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Il crollo dei regimi di cambio fisso Corso di Economia Monetaria Internazionale Alessandro Gambini Università Politecnica delle Marche a.gambini@univpm.it.

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1 Il crollo dei regimi di cambio fisso Corso di Economia Monetaria Internazionale
Alessandro Gambini Università Politecnica delle Marche

2 Crollo regimi di cambi fissi post BW
Regime di cambi fissi: BC si impegna a mantenere un tasso di cambio. Dopo il crollo di BW nel 1971 altri tentativi per regimi di cambio fisso Molti di essi sono falliti a causa di attacchi speculativi e conseguenti crisi valutarie Messico e America Latina fine anni ‘70-inizio anni ‘80, SME , Messico 1994, Tigri Sud-est asiatico , Russia 1998, Brasile , Turchia 2001.………… Cos’è regime di cambio fisso BW accordo regime cambi fissi fra monete e oro nel 1944 fino al 1971 … In realtà gli attacchi speculativi non sono una novità post BW ma essi sono divenuti sempre più imponenti con l’integrazione dei mercati fin int a partire dagli anni 70 con una serie di crisi valutarie il cui elenco sarebbe + lungo se considerassimo come crisi valutarie anche quelle situazioni in cui le banche centrlai sono riuscite a difendre la parità di cambio fisso vendendo riserve o aumnetnado I tassi di interesse Questa lezione si prefigge l’obiettivo di spiegare come avviene il crollo dei regimi di cambio fisso attraverso attacchi speculativi che comportano crisi valutarie Ancona, 21 maggio 2009

3 I regimi di cambio fisso
Canali di creazione BM: BM=TIT+FIN+BP. La BC perde il controllo del canale estero di creazione della base monetaria, il saldo della bilancia dei pagamenti, il cui saldo coincide con la Δ di riserve ufficiali di valuta estera, BP=ΔRU. Se BP>0 eccesso offerta $, RU, BM  Se BP>0 eccesso domanda $, RU, BM  BC perde controllo BM e deve essere pronta a scambiare qualsiasi ammontare di RU per rispettare accordo sul tasso di cambio. Esistono tre canali di creazione della BM: l’acquisto titoli pubblic ida aprte della BC, il finanziamento delle banche commerciali da aprte della bc e il canale estero che coincide con il saldo della BP. In regime di cambi flessibili il terzo canale non c’è perchè la bilancia dei pagamenti somma sempre a 0 e bc controlla perfettamente BM, non interviene sul medrcato dei cambi e il tasso di cambio è detemrianto dal mercato con doamnda e offerta. In cambi fissi BCX assume una promessa sul cambio, il canale estero funziona ma BC ne perde il controllo perchè sotto ipotesi di perfetta mobilità dei capitali la BC non può controllare contemporaneamente sia tasso di cambio sia la BM (trinità impossibile). In caso di avanzo della BP(saldo partite correnti + saldo mov capitale) incassi in valuta estera sono maggiori dei pagamenti in valut estera quindi c’è un eccesseo di offereta di dollari ed un eccesso di domanda di euro, valuta interna tende ad apprezzarsi ma BC deve rispondere a questi eccessi comprando $ pagando con € e RU aumentano con consegeunte incremento BM. In caso di disavanzo della BP(saldo partite correnti + saldo mov capitale) incassi in valuta estera sono inferirori dei pagamenti in valuta estera quindi c’è un eccesso di domanda di dollari ed un eccesso di offerta di euro, valuta interna euro tende a deprezzarsi , BC deve rispondere a questi eccessi vendendo $ e ritrinado €, RU aumentano con conseguente decremento BM. Ne consegue che in un regime di cambio fisso la BC perde il ocntrollo della BM in quanto deve essere pronta a scambaire qualsiasi quiantità di valuta estera con valuta interna al fine di placare le tensioni sul mercato dei cambi e gli eccessi di domanda e offerta di valuta estera e mantenere il tasso fisso. BC inglese ha speso 7 miliardi di $ di riserve nel 1992 durante l’attacco speculativo del e nonostante ciò ha rotto l’accordo. Ancona, 21 maggio 2009

4 Attacchi speculativi 1/3
Fuga di capitali dal paese la cui valuta, in odore di svalutazione, viene attaccata dagli speculatori. In attesa di una svalutazione della valuta interna, gli speculatori vendono tale valuta in cambio di valuta estera con lo scopo di poterla rivendere ad un prezzo più alto dopo la svalutazione da parte della BC. Esempio: cambio peso1/$1 e ci si attende svalutazione del peso. Se vendo oggi 1000 pesos e compro 1000 $ e domani il peso si svaluta con tasso che sale a pesos1,2/$1, posso rivendere 1000 dollari in cambio di 1200 pesos (+200 pesos, 20% guadagno). È una situazione in cui, in attesa di una svalutazione, si verifica una fuga di capitali dal paese la cui valuta è sotto attacco. Gli speculatori si coordinano, vendono la valuta interna in odore di svalutazione per comprare valuta estera nell’attesa di poter rivendere tale valuta estera ad un prezzo più alto in termini di valuta interna (cioè il tasso di cambio incerto per certo) dopo che la svalutazione si è effettivamente realizzata Ancona, 21 maggio 2009

5 Attacchi speculativi 2/3
Tutto senza grandi rischi per gli speculatori (costi transazione). Indebitalmento fornisce leva alla speculazione. Esempio: disponendo di 1000 pesos, prendo a prestito a brevissimo termine pesos e compro $. Dopo la svalutazione rivendo gli $ al tasso pesos1,2/1$ ottenendo pesos ed un guadagno di 3200 pesos al lordo degli interessi a brevissimo termine. Rischio per gli speculatori è ridotto (costi di transazione e agli interessi passivi) nel caso in cui la svalutazione non avvenga perchè la BC resiste all’attacco. Il tutto avviene senza grandi rischi per gli speculatori perché, se le autorità monetarie riescono a difendere il tasso di cambio e la svalutazione non si verifica, gli speculatori si ritroveranno con la stessa quantità di valuta interna per lo più diminuita dei costi di transazione. Su questa base si instaura poi la pratica dell’indebitamento che conferisce una sorta di effetto leva all’azione speculativa. Se disponiamo inizialmente di 1000 dollari chiediamo in prestito a breve-brevissimo termine sui mercati finanziari pesos a tassi di mercato (quindi molto contenuti), ponendo come garanzia i nostri 1000 dollari. Se il cambio è 1 a 1 disporremo ora di pesos con i quali potremo operare come sopra con la differenza che il nostro guadagno netto sarà molto maggiore sempre con un rischio molto ridotto al massimo equivalente ai costi di transazione ed agli interessi passivi su un periodo molto ridotto. Ancona, 21 maggio 2009

