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Prof. Bertolami Salvatore

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Presentazione sul tema: "Prof. Bertolami Salvatore"— Transcript della presentazione:

1 Prof. Bertolami Salvatore
AMARTYA SEN Amartya Sen nacque nel 1933 a Santiniketan (in Bengala): divenne docente presso l’università di Calcutta, poi a Nuova Deli, alla London School of Economics a Oxford e, successivamente, all’università di Harvard. Presidente della Economic Society, della International Economic Association, della Indian Economic Association, a Sen è stato conferito il Premio Nobel per l’economia nel 1998. Amartya Sen nacque nel 1933 a Santiniketan (in Bengala): divenne docente presso l’università di Calcutta, presso il Trinity College di Cambridge, poi a Nuova Deli, alla London School of Economics, a Oxford e, successivamente, all’università di Harvard. Nel 1998, pur mantenendo la sua carica di docente ad Harvard, ha fatto ritorno come rettore al Trinity College. Presidente della Economic Society, della International Economic Association, della Indian Economic Association, a Sen è stato conferito il Premio Nobel per l’economia nel Egli è autore di numerosissime opere, delle quali meritano sicuramente di essere ricordate Collective Choice and Social Welfare (1971), On Economic Inequality (1973), Commodities and Capabilities (1985), Etica ed Economia (1987), Inequality Reexamined (1992), Lo sviluppo è libertà (1999), Globalizzazione e libertà (2002). Ciò che Amartya Sen si propone di porre al centro della propria riflessione è la discussione sulla disuguaglianza, letta però in una “nuova direzione” che si contrapponga a quelle tradizionali e prevalenti. L’idea di disuguaglianza (inequality) deve secondo Sen confrontarsi con due diversi ostacoli: a) la sostanziale eterogeneità degli esseri umani; b) la molteplicità dei punti focali a cui la disuguaglianza può essere oggetto di valutazione. Al di là della “potente retorica dell’uguaglianza”, che trova il suo apice nella nota asserzione per cui “tutti gli uomini nascono uguali”, Sen è convinto che gli individui siano del tutto diversi gli uni dagli altri e che dunque il pur ambizioso progetto egualitario debba muoversi “in presenza di una robusta dose di preesistente disuguaglianza da contrastare”. Sen è d’altro canto convinto che la misurazione della disuguaglianza dipenda dalla variabile focale (felicità, reddito, ricchezza, ecc) attraverso cui si fanno i confronti: la misurazione della disuguaglianza dipende cioè dai parametri assunti per definirla. La prima conseguenza di ciò sta nel fatto che, se tutte le persone fossero identiche, l’eguaglianza in una sfera (ad esempio nelle opportunità o nel reddito) tenderebbe ad essere coerente con eguaglianze di altre sfere (ad esempio, l’abilità di funzionare). Ma poiché le persone non sono affatto identiche, ma anzi vige un’assoluta “diversità umana”, ne segue che l’eguaglianza in una sfera tende a coesistere con disuguaglianze in altre sfere: così, ad esempio, redditi uguali possono coesistere con una forte disuguaglianza nell’abilità di fare ciò che si ritiene importante (un sano e un malato, pur avendo lo stesso reddito, non possono fare le stesse cose), ecc. La seconda conseguenza fondamentale scaturente dal fatto che la misurazione della disuguaglianza dipende cioè dai parametri assunti per definirla sta nel fatto che la disputa non si innesta tanto fra egualitari e anti-egualitari, giacché tutte le più importanti teorie etiche degli assetti sociali sono comunque favorevoli alla “eguaglianza di qualche cosa” (e infatti nelle loro scelte politiche tendenzialmente egualizzano una qualche dimensione della vita umana). Una prova di ciò sta nel fatto che anche le teorie considerate tradizionalmente come “anti-egualitarie” finiscono poi per essere egualitarie nei termini di qualche altro “punto focale”. Così l’iper-liberale Nozick rigetta tout court l’eguaglianza di reddito e di benessere, ma di fatto difende strenuamente l’eguaglianza di libertà (tutti gli individui sono parimenti liberi). Ciò vuol dire – rileva Sen – che per poter parlare di eguaglianza occorre preventivamente porsi il duplice quesito: a) why equality? (“perché eguaglianza?”); b) equality of what? (“eguaglianza di che cosa?”). Non si può infatti pretendere di difendere l’eguaglianza (o di criticarla) senza sapere quale sia il suo oggetto, ossia quali siano le caratteristiche da rendere uguali (redditi, ricchezze, opportunità, libertà, diritti, ecc). Interrogarsi sull’uguaglianza significa dunque innanzitutto interrogarsi su quali siano gli aspetti della vita umana che debbono essere resi eguali. La storia della filosofia ci offre una molteplicità di esempi diversi di soluzioni: Rawls descrive l’eguaglianza come un paniere di beni primari di cui tutti gli individui dovrebbero disporre; Dworkin come eguaglianza di risorse; gli utilitaristi come eguale considerazione delle preferenze o delle utilità di tutti gli individui. Quale, tra queste, è la soluzione migliore? Sen collega il valore eguaglianza al valore libertà: quest’ultima è da lui connessa ai concetti