nuovi dati.  adattamento è l’equilibrio tra assimilazione e accomodamento con il crescere dell’età si verificano modificazioni strutturali chiamati stadi di sviluppo.  Periodo senso-motorio da 0 a 2 anni  Periodo preoperazionale da 2 ai 6 anni  Periodo operazioni concrete dai 7 agli 11 anni  Periodo operazioni formali dai 11 fino ai 15 anni I l contesto secondo l’autore è il tessuto socioculturale che circonda l’individuo. Lo sviluppo si realizza in un contesto interattivo. La zona di sviluppo prossimale. rappresenta la distanza tra il livello di sviluppo attualmente posseduto dal bambino e il livello potenziale più elevato che il bambino può raggiungere. In altre parole è la differenza tra ciò che il bambino sa fare e ciò che potrebbe fare. Lo sviluppo è garantito dalla guida di un adulto che assolve una funzione di scaffolding ossia di strutturazione del compito da eseguire.

20 Teoria Sistemica VarelaBronfenbrenner Uomo=sistema complesso Le interazioni con l’ambiente hanno il solo potere di innescare i cambiamenti che si svolgono all’interno del sistema Ambiente=sistema complesso Il microsistema i mesosistemi gli esosistemi il macrosistema

21 Modelli e Stili Cognitivi De La GaranderieGardner individualizzazionepersonalizzazione

22 pp.12ss Ragionare e giudicare criticamente vuol dire non ispirarsi al principio di una Ragione forte, ma utilizzare i principi e gli strumenti di una umana ragionevolezza – situata, relativa e fallibile, che può condurci a comparare fatti e azioni, situazioni e progetti e aiutarci a pensarne di diversi e migliori Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

23 La critica non è il luogo in cui si utilizzano e producono certezze, ma una forma culturale, una attitudine e stile mentale, che anticipa, precede, dispone le operazioni di giudizio Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

24 All’immagine potente di una critica impersonalmente connotata, finalizzata alla separazione di vero e falso, va sostituita l’interpretazione della critica come atteggiamento morale e politico del soggetto Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

25 La critica è desiderio e ricerca di verità, non possesso di essa ma aspirazione; essa è quindi pratica e non compimento (Fadda) Se lo spazio della critica è essenzialmente lo spazio interrogante, la critica è anche crisi per l’ineluttabilità della scelta che ogni giudizio comporta e che implica dubbio, rischio, lacerazione, incertezza. Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

26 Proprio perché condizione della scelta e del giudizio oculati, la critica è anche il luogo primo di esercizio della libertà intesa non come illusione di totale indipendenza ma come consapevolezza della natura e del carattere di tutto ciò che costituisce per noi condizionamento. Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

27 Il pensiero critico ha come sua fondamentale caratteristica l’impegno a ripensare costantemente le teorie e le pratiche, mettendosi sempre e da capo in gioco, sempre di nuovo in discussione, non adagiandosi mai sui risultati raggiunti, non aspirando mai ad esiti definitivi Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

28 Si tratta di sottoporre ad analisi critica i modelli universalizzanti, astratti, riduttivi dei saperi “oggettivi” i quali, se per un verso consentono di sfuggire alla varietà, alla contingenza e al cambiamento, inevitabilmente escludono quanto della realtà antropologica risulta ad essi irriducibile e di individuare altre forme di pensiero e di conoscenza atte a coprire i luoghi inaccessibili a quei modelli. Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

29 Rita Fadda, pp. 17ss La radice del termine κριτική, dal verbo κρίνω, “io giudico”, ne dichiara la funzione: criticare è giudicare, ma anche scegliere a ragion veduta. La critica prende corpo solo quando siamo di fronte ad un oggetto da esplorare ed essa consiste, in primo luogo, in un’operazione negativa che è quella di togliere l’apparenza, senza di cui non ci è dato coglierlo oltre la sua immediata datità. La critica non può stare laddove c’è un oggetto che si presenta come immediatamente noto, risolto, concluso. Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

30 Criticare non è constatare, né riprodurre La critica è anche crisi perché è giudizio aperto, indagine provvisoria, è avanzamento ma anche cammino a ritroso, e spesso il cammino a ritroso consente di avanzare E’ rischio perché presuppone la scelta: il termine critica rimanda alla congettura, al calcolo, al confronto, al discernimento, ma tutto ciò non indirizza verso un sistema generale di regole, che fungono da garanzie, proprio in quanto permangono gli elementi di scelta e dunque di arbitrio. Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica

31 Esercizio della libertà non si traduce in assenza di vincoli, ma in assunzione di responsabilità, obbligo anche morale di assumere consapevolezza di tutto ciò che nel nostro teorizzare, nelle nostre scelte pratiche ci condiziona e occasione di ricerca e di messa a nudo della natura e del carattere di tali condizionamenti. Tratto da: Colicchi E., a cura di, Per una pedagogia critica


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