6 Attacchi speculativi 3/3
La BC di fronte a simili attacchi a tre opzioni: difendere il tasso di cambio vendendo le proprie riserve di valuta estera a fronte della improvvisa richiesta, ma le riserve ufficiali sono in quantità finita. difendere il tasso di cambio aumentando i tassi di interesse istantanei in modo tale da rendere troppo costoso agli speculatori prendere a prestito per prendere posizioni corte nella valuta interna sotto attacco (tasso overnight Svezia 500% 1992). questa scelta ha effetti molto negativi sugli investimenti e sulla spesa per interessi se prolungata nel tempo abbandonare la parità e svalutare (il tasso di cambio incerto per certo aumenta)  crisi valutaria. Tutto questo spiega la fuga di capitali che precede in genere ciascuna crisi di BP. Di fronte a questi attacchi la bc può Vendere riserve che sono finite anche se esisteva ad esempio nello SME la possibilità di prenderle a prestito dalle altre BC; UK ha speso 7 mld di $ di riserve per difendere sterlina nel 1992 e noin ci è riuscita alzare I tassi a breve così da rendere troppo costoso agli speculatori indebitarsi per prendere posozioni corte sulla valuta interna, Svezia nel 1992 ha tenuto per alcune ore il tasso overnight al 500% per dare un forte segnale agli speculatori, in altri casi gli aumenti sono stati meno ingenti ma + prolungati con rischi pesanti per l’economia in temrini di riduzione degli nvestimenti e aggravio della spesa per interessi. rompere il regime di cambio fisso e la promessa fatta sul tasso di cambio e dare vita ad una crisi valutaria Ancona, 21 maggio 2009

7 Modelli di crisi valutarie
Crisi valutaria se l’attacco alla valuta interna ha successo e si ha un crollo del regime di cambo fisso. Tre modelli di crisi valutarie in letteratura: Modelli di 1^ generazione: spiegazione “fondamentalista” basata sull’incongruenza della politica fiscale espansiva prolungata con regime di cambio fisso (America Latina) Modelli di 2^ generazione: svalutazione come scelta attiva di politica economica da parte del policymaker ottimizzante (paesi sviluppati europei) Modelli di 3^ generazione: svalutazione causata da squilibri di natura finanziaria in economie in via di sviluppo Con crisi valutaria ci riferimao dunque ad una situazione in cui l’attacco speculativo termina con crollo del regime di cambio fisso e la svalutazone del tasso di cambio da aprte della BC che non riesce a difendere l’accordo. Questi episodi sono stati particolarmente frequenti nell’ultimo decennio del secolo scorso, ma le economie dei paesi colpiti presentavano caratteristiche diverse Sono così nati tre diversi modelli in letteratura per spiegare crisi che sembravano avere origini diverse: 1^ gen: si riconducono aduna speigazione basati sui fondamentali fuori ordine dell’economia in particlare delle economie dell’America Latina in cui è emersa un’ evidente incongruneza fra le politiche economiche fiscali espansive prolngate enl tempo condotte dai governi e il regime di cambio fisso 2^ gen ridanno un ruolo attivo alla BC che nella 1^ gen subisce la svalutazione e la potlitica miope del governo, in questo caso lla svalutazione è vista come una scelta ottimizzante da parte del policymaker che di fiornte all’azione coordinata degli speculatori preferisce svalutare ancora prima che si arrivi agli eccessi di tensione sul mercato dei cambi tipici del 1^ caso (ciò che è successo per SME 92) 3^ riconducono le crisi val ad una spiegazione basata sull’esistenza non tanto di disequilibri macroeconomici nell’economia ma piuttosto nell’esisitenza di squilibri di natura finanziairia In economie in via di sviluppo (questi modelli si basano sui casi delle crisi valutarie del sud est asiatico nel ) Ancona, 21 maggio 2009

8 I modelli di crisi valutarie di 1^ generazione
Crollo regimi cambio fisso America Latina ‘70-’80 Causa crisi valutaria: incongruenza fra politica di bilancio senza disciplina e tasso di cambio fisso. Prolungati e consistenti deficit di bilancio vanno finanziati alla lunga con una monetizzazione del debito domestico che, in regime di cambio fisso, produce una progressiva erosione delle riserve valutarie fino all’attacco speculativo in seguito al quale fallisce il regime di cambio. Riferimenti: Krugman (1979) JMCB e Flood e Garber (1984) JIE. Modello monetario a prezzi flessibili in cui le variabili sono in logaritmo. Questa classe di modelli è nata per spiegare le crisi valutarie che hanno caratterizzato numerosi paesi in via di sviluppo, in particolare dell’America Latina, che avevano adottato regimi di cambio fisso durante gli anni ’70 ed ’80. A tale scopo cedrca di replicare tali caratteristiche. A questo fine prendono in considerazione come fattori comuni i consistenti e prolungati deficit di bilancio tipici di questi paesi. Senza un’adeguata disciplina fiscale tali deficit devono essere finanziati da una monetizzazione del debito domestico, che conduce alla progressiva erosione delle riserve valutarie fino alla crisi del regime di cambio fisso. Con monetizz del debito domestico si intende la creazione di moneta per coprire spese pubbliche. I principali riferimenti sui modelli di prima generazione sono Krugman (1979) Journal of Money, Credit, and Banking (vol. 11, pp ); Flood e Garber (1984) Journal of International Economics (vol. 17, pp.1-13). Il modello è un tipico modello monetario a prezzi flessibili, in cui le variabili del modello (eccetto il tasso di interesse) sono in logaritmi. iN realtà essendo ln(1+x)circa=x se x è vicino a 0, allora ln(1+i)circa=i. ln1,03=0,029. Ancona, 21 maggio 2009