di “funzionamenti” e “capacità”. Non è un caso che, in origine, Sen voleva che l’opera La diseguaglianza fosse intitolata Eguaglianza e libertà. Con l’espressione funzionamenti (functioning) Sen intende “stati di essere e di fare” dotati di buone ragioni per essere scelti e tali da qualificare lo star bene. Esempi di funzionamenti sono ad esempio l’essere adeguatamente nutriti, l’essere in buona salute, lo sfuggire alla morte prematura, l’essere felici, l’avere rispetto di sé, ecc. Con l’espressione capacità (capabilities) Sen intende invece la possibilità di acquisire funzionamenti di rilievo, ossia la libertà di scegliere fra una serie di vite possibili: “nella misura in cui i funzionamenti costituiscono lo star bene, le capacità rappresentano la libertà individuale di acquisire lo star bene”. Per questa ragione, Sen sottopone a critica tutte quelle teorie che fanno della libertà un qualcosa di meramente strumentale, privo di valore intrinseco: gli stessi Dworkin e Rawls hanno soffermato la loro attenzione più sui mezzi e le risorse che portano alla libertà che non sull’estensione della libertà in se stessa. I “beni primari” di cui dice Rawls e le “risorse” di cui scrive Dworkin sono agli occhi di Sen degli indicatori assai imprecisi e vaghi di ciò che si è realmente liberi di fare e di essere. Ancora più vago e impreciso è il “reddito”, poiché una persona malata e bisognosa di cure è sicuramente in una condizione peggiore di una persona sana avente il suo stesso reddito. La conclusione a cui Sen perviene passando dalla critica delle altrui posizioni è che il grado di eguaglianza di una determinata società storica dipende dal suo grado di idoneità a garantire a tutte le persone una serie di capabilities di acquisire fondamentali funzionamenti, ossia un’adeguata qualità della vita o well-being generale (cioè non ristretto entri parametri strumentali o economici). Fedele a questa impostazione, Sen è giunto, nei suoi scritti successivi, a tratteggiare una teoria dello sviluppo umano in termini di libertà (development as freedom). E, nel fare ciò, si è direttamente riallacciato alla tradizione greca, inaugurata da Aristotele, dell’eudaimonìa: l’espressione greca eudaimonìa non corrisponde affatto alla sua usuale traduzione inglese in happiness (felicità), ma ha piuttosto a che vedere col termine fulfillment, che vuol dire realizzazione completa di sè e che può essere resa con la bella immagine di una “vita fiorente” (flourishing life), ossia di una vita che fiorisce in tutte le sue potenzialità. L’eudaimonìa quale la intende Sen si contrappone direttamente al vecchio ideale della Welfare economics, che bada soltanto al benessere materiale: ma si oppone anche alla formulazione monistica che dell’eudaimonìa ha dato lo stesso Aristotele. Secondo Sen, infatti, l’eudaimonìa deve portare ad uno sviluppo pluralistico, per cui “esiste una pluralità di fini e di obiettivi che gli uomini possono perseguire”. L’errore commesso da Aristotele sta nell’aver individuato una “lista” di funzionamenti universalmente valida, trascurando di fatto l’individuo. Secondo Sen, invece, essendo tanti i fini e gli obiettivi che ciascun individuo può legittimamente perseguire, anche le capabilities sono una pluralità.                          Libertà è sviluppo si situa su questo crinale teoretico pluridisciplinare, fornendo un'organizzazione sistematica a temi che Sen indaga da almeno trent'anni. La tesi di fondo del libro è, per molti versi, radicale: "lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani" (p. 9); in questo senso, "lo sviluppo richiede che siano eliminate le principali fonti di illibertà: la miseria come la tirannia, l'angustia delle prospettive economiche come la deprivazione sociale sistematica, la disattenzione verso i servizi pubblici come l'intolleranza o l'autoritarismo di uno stato repressivo" (p. 9). La libertà, intesa come libertà effettiva (di scegliersi una vita cui, a ragion veduta, si dia valore), in un senso assai vicino a quello della real freedom di Philippe Van Parijs, è, dunque, secondo Sen, il criterio in base al quale valutare gli assetti politico-sociali e orientare le politiche pubbliche. Sen argomenta questa idea principalmente nel terzo capitolo di Libertà è sviluppo. La sua analisi, più precisamente, si sviluppa sulla distinzione tra funzionamenti e capacitazioni (termine infelice per l'inglese capabilities, in altri testi seniani tradotto con "capacità"): i funzionamenti sono stati di essere o di fare cui gli individui attribuiscono valore (ad esempio, essere adeguatamente nutriti, non soffrire malattie evitabili), mentre le capacitazioni sono gli insiemi di combinazioni alternative di funzionamenti che una persona è in grado di realizzare. Per chiarire questa distinzione può essere utile riprendere un esempio di Sen: "un benestante che digiuni [...] può anche funzionare, sul piano dell'alimentazione, allo stesso modo di un indigente costretto a fare la fame, ma il primo ha un "insieme di capacitazioni" diverso da quello del secondo (l'uno può decidere di mangiar bene e nutrirsi adeguatamente, l'altro non può)" (p. 79). Ora, osserva