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Tutto è relativo. O no? A. Vendemiati, Universalismo e relativismo nell’etica contemporanea, Marietti, Genova-Milano 2007, pp. 85-134.

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1 Tutto è relativo. O no? A. Vendemiati, Universalismo e relativismo nell’etica contemporanea, Marietti, Genova-Milano 2007, pp

2 Le ragioni del relativismo
Post-illuminismo, post-moderno, pensiero debole, etica senza fondamento, etica senza verità. I valori etici sono diversi, non tutti i valori sono compossibili, quindi gli insiemi di valori non possono essere confrontati e giudicati. «Le ragioni condivise del pluralismo sconsigliano l’idea e la prassi di una ragione condivisa».

3 Ragioni della politica
L’esperienza dei totalitarismi del XX secolo: la pretesa (hegeliana) di avere l’intero a portata di mano. Tutte le filosofie del metacontesto giustificazionista sarebbero totalitarie. La guerra è colpa della metafisica (Antiseri) Le guerre sono causate dalla brama di denaro e dall’abuso di potere: l’antidoto sta nell’idea non falsificabile di diritto nella metafisica della persona. Se si rinuncia al metacontesto giustificazionista, ci si priva di ogni argomento per confutare il totalitiarismo

4 Ragioni dell’antropologia
Da Darwin in poi, quelle che chiamiamo «specie naturali» non sono altro che il prodotto di un meccanismo casuale. Pertanto risulta cancellata la distinzione tra naturale ed artificiale. Quindi si cancella la distinzione tra descrizioni della realtà oggettiva ed enunciati strumentali in funzione di scopi soggettivi. La verità è ciò che ci è utile credere. (Rorty) Nel passaggio da ‘1’ a ‘2’ c’è un salto logico. La ‘1’ e la ‘3’ sono alternative. ‘4’: chi siamo noi? Io no! La negazione para-darwinista della natura umana è dichiaratamente strumentale, non offre alcuna ragione plausibile per giustificare se stessa e comporta conseguenze che «noi» giudichiamo indesiderabili.

5 Ragioni dell’ermeneutica
L’essere di cui facciamo esperienza è una realtà transitoria, contestuale, condizionata dal nostro sguardo. La verità afferrata è di carattere interpretativo, ossia relativo e transitorio (Gadamer) Il soggetto appartiene al campo d’indagine, dunque i risultati non sono universalizzabili L’enunciato: «La verità è storica», vale anche per se stesso? Come mai riusciamo a leggere i classici?

6 Ragioni dell’epistemologia (1)
T. Kuhn, P. Feyerabend, L. Laudan: rilevanza delle motivazioni irrazionali per il progresso delle scienze M. Hesse: la logica della scienza è interpretazione circolare dei dati in base alle teorie, e delle teorie in base ai dati. Le scienze non si propongono una descrizione oggettiva delle cose, bensì un’interpretazione attiva e persino operativa della realtà Conclusione: nulla di quel che diciamo è oggettivo. Se la conclusione è vera, qualcosa di quel che diciamo è oggettivo: dunque è falsa! D. Davidson: si può negare la possibilità di assumere un punto di vista inter-teorico solo adottando un punto di vista inter-teorico. H. Putnam: con i nostri schemi concettuali, conosciamo pur sempre il mondo, anche se esistono molti modi di vedere, migliori o peggiori.

7 Ragioni dell’epistemologia (2)
Nel linguaggio scientifico tutto è teorico. Il senso di un termine scientifico non è fissato una volta per tutte, ma si precisa mano a mano che la teoria sviluppandosi rivela la sua fecondità. La lettura scientifica del mondo è un’interpretazione immaginati- va. Il linguaggio è intrascendibile (Gadamer). P. Ricoeur: referenzialità del linguaggio: «il linguaggio non è in se stesso un mondo, è assoggettato a un mondo, rinvia a un mondo». Il riflettere è preceduto dall’intendere “qualcosa” che deve essere quindi, almeno in ultima istanza, un’entità extralinguistica e diversa dallo stesso atto di pensare. L’adeguazione dell’enunciato linguistico alla realtà extralinguistica, si denomina “verità”.