9 I modelli di cv di 1^ generazione: ipotesi
Vale parità del potere d’acquisto PPP: (1) Informazione perfetta (non ci sono errori di previsione): (2) Vale parità scoperta dei tassi di interesse UIP: (3) Tasso di cambio è fisso: (4) e (4*) Governo interno si compone di 2 settori: il settore fiscale produce deficit di bilancio finanziandoli emettendo debito pubblico comprato dal settore privato o monetizzando il deficit pubblico il settore monetario ha 2 obiettivi: mantenere l’impegno di cambio fisso e monetizzare la parte di deficit non comprato dal privato acquistando titoli pubblici e creando moneta (2^ obiettivo è preferito) Le riserve valutarie sono in quantità finita e se esaurite la BC deve abbandonare il regime di cambio fisso Lo stock di credito interno della BC (debito monetizzato) cresce a un tasso costante >0: (5) 1) PPP due panieri identici venduti in paesi diversi devono avere lo stesso prezzo quando questo è misurato nella stessa valuta P=Pf*S lnP=ln(Pf*S)=lnPf+lnS 2) i soggetti economici sono dotati di perfect foresight (informazione perfetta), cioè non commettono errori di previsione ed il tasso atteso di variazione percentuale del prezzo (tasso di deprezzamento/apprezzamento) della valuta domestica coincide con il tasso di variazione percentuale effettivo: Il simbolo con il punto sta ad indicare il tasso di crescita del tasso di cambio, cioè la derivata del tasso di cambio rispetto al tempo. È importante ricordare che il tasso di crescita del logaritmo di una variabile equivale al tasso di variazione percentuale della variabile in livelli. 3) La condizione di parità scoperta dei tassi di interesse (UIP)[1] stabilisce che il tasso di interesse sulle attività domestiche è pari al tasso di interesse su analoghe attività estere più il tasso di variazione percentuale (deprezzamento/apprezzamento) atteso della valuta domestica: [1] Uncovered Interest Parity. Le tre ipotesi su cui si basa sono le seguenti: i) perfetta mobilità dei capitali, ii) assenza di costi di transazione, iii) le attività finanziarie sono perfette sostitute. 4) Il tasso di cambio nominale è fissato ad un livello , quindi il tasso di deprezzamento della valuta domestica è 0 5) Monetizzazione del deficit pubblico significa la creazione di nuova moneta per l’acquisto di titoli pubblici emessi per coprire spese pubbliche in beni e servizi Ancona, 21 maggio 2009

10 I modelli di cv di 1^ generazione: modello
Equilibrio mercato moneta: e (6) Bilancio BC: (7) FG(1984) Bilancio BC: (8)  (9) Inserendo (1), (3), (4) nella (6) abbiamo (10) Normalizzando il livello dei prezzi interni a 1, inserendo la (4) e (9): (11) (3) (1) Equilibrio mercato monetario si ha se la offerta reale di moneta eguaglia la donmanda reale di moneta. m y segnato k sono il logaritmo dell stock di moneta M, del reddito di piena occupazione Y e la semielasticità della domanda di moneta al tasso di interesse interno. Vedi appunti Pagina * rosso n°3 Inoltre, il vincolo di bilancio di una banca centrale stabilisce l’identità fra lo stock di moneta Mt da una parte e la somma del volume di credito interno verso governo e verso le banche vedi blancio BC (Bt) e dell’ammontare delle riserve valutarie (RUt) dall’altra. FG1984 riscrivono tale identità introducnedo l’elasticità gamma fra 0 e 1 e il suo complementare della moneta al credito interno Bt e alla quantità di riserve (4) (9) Ancona, 21 maggio 2009

11 I modelli di cv di 1^ generazione: modello
Dinamica delle riserve valutarie: se il tasso di cambio è fisso, in seguito ad una politica fiscale espansionistica con creazione di deficit pubblico la banca centrale deve monetizzare il deficit, cioè creare BM per comprare titoli pubblici e quindi deve aumentare il credito interno, ma, dato che il tasso di cambio deve restare fisso, deve contemporaneamente diminuire lo stock di riserve valutarie così da bilanciare il mercato monetario. Trinità impossibile: perfetta mobilità dei capitali, tasso di cambio fisso e controllo della politica monetaria non sono compatibili. E’ una riaffermazione dell’inefficacia della politica monetaria in un regime di cambi fissi con perfetta mobilità dei capitali. L’offerta di moneta è costante ed endogena, cioè determinata dal modello e non è una scelta dell’autorità di politica monetaria: se espando la base monetaria via il canale del credito interno sarò costretto al fine di mantenere fisso il tasso di cambio ad una contrazione della stessa base monetaria via una vendita delle riserve valutarie e conseguente distruzione di base monetaria. Ancona, 21 maggio 2009

12 I modelli di cv di 1^ generazione: modello
Una crescita costante del credito interno deve equivalere ad una diminuzione costante delle riserve che, essendo in quantità finita, prima o poi si esauriranno costringendo le autorità monetarie a rompere l’accordo di cambio. Dalla (11): e assumendo le riserve decrescono ad un tasso proporzionale al tasso di crescita del credito interno: 1^ risultato importante: una situazione in cui le autorità monetarie monetizzano il debito e contemporaneamente mantengono un accordo di cambio di fisso non è sostenibile nel tempo perché si arriverà inevitabilmente all’esaurimento delle riserve. Ancona, 21 maggio 2009