Sen, "mentre la combinazione dei funzionamenti effettivi di una persona rispecchia la sua riuscita reale, l'insieme delle capacitazioni rappresenta la sua libertà di riuscire, le combinazioni alternative di funzionamenti tra cui essa può scegliere" (p.80). L'approccio delle capacitazioni può guardare sia ai funzionamenti realizzati sia all'insieme capacitante delle alternative a disposizione, a seconda che ci si voglia focalizzare sulle cose che una persona fa o su quelle che è libera di fare. È, però, preferibile, secondo Sen, concentrarsi su queste ultime, dal momento che "è possibile dare importanza anche al fatto di avere occasioni che non vengono colte; anzi, è naturale muoversi in questa direzione, se il processo attraverso il quale vengono generati gli esiti ha un suo significato" (p. 80). La prospettiva di Sen è, dunque, alternativa rispetto a tutti gli approcci in qualche modo "classici" in tema di distribuzione delle risorse. In particolare, Sen contesta all'utilitarismo i) l'indifferenza per la distribuzione della "felicità", ii) la negazione di un valore intrinseco ai diritti e alle libertà, iii) una certa predisposizione a favorire condizionamento sociale e adattamento; rimprovera a Rawls la tendenza i) a ridurre la libertà a un semplice "vantaggio" e ii) a trascurare i problemi di conversione dei beni principali (beni necessari per qualsiasi piano di vita) in benessere effettivo; obietta a Nozick la mancanza di considerazione per le conseguenze derivanti dall'esercizio dei diritti (negativi) delle persone. Con ciò, non v'è dubbio che lo schema elaborato da Sen sia prettamente formale; come tale, esso non conduce a un elenco dei funzionamenti e delle capacitazioni rilevanti (ma ciò non autorizza a pensare che Sen sia un soggettivista su questo punto) e, per lo stesso motivo, accenna senza entrare nel dettaglio alle questioni della determinazione del peso relativo dei vari funzionamenti e della loro aggregazione. Questo, però, a me sembra, non è un problema nel quadro di Libertà è sviluppo; dopotutto, l'obiettivo di Sen è l'identificazione dell'approccio più adeguato per la formulazione di giudizi di valore in ambito etico-politico e quali siano le informazioni rilevanti all'interno di questo approccio è una questione che può essere rimandata a un secondo momento. Piuttosto, se una lacuna esiste in Libertà è sviluppo, essa consiste nel fatto che Sen evita di confrontarsi con descrizioni alternative di un concetto controverso come quello di libertà, ignorando, ad esempio, l'ormai trentennale dibattito filosofico sviluppatosi su questo tema in area anglosassone a partire dal celebre articolo di Isaiah Berlin Two Concepts of Liberty. Sui presupposti che abbiamo appena visto si snoda tutta l'analisi successiva, in cui Sen, senza mai ricorrere a un linguaggio tecnicistico, alterna capitoli di maggiore impegno teorico-normativo - che toccano il plesso concettuale democrazia - liberalismo - diritti umani - a capitoli che trattano temi di carattere prettamente economico - come la produzione alimentare o l'efficienza dei mercati. Questa distinzione non deve trarre in inganno: tutti e dodici i capitoli di Libertà è sviluppo, anche se magari non risulteranno particolarmente nuovi per chi già conosce Sen, forniscono utili spunti di riflessione. Al filosofo politico suggerisco di concentrarsi, oltre che naturalmente sul capitolo terzo, soprattutto sul sesto, che spiega perché la creazione e il rafforzamento di un sistema democratico siano componenti essenziali del processo di sviluppo, sul decimo, che difende l'idea di diritti umani, e sull'undicesimo, che argomenta la possibilità dell'impiego della ragione per promuovere il progresso sociale. In particolare, non sono prive di interesse le repliche di Sen alle critiche in qualche modo "classiche" alla nozione di diritti umani: si tratta della critica di legittimità, secondo cui gli individui non nascono già "vestiti" di diritti, della critica di coerenza, in base alla quale per ogni diritto occorre specificare un dovere correlativo da porre su un agente specifico, e della critica culturale, che, in nome della specificità asiatica e dei "valori autoritari" da essa incarnati, contesta l'universalità dell'idea di diritti umani. Sen, con mosse certo più pragmatiche che filosofiche in senso stretto, le smonta tutte e tre: i diritti umani, innanzitutto, sono essenzialmente "rivendicazioni etiche", che, come tali, non debbono necessariamente essere identificate con diritti esplicitamente riconosciuti da un sistema giuridico; in secondo luogo, vanno visti come richieste generiche rivolte a chi sia in grado di fare qualcosa per renderli effettivi (a questo proposito Sen recupera la nozione kantiana di "obbligo imperfetto"); infine, compaiono non solo nelle tradizioni occidentali, ma anche in quelle asiatiche, solo che si eviti di leggere queste ultime in maniera arbitraria e restringendo il novero degli autori (non è un caso, dopotutto, ricorda Sen, che "in Asia l'idea che i valori asiatici siano per essenza autoritari viene difesa quasi solo dai portavoce governativi", p. 246). Prof. Bertolami Salvatore