8 Ragioni dell’etica Non-cognitivismo o «etica senza verità».
“Legge di Hume”: inderivabilità del dover essere dall’essere. I valori non si fonderebbero sulla verità, ma sulle «scelte» individuali insindacabili. Essi sarebbero «proposte», «ideali di vita», che devono convivere in un «politeismo» di fatto e di diritto. Il compito della ragione nell’etica sarebbe quello di portare ordine tra i mezzi per raggiungere i fini scelti, di valutare la compossibilità di valori diversi, di calcolare i costi-benefici di determinati comportamenti. Ma assolutamente non potrebbe fondare un sistema normativo. I presupposti: 1) c’è chi nega la libertà umana e, di conseguenza, dell’etica, 2) chi riduce l’etica a pura e semplice obbedienza, 3) a calcolo egoistico, 4) a sentimento irrazionale, 5) a procedura di tipo contrattualistico.

9 1) Determinismo Tutte le azioni umane sono l’effetto necessario di cause esterne. Determinismo biologistico (C. Darwin), «sociobiologia» (E. O. Wilson): l’etica è identificata con la presenza di una dimensione cooperativa nelle azioni umane, effetto dell’evoluzione biologica naturale; le azioni che ne conseguono sono di tipo necessario e sottratte al controllo dei soggetti. Determinismo psicologistico: le azioni umane individuali sono il risultato di motivazioni inconsce che sfuggono a qualsiasi controllo. «Queste tesi hanno un valore se sono presentate come ipotesi scientifiche, ma se vengono presentate come tali la loro validità non può essere estesa appunto al di là di quella propria di spiegazioni empiriche per un campo ben determinato di comportamenti umani. Rendere conto delle azioni secondo una spiegazione evoluzionistica non può essere presentato – pena l’abbandono del piano scientifico di discorso – come l’unica e necessaria spiegazione di qualsiasi azione umana, come una sorta di caratterizzazione essenzialistica e sostanzialistica della natura delle cose». (E. Lecaldano)

10 2) Positivismo La fonte unica dei valori e delle norme è la volontà di un legislatore; l’unica virtù è l’obbedienza alla legge: Il positivismo religioso: doveri promulgati dalla divinità. La possibilità di conoscere una tale promulgazione: si ritiene spesso necessaria una rivelazione la forza vincolante del dettato divino: è tale in virtù della divina sapienza (intellettualismo) o della divina volontà (volontarismo)? Laddove, meno la fede nell’autorità soprannaturale e divina, alla volontà divina si sostituisce l’autorità del principe, dello Stato, del parlamento, del popolo. Non riesce a discriminare tra potere giusto e ingiusto, tra leggi giuste e ingiuste. Non rende conto dei dati della psicologia evolutiva e della fenomenologia morale. J. Piaget: dall’eteronomia all’autonomia, L. Kohlberg : livello pre-convenzionale: obbedienza alle regole in forza delle conseguenze che ne potrebbero derivare; livello convenzionale: obbedienza alle norme per adeguarsi alle attese delle persone con cui si interagisce; livello post-convenzionale, dotato di principi: definire valori e regole che hanno validità e applicazione a prescindere dall’autorità che li impone e dall’identificazione del soggetto con un determinato gruppo. La prospettiva positivista, in forza della sua eteronomia, si qualifica come un approccio morale di tipo infantile, incapace di render conto della capacità di autonomia e di motivazione che i soggetti moralmente maturi, di fatto, manifestano.

11 3) Egoismo Egoismo edonista: le azioni umane sono rivolte unicamente a conseguire il proprio piacere personale e ad evitare il dolore. Egoismo individualista: non esiste alcuna dimensione sovraindividuale e intersoggettiva: tutto è riconducibile al mero equilibrio tra pulsioni contrapposte. Egoismo economico: gli uomini cercano in definitiva solo la soddisfazione dei loro interessi. Spiegazioni che potrebbero avere una loro fertilità se tenute su di un terreno del tutto limitato, ma che finiscono poi con il risultare inaccettabili una volta estese su un piano essenzialistico. «Se si cerca di rendere conto delle azioni umane sulla base dell’assunzione che gli uomini sono mossi ad agire anche da ragioni etiche si riesce a rendere conto di alcuni comportamenti effettivi e a prevedere alcune situazioni future in modo non diverso (e non meno esteso) di quanto accade con le altre spiegazioni» (A. K. Sen)