13 I modelli di cv di 1^ generazione: modello
Non basta, 2^ risultato importante secondo FG (1984) è che il regime di cambio non termina per il naturale esaurimento delle riserve valutarie, ma prima a causa di un attacco da parte degli speculatori che anticipano il momento in cui termineranno le riserve e prima che ciò accada si indebitano in valuta interna per comprare valuta estera, eliminando istantaneamente le riserve valutarie della BC. Quando avviene tale attacco da parte degli speculatori? Per stabilirlo FG (1984) introducono il tasso di cambio ombra, , cioè il tasso di cambio che si realizzerebbe se lo stock di riserve valutarie si esaurisse ed il tasso di cambio fosse lasciato libero di fluttuare. In termini analitici corrisponde al caso in cui ru=0 e si può dimostrare (si veda Appendice Colombo Lossani pag. 375 e seguenti) che il tasso di cambio ombra ha un tasso di crescita costante (γμ) proporzionale al tasso di crescita del credito interno e Tuttavia il modello di Flood e Garber (4) dimostra come il regime di cambio fisso non finisce per un naturale collasso al termine del costante processo di decremento delle riserve, ma prima a causa di un attacco speculativo che elimina istantaneamente le rimanenti riserve. Infatti, poiché la legge di movimento delle riserve è nota, gli operatori del mercato possono calcolare l’istante in cui si esauriranno naturalmente le riserve e le autorità monetarie saranno costrette a svalutare. Agenti razionali troveranno, dunque, conveniente indebitarsi in valuta interna per acquistare valuta estera un momento prima dell’esaurimento, in modo da realizzare un profitto nel momento della svalutazione e del passaggio al regime di cambi flessibili.[1] L’attacco speculativo verrà dunque condotto prima dell’esaurimento naturale delle riserve e, quindi, prima dell’abbandono del regime di cambio fisso per esaurimento riserve. Il problema è che, sapendo ciò ed avendo informazione perfetta, gli speculatori incominceranno ad attaccare la valuta ancora prima di un momento prima dell’esaurimento delle riserve. Questo ragionamento a ritroso potrebbe essere ripetuto all’infinito da parte degli speculatori, fintantoché esiste la possibilità di ottenere un profitto netto dall’operazione speculativa per cui si pone il problema di stabilire il momento preciso dell’attacco da parte degli speculatori. [1] In un regime di cambi flessibili il canale esterno di creazione della moneta scompare perché lascio variare il tasso di cambio e mantengo un obiettivo di quantità; dunque una politica monetaria espansiva determina un eccesso di offerta di valuta interna che si traduce via il canale dei tassi di interesse in un deprezzamento della valuta. Ancona, 21 maggio 2009

14 Timing del crollo del regime di cambio fisso
Se non conviene attaccare perchè si va incontro a perdite. Se esistono opportunità di infinite guadagno che però sono anticipate da tutti, tutti hanno incentivo ad anticipare l’acquisto di valuta estera e la competizione fra gli speculatori fa sì che l’attacco avvenga proprio in tc. Se c’è l’attacco, le riserve finiscono istantaneamente, il regime di cambio fisso salta e il tasso di cambio incomincia a deprezzarsi con guadagni. gli speculatori non attaccheranno mai la valuta finoache il tasso ombra è inferiore al tasso fisso, perché comprerebbero la valuta estera ad un tasso maggiore di quello a cui la rivenderebbero dopo la svalutazione; non c’è nessun incentivo all’attacco perché si incorrerebbe in perdite in conto capitale. Se , esiste un’opportunità per profitti infiniti comprando valuta estera al tasso di cambio fisso e rivendendola al tasso di cambio ombra più alto dopo la svalutazione. Il problema è che gli infiniti profitti in conto capitale sono incompatibili con la perfect foresight. Poiché gli operatori anticipano che al tempo t1 un’opportunità di infiniti guadagni esaurirebbe tutte le riserve istantaneamente, essi avranno l’incentivo di comprare valuta estera un momento prima di t1. Siccome tutti gli investitori ragionano e si comportano nello stesso modo, la competizione fra di essi assicura che l’attacco avvenga esattamente nel momento in cui il tasso di cambio ombra coincide con il tasso di cambio fisso: A partire da tale momento il tasso di crescita del tasso di cambio è proporzionale al tasso di crescita del credito interno , per cui gli speculatori realizzano un guadagno in conto capitale rivendendo la valuta estera comprata al tasso di cambio ombra che si deprezza al tasso . Ancona, 21 maggio 2009

15 Timing del crollo del regime di cambio fisso
Il momento dell’attacco tc è tanto più distante nel tempo quanto più alto è il livello iniziale delle riserve: Il livello delle riserve al momento dell’attacco è positivo: Prima attacco ru>0 Dopo attacco ru=0 s flessibile Prima dell’attacco il tasso di cambio è fisso, l’offerta di moneta costante, il credito interno cresce ad un tasso μ, mentre le riserve valutarie decrescono ad un tasso – μ/θ. Nel momento in cui il tasso di cambio ombra eguaglia il tasso di cambio fisso scatta l’attacco speculativo che porta all’immediato esaurimento delle riserve e ad una identica riduzione della moneta. Dopo l’attacco, il tasso di cambio e la moneta crescono allo stesso tasso proporzionale μγ al tasso di crescita del credito interno μ; gli speculatori possono realizzare i profitti cercati perché hanno comprato al tasso ombra e rivendono ad un tasso maggiore dato che la politica di finanziamento del deficit pubblico si traduce in cambi flessibili in un deprezzamento del tasso di cambio. Ancona, 21 maggio 2009

16 I modelli di cv di 1^ generazione: conclusioni
Secondo i modelli di prima generazione, in presenza di informazione perfetta e di una incompatibilità tra la politica di bilancio e la politica di cambio, la crisi valutaria è inevitabile e prevedibile. E’ infatti possibile prevedere con esattezza il timing della stessa crisi che avviene a causa di un attacco speculativo prima dell’esaurimento naturale delle stock finito di riserve. L’introduzione dell’elemento di incertezza al posto dell’informazione perfetta il risultato cambia solamente nel timing nel senso che, pur essendo la crisi sempre inevitabile a causa delle incongruenze a livello di politica di bilancio e di cambio, gli speculatori possono prevedere solo in media l’andamento delle riserve e dunque il momento esatto della crisi. Ancona, 21 maggio 2009