2 AMARTYA SEN EGUAGLIANZA
Amartya Sen si propone di porre al centro della propria riflessione la discussione sulla disuguaglianza. L’idea di disuguaglianza (inequality) deve secondo Sen confrontarsi con due diversi ostacoli: a) la sostanziale eterogeneità degli esseri umani; b) la molteplicità dei punti focali a cui la disuguaglianza può essere oggetto di valutazione. Al di là della “potente retorica dell’uguaglianza”, che trova il suo apice nella nota asserzione per cui “tutti gli uomini nascono uguali”, Sen è convinto che gli individui siano del tutto diversi gli uni dagli altri e che dunque il pur ambizioso progetto egualitario debba muoversi “in presenza di una robusta dose di preesistente disuguaglianza da contrastare”. Prof. Bertolami Salvatore

3 AMARTYA SEN Libertà è sviluppo
La tesi di fondo del libro è, per molti versi, radicale: "lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani"; in questo senso, "lo sviluppo richiede che siano eliminate le principali fonti di illibertà: la miseria come la tirannia, l'angustia delle prospettive economiche come la deprivazione sociale sistematica, la disattenzione verso i servizi pubblici come l'intolleranza o l'autoritarismo di uno stato repressivo". La libertà, intesa come libertà effettiva è, dunque, secondo Sen, il criterio in base al quale valutare gli assetti politico-sociali e orientare le politiche pubbliche. La sua analisi, più precisamente, si sviluppa sulla distinzione tra funzionamenti e capacitazioni (termine infelice per l'inglese capabilities, in altri testi seniani tradotto con "capacità"). Prof. Bertolami Salvatore