12 4) Emotivismo G. E. Moore: l’intuizione di proprietà uniche e irriducibili: gli enunciati prescrittivi vengono ricondotti a enunciati predicativi. A. J. Ayer: gli enunciati dell’etica, proprio per l’uso di nozioni quali «buono», «giusto» e «dovere», non essendo verificabili in termini empirici, sono privi di senso. C. L. Stevenson: il soggetto che esprime dei giudizi etici espone i propri atteggiamenti e cerca di provocare atteggiamenti analoghi negli interlocutori R. M. Hare : il parlante raccomanda o prescrive ad un uditore una determinata scelta. Dunque l’etica non è in alcun modo una conoscenza di ciò che è, ma è un insieme di prescrizioni «universali» e «soverchianti» La base per la fondazione di enunciati dotati di contenuto normativo è costituita da quegli enunciati con i quali il parlante esprime la scelta di una forma di vita che non è suscettibile di giustificazione. Il problema di queste impostazioni non-cognitivistiche, è che esse negano validità a quello che Habermas chiama «il mondo delle intuizioni morali quotidiane» e al fatto che, «nelle questioni pratiche, noi disputiamo effettivamente in base a ragioni»:

13 5) Proceduralismo La figura hobbesiana dell’etica: ricerca delle regole per la collaborazione sociale. S. Toulmin: regolare sentimenti e comportamenti in modo tale da rendere il più possibile compatibili le realizzazioni dei fini e dei desideri di ciascuno K. Baier: il punto di vista morale: regole che sono a vantaggio di tutti e sono approvabili da giudici imparziali e razionali, cioè capaci di identificare il proprio miglior interesse. J. Rawls: di fronte all’attuale pluralismo etico, l’unica via è quella procedurale del consenso di tutte le parti in causa. H. T. Engelhardt: una concezione morale si impone solo in termini positivisitici; oggi coesistono numerose comunità concrete, che non hanno altro modo di giungere ad un accordo se non il consenso su un’etica procedurale priva di contenuto. «Essere liberi vuol dire poter compiere una scelta assolutamente sbagliata». Pertanto, in questa visione morale nulla potrà essere proibito, in un ottica di «libero mercato». E’ una proposta razionale o non-razionale? Se è razionale è perché si è riconosciuto il valore morale dell’autonomia, della negoziazione e della convivenza pacifica, ossia siamo tornati in un ambito formalmente cognitivista. Se invece non è razionale, non si vede perché la si dovrebbe rispettare. Perché chi non lo facesse, si metterebbe eo ipso al di fuori della comunità morale pacifica e non potrebbe reclamare se questa usasse la forza contro di lui. Il «potere» di reclamare resta comunque a discrezione del reclamante, dipendendo unicamente dalle sue capacità fisiche e mediatiche, Resta pur sempre la possibilità di reagire con una forza maggiore alla forza usata dalla comunità morale pacifica! Così si fa a meno dell’etica. Ma è precisamente questo il problema del nichilismo post-moderno: perché essere morali?