17 I modelli di crisi valutarie di 2^ generazione
Crisi SME Ruolo attivo del policy-maker che non subisce la crisi valutaria in maniera passiva, ma assume un comportamento ottimizzante fra il mantenimento e l’abbandono della promessa di cambio. Causa crisi valutaria: quando il mercato ritiene che i costi di mantenimento del cambio sono divenuti troppo pesanti e che le autorità monetarie sono tentate di svalutare, l’accordo di cambio diviene meno credibile e gli speculatori potrebbero coordinarsi e porre in essere attacchi speculativi con cui le aspettative di svalutazione si auto-realizzano (selfulfilling expectations). Riferimento è Obstfeld (1994) NBER wp 4640. Modello basato sulla minimizzazione della funzione di perdita associata alle 2 alternative a disposizione della BC. I modelli di prima generazione presentano due difetti: innanzitutto ritraggono i policymakers come agenti passivi che seguono regole meccaniche e non hanno nessuna preoccupazione circa la sostenibilità nel lungo periodo dell’impegno sul tasso di cambio; in secondo luogo l’evidenza suggerisce che molte crisi valutarie recenti non sono state precedute da un costante declino delle riserve valutarie, anzi esse sembrano essersi verificate nonostante un’assenza di squilibri fondamentali e l’apparente capacità delle autorità monetarie di difendere la valuta interna. È il caso della crisi dello SME che ha colpito fra il 1992 ed il 1993 quasi tutte le valute partecipanti a tale accordo di cambio fisso con parità fluttuanti. I modelli di 2^ generazione affidano un ruolo più attivo al policymaker il quale non subisce più la crisi valutaria ma assume un comportamento ottimizzante tra il mantenimento della promessa di cambio a costo di aumentare pericolosamente i tassi di interesse con ripercussioni negative sugli investimenti e la spesa per interessi e l’abbandono della promessa di cambio a favore di altri obiettivi macroeconomici come la riduzione della disoccupazione e la riduzione del debito pubblico, che richiedono tassi + bassi, ma al costo di una perdita di credibilità della propria politica economica con effetti ancora peggiori in termini di perdita di disciplina monetaria, aumenti delle aspettative inflazionistiche e del premio di rischio sulla valuta. La crisi valutaria avviene in seguito ad un attacco speculativo da parte degli speculatori I quali ritenendo I costi di mantenimeto del tasso di cambio essere divenuti troppo elevati e che le banche centrali sono tentate di svalutare per poter perseguire + libermanete una politca espansionistica ritengono l’accordo di cambio meno credibile, si coordinano e attaccano la valuta con un attacco speculativo tramite il quale le aspettative di svalutazione si autorealizzano. Ancona, 21 maggio 2009

18 I modelli di cv di 2^ generazione: la funzione di perdita
La funzione di perdita è composta di 3 parti: il termine è il costo di misalignment (deviazione) del tasso di cambio dal tasso di cambio di equilibrio di lungo periodo compatibile con la PPP ( ); il termine è il costo di un’aspettativa di svalutazione; il termine è il costo di abbandono del regime di cambio fisso (0 se la parità è mantenuta, C se tasso di cambio fluttua verso tasso di equilibrio del mercato) e corrisponde alla perdita di reputazione del governo per tradire la promessa di cambio; α e β sono parametri strutturali diversi per ciascun paese. 1)se il tasso di cambio di equilibrio è maggiore del tasso di cambio effettivo i prezzi interni sono più alti dei prezzi all’estero per uno stesso paniere di beni una volta che esprimo entrambi nella stessa valuta e quindi l’economia ha uno svantaggio competitivo (meno esportazioni e più importazioni). 2) tanto più elevato è il tasso di svalutazione atteso tanto più alto è il tasso di interesse domestico (vedi UIP) e quindi tanto più difficile è per il policy-maker mantenere un cambio fisso a causa degli oneri da sopportare per l’economia in termini di disoccupazione e spesa per interessi sul debito pubblico. 3) il termine è il costo di abbandono del regime di cambio fisso e corrisponde alla perdita di reputazione di cui soffre un governo che decide di tradire l’impegno preso: tale costo è 0 se l’accordo di cambio fisso è mantenuto, mentre è C se si decide di lasciare fluttuare il tasso di cambio che si andrà di conseguenza a posizionare su di un livello ritenuto di equilibrio dal mercato. parametri strutturali α e β esprimenti il peso per ciascun paese dei disallineamenti del tasso di tasso di cambio rispetto al tasso di cambio di equilibrio e al tasso di cambio atteso. Ancona, 21 maggio 2009

19 Cosa accade nel caso di aspettative di mantenimento del tasso di cambio?
Date le aspettative, , il policy-maker mantiene il tasso di cambio se cioè ed essendo se (12) se la (12) è soddisfatta, il mantenimento del tasso di cambio è una soluzione di equilibrio di Nash, perché ogni agente compie la propria scelta ottima data la scelta ottima del rivale. Inoltre, se la (12) è soddisfatta, il mantenimento del tasso di cambio è una soluzione di equilibrio di Nash[1], dato che ogni agente compie la propria scelta ottima data la scelta ottima del rivale. Il mercato si aspetta il mantenimento del cambio e tale aspettativa risulta corretta, data la scelta del policy-maker. A sua volta il policy-maker date le aspettative di mantenimento del tasso di cambio fisso da parte del mercato sceglie in maniera ottimale (cioè dal confronto delle funzioni di perdita) il mantenimento del tasso di cambio. [1] In teoria dei giochi un equilibrio di Nash è un insieme di strategie tale per cui ogni giocatore compie la scelta migliore data la strategia altrui. Ancona, 21 maggio 2009