4 AMARTYA SEN Funzionamenti e capacitazioni
CAPACITAZIONI (CAPABILITY): CIO’ CHE LE PERSONE SONO EFFETTIVAMENTE CAPACI DI FARE E DI ESSERE; L’INSIEME DELLE OPPORTUNITA’ REALI CHE UNA PERSONA HA PER REALIZZARE LA PROPRIA VITA; LA LIBERTA’ DI POTER SCEGLIERE UN COMPORTAMENTE ALTERNATIVAMENTE AD ALTRI. FUNZIONAMENTI (FUNCTIONING): SONO ATTIVITA’ CHE GLI INDIVIDUI HANNO BUONE RAGIONI DI APPREZZARE. QUESTE RAGIONI RIGUARDANO IN MANIERA PROFONDA IL NOSTRO ESSERE, CIOE’ IL TIPO DI PERSONA CHE SIAMO O CHE VORREMMO ESSERE. E’ CIO’ CHE EFFETTIVAMENTE SI REALIZZA Prof. Bertolami Salvatore

5 Prof. Bertolami Salvatore
AMARTYA SEN sviluppo LO SVILUPPO PUO’ ESSERE CONSIDERATO UN PROCESSO DI ESPANSIONE DELLE LIBERTA’ REALI GODUTE DAGLI ESSERI UMANI LO SVILUPPO DUNQUE CONSISTE NEL PROCESSO DI LIMITAZIONE DEI VARI TIPI DI ILLIBERTA’ CHE LASCIANO AGLI UOMINI POCHE SCELTE E POCHE OCCASIONI DI AGIRE Prof. Bertolami Salvatore

6 AMARTYA SEN altro sviluppo
Questa concezione mette al centro le LIBERTÀ UMANE e si oppone ad altre concezioni che identificano lo sviluppo con: Prodotto nazionale lordo Aumento dei redditi individuali Industrializzazione Progresso tecnologico Modernizzazione della società Prof. Bertolami Salvatore

7 AMARTYA SEN LIBERTA’ SOSTANZIALI
LIBERTA’ COME FINE ESSERE IN GRADO DI SFUGGIRE A PRIVAZIONI (FAME, DENUTRIZIONE, MALATTIE, MORTE PREMATURA) –Libertà da… ESSERE IN GRADO DI FRUIRE DEI VANTAGGI DEL SAPER LEGGERE E FAR DI CONTO, DELLA PARTECIPAZIONE POLITICA DELLA LIBERTA’ DI PAROLA Libertà di…. DIRITTI CIVILI - DEMOCRAZIA Prof. Bertolami Salvatore