14 6) Razionalismo critico
H. Albert: ogni tentativo di fondazione incorrere nel «trilemma di Münchhausen»: per fondare una norma all’interno di un’argomentazione “X”, si richiede un’altra argomentazione “A”, per cui si danno tre possibilità: 1. La strategia argomentativa procede all’infinito: “A” → “B” → “C” → … → ∞. 2. La strategia argomentativa diventa circolare: “A” → “B” → “X”. 3. La strategia argomentativa si interrompe perché arbitrariamente si sceglie un enunciato quale verità ultima: “A” → “B” → “Y”. La scelta di “Y” può essere dogmatica – acritico e pre-(o post-) filosofico), oppure la si assume come una “congettura non fondata”, da discutere e da confutare o “falsificare” ulteriormente, giacché nessuna convinzione è in linea di principio indubitabile. K. –O. Apel: se la formula «nessuna convinzione è in linea di principio indubitabile» è a sua volta indubitabile, allora non è vero che nessuna convinzione è indubitabile, e dunque il principio è falso. Anche le tesi anti-fondazionali presuppongono un fondamento, nel momento stesso in cui vengono presentate come tesi nel contesto di una situazione argomentativa Differenza tra le ipotesi che risultano falsificabili e i criteri di cui ci serviamo per falsificarle. L’argomentazione si interrompe non arbitrariamente, ma perché si giunge ad alcune evidenze ultime, che costituiscono i «punti archimedei» del discorso La pretesa di negare argomentativamente l’esistenza di una situazione argomentativa equivale alla pretesa di negare l’esistenza del linguaggio o l’esistenza stessa del soggetto: è necessario usare il linguaggio per negare l’esistenza del linguaggio, è necessario esistere per negare di esistere. «Questo riapre tutte le condizioni dell’etica e della filosofia, della convergenza razionale tra il vero, il bene, il giusto, e rende pensabile anche l’idea di un’unità generale dei saperi all’interno di una parassi comune dell’argomentazione razionale» (D’Agostini)

15 La ragione oltre il razionalismo
La divinizzazione illuminista della ragione umana, la pretesa hegeliana di aver attinto il punto di vista di Dio e di essere – in ultima analisi – l’istanza grazie alla quale l’Assoluto diventa consapevole di sé, sono testimonianze di una hybris della ragione che finisce col ritorcersi contro se stessa. E tuttavia è in base ad un ragionamento che neghiamo di possedere una visione globale ed univoca dell’universo e della sua storia ed affermiamo la condizionatezza e la concettualità del nostro pensiero. Questo presuppone una ragione forte, per quanto povera e nuda. R. J. Bernstein: universalismo e relativismo sono entrambi radicati nell’«ansia cartesiana», l’ossessione del dubbio metodico, la pretesa di giungere ad una incontrovertibilità teoretica assoluta, propria delle matematiche ma di fatto incompatibile con la contingenza e la concretezza dell’etica. C’è invece un ambito tipicamente precartesiano dell’esperienza, ed è la sfera della prâxis e della phrónesis aristotelica.

16 Autenticità e ragionamento
C. Taylor: Non è praticabile una fondazione sensata dell’etica assumendo la prospettiva distaccata sul mondo che si è venuta affermando nella filosofia e nella cultura occidentale da Cartesio in poi, una prospettiva cioè che pretende di prescindere dal punto di vista del soggetto agente. La ragione ha, pertanto, un ruolo fondativo nell’etica: quello di articolare lo sfondo entro il quale pensiamo un oggetto per noi e di svelarne le implicazioni. Le prospettive relativiste tendono a porsi essenzialmente come corollario di una forma di individualismo: «Gli esseri umani sono chiamati ad esser fedeli a se stessi, e a ricercare la propria auto-realizzazione. In che cosa questa consista, ciascuno, uomo o donna, deve in ultima analisi deciderlo da sé. Nessun altro può, o deve, tentare di dettarne il contenuto». Ora, questa «fedeltà a se stessi» si pone, nella cultura dell’individualismo occidentale moderno, come un vero e proprio ideale morale, Ora, di fronte a persone segnate da questo ideale morale, è possibile ragionare, perché abbiamo un interlocutore e il nostro punto di partenza non è il vuoto, come se stessimo parlando con qualcuno che non riconosce nessun imperativo morale: Si comprende così che non tutte le opzioni hanno identico valore,».

17 Diversità e riconoscimento
Il proceduralismo è basato sull’affermazione di un diritto universale: ciascuno deve avere il diritto e la possibilità di realizzare se stesso. Paradossalmente da questo principio universalistico si fa scaturire il principio di fondo del relativismo. Ma la nostra identità ha bisogno del riconoscimento degli altri Un tale riconoscimento può essere garantito dal proceduralismo? Che cosa fonda l’eguaglianza di valore? «Lo spazio aperto al discorso razionale è molto più ampio di quanto spesso si supponga» (Taylor).


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