20 Cosa accade nel caso di aspettative di abbandono del tasso di cambio?
Date le aspettative, , il policy-maker decide di abbandonare il tasso di cambio se cioè cioè se (13) se la (13) è soddisfatta, il mantenimento del tasso di cambio è una soluzione di equilibrio di Nash, perché ogni agente compie la propria scelta ottima data la scelta ottima del rivale. se la (13) è soddisfatta, l’abbandono del tasso di cambio è una soluzione di equilibrio di Nash, perché il mercato si aspetta la rottura dell’impegno di cambio e tale aspettativa si rivela corretta, data la scelta del policy-maker. A sua volta il policy-maker, date le aspettative di abbandono del tasso di cambio da parte del mercato, sceglie in maniera ottimale (cioè minimizzando le perdite) l’abbandono del tasso di cambio. Ancona, 21 maggio 2009

21 I modelli di crisi valutarie di 2^ generazione: risultati
1^ risultato: date le aspettative del mercato la crisi valutaria non è un fatto ineluttabile subito dal policy-maker, ma una scelta volta a minimizzare i costi. Tale scelta è influenzata dalle aspettative del mercato, dai costi associati all’abbandono del cambio fisso C, e dai costi associati al mantenimento del cambio fisso F1 e F2 (a loro volta funzione dei parametri strutturali α e β e del grado di disallineamento del tasso di cambio fisso da quello di equilibrio: Tanto più la parità fissa è vicina al tasso di equilibrio (PPP), cioè tanto più sono in ordine i fondamentali dell’economia perché non ci sono squilibri nella BP, tanto più piccoli sono i costi di mantenimento della parità F1 e F2 e tanto più facile e credibile è mantenere il tasso di cambio. Ancona, 21 maggio 2009

22 I modelli di crisi valutarie di 2^ generazione: risultati
Lo schema fa vedere le due situazioni singolarmente e congiuntamente. Se ci sono aspettative di mantenimento del tasso di cambio il cambio è mantenuto se C > F1 se ci sono aspettative di abbandono del tasso di cambio il cambio è abbandonato se C < F2 Mettendo insieme cosa accade? Se C< F1<F2 il costo derivante dall’abbandono del regime di cambio fisso C è minore del costo associato al suo mantenimento qualsiasi siano le aspettative del mercato;dunque il regime di cambio fisso verrà sempre abbandonato. Infatti le grandezze fondamentali sono così disordinate (i due valori critici F1 F2 così tanto “a destra” nella figura) che, dati i costi di abbandono del regime di cambio C, per il policy-maker è sempre conveniente lasciar fluttuare il cambio. Se C> F2>F1 il costo derivante dal mantenimento del regime di cambio fisso è minore del costo associato al suo funzionamento qualunque siano le aspettative di mercato; dunque il regime di cambio verrà sempre mantenuto, perché le grandezze fondamentali sono così in ordine (i due valori critico stanno così tanto a sinistra nella figura) che, dati i costi di abbandono del regime di cambio C, per il policy-maker è sempre ottimale mantenere il tasso di cambio fisso. se F1<C<F2 ci troviamo in una regione mista in cui la scelta del policy-maker dipende dalle aspettative del mercato: se il mercato si attende il mantenimento del cambio la (12) è soddisfatta e conviene continuare l’impegno di cambio; se invece il mercato attende un abbandono la (13) è soddisfatta e conviene abbandonare il cambio fisso. Quindi se i fondamentali non sono né troppo buoni né troppo deteriorati le aspettative del mercato sono la variabile cruciale: esistono equilibri multipli la cui realizzazione dipende dalle aspettative del mercato, aspettative che sono autorealizzanti (selfulfilling) perché un loro cambiamento comporta un aumento del costo di mantenimento del regime di cambio fisso inducendo il governo a svalutare. Ancona, 21 maggio 2009

23 I modelli di crisi valutarie di 2^ generazione: conclusioni
I modelli di 2^generazione considerano non solo i fondamentali macroeconomici (che comunque hanno un ruolo perché su di esse si formano le aspettative degli speculatori), ma anche le aspettative del mercato sul tasso di cambio e i costi connessi alla difesa o all’abbandono del tasso di cambio. Il policy-maker recupera un ruolo attivo perché sceglie se mantenere o meno la parità confrontando i costi delle due alternative. Questi modelli spiegano caduta SME: nel 1992 Germania in espansione, altri paesi in recessione, conflitto di interessi all’interno SME cambia aspettative mercato verso abbandono del tasso di cambio attacchi speculativi su 11 valute: Italia C<F2 (esce) Inghilterra C<F2 (esce) Francia C>F2, Svezia C>F2 (tassi di interesse 500% ma non bastò). Con questi modelli è possibile spiegare gli episodi di crisi dello SME fra il 1992 e 1993; se per l’Italia non si può dire che i fondamentali fossero in ordine (i deficit di bilancio elevati e persistenti rendevano ancora validi i modelli di prima generazione), altri paesi come Francia e Inghilterra, pur essendo in fase di recessione, avevano un quadro dei fondamentali abbastanza in linea con il paese leader dello SME, la Germania. Il problema nacque da un conflitto di obiettivi fra la Germania che dopo la riunificazione era già in fase espansiva e necessitava mantenere tassi di interesse alti per combattere pressioni inflazionistiche e gli altri paesi che stavano incontrando una fase di recessione e avrebbero preferito tassi di interesse bassi per rilanciare lo sviluppo. Il mercato si rese conto di questo conflitto di interessi e modificò le proprie aspettative sul tasso di cambio, rendendo il mantenimento dell’impegno di cambio fisso ancora più oneroso. Di fronte a questa situazione l’Inghilterra ha preferito svalutare immediatamente giudicando troppo elevato il costo di mantenimento del cambio fisso rispetto ai costi politici di un abbandono del proprio impegno (C<F2), mentre la Francia ha resistito all’attacco perché, avendo partecipato fortemente alla costruzione dello SME, evidentemente dava un grande valore ai costi di un abbandono dello stesso sistema monetario (C>F2). Il governo svedese, a sua volta, per convincere il mercato della rilevanza del proprio impegno a mantenere il tasso di cambio fisso ha aumentato fino al 500% per alcune ore il tasso overnight; ciò non bastò a convincere gli speculatori che continuarono l’attacco con conseguente uscita della corona svedese dallo SME. Alla fine del 1993 le uniche monete non svalutate di quelle dello sme franco francese corona danese firoino olandese e marco tedesco Ancona, 21 maggio 2009