8 AMARTYA SEN LIBERTA’ STRUMENTALI
LIBERTA’ COME MEZZO LIBERTA’ POLITICHE (Diritti civili) INFRASTRUTTURE ECONOMICHE (possibilità offerte agli individui di utilizzare risorse economiche per produrre scambiare. I titoli economici di un individuo dipendono dalle sue capacità e dal sistema economico) OCCASIONO SOCIALI (gli assetti che la società si dà nel campo dell’istruzione, della sanità, ecc.- correlazione con altre libertà) GARANZIE DI TRASPARENZA (esplicitazione di regole di comportamento- contratto sul quale poggia il sistema sociale) SICUREZZA PROTETTIVA (tutela dei diritti fondamentali per le persone più vulnerabili- welfare) Prof. Bertolami Salvatore

9 AMARTYA SEN condizionamenti
SE IL FINE DELLO SVILUPPO E’ L’ESPANSIONE DELLE LIBERTA’ INDIVIDUALI, E’ ANCHE VERO CHE L’ESERCIZIO DI QUESTE LIBERTA’ DIPENDE ANCHE DA: ASSETTI SOCIALI ED ECONOMICI ( es.: sistema scolastico o sanitario, tipo di mercato, ecc.) DIRITTI CIVILI E POLITICI (es.: possibilità di partecipare a discussioni e deliberazioni pubbliche) CONDIZIONI ABILITANTI (essere in buona salute, istruzione, contesto che incoraggia l’iniziativa) MA AL CONTEMPO: L’ESERCIZIO DELLE LIBERTA’ INDIVIDUALI AGISCE SUGLI ASSETTI ISTITUZIONALI CHE RENDONO POSSIBILI QUESTE CONDIZIONI L’individuo è agente di sviluppo in contesti determinati. Prof. Bertolami Salvatore

10 Prof. Bertolami Salvatore
AMARTYA SEN CORRELAZIONE TRA ELEVATA CRESCITA ECONOMICA E QUALITA’ DELLA VITA Prof. Bertolami Salvatore

11 Prof. Bertolami Salvatore
AMARTYA SEN Due sono i concetti che secondo lui devono guidare la società in nome della qualità della vita e della dignità della persona: Primo, la libertà dell'individuo deve venire prima delle esigenze collettive, fatto che in economia si traduce nel favorire lo sviluppo dell'iniziativa del singolo, piuttosto che perseguire piani macroeconomici stabiliti dall'alto (o dall'estero...). Secondo, devono sussistere le condizioni per la libertà d'azione di ciascuno, vale a dire che la povertà e la disuguaglianza non siano mai fortemente accentuate. In tal senso il pensiero di Amartya K. Sen è molto innovativo, in quanto rifiuta di definire la nozione di povertà e ricchezza esclusivamente sulla base del capitale economico accumulato. Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore

12 AMARTYA SEN Identità e violenza
Comprimere le persone dentro contenitori di identità uniche non solo finisce per mettere in crisi la nozione universalistica di cittadinanza, offuscando il sentimento di un’umana appartenenza globale, ma rischia, prima ancora, di falsificare la nostra esperienza di vita reale. Rimuovendo chi veramente noi siamo: individui complessi, ciascuno diverso nella sua unicità, variamente dotati di senso d’appartenenza e richiami spirituali. Uomini e donne in cui sono stratificate varie identità simultanee. Guai a brutalizzare «l’inaggirabile natura plurale delle nostre identità», ci esorta Sen. Diffidiamo da chi guarda il mondo attraverso la lente deformante che lo riduce a mera «federazione di religioni e civiltà»: perchè l’imposizione di una presunta identità unica è troppo spesso il preludio all’esercizio di «quell’arte marziale che consiste nel fomentare conflitti settari». Grazie alla sua formazione individualistica, constata felicemente come una persona possa essere, senza la minima contraddizione, tante cose insieme, non riducibili a un’affiliazione religiosa, etnica o comunitaria. Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore

13 AMARTYA SEN Identità e violenza
Non è certo un caso che questa efficacissima opera di demolizione teorica dell’ossessione identitaria contemporanea ci venga proposta da un pensatore cosmopolita. Un economista che è anche un filosofo. Un uomo che non rinnega le sue origini ma le valorizza nell’incontro fra cultura asiatica e cultura occidentale. Negli anni Settanta del secolo scorso, quando il bisogno d’identità tornò a manifestarsi nel mondo anche sotto forma di irrefrenabili esplosioni settarie, lo storico marxista Eric Hobsbawm propose di esorcizzarne l’impeto, distinguendo: una cosa sono le insuperabili «identità-pelle»; un’altra cosa sono le troppe inautentiche, mutevoli «identità-magliette». Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore

14 AMARTYA SEN Etica ed economia
La considerazione iniziale da cui parte l’autore è il progressivo distacco creatosi tra l’economia moderna e l’etica: man mano che l’economia moderna evolveva, si indeboliva l’interesse per considerazioni etiche. Esiste anche un’origine “ingegneristica” dell’economia, più interessata a problemi logistici e meno a questioni etiche ma non per questo incapace di fornire validi contributi pratici. La tesi sostenuta da Sen non insinua che l’approccio non etico all’economia sia improduttivo ma sostiene che la stessa economia potrebbe essere resa più produttiva qualora si prestasse maggiore attenzione alle considerazioni di natura etica che influenzano il comportamento e il giudizio sociale umani. Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore

15 AMARTYA SEN Comportamento razionale
Nella teoria economica corrente svolge un ruolo primario il comportamento razionale dove per razionalità si intende coerenza interna delle scelte e massimizzazione dell’interesse personale: l’uomo economico agisce perseguendo il proprio interesse personale e così facendo si comporta razionalmente. Ma è assurdo e riduttivo sostenere che tutto ciò che non sia massimizzazione dell’interesse personale debba essere per forza irrazionale Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore

16 AMARTYA SEN Motivazioni intrinseche
La vera questione è se ci sia una pluralità di motivazioni, o se sia solo l’interesse personale a guidare gli esseri umani: cercare di fare del proprio meglio per raggiungere ciò che ci si è prefissato è razionale, e questo può includere il perseguimento di obiettivi ai quali noi assegniamo un valore intrinseco e non dettati dall’interesse personale. Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore

17 AMARTYA SEN Motivazioni intrinseche
Un’altra grave conseguenza di questo distacco tra etica ed economia è l’indebolimento della posizione dell’economia del benessere a favore dell’economia predittiva laddove quest’ultima può influenzare la prima ma non viceversa. Con lo sviluppo dell’atteggiamento antietico l’unico criterio rimasto è quello dell’efficienza economica e delle utilità individuali. Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore

18 AMARTYA SEN Efficienza o libertà
Ne consegue che l’efficienza non possa più essere considerata l’unico criterio economico di giudizio: il modo migliore di vedere il vantaggio di una persona non è da considerarsi in termini di risultati raggiunti ma anche in termini di libertà raggiunta e di importanza intrinseca assegnata a diritti e valori. L’accettazione morale dei diritti può richiedere un sistematico allontanamento dal comportamento mosso dall’interesse personale Essere ricchi o poveri non dipende tanto dal denaro a disposizione, quanto dalla libertà che gli individui hanno di scegliere e di impostare la vita secondo le proprie naturali tendenze e legittimi desideri. La questione della democrazia è strettamente legata anche ad un altro problema interculturale, che negli ultimi anni è stato a giusta ragione, oggetto di attenzione: l'irresistibile capacità di demolire modi di vivere e costumi sociali tradizionali, mostrata dalla cultura e dallo stile di vita occidentali. Per tutti quelli che hanno a cuore il valore della tradizione e i tratti indigeni di una cultura, questa è una minaccia grave Il pianeta oggi è dominato dall'occidente e anche se gli imperi mondiali di un tempo sono scomparsi, il potere occidentale non ha perso vigore, anzi per certi versi è più forte che mai, soprattutto in campo culturale. Sull'impero della Coca-Cola o di Mtv non tramonta mai il sole. Nel mondo globalizzato di oggi la minaccia alle culture indigene è in gran parte senza scampo" Prof. Bertolami Salvatore


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