24 I modelli di crisi valutarie di 3^ generazione
Crisi Messico 1994, tigri sud-est asiatico , Russia 1998. Tailandia: bath peg con il dollaro, fondamentali in ordine (economia in crescita e inflazione al di sotto della media), assenza di deficit bilancio (1^gen.) di tentazioni ad uscire dall’accordo di cambio per perseguire politiche espansive (2^ gen.). Elemento negativo era il saldo negativo delle partite correnti comunque sostenibile e attribuibile ad alti livelli di investimento più che a bassi livelli di risparmio. Causa della crisi: se squilibri reali erano sostanzialmente assenti esistevano però squilibri di natura finanziaria dovuti alla recente liberalizzazione ed integrazione dei mercati dei capitali: eccesso di investimento in progetti molto rischiosi o a basso rendimento con garanzie implicite fornite dai governi locali non sulla base del merito di credito del progetto ma in base a logiche lobbystiche  rischio di investimento Eccessivo indebitamento all’estero in dollari per finanziarie questi progetti  rischio di cambio si aggiunge a quello di investimento Nel momento in cui questi squilibri sono divenuti evidenti agli speculatori le valute (il bath per primo nel luglio 1997 e poi le altre) sono state attaccate e i regimi di cambio caduti. I modelli di terza generazione sorgono per speigare una serie di crisi finanziarie verificatasi alla fine degli anni 90 che fuoriesce dai canoni visti precedentemnte. Messico 94 Far east 9798 Russia Brasile In particolare viene teorizzata l’esistenza di un nuovo terzo modello di crisi valutarie per speigare le crisi dei paesi del sud est asiatico la quale colpì quasi di sorpresa gli operatori (meno attenti); infatti la tailandia indonesia malaisia corea avevano fondamentali sostanzialmnte in ordine: economie in crescita anche al 5 percento, tassi di inflazione al di sotto della media degli altri paessi emergenti, assenza di deficit di bilancio all’origine dei modelli di 1ì generazione e assenza di ogni tentazione per le BC di abbandonare il tasso di cambio che potesse spingere gli speculatori ad attaccare. L’unico difetto èera il saldo delle partite correnti abb negativo ma dovuto + che altro ad un eccesso di inv sul risparmio e cmq sostenibile. Ancona, 21 maggio 2009

25 I modelli di cv di 3^ generazione: elementi comuni
Elementi comuni delle crisi di 3^ generazione: dinamica dei flussi di capitale: ciascun episodio è stato caratterizzato nei mesi precedenti da grandi afflussi di capitali cui si sono contrapposte al momento della crisi ondate di capitali in uscita accomunate dall’essere originate da una perdita di fiducia degli investitori. twin crises (crisi gemelle): le crisi valutarie sono sempre state accompagnate o meglio causate dal collasso del sistema bancario e finanziario, il quale dopo essere stato liberalizzato non è stato adeguatamente regolamentato e reso maggiormente trasparente. La conseguenza è stata un eccessivo sviluppo dei livelli di investimento in attività eccessivamente rischiose o a basso rendimento. Ancona, 21 maggio 2009

26 I modelli di cv di 3^ generazione: elementi comuni
Elementi comuni delle crisi di 3^ generazione (continua): dollarizzazione del debito: l’incapacità del mercato finanziario interno di fornire sufficienti fondi per finanziare tutte le opportunità di investimento ha spinto gli investitori a reperire all’estero fondi, che sono stati denominati in valuta estera forte($) aggiungendo il rischio di cambio al rischio di investimento il fenomeno del contagio: le crisi degli anni ‘90 hanno comportato significativi effetti diffusivi su altre economie ed episodi di contagio vero e proprio senza precedenti nel passato. Tali fenomeni hanno provocato un sensibile incremento dei comovimenti nelle variabili finanziarie e nei flussi di capitale durante le crisi non solo all’interno delle regioni (sud-est asiatico), ma anche fra paesi con legami economici e finanziari deboli (si pensi alla diffusione della crisi russa del 1998 ad altri paesi emergenti come Brasile 1999). Ancona, 21 maggio 2009

27 I modelli di cv di 3^ generazione: le cause
La letteratura avanza tre spiegazioni complementari per le crisi di 3^ generazione: Moral hazard e sovrainvestimento: la garanzia da parte dello Stato dei progetti ha messo in opera una vera e propria sindrome da sovrainvestimento con fenomeni di azzardo morale. Quando è risultato evidente che l’eccessivo investimento aveva aumentato notevolmente il rischio dello stesso e che il costo complessivo del fallimento delle società finanziarie sarebbe stato molto elevato, i flussi finanziari esteri si ridussero rapidamente, gli eccessi di domanda di valuta estera hanno messo in crisi il sistema finanziario e posto forte pressioni sulle valuta interna. la crisi finanziaria e valutaria trae dunque origine dalla bassa redditività degli investimenti domestici, dalla loro eccessiva rischiosità e dall’inefficiente funzionamento del sistema finanziario poco regolamentato e poco trasparente. Nel sistema finanziario l’azzardo morale è il problema per cui il prestatore/datore di fondi è soggetto al rischio che il prenditore di fondi, dopo la stipula del contratto di finanziamento, intraprenda progetti di investimento a lui sgraditi perchè molto rischiosi anche se potenzialmente più redditizi. In questo caso una qualche forma di garanzia (governativa o meno) nei confronti dell’investimento rischioso produce una distorsione nell’allocazione del risparmio interno perché, proprio grazie alle garanzie che annullano il rischio, i progetti potenzialmente più rischiosi ed a rendimento atteso più elevato divengono i più attraenti. È il caso delle economie asiatiche in cui sono stati messi in opera progetti di investimento per i quali esisteva una garanzia da parte dello Stato, il che ha generato una vera e propria sindrome da sovrainvestimento. Nel momento in cui è risultato evidente che l’eccessivo investimento aveva aumentato notevolmente il rischio dello stesso e che il costo complessivo del fallimento delle società finanziarie sarebbe stato molto elevato, i flussi finanziari esteri si ridussero rapidamente mettendo in crisi il sistema finanziario e ponendo forte pressioni sulle valuta interna. Da qui il sorgere della crisi finanziaria e valutaria che trae dunque origine da fattori “fondamentali” quali la bassa redditività degli investimenti domestici, dalla loro eccessiva rischiosità e dall’inefficiente funzionamento del sistema finanziario che se fosse stato maggiormente regolamentato e più trasparente avrebbe evitato l’eccessivo investimento di cui sopra Ancona, 21 maggio 2009

28 I modelli di cv di 3^ generazione: le cause
La letteratura avanza tre spiegazioni complementari per le crisi di 3^ generazione (continua): maturity mismatch (disallineamento delle scadenze): i progetti di investimento era a lungo termine mentre i debiti era prevalentemente a breve termine. problema di liquidità nel caso di fuga di capitali currency mismatch (disallineamento” delle valute): mentre gli investimenti erano in moneta locale, i datori di fondi esteri pretendevano una dollarizzazione del debito ciò ha esposto il sistema finanziario ad un eccesivo rischio di cambio che si è aggiunto al già elevato rischio di credito. Crisi valutarie di 3^ generazione trova origine in squilibri finanziari di economie in via di sviluppo con mercati recentemente liberalizzati ed ancora non regolamentati bene. Maturity mismatch (“disallineamento” delle scadenze): sempre con riferimento alla crisi asiatica altri autori hanno sottolineato il mismatch tra la durata dei debiti contratti e quella degli investimenti finanziati dai debiti stessi, nel senso che mentre i progetti di investimento erano a lungo termine i debiti erano prevalentemente a breve termine. Ciò genera un potenziale problema di liquidità: nel caso di un’improvvisa fuga di capitali come quella in effetti verificatasi gli investitori finanziari sarebbero stati obbligati a liquidare i progetti prima della loro ultimazione con grande perdita in conto capitale[1] per i datori di fondi (banche) e conseguente minaccia alla stabilità del sistema finanziario. Un allineamento delle scadenze avrebbe reso meno problematica la fuga dei capitali; se è vero che il rischio di crisi di liquidità è intrinseco nel sistema bancario, tuttavia bisogna dire che tale rischio era particolarmente elevato per le economie asiatiche. Currency mismatch (“disallineamento” delle valute”): l’ultima interpretazione pone l’accento non tanto sul mismatch delle scadenze fra attività e passività del sistema finanziario, quanto sul mismatch in termini di denominazione valutaria. Come già sottolineato mentre gli investimenti erano in moneta locale, i datori di fondi esteri pretendevano una dollarizzazione del debito che ha esposto il sistema finanziario ad un eccesivo rischio di cambio che si è aggiunto al già elevato rischio di credito. [1] Se una casa finita vale 100, la consegna di metà casa non vale 50, ma molto meno. Ancona, 21 maggio 2009

29 Conclusioni 3 modelli di crisi valutarie:
1^ generazione: spiegazione “fondamentalista”, incompatibilità fra tasso di cambio fisso e politiche fiscali espansive con prolungati deficit di bilancio (America Latina anni ‘70-’80). 2^ generazione: comportamento ottimizzante del policy-maker che non subisce più la crisi, ma decide di avviarla perché tale scelta minimizza i costi (SME). 3^ generazione: squilibri di natura finanziaria, sovrainvestimento in progetti non meritevoli con dollarizzazione del debito (economie in via di sviluppo fine anni ’90). Ancona, 21 maggio 2009

30 Conclusioni Ruolo dei singoli attori:
Singoli speculatori: il loro coordinamento mette in crisi il regime di cambio fisso; Grandi speculatori: il loro ruolo è destabilizzante non tanto per il loro intervento diretto nei mercati ma perché, in quanto agenti informati, influenzano gli altri operatori spingendoli a comportamenti imitativi Autorità monetarie: hanno in genere a disposizione le risorse per affrontare attacchi speculativi di qualsiasi entità (vedi tabella). E’ decisiva la volontà di difendere il tasso di cambio da parte del policy maker che si trova di fronte ad un trade-off fra difendere il tasso di cambio con aumenti ripetuti del tasso di interesse che rischiano di avere ripercussioni reali molto negative sull’economia e non difendere la valuta a costo di una perdita di credibilità della propria politica economica con effetti ancora peggiori in termini di perdita di disciplina monetaria, aumenti delle aspettative inflazionistiche e del premio di rischio sulla valuta. In quanto sopra dobbiamo attribuire il giusto ruolo ai singoli attori: il coordinamento dei singoli speculatori mette in crisi il regime di cambio fisso, il ruolo dei grandi speculatori (hedge funds e fondi speculativi) è destabilizzante non tanto e non solo per il ruolo diretto che gli stessi hanno avuto negli attacchi speculativi (nel settembre del 1992 i fondi mobilitati dai grandi speculatori nell’attacco alla sterlina inglese sono stati un decimo del totale dei fondi mobilitati dai mercati) ma piuttosto perché gli stessi sono percepiti dal mercato come meglio informati e quindi influenzano le aspettative degli altri operatori che sono spinti a comportamenti imitativi, le banche centrali hanno in genere a disposizione le risorse per affrontare attacchi speculativi di qualsiasi entità; la tabella mostra come nel 1994 solo Italia, Germania, Regno Unito avessero fra i paesi dello SME avessero un rapporto riserve/base monetaria inferiore al 100%. Come i modelli di 2^ generazione mostrano, oltre agli strumenti, è decisiva la volontà di difendere il tasso di cambio da parte del policy maker che si trova di fronte ad un trade-off fra difendere il tasso di cambio con aumenti ripetuti del tasso di interesse che rischiano di avere ripercussioni reali molto negative sull’economia e non difendere la valuta a costo di una perdita di credibilità della propria politica economica con effetti ancora peggiori in termini di perdita di disciplina monetaria, aumenti delle aspettative inflazionistiche e del premio di rischio sulla valuta. Ancona, 21 maggio 2009

31 Riserve e base monetaria nel 1994
Ancona, 21 maggio 2